Venezuela, 11 riflessioni

di Augusto Márquez – Mision Verdad 

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1. Nel mezzo di una protesta violenta convocata dall’opposizione presso l’Autopista Francisco Fajardo, ha perso la vita a causa di un colpo di pistola al petto il diciassettenne Fabián Urbina. Secondo il Ministro dell’Interno, Néstor Reverol, e il suo omologo per la Difesa, Vladimir Padrino López, gli agenti implicati sono sotto indagine per uso sproporzionato della forza.

2. Prima che inquisitoriamente diciate che non vi importa della morte del giovane, insisto: sì, è condannabile che un agente della Guardia Nazionale Bolivariana utilizzi un’arma da fuoco per disperdere una manifestazione, togliendo la vita a una persona.

3. Ma quello che è successo ieri va ben oltre ciò che le leggi impongono come un comportamento che dovrebbe essere e sarà sicuramente punito. I video che circolano in rete sul fatto sono chiari: 20 giovani (‘i nostri giovani’, dice Juan Requenses) ultra violenti, armati di spranghe, pietre e uno dotato di arma da fuoco si scagliano violentemente contro gli agenti della Guardia Nazionale Bolivariana. I casi di Orlando Figuera e Carlos Ramírez, giovani dati alle fiamme e linciati solo perché chavisti, annunciavano la sorte a cui sarebbero andati incontro gli agenti se catturati.

4. Proviamo per un attimo a vestire i panni del giovane in uniforme che vedeva la morte arrivare? Perché questo ragazzo in uniforme è una persona umana, anche se i media insistono a dipingerlo come un mostro, liquidandolo come assassino.

5. Certo è che la letalità della situazione lasciava immaginare che nulla sarebbe andato bene, in ogni caso. La violenza dei ‘chamos’ che si scagliavano contro gli agenti della Guardia Nazionale Bolivariana, anche se questi non avessero sparato, avrebbe comunque prodotto n tragico bilancio.

6. Allora bisogna chiedersi: quale discorso e quali interessi hanno creato una tale situazione? Non ha senso a questo punto incolpare Fabián e gli altri giovani. Freddy Guevara, Julio Borges e gli altri dirigenti dell’opposizione li hanno convinti (per militanza o con i soldi) che i loro nemici sono gli agenti della Guardia Nazionale Bolivariana e tutti gli afferenti al chavismo.

Che è permesso uccidere, bruciare e linciare un simile, solo per il colore che indossano o per un’idea politica.

7. Fabián è un’altra vittima di questo discorso, dell’ingestione d’odio. La sua tragica morte svanirà nella breve memoria della timeline del profili Twitter di questi dirigenti, mentre servirà a portare avanti il discorso sul Governo repressore. Come accaduto con Neomar Lander e Armando Cañizales, prodotti di rapida caducità per l’agenda politica antichavista.

8. Un discorso che oltre a creare permanentemente nemici e assassini, sconvolge la vita di tutti, degli agenti di polizia, dei manifestanti, di chi trova una barricata sulla strada di casa. Uno stato di pericolo e paura generalizzata dove la vita è insidiata. Quello che i dirigenti chiamano «aumentare la pressione» ha a che vedere con questo.

9. Nessuno di questi giovani violenti ad Altamira stava facendo un picnic o recitando poesie, dipingendo o svolgendo attività culturali. Quando sono arrivati i malvagi agenti della Guardia Nazionale Bolivariana, direttamente istruiti da Maduro (naturalmente), per dargli la caccia e sparargli per sport, mentre ridevano e si godevano il momento. Al contrario: i giovani convinti che l’unico mezzo per superare la ‘crisi’ sia la violenza (discorso di Freddy Guevara) si sono lanciati alla carica con l’obiettivo di spazzare via la Guardia Nazionale Bolivariana. Sapendo che in seguito saranno sostenuti, rispettati e riconosciuti dai loro dirigenti. Chi è allora l’autore intellettuale di quanto accaduto?

10. Forse in momenti orribili come quelli che stiamo vivendo, le ovvietà sono maggiormente utili rispetto alle orazioni complesse. No, al Governo non conviene uccidere Fabián così come qualsiasi altro oppositore, sia esso un semplice manifestante oppure un dirigente. No, non si tratta di un piano, né di una decisione presa da Maduro in una riunione con Diosdado Cabello e Tareck El Aissami. Quanto accaduto aiuta solo l’opposizione, la sua agenda nazionale e internazionale. Lo hanno ammesso loro stessi, lo affermano i loro tweet dove invitano a «marciare per i caduti». Se non cade nessuno, qual è la ragione per marciare?.

11. Questa è la reazione che cercavano da parte delle forze dell’ordine: una situazione estrema che genera morti (…). La vita di Fabián e Neomar è stata sacrificata per un’agenda che sin dalla prima manifestazione ha vestito le vittime, gli ha costruito il feretro e fissato un prezzo alla propria vita. Pagano 80mila bolivares a questi giovani per generare caos e violenza, la cosiddetta ‘Resistenza’. Allora tornate a chiedervi: chi beneficia di queste morti?

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