Camilo, una leggenda viva nel popolo cubano

cienfuegosCamilo Cienfuegos Gorriarán aveva come caratteristiche un carattere gioviale, generoso e umile.

Nacque il 6 febbraio del 1932 nel quartiere di Lawton, nella capitale cubana.

A 85 anni dalla sua nascita conversiamo con Elgin Fontaine Ortiz, che ebbe l’opportunità di stare vicino a una delle personalità paradigmatiche della Rivoluzione cubana.


Fontaine, oggi colonnello pensionato che appartiene all’Associazione dei Comabattenti della Rivoluzione Cubana (ACRC), ricorda i fatti vissuti vicino a Camilo, come invasori della Colonna Nº 2.

L’UOMO DAL CAPPELLO A TESA LARGA

“Erano le dieci di mattina e quando mi presentai davanti a Camilo spiegandogli le ragioni per cui volevo stare nel suo plotone mi ricevette a braccia aperte. Il cielo si aperse davanti a me. La fermezza,  il coraggio e il modo d’essere compagno che lo distinguevano fecero sì che i ribelli lo rispettassero in ogni cosa”, racconta.

Il Comandante del Popolo conquistò con il suo coraggio e il suo modo di fare il rispetto e l’ammirazione di tutti i suoi compagni dallo sbarco dello Yacht Granma. Lui che era stato uno degli ultimi uomini accettati nella spedizione giunse ad essere chiamato dal Che *il grande capo guerrigliero che ha dato questa Rivoluzione*.

Giocare a baseball, fare lunghe camminate sotto il sole e anche sguazzare  nel fiume, erano alcune delle attività che realizzava e lo trasformavano in uno di più della truppa, ma se commettevi un’indisciplina il suo carattere cambiava al momento: era rigoroso e determinava una punizione che serviva da lezione, per non provocare una disobbedienza. Inoltre fu sempre giusto nelle sue decisioni che erano rispettate tra i ribelli.

Fontaine ricorda che quando vari soldati della Colonna si riuniscono nella  Casa dei Combattenti rendono eterna con i loro racconti la figura di Cienfuegos.

Alcuni dei nostri compagni d’armi dell’invasione hanno detto che dalla Sierra a nord di Las Villas, Camilo percorse come capa da un punto all’altro la Colonna che andava, per stimolarli, dall’avanguardia sino all’ultimo punto della retroguardia.

Inoltre è stato il primo degli ufficiali della Sierra Maestra a scendere a combattere nel piano, ed era già una leggenda. Vedeva al di là di quello che i suoi uomini riuscivano a vedere.

Camilo à anche stato il primo guerrigliero che giunse a Las Villas il 7 ottobre del 1958.

LA FAME NON PIEGÒ GLI UOMINI DELLA COLONNA Nº 2

Realizzavamo l’invasione ed erano cinque giorni che non mangiavamo. Le sole cose che c’erano attorno ai pantani erano fame e zanzare. Camilo seppe dirigere i suoi uomini in un solo nucleo e seppe  insegnare l’importanza dell’onestà.

Quando andavamo nei boschi di mangrovie non rubavamo nessun cibo. Una volta avevamo con noi una puledra che trasportava una radio, libri o qualche compagno malato, ma si decise d’ammazzarla perché la fame cresceva.

Quando ammazzammo la puledra cominciò  a volare sopra a noi un aereo, perché stavamo cucinando la carne e il fumo saliva sempre più fitto.

Allora Camilo fece spegnere il falò perché così si poteva mettere in pericolo la colonna.

Il Signore dell’Avanguardia fu sempre così, attento alla vita di ogni soldato.

CAMILO: FIDUCIA E AMORE DEL POPOLO CUBANO

Dopo il trionfo della Rivoluzione, Mara, ora mia moglie, incontrò Camilo   a Matanzas. Era con suo padre, il mio futuro suocero.

Quando lo riconobbe gli andò vicino a gli disse: “Lei è Camilo? Io sono la fidanzata di un invasore della colonna Nº 2”.

Quando cominciarono a parlare, Cienfuegos,  che era in visita nella provincia per osservare lo stato del Morrillo, il luogo dove fu ucciso Antonio Guiteras Holmes, che era abbandonato, cominciò a scherzare e disse: “Io non sono Camilo, lei si sbaglia, io non sono Camilo”.

In quel momento mio suocero, che si opponeva alla nostra relazione gli chiese: “Bene, e com’è questo ragazzo?”, riferendosi a me, e Camilo gli rispose con un sorriso convincente: “Questo campagnolo sì che è valoroso!”

Dopo quella conversazione il padre di Mara mi diede la mano di sua figlia e ci fidanzammo.

PER PARLARE DI CAMILO SI DEVE PARLARE DI FIDEL

fidel-y-camilo-1Il leader della nascente Rivoluzione cubana sentiva una grande ammirazione e rispetto per il giovane ribelle e l’espressione :“Vado bene Camilo?”, di Fidel nei primi giorni del suo arrivo a L’Avana dice la totale fiducia e il riconoscimento delle sue appassionate parole di rivoluzionario.

Dopo il trionfo della Rivoluzione, gli inseparabili guerriglieri andavano regolarmente alle partite di baseball,  alcune volte da spettatori e altre come attivi partecipanti.

In un’occasione in cui tutti e due andarono alla stadio del Cerro per partecipare  a una sfida da giocare quella notte, sorse l’idea che giocassero i guerriglieri contro la squadra della PNR – la Polizia Nazionale Rivoluzionaria.

Camilo, accarezzando la sua ampia barba ascoltò la proposta e masticava con forza il suo tabacco, ma quando gli spiegarono l’idea rispose: “Che io faccia parte di una squadra contro Fidel?… ma dai! Io contro Fidel non ci sto neanche nel baseball!”, ha ricordato Fontaine.

Quel giorno mentre Fidel  occupava il rialzo del lanciatore nella squadra dei barbuto, Camilo giocò come ricevente e la partita terminò 3 -0 per i guerriglieri.

LA GIOVENTÙ CUBANA NECESSITA PIÙ CIENFUEGOS

f0014815“La gioventù necessita un lavoro politico ideologico più profondo, necessita riscoprire la forza che hanno dimostrato le grandi personalità della Rivoluzione cubana. Nei giovani c’è la forza e c’è l’impulso del nostro paese.

Noi lasciamo gli aneddoti, le storie e i fatti che hanno marcato le nostre vite. Loro sono incaricati di riviverle e mantenere la Rivoluzione che abbiamo costruito”, ha detto ancora Fontaine, con la sua voce  arrochita dal trascorso degli anni.


CAMILO CIENFUEGOS, RIBELLE NELLA MONTAGNA E NELLA PIANURA DI CUBA

 

L’impronta di Camilo Cienfuegos si distingue come una delle più importanti per la Rivoluzione cubana: il suo coraggio nella lotta e la lealtà a Fidel Castro, vengono ricordati oggi nell’85° anniversario della sua nascita.

Secondo gli storiografi, la Guerra Civile Spagnola aveva segnato la coscienza del giovane Camilo Cienfuegos, ma l’assalto alla Caserma Moncada ad opera di Fidel Castro e di un gruppo di giovani del Movimento 26 Luglio nel 1953, aveva determinato in lui – che allora viveva negli Stati Uniti – la volontà espressa di unirsi a loro nella lotta per l’indipendenza definitiva della sua patria.

Non è stato facile per l’insigne patriota, nato nell’attuale municipio ’10 de octubre’ della capitale, arrivare al leader guerrigliero cubano, che ha accettato di includerlo tra gli 82 spedizionari dello Yacht Granma grazie all’insistenza, tra gli altri, di suo fratello Raúl Castro.

Già dall’inizio della contesa ‘Camilo’ si distingue per il suo valore, per la sua audacia e il suo coraggio, sia nell’attacco alla Caserma di La Plata, come nel combattimento di Arroyo del infierno o nell’attacco alla Caserma dell’Uvero.

A detta di uno dei suoi compagni di lotta, ora deceduto, Orestes Guerra, Camilo era un uomo affabile, casinista, ma con un coraggio indescrivibile che ha dimostrato in innumerevoli occasioni.

“Camilo è stato un uomo in tutti i sensi. Era socievole, burlone come tutti i cubani, ma molto coraggioso, ha voluto sempre le azioni più difficili e rischiose, ed è per questo motivo che si è guadagnato la fiducia di Fidel e il rispetto di tutta la truppa”, ha sottolineato Guerra nel documentario ‘Semplicemente Camilo’, di Mundo Latino.

A suo avviso, l’umile estrazione sociale di Camilo, sarto di mestiere, il suo temperamento gioviale e il sorriso franco, l’hanno eretto a uno dei più carismatici e affidabili dirigenti dell’Esercito Ribelle.

Un esempio di questo è attestato nell’articolo ‘Camilo Cienfuegos: L’uomo dei mille aneddoti’ del defunto giornalista cubano Guillermo Cabrera. In esso l’ex direttore dell’Istituto Internazionale di Giornalismo José Martí, racconta diversi episodi delle azioni del mitico combattente nella Sierra Maestra, a Yagüajay o proprio nella stessa capitale del paese. Cabrera ricorda come un giorno, in piena montagna dell’oriente cubano, arrivò dove si trovavano i ribelli, Rafael Verdecía, contadino del posto, all’incontro con Camilo, che vedendolo con il suo cappello, per scherzo, glielo tolse, se lo provò per guardarsi in uno specchio e gli disse, strizzando prima un occhio ai suoi compagni: “Senti ragazzo questo cappello a te non sta bene come a me, mettiti questo berretto“, il contadino sorpreso, gli rispose, “va bene, me lo porterò a casa” e così lui arrivò a quella tenuta che lo ha sempre distinto.

Così, narra anche il guerrigliero e giornalista William Gálvez, che una volta il leggendario Comandante visitò la postazione medica dell’Esercito Ribelle nella località di El Hombrito e parlò de sua preoccupazione di estrarsi un molare con il leggendario eroe e medico argentino-cubano Ernesto Che Guevara. “Com’è possibile – gli disse William – se il Che è medico e sicuro non ti farà male?”, al che Camilo rispose, “No, non è perché mi faccia male, ma perché quello – un medicastro – di sicuro me ne estrae uno buono e non quello cariato”.

Così era Camilo, audace, coraggioso, l’unico capace di scherzare con il Che, rinomato per la sua serietà e il carattere burbero, anche se con lui ha fatto un’eccezione forse perché, come poi ha confessato, un bel giorno in mezzo alla guerra aveva perso il suo zaino con il suo cibo ed era stato Camilo che aveva condiviso con lui l’unica lattina di latte che aveva.

E se l’amicizia con il Che è stata affettuosa, lo è stata anche con Fidel che ha riconosciuto le sue doti di militare ed è arrivato ad averlo come il suo uomo di fiducia nei momenti più difficili della guerra.

Prima è stato promosso da soldato a tenente, e capo d’avanguardia della colonna dello stesso Fidel nel marzo del 1957, sette mesi dopo è stato promosso a capitano dell’avanguardia della colonna di colui che era stato il suo principale maestro guerrigliero, il Che.

Tanta è stata la fiducia del leader dei ‘barbudos’ in lui che Camilo è diventato il primo capo guerrigliero che ha combattuto con risultati positivi l’esercito della tirannia fuori dello scenario naturale della Sierra Maestra.

Poco dopo, il 16 aprile 1958 è stato passato a Comandante e promosso a capo della Colonna due Antonio Maceo., In segno di gratitudine, otto giorni più tardi ha scritto a Fidel: “Ricevendo un onore e una responsabilità così alti, giuro di adempiere pienamente a questa carica e di lavorare fino al limite delle mie forze per accelerare il trionfo della Rivoluzione”. Ha poi aggiunto “Grazie per avermi dato l’opportunità di servire di più a questa degnissima causa per la quale sarò disposto a dare la vita e di essere più utile alla nostra Patria tormentata. Mi sarà più facile smettere di respirare che smettere di esse fedele alla sua fiducia”.

E così è stato perché grazie a quella fiducia è uscito vittorioso nei combattimenti a Vega de Jibacoa e a La Mercedes, o nella presa di Yagüajay, Sancti Spíritus.

Lì Camilo e i suoi uomini hanno sopraffatto oltre 350 soldati ben armati che difendevano la caserma della tirannia, e questo gli è valso il soprannome di “L’Eroe di Yagüajay”.

Insieme al Che e alla colonna Ciro Redondo ha ricalcato l’impresa dei mambises nella Guerra d’Indipendenza con l’invasione a occidente nel 1895, la quale ha avuto anche influenza sulla fuga di Fulgencio Batista e dei suoi sbirri il 1 gennaio 1959.

Un giorno dopo, su ordine di Fidel, Camilo ha prese la principale fortezza nemica nella capitale del paese, l’Accampamento Militare Columbia, dichiarata sei giorni più tardi ‘Ciudad Escolar Libertad’ (Città Scolastica Libertà), attuale Università di Scienze Pedagogiche, Enrique José Varona.

Nell’allora istituzione militare Camilo ha ricevuto la cosiddetta Carovana della Libertà comandata da Fidel, che ha confermato la sua fiducia in lui, chiedendogli in mezzo al discorso che faceva al popolo nella cerimonia di benvenuto “¿Voy bien Camilo?” (Vado bene Camilo?). Al che lui ha risposto “¡Vas bien Fidel!”.

Sebbene quel capitolo sia degno di essere ricordato, lo è molto più quell’aneddoto che è accaduto nell’allora stadio del Cerro, oggi stadio Latinoamericano, quando si stava organizzando una partita di baseball tra la squadra della Polizia Nazionale Rivoluzionaria e i Barbudos, e si ipotizzava che per i primi avrebbe lanciato Camilo e per i secondi, Fidel. Tuttavia, quando colui che è conosciuto anche come “señor de la Vanguardia” è entrato nel terreno lo ha fatto con l’uniforme dei Barbudos e un guanto da ricevitore. Rivolgendosi ai giornalisti è sbottato… “Io non sto contro Fidel neanche in una partita di baseball”, e questa è rimasta come una delle espressioni di lealtà più celebri nella storia della Rivoluzione.

Questo e molti altri aneddoti hanno fatto sì che Camilo si guadagnasse il rispetto, l’ammirazione e l’affetto del popolo, il quale ha pianto e ricorda in modo speciale la sua sparizione fisica, il 28 ottobre 1959, dopo che l’aereo che lo trasportava da Camagüey a La Habana è caduto in mare.

Dopo di vari giorni di infruttuosa ricerca, l’allora primo Ministro del Governo Rivoluzionario, Fidel Castro, ha confermato la triste notizia.

Nelle sue parole il Comandante in Capo della Rivoluzione ha sottolineato i valori eroici del suo compagno di lotta:

“Uomini come Camilo Cienfuegos sono sorti dal popolo e sono vissuti per il popolo. La nostra unica compensazione davanti alla perdita di un compagno tanto vicino a noi è sapere che il popolo di Cuba produce uomini come lui. Camilo vive e vivrà nel popolo”.

Il Che, peraltro, lo ha definito “il compagno di cento battaglie, l’uomo di fiducia di Fidel nei momenti difficili della guerra e il combattente altruista che ha sempre fatto del sacrificio uno strumento per temperare il suo carattere e forgiare quello della truppa”.

“Camilo era Camilo, señor de la vanguardia, guerrigliero completo che si imponeva in quella guerra con la vivacità che sapeva avere”, ha precisato quel giorno il mitico Guerrigliero Eroico di colui che era stato suo amico personale.

Da allora, la figura di Camilo è diventata immortale per il popolo cubano, che ogni 28 ottobre come dimostrazione di affetto e rispetto gli rende omaggio gettando fiori in mare.

Autore: Reinaldo Wossaert Silva, giornalista della Redazione Nazionale di Prensa Latina

Traduzione: Redazione di El Moncada

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