Dignità dei popoli dei Caraibi e sconfitta delle destre imperiali

di Geraldina Colotti* – Il Manifesto

Le destre lo davano per certo: questa volta Maduro avrebbe perso all’OSA e avrebbe dovuto subire l’imposizione della Carta democratica interamericana.

Per assaporare il trionfo e premere sull’organismo diretto dall’amico Luis Almagro, deputati e ong di opposizione si erano recati in massa a Cancun, portandosi appresso lo stesso tipo di armamentario «da guerra fredda» che ha fatto da contorno alla conferenza stampa di Trump a Miami: personaggi avvezzi a guardare il mondo con la lente di Dollar Today, il sito che perverte l’economia venezuelana mediante il cambio al nero del “dollaro parallelo”.

Alla 47ma Assemblea annuale dell’organismo, che si è conclusa in Messico mercoledì, le cose sono però andate diversamente: grazie all’abile diplomazia bolivariana e a un blocco di paesi latinoamericani e caraibici che hanno impedito l’avallo di un’ingerenza piena negli affari interni del Venezuela.

Un primo stop si è avuto nella riunione dei ministri degli Esteri, dove la mozione promossa dai paesi subalterni agli USA non ha trovato la maggioranza dei 2/3 richiesta. La riunione è rimasta “aperta” ma, nella seduta finale, nonostante l’affondo degli USA e del Messico, non c’è stato accordo sulla risoluzione che avrebbe voluto imporre a Caracas un altro calendario elettorale e, soprattutto, la delegittimazione dell’Assemblea nazionale costituente, lanciata da Maduro e fissata per il 30 luglio. Gli USA e i loro alleati chiedevano anche l’istituzione di un «gruppo di contatto» per negoziare tra governo e opposizione. Un percorso assai diverso da quello già attivo con la mediazione di alcuni ex presidenti guidati dallo spagnolo Zapatero, della Unasur e del papa Bergoglio.

Samuel Moncada, ambasciatore del Venezuela all’OSA e ora ministro degli Esteri di nuova nomina, ha attribuito la vittoria «alla dignità dei popoli dei Caraibi» che hanno resistito alle pressioni degli Usa. Di sicuro ha contato la politica di interscambio solidale portata avanti in questi anni da Caracas nei confronti della Caricom, l’organizzazione che raggruppa 15 paesi anglofoni dei Caraibi, diversi dei quali contrari comunque al Venezuela. Tra questi, la Guiana, il cui governo tornato a destra ha riattizzato lo storico conflitto con Caracas per le acque dell’Esequibo, consentendo all’impresa petrolifera Exxon Mobil, di cui per anni è stato direttore esecutivo l’attuale segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, di cominciare le trivellazioni in quel perimetro.

Tillerson, che aveva annunciato la propria presenza a Cancun, non è andato. L’asse tra il rappresentante USA e l’anfitrione Messico ha comunque guidato l’attacco dei paesi neoliberisti contro Caracas, questione centrale dell’incontro annuale. La ministra degli Esteri venezuelana, Delcy Rodriguez, ha reiterato l’abbandono dell’organismo da parte del suo paese, che non riconoscerà le decisioni prese contro Caracas. Prima di abbandonare l’Assemblea, ha però proposto 10 risoluzioni (tutte respinte) su alcune questioni brucianti per l’America latina. Tra queste, la vicenda dei 43 studenti normalistas scomparsi ad Ayotzinapa, la presenza di basi militari Usa in America latina, il muro di Trump con il Messico e la sua posizione sul clima, la parzialità di Almagro nella conduzione dell’Osa…

Maduro ha celebrato la vittoria e annunciato nuove proposte di dialogo sotto l’egida della CELAC, anche rivolte direttamente agli USA. In vista dell’Assemblea costituente, c’è stato un rimpasto di governo perché diversi ministri saranno impegnati nel percorso costituente a cui si sono candidate 5.500 persone, provenienti soprattutto dai settori sociali. Il 30 luglio dalle urne usciranno i 537 esponenti che guideranno il processo costituente per almeno 6 mesi. Verranno esaminate e classificate per temi circa 20.000 proposte provenienti dagli studenti, dai contadini, dalle donne, dai pensionati, dai lavoratori… Se ne discuterà in apposite commissioni e poi nelle plenarie. Da lì usciranno proposte concrete per allargare lo spettro dei diritti e delle conquiste dell’attuale costituzione bolivariana, votata nel 1999, e per avanzare verso «lo stato comunale».

Una via che l’opposizione, però, rifiuta: invita alla «disobbedienza civile» e alla rivolta delle Forze armate. L’intenzione delle destre è quella di formare un governo parallelo e intanto insistere con le proteste violente, che hanno già provocato oltre 75 morti. Contraria, seppur con accenti diversi, anche un’area di centro, che fa capo alla Procuratrice generale Luisa Ortega proposta come nuova «Violeta Chamorro» sul modello anti-sandinista d’antan. Contro Maduro, anche l’Europa, che moltiplica i pronunciamenti. Al comune di Roma, il Pd ha fatto votare una risoluzione di condanna vincolante, passata all’unanimità.

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