Venezuela. Tra popolo e cifre, l’opposizione si spacca

di Geraldina Colotti  Caracas, 3 agsoto 2017

Partiamo dalla notizia. Mercoledì, Antonio Mugica, direttore dell’impresa Smartmatic, convoca una conferenza stampa a Londra per denunciare che, a suo parere, i risultati emessi dal Consejo Nacional Electoral venezuelano (CNE) sul voto del passato 30 luglio per l’Assemblea Nazionale Costituente (ANC) “sono stati manipolati” e potrebbe esserci una differenza di almeno un milione di voti rispetto agli 8.098.320 comunicati: “crediamo che la data dell’elezione sia stata manipolata”, ha detto.

Un giornalista della BBC ha chiesto a Mugica se ne avesse parlato con il CNE. L’impresa lavora per l’istituzione venezuelana dal 2004 e da allora è diventata leader internazionale nel settore. Dopo una lunga pausa, Mugica ha risposto di no. Intanto, prima della conferenza stampa, 20 gerenti dell’impresa sono stati mandati fuori dal paese e la Smartmatic ha chiuso i battenti in Venezuela “fino a nuovo ordine”.

L’impresa ha un ruolo di controllo tecnico, importantissimo per la sicurezza informatica, deve consegnare le password a tutti i contendenti e verificarle. Non ha però alcun’altra funzione, che spetta invece al CNE e agli osservatori di parte e altra. E su questo punto si basa l’affermazione di Mugica, arrivata prima del conteggio definitivo del CNE e basata soprattutto sull’assenza dell’opposizione alle verifiche previe del processo elettorale.

Anziché buttarsi a pesce sull’amo, conviene intanto porsi alcune domande. Perché un imprenditore che ha fatto fortuna in Venezuela decide di intervenire in questo modo, screditando non solo il CNE ma anche il proprio sistema informatico, finora ritenuto impermeabile? Perché decide di farlo un giorno prima che venga installata l’ANC?

Alcuni dati portano a riflettere: intanto le sanzioni imposte dagli USA alla presidente del CNE, Tibisay Lucena. La presidente ha affermato di non avere conti negli Usa, ma ha denunciato che sono stati bloccati anche i conti di diversi server che lavorano con il CNE. Quali pressioni ha ricevuto Mugica? Difficile credere che, di fronte agli interessi economici in ballo, la sua sia stata una spinta etica. Quanto gli hanno offerto per “suicidarsi”? Sembra il film con il pugile ricattato prima della partita decisiva del campionato.

A nome del Comando Zamora 200, Jorge Rodríguez ha chiesto al CNE di completare al più presto la verifica e il riscontro del 100% delle schede. E ha aggiunto: “Secondo i nostri calcoli, oltre 2 milioni di persone non hanno potuto recarsi ai seggi nonostante tutti i loro sforzi a causa delle violenze promosse da alcuni settori di opposizione”. E a breve dovrebbe essere fissata la data per lo svolgimento delle elezioni nei 5 municipi degli Stati Tachira e Merida, dove i “guarimberos” hanno impedito il voto con machete e fucili.

La valutazione del CNE – che ha denunciato Mugica ai tribunali – coincide con quella della CEELA. Forse si conosce poco l’esistenza della CEELA, che sta per Consejo de Expertos Electorales de Latinoamérica. Un’organizzazione di esperti (prevalentemente alti magistrati, giuristi e tecnici) specializzata nell’osservazione delle consultazioni elettorali dell’America latina. Il loro rapporto, preciso e dettagliato, ratifica la pertinenza costituzionale della convocazione, entra nel merito della giornata elettorale, preceduta dalla simulazione del 16 luglio: lo stesso giorno in cui l’opposizione ha svolto il suo “plebiscito” parallelo, senza il supporto del CNE, dentro e fuori il paese. Il voto dell’ANC ha invece chiamato alle urne solo i venezuelani residenti nel paese.

Traduciamo qui il punto 7 e 8 della relazione CEELA: “Dal punto di vista tecnico-elettorale – cifra del CEELA e dei suoi componenti, che non sono politici – affermiamo di credere totalmente e assolutamente nella certezza dei risultati del voto per l’Assemblea Nazionale Costituente, date tutte le garanzie offerte durante il processo elettorale, specialmente durante le verifiche preliminari, e inoltre dall’affidabilità e dalla sicurezza che offrono sia la macchina elettorale che il dispositivo di autenticazione integrale Capta Huellas (le impronte, la certificazione dei dati biometrici, ndr). Per questa Missione, la verifica sui voti depositati che si fa durante lo scrutinio, costituisce una garanzia per la fiducia nel risultato presentato dalla Presidente del CNE”.

Segue il punto 8: “A giudizio della Missione, è stato molto positivo il percorso di verifica del processo elettorale, esteso alla piattaforma tecnologica del Consejo Nacional Electoral. La verifica delle componenti automatizzate che supportano le differenti funzioni del processo elettorale hanno permesso di avere la certezza che il sistema elettorale venezuelano, e specialmente il sistema automatizzato di voto è affidabile, trasparente e sicuro e garantisce l’inviolabilità e invulnerabilità del suffragio”.

La Commissione certifica poi le procedure del voto automatizzato, i suoi tempi rapidissimi, l’efficiente organizzazione della giornata elettorale nonostante il clima di assedio imposto dalle destre e le periferie affrontate dagli addetti ai seggi e dai votanti. Dice: “Nonostante la situazione politica e sociale che ha preceduto e circondato lo sviluppo delle elezioni, è risultato evidente l’alto livello di partecipazione cittadina, constatata dalle cifre offerte nella notte dello stesso giorno del voto dalla Presidente del Consejo Nacional Electoral, Tibisay Lucena. Alle 23, quando rimanevano aperti ancora alcuni seggi e pur mancando i risultati delle elezioni indigene, la Presidente ha annunciato una partecipazione del 41,53% per un totale parziale di 8.098.320 votanti”.

Per i competenti e i cultori delle procedure, il sito del CNE offre tutti i dettagli, che anche noi abbiamo seguito nei giorni delle elezioni, trovando risposta a tutti i dubbi del profano.

Nelle 20 elezioni che hanno preceduto quella sull’Assemblea Nazionale Costituente domenica 30 luglio, c’erano esperti e “osservatori” provenienti da tutto il mondo. E persino l’ex presidente USA Jimmy Carter rilasciò numerose interviste in cui riconosceva quello venezuelano un sistema elettorale altamente automatizzato, a prova di frodi. Vale ricordare che, a dicembre 2015, quando si sono svolte le legislative vinte dall’opposizione, c’erano centinaia di osservatori maldisposti, invitati dalle destre: pronti a gridare alla frode se avesse vinto il chavismo.

Una tattica messa in atto dall’opposizione ogni volta che il risultato non la favoriva. Nessuno di quegli osservatori internazionali ha mai contestato le elezioni venezuelane, né l’autorità del Consejo Nacional Electorale. Il Cne è uno dei 5 poteri (Legislativo, Esecutivo, Giudiziario, Cittadino ed Elettorale) contemplati nella Costituzione bolivariana e governati nel loro equilibrio dal Tribunal Supremo de Justicia (Tsj).

Del CNE si è sempre servita l’opposizione per le sue primarie. Le ispezioni del sistema elettorale, pre e post voto sono molto accurate, pubbliche e certificate. Ogni partito può chiedere di visionare gli “scontrini” che la macchina fornisce dopo il voto elettronico autenticato dall’impronta della votante o del votante e dal documento con certificato elettorale. Vengono raccolti nei vari centri, consegnati alle Forze armate e poi condotti in un centro unico dove vengono conservati per tutto il periodo previsto.

Una pratica ben diversa– sia detto per inciso – da quella utilizzata dalle destre nel loro strombazzato “plebiscito” che si è svolto fuori dalla legge, e in cui hanno votato anche i canguri (in Australia) presumibilmente fiondandosi sulle urne come siluri. Subito dopo il voto, le destre hanno bruciato le schede: per “motivi di privacy”.

E ieri si è aperta un’altra crepa nell’alleanza di opposizione – la Mesa de la Unidad Democratica (Mud). Ramos Allup, capo del partito Accion Democratica (Ad, il centrosinistra della IV Repubblica) nonché vicepresidente dell’Internazionale socialista, ha annunciato che il suo partito parteciperà alle elezioni regionali e comunali, che si terranno a dicembre. I candidati devono iscriversi in questi giorni. Dunque, il CNE continua a essere affidabile. E perché prima no?

Allup ha dato così il benservito al “governo parallelo” voluto dalle ali oltranziste (Primero Justicia di Capriles, Voluntad Popular e contorni), che lo hanno già attaccato pesantemente per voce del presidente del Parlamento Julio Borges.

Dietro il dato procedurale, la partita è politica e va letta a tutti i livelli in cui si svolge. Nel campo della borghesia, c’è lo scontro di poteri per il controllo interno e per i finanziamenti esterni. Il principale fautore della via violenta, Leopoldo Lopez (Vp) è tornato in carcere insieme all’ex sindaco della Gran Caracas, Antonio Ledezma: per aver trasgredito gli obblighi previsti dalle misure alternative di cui godevano. Diversi dirigenti oltranzisti sono partiti per Miami per timore di conseguenze legali.

Su Lopez – che per Wikileaks ha da anni il pedigree del perfetto uomo CIA – puntavano principalmente gli USA. Ma l’intelligente azione politica del chavismo è riuscita a depotenziare le violenze, riportando lo scontro sul terreno politico. Lunedì, la Casa Bianca ha definito per la prima volta Maduro “dittatore” e gli ha imposto sanzioni. Il giorno dopo, però, l’incaricato del Dipartimento di Stato per il Sudamerica, Michael Fitzpatrick, ha dichiarato che gli Usa non riconosceranno nessuno “stato parallelo”.

Ramos Allup ha pronunciato quasi le stesse parole contro i suoi compari di coalizione che l’hanno invece promossa con l’avallo della “comunità internazionale”. Il messaggio è chiaro: no all’ANC (no allo “stato dei soviet” come vorrebbe la parte più avanzata del socialismo bolivariano), ma anche no all’inaffidabilità di certe componenti di opposizione. In campo, c’è anche l’opzione di una grigia e sempiterna spartizione di potere. Allup è una vecchia volpe della IV Repubblica, animata dall’alternanza tra centrodestra e centrosinistra con l’esclusione dei comunisti.

Maduro ha annunciato che il Venezuela avrà di nuovo un rappresentante all’OSA e ha nominato Samuel Moncada, attuale ministro degli Esteri. Al suo posto va Jorge Arreaza, che finora è stato a capo del Ministero dello Sviluppo minerario ecologico. Il Venezuela ha di recente deciso di lasciare l’OSA dopo i ripetuti tentativi del suo Segretario generale, Luis Almagro, di imporre sanzioni a Caracas. La procedura, però, richiede due anni.

Come reagiranno ora i pasdaran del “modello siriano” nell’Unione europea?

Il Venezuela bolivariano, oltre che un ghiotto boccone geopolitico per le sue immense risorse, è anche un motivo di scontro per le diverse politiche interne ai paesi: anche in Italia, dove le grandi questioni lasciano il posto alle piccinerie politiciste che “appassionano” solo chi le promuove. Ogni volta che in un processo elettorale si affaccia un progetto che lascia ventilare la possibilità di riforme strutturali, si scatena la corsa alla dissociazione dal chavismo, nuovo spettro che si aggira anche per l’Europa. Per questo, la corsa è a chi le spara più grosse, in sprezzo alla logica, all’intelligenza: i “comunisti” continuano a… mangiare i bambini, anche quando cercano di non finire in bocca alla balena.

Lo scontro interno ai blocchi di potere che compongono la borghesia venezuelana, gli affari delle grandi famiglie e delle imprese, riflettono scontri e interessi in campo nello scenario internazionale ora multipolare.

Interessi economici e speculativi che muovono i corsi della moneta come il sito Dollar Today, fondi avvoltoio che incombono sul Venezuela per impadronirsene e indebitarlo per generazioni, come hanno fatto con l’Argentina tornata a destra.

Oltre il dato procedurale, c’è però soprattutto il campo della politica progettuale, quello dello scontro di classe fra due modelli di paese. Il socialismo bolivariano ha deciso di “resettarsi”, di fare la muta per liberare dalle scorie l’essenza prospettica. Ieri, un giornalista tedesco osservava sgomento la variegata composizione degli eletti dall’Assemblea Costituente, giuramentati da Maduro: “l’agorà” di Guaicaipuro e di Toussaint Louverture. Il potere popolare originario, che ha animato la Comune di Parigi e che scommette di scompaginare i termini del discorso capitalista. L’ANC si installerà domani venerdì, e anche la MUD ha spostato a domani la prevista manifestazione di oggi.

Quella della ANC è una partita complessa nella quale un campo cerca di spostare in avanti i rapporti di forza tra le classi a favore dei settori popolari, di ridefinire anche un nuovo blocco sociale anticapitalista. Non è detto che ce la faccia e che non finisca per essere impastoiato nella ricerca di nuovi equilibri spartitori e di potere. Con l’ANC, la “rivoluzione bolivariana” mette le grandi questioni alla prova della realtà concreta, per superare la porta stretta della democrazia borghese. Cercando di non rimanervi incastrata.

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