F. Martínez Heredia https://lapupilainsomne.wordpress.com
Due volte scelse, il sistema esistente di dominio esistente a Cuba, avere una grande crescita economica con grande sfruttamento sociale, e senza rivoluzione. La prima volta fu nel primo quarto del XIX secolo: convertirsi nel primo esportatore di zucchero del mondo, e continuare a rimanere colonia della Spagna, mentre l’America iberica si rendeva indipendente. L’opzione fu molto criminale e durò abbastanza, ma non poté evitare che nell’ultimo terzo del secolo avvenissero due rivoluzioni, che conquistarono l’identità nazionale e lo Stato ed una cultura nazionale.
La seconda volta che i dominanti presero tale alternativa fu nel primo quarto del XX secolo: abbandonare gli obiettivi radicali della Rivoluzione del 95 ed ottenere un’altra grande crescita economica con grande sfruttamento sociale, e sottomessa alla relazione neo-coloniale con gli USA. Ma questa volta solo durò quel primo quarto di secolo, perché alla fine degli anni venti si combinarono i gravi limiti di quella struttura economica e la delegittimazione del sistema politico, nel 1927, con l’alto livello e la profondità dell’opposizione attiva al regime dittatoriale che consentivano il grande sviluppo, prima che avessero avuto (alto livello e profundità opposizione chi ???) la coscienza politica e le esperienze pratiche rivoluzionarie, su vasta scala, nella società cubana.
Poi successe la terza rivoluzione cubana, la Rivoluzione del 30. Fu molto profonda e globale, e generò importanti trasformazioni, ma non poté porre fine al sistema di dominio e creare un nuovo ordine liberato. Per quanto riguarda la coscienza politica ed esperienze pratiche, nella Rivoluzione del 95 la parte radicale dentro gli indipendentisti avanzò molto più di quanto sembrava possibile, prospettò la repubblica democratica con liberazione nazionale e giustizia sociale, e produsse il progetto di José Martí. Il radicalismo all’interno della Rivoluzione del 30 partì da tali progressi e dalla cultura politica più avanzata e prospettò che a Cuba fosse obbligatorio essere antimperialista per essere rivoluzionario e che il carattere del processo doveva essere socialista di liberazione nazionale.
Julio Antonio Mella e Antonio Guiteras furono i due principali leader in quel momento. Mella riuscì ad essere il pioniere di questa nuova posizione a Cuba, quando non era ancora tra i possibili ideali né tra le opzioni pratiche. Anche se fu assassinato a 25 anni, aprì la nuova strada e conseguì essere il simbolo del giovane ribelle. Antonio Guiteras sì giunse a vivere la fase della crisi rivoluzionaria -dai primi mesi del 1933 al marzo 1935- in cui tale soluzione più radicale era proponibile, e si lanciò a cercare di realizzarla.
In primo luogo fondò e diresse un’organizzazione politica insurrezionale indipendente da qualunque politica borghese, Unione Rivoluzionaria, nel 1932-1933, che combatté per lo più in Oriente, con un progetto di liberazione nazionale e sociale. Poi condusse una gestione pratica formidabile, come principale ministro del Governo Rivoluzionario Provvisorio, che esistette tra il settembre 1933 ed il gennaio 1934, sotto l’incessante attacco degli USA e della controrivoluzione cubana. Guiteras implementò misure e intraprese azioni molto radicali di giustizia sociale, sovranità nazionale, lotta frontale contro l’imperialismo ed i suoi complici nativi, cercando di dare basi al socialismo di liberazione nazionale a Cuba, attraverso l’esempio dei fatti e la creazione di motivazioni che portassero il popolo ad alti livelli di mobilitazione e di coscienza. Ed in una terza fase, un’altra volta in clandestinità, creò e diresse un’organizzazione politica di lotta armata a livello nazionale, la Giovane Cuba, che cercava di prendere il potere attraverso l’insurrezione armata, e da lì liberare Cuba e instaurare il socialismo.
I nemici di tale rivoluzione ebbero molte forze a loro favore, ed i gradi di coscienza e organizzazione indipendenti del popolo di Cuba erano ancora molto insufficienti affinché si potesse portare a termine questo compito. Il vecchio nazionalismo era patriottico, ma i limiti posti alla Rivoluzione del 95 e tre decenni di usura liberal-conservatrice ora non gli permettevano di affrontare nuove sfide e vincerle. Il liberalismo democratico aveva la malattia incurabile di temer gli USA e richiedere il suo tutoraggio, e di non vedere al di là di un buon ordine borghese.
Tra le ideologie ed i movimenti del XX secolo, il comunismo nato dall’espansione internazionale del bolscevismo e dall’influenza dell’Unione Sovietica era il più promettente per le rivoluzioni che cominciavano ad avere bisogno di colonie e neo-colonie del mondo per liberarsi veramente. Ma ciò che avvenne a partire dalla seconda metà degli anni venti, in particolare dal 1928, fu negativo, in pratica, per la giusta comprensione, la strategia e la tattica delle organizzazioni e delle idee dei seguaci dell’Internazionale Comunista.
Il caso cubano fu un chiaro esempio di questo. La teoria di Marx e le idee e la prassi politica di Lenin, l’esempio e la speranza di una grande rivoluzione vittoriosa, l’avvento del marxismo come uno strumento di potenzialità molto superiore, propiziarono un grande balzo in avanti della cultura della liberazione a Cuba. Ma fu un tragico paradosso che i comunisti cubani obbedissero ad orientamenti ed avessero credenze derivate da una cultura politica manifestamente inferiore a quella che aveva acquisito Cuba nei 60 anni precedenti.
Da parte sua, Guiteras ora poté accettare il socialismo anti-capitalista e utilizzare le idee più avanzate senza appartenere a quel movimento comunista. Alla fine del 1932, scrisse il manifesto programma dell’Unione Rivoluzionaria, in cui riconosceva che vi fossero varie ideologie tra oppositori a Machado e aspirava a che si unissero i loro sforzi pur, allo stesso tempo, presentando una proposta “che serva da comune aspirazione al popolo di Cuba”. Ma allo spiegare con molti dettagli tutto quello che pretendeva l’organizzazione, era chiaro che portarlo a termine richiedeva tutto il potere per i rivoluzionari e che benché non usasse la parola socialismo, per la sua portata non ci stava all’interno del capitalismo neocoloniale, e avrebbe dato luogo ad una rivoluzione socialista di liberazione nazionale. Questo rivoluzionario andava alla radice dei mali di Cuba e suggeriva l’unica efficace rimedio a loro, che significava che i cubani conquistassero il loro paese, liquidassero lo sfruttamento e andassero trasformando loro stessi.1
L’ agire di Guiteras lo ratificava come un uomo coraggioso ed un essere umano fraterno e molto austero, ma le sue idee andavano ben al di là di quello che sembrava possibile fare a Cuba, persino potevano sembrare una follia alle persone più giudiziose. Già stava condividendo le qualità ed il destino di Céspedes, Maceo, Martí, Mella, e quello che avrebbero avuto poi Fidel e il Che.
Ci sono tante espressioni della sua posizione socialista cubana antimperialista durante i quattro mesi in cui fece parte del Governo Rivoluzionario. Aggiungo ciò che esprime secondo il verbale di una riunione del Governo Rivoluzionario: “Che nelle diverse occasioni aveva parlato di una tale necessità, che il governo tracciasse un programma e che tale programma fosse ampiamente spiegato all’esercito ed al popolo, in modo che sapessero cosa era quello che stavano difendendo, poiché altrimenti avrebbero creduto che tutto si riduceva a cambiare un governo con un altro”.2
Alla caduta di quel governo, Guiteras dichiarò dalla clandestinità: “Attualmente sono all’opposizione e lotterò per l’instaurazione di un Governo in cui i diritti degli Operai e dei Contadini siano al di sopra dei desideri di lucro dei Capitalisti Nazionali e stranieri.”3
Studiare il suo articolo “Septembrismo” è indispensabile per conoscere le sue idee. Sono marxiste le sue analisi degli avvenimenti e delle forze in lotta, e gli strumenti dell’azione politica che propone; ma il punto di partenza di Guiteras ed il suo linguaggio è il suo paese, neocolonizzato ma padrone di una splendida epopea nazionale e preda di un’immensa ansia di giustizia sociale. Cioè, Guiteras parte dal potenziale rivoluzionario della cultura nazionale. Riesce a fare la valutazione più giudiziosa di una rivoluzione non è ancora finita: “mostrò un mondo di possibilità al popolo di Cuba (…) tale ferma posizione mostrò ai rivoluzionari la strada”. Conclude con una profezia che è a sua volta una definizione: “Quella fase della nostra Storia è la genesi della rivoluzione che si prepara, che non costituirà un movimento politico con più o meno colpi di cannone, ma una profonda trasformazione della nostra struttura economica-politico-sociale”. La rivoluzione sarà il grande cambiamento di tutte le strutture fondamentali del paese, implicherà liquidare tutto il potere della borghesia e dell’imperialismo, e le relazioni sociali su cui si basa tale potere. Meno non sarebbe sufficiente. E saluta con la professione di fede del rivoluzionario comunista, nella lingua nazionale: “spero fiducioso il momento opportuno per la nostra liberazione assoluta, che è quella che risponde al grido delle masse che tutto soffrono, che tutto patiscono” .4
Il fondato e vasto Programma della Joven Cuba, pubblicato sul giornale Ahora, nell’agosto 1934, è uno dei principali documenti politici del XX secolo a Cuba. In esso si afferma che Cuba dovrà adottare il socialismo per completarsi come nazione.
Guiteras si comporta come un comunista, benché non si identifichi come tale. In quei tempi, a Cuba, quell’appellativo solo si applicava ai membri del Partito Comunista. Se oggi può essere insolito nominarli così è solo perché dopo la che rivoluzione socialista di liberazione nazionale, trionfante a Cuba nel 1959, convertì in qualcosa di naturale comprendere che cosa è un comunista e come questo proviene da una lotta e idee comuniste, e non da una particolare organizzazione, la questione tornò ad oscurarsi durante una fase prolungata, ed i suoi effetti si fanno ancora sentire.
Il pensiero e l’agire di Antonio Guiteras configurano il tipo di comunismo cubano proveniente dall’incontro delle lotte di liberazione nazionale con il socialismo, nelle nuove condizioni create dalla crisi della prima repubblica e dalla Rivoluzione del 30. Guiteras fu uno di coloro che più apportò al lascito rivoluzionaria, ed inoltre aggiunse un simbolo ed un ingrediente sintetizzatore d’ideologie, e delle necessità cubane che soffrirono abbandoni o andarono in modo molto discorde per i successivi due decenni: la personalità più trascendente di quell’evento, risultò essere un giovane combattente, coraggioso e carismatico, padrone di idee chiare e molto radicali, anti-imperialista, socialista e insurrezionalista. Non c’è da meravigliarsi che il movimento di giovani del centenario martiano che scatenò l’insurrezione degli umili, dagli umili e per gli umili, negli anni 50, si affidasse anche ad Antonio Guiteras quando andò all’assalto del Moncada.
Antonio Guiteras, un fundador del comunismo cubano
Por Fernando Martínez Heredia
Dos veces escogió el sistema de dominación existente en Cuba tener un gran crecimiento económico con gran explotación social, y sin revolución. La primera vez fue en el primer cuarto del siglo XIX: convertirse en el primer exportador de azúcar del mundo, y seguir siendo colonia de España mientras la América ibérica se independizaba. La opción fue muy criminal y le duró bastante, pero no pudo evitar que en el último tercio del siglo sucedieran dos revoluciones, que conquistaron la identidad nacional y el Estado y una cultura nacionales.
La segunda vez que los dominantes tomaron esa alternativa fue en el primer cuarto del siglo XX: abandonar los objetivos radicales de la Revolución del 95 y lograr otro gran crecimiento económico con gran explotación social, y sometida a la relación neocolonial con Estados Unidos. Pero esta vez solo le duró ese primer cuarto de siglo, porque a fines de los años veinte se combinaron los graves límites de aquella estructura económica y la deslegitimación del sistema político en 1927 con el alto nivel y la profundidad de oposición activa al régimen dictatorial que permitían el gran desarrollo previo que habían tenido la conciencia política y las experiencias prácticas revolucionarias a escala masiva en la sociedad cubana.
Entonces sucedió la tercera revolución cubana, la Revolución del 30. Fue muy profunda y abarcadora, y generó transformaciones muy importantes, pero no pudo acabar con el sistema de dominación y crear un orden nuevo liberado. En cuanto a conciencia política y experiencias prácticas, en la Revolución del 95 la vertiente radical dentro de los independentistas avanzó mucho más de lo que parecía posible, planteó la república democrática con liberación nacional y justicia social, y produjo el proyecto de José Martí. El radicalismo dentro de la Revolución del 30 partió de aquellos avances y de la cultura política más avanzada, y planteó que en Cuba era obligatorio ser antimperialista para ser revolucionario y que el carácter del proceso debía ser socialista de liberación nacional.
Julio Antonio Mella y Antonio Guiteras fueron los dos líderes principales en aquella época. Mella logró ser el pionero de esa nueva posición en Cuba, cuando no estaba todavía entre los pensamientos posibles ni entre las opciones prácticas. Aunque fue asesinado a los veinticinco años de edad, abrió el nuevo camino y se ganó ser el símbolo del joven rebelde. Antonio Guiteras sí llegó a vivir la etapa de la crisis revolucionaria –de los primeros meses de 1933 a marzo de 1935–, en que esa solución más radical era planteable, y se lanzó a tratar de hacerla realidad.
Primero fundó y dirigió una organización política insurreccional independiente de toda política burguesa, Unión Revolucionaria, en 1932-1933, que combatió sobre todo en Oriente, con un proyecto de liberación nacional y social. Después encabezó una gestión práctica formidable, como ministro principal del Gobierno Revolucionario Provisional que existió entre septiembre de 1933 y enero de 1934, bajo el ataque incesante de Estados Unidos y de la contrarrevolución cubana. Guiteras implantó medidas y emprendió actuaciones muy radicales de justicia social, soberanía nacional, pelea frontal contra el imperialismo y sus cómplices nativos, tratando de darle bases al socialismo de liberación nacional en Cuba, mediante el ejemplo de los hechos y la creación de motivaciones que llevaran al pueblo a grados altos de movilización y de conciencia. Y en una tercera fase, otra vez en la clandestinidad, creó y dirigió una gran organización política de lucha armada a escala nacional, la Joven Cuba, que intentaba tomar el poder mediante la insurrección armada, y desde él liberar a Cuba e implantar el socialismo.
Los enemigos de esa revolución tuvieron muchas fuerzas a su favor, y los grados de conciencia y organización independientes del pueblo de Cuba eran todavía muy insuficientes para que se pudiese llevar a cabo aquella tarea. El viejo nacionalismo era patriótico, pero los límites puestos a la Revolución del 95 y tres décadas de desgaste liberal-conservador ya no le permitían enfrentar nuevos desafíos y vencerlos. El liberalismo democrático tenía la enfermedad incurable de temerle a los Estados Unidos y requerir su tutoría, y de no ver más allá de un buen ordenamiento burgués.
Entre las ideologías y los movimientos del siglo XX, el comunismo nacido de la expansión internacional del bolchevismo y de la influencia de la Unión Soviética era lo más prometedor para las revoluciones que comenzaban a necesitar las colonias y neocolonias del mundo para liberarse realmente. Pero lo que sucedió desde la segunda mitad de los años veinte, sobre todo a partir de 1928, resultó negativo en la práctica para la comprensión acertada, la estrategia y la táctica de las organizaciones, y las ideas de los seguidores de la Internacional Comunista.
El caso cubano fue un ejemplo claro de esto. La teoría de Marx y las ideas y la práctica política de Lenin, el ejemplo y la esperanza de una gran revolución triunfante, la llegada del marxismo como un instrumento de potencialidades muy superiores, propiciaron un gran salto hacia delante de la cultura de liberación en Cuba. Pero fue una paradoja trágica que los comunistas cubanos obedecieran orientaciones y tuvieran creencias emanadas de una cultura política manifiestamente inferior a la que había ganado Cuba en los sesenta años previos.
Por su parte, Guiteras ya pudo asumir el socialismo anticapitalista y utilizar las ideas más avanzadas sin pertenecer a aquel movimiento comunista. A fines de 1932, escribió el manifiesto programa de Unión Revolucionaria, en el que reconocía que había varias ideologías entre los opositores a Machado y aspiraba a que unieran sus esfuerzos, al mismo tiempo que presentaba una propuesta “que sirva de aspiración común al pueblo de Cuba”. Pero al explicar con muchos detalles todo lo que pretendía la organización, queda claro que llevarlo a cabo exigía todo el poder para los revolucionarios, y que, aunque no usara la palabra socialismo, por su alcance no cabía dentro del capitalismo neocolonial, y daría lugar a una revolución socialista de liberación nacional. Este revolucionario iba a la raíz de los males de Cuba y proponía el único remedio eficaz a ellos, que implicaba que los cubanos se apoderaran de su país, liquidaran la explotación y se fueran transformando a sí mismos.1
La actuación de Guiteras lo ratificaba como un valiente y un ser humano fraternal y muy austero, pero sus ideas iban mucho más allá de lo que parecía posible hacer en Cuba, inclusive podían parecerle una locura a las personas más juiciosas. Ya estaba compartiendo las cualidades y el destino de Céspedes, Maceo, Martí, Mella, y el que tendrían después Fidel y el Che.
Hay muchas expresiones de su posición socialista cubana antimperialista durante los cuatro meses en que formó parte del gobierno revolucionario. Añado lo que expresa según el acta de una reunión del Gobierno Revolucionario: “Que en distintas ocasiones había hablado de tal necesidad, de que el gobierno se trazara un programa y que ese programa fuese explicado ampliamente al Ejército y al pueblo, para que supieran qué era lo que estaban defendiendo, pues de lo contrario iban a creer que todo se reducía a cambiar un gobierno por otro”.2
A la caída de aquel gobierno, Guiteras declaró desde la clandestinidad: “Actualmente estoy en la oposición y lucharé por el establecimiento de un Gobierno donde los derechos de los Obreros y Campesinos estén por encima de los deseos de lucro de los Capitalistas Nacionales y extranjeros.”3
Estudiar su artículo “Septembrismo” es fundamental para conocer sus ideas. Son marxistas su análisis de los acontecimientos y las fuerzas en pugna, y los instrumentos de acción política que propone; pero el punto de partida de Guiteras y su lenguaje es su país, neocolonizado pero dueño de una maravillosa epopeya nacional y presa de un ansia inmensa de justicia social. Es decir, Guiteras parte del potencial revolucionario de la cultura nacional. Logra hacer la valoración más atinada de una revolución que no ha terminado todavía: “mostró un mundo de posibilidades al pueblo de Cuba (…) esa posición erguida mostró a los revolucionarios el camino”. Concluye con una profecía que es a la vez una definición: “Esa fase de nuestra Historia es la génesis de la revolución que se prepara, que no constituirá un movimiento político con más o menos disparos de cañón, sino una profunda transformación de nuestra estructura económico-político-social”. La revolución será el gran cambio de todas las estructuras fundamentales del país, implicará liquidar todo el poder de la burguesía y el imperialismo, y las relaciones sociales en las que ese poder se basa. Menos, no sería suficiente. Y se despide con la profesión de fe del revolucionario comunista, en la lengua nacional: “espero confiado el momento oportuno para nuestra liberación absoluta, que es la que responde al clamor de las masas que todo lo sufren, que todo lo padecen”.4
El fundamentado y extenso Programa de Joven Cuba, publicado en el diario Ahora en agosto de 1934, es uno de los documentos políticos trascendentales del siglo XX en Cuba. En él se afirma que Cuba tendrá que asumir el socialismo para lograr completarse como nación.
Guiteras se comporta como un comunista, aunque no se identifique como tal. En aquellos tiempos, en Cuba ese apelativo sólo se aplicaba a los miembros del Partido Comunista. Si hoy puede resultar inusual llamarle así es solamente porque después que la revolución socialista de liberación nacional triunfante en Cuba en 1959 convirtió en algo natural comprender qué es un comunista y cómo este proviene de una lucha y unas ideas comunistas, y no de una organización determinada, la cuestión volvió a oscurecerse en la ideología estructurada durante una etapa prolongada, y sus efectos se sienten todavía.
El pensamiento y la actuación de Antonio Guiteras configuraron el tipo de comunismo cubano procedente del encuentro de las luchas de liberación nacional con el socialismo, en las nuevas condiciones creadas por la crisis de la primera república y por la Revolución del 30. Guiteras fue de los que más aportó al legado revolucionario que ella dejó, y además le añadió un símbolo y un ingrediente sintetizador de ideologías, y de las necesidades cubanas que padecieron abandonos o anduvieron muy discordes durante las dos décadas siguientes: la personalidad más trascendente de aquel evento resultó ser un joven combatiente, valeroso y carismático, dueño de ideas claras y muy radicales, antimperialista, socialista e insurreccionalista. No es asombroso que el movimiento de jóvenes del centenario martiano que desató la insurrección de los humildes, por los humildes y para los humildes en los años cincuenta se encomendara también a Antonio Guiteras cuando fue al asalto del Moncada.
1 Ver Fernando Martínez Heredia, La revolución cubana del 30. Ensayos, Editorial de Ciencias Sociales, La Habana, 2007, pp. 55-58.
2 Ramiro Capablanca, Acta del Consejo de Secretarios de 15 de noviembre de 1933. En Olga Cabrera, Guiteras, la época, el hombre, Arte y Literatura, La Habana, 1974, p. 355.
3 Antonio Guiteras, diario Luz, 20 de enero de 1934. En Pensamiento Crítico núm. 39 (especial), La Habana, abril de 1970, p. 284.
4 Bohemia, La Habana, 1º de abril de 1934, págs. 20 y 22,