Venezuela: no violenza, sì Assemblea Costituente

di Geraldina Colotti* – il Manifesto

In Venezuela, Leopoldo Lopez è agli arresti domiciliari per motivi di salute. Il suo partito, Voluntad Popular, ha attribuito la misura alternativa, concessa dal Tribunal Supremo de Justicia (Tsj), alle violenze di piazza organizzate dalla parte più oltranzista della Mesa de la Unidad Democratica (Mud) a cui appartiene.

Per il governo, si tratta di una misura umanitaria decisa dalla magistratura nella speranza di fermare l’escalation verso la guerra civile. Una decisione che sta suscitando polemiche e speculazioni, sia nell’opposizione che nel chavismo. Freddy Guevara, vicepresidente del Parlamento governato dalle destre, ha letto un comunicato incendiario rivolto da Lopez agli oltranzisti in cui invita a proseguire sullo stesso tenore: blocchi stradali, assalti, taglieggiamenti e linciaggi, fino alla caduta del “dittatore” Maduro.

Lilian Tintori, moglie di Lopez e volto pubblico nella campagna per la liberazione dei politici detenuti, ha invece ringraziato la ex ministra degli Esteri Delcy Rodriguez, oggi responsabile della Commissione per la verità dell’Assemblea Nazionale costituente, che dovrà essere votata il 30 luglio. Tintori, che si è detta disponibile a “costruire la pace”, è stata sommersa dalle critiche e da accuse di tradimento sulle reti sociali da parte dei suoi.

Se la MUD gioca su più tavoli, lasciando sempre sul piatto l’opzione eversiva, il chavismo cerca di spezzare il cerchio, togliendo argomenti anche alla fronda del “chavismo critico”, capeggiata dalla Procuratrice generale Luisa Ortega Diaz. In quanto rappresentante del Ministerio Publico, Diaz ha costruito l’impianto accusatorio che ha portato alla condanna di Lopez per le violenze del 2014 (oltre 13 anni di carcere). Adesso si è alleata con le destre, sperando di guidare un’eventuale “transizione” dopo la cacciata di Maduro.

Su di lei pende un processo per “gravi colpe” che il Tsj potrebbe decidere di aprire.

Il governo deve anche far fronte alla sua base, che non gradisce “l’impunità per i terroristi”. Il Comitato vittime delle guarimbas, che partecipa all’Assemblea costituente, ha però appoggiato la misura e ha detto di mettere la pace “al di sopra del proprio dolore”. Secondo l’avvocata statunitense Eva Golinger, di origine venezuelana, la misura umanitaria potrebbe essere stata oggetto di una trattativa per evitare sanzioni USA all’impresa petrolifera di Stato, PDVSA. La possibilità che Lopez uscisse dal carcere era già stata anticipata dopo la visita dell’ex presidente spagnolo Zapatero, che guida il gruppo di mediatori con l’appoggio del papa Bergoglio. E ora il governo lascia intendere che potrebbero arrivare decisioni analoghe.

Difficile, però, spegnere il fuoco delle violenze, alimentato dai giganteschi interessi in campo, sia a livello locale che internazionale. Gli USA premono per avere il sostegno dell’Europa su altre sanzioni. L’arco dei paesi neoliberisti latinoamericani preme su Trump affinché smetta di comprare petrolio dal Venezuela. I deputati venezuelani di estrema destra, come Luis Florido, vogliono la guerra civile e l’intervento armato degli Stati uniti. Per il 16 luglio, l’opposizione ha indetto un referendum privo di legittimità per contrastare il voto del 30 luglio e l’Assemblea costituente, agitando lo spettro del comunismo.

In 100 giorni di “guarimbas”, i morti sono 92, i feriti oltre 1500 e i danni alle strutture pubbliche ammontano a diversi milioni di dollari. Due inchieste di Interlaces dicono però che la stragrande maggioranza dei cittadini rifiuta la via violenta e che oltre il 50% appoggia l’Assemblea costituente.

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