Parole che si ripetono e… si diventano norma

Víctor Angel Fernández https://lapupilainsomne.wordpress.com

Giorno dopo giorno e anno dopo anno, quando i funzionari del governo USA sono intervistati o fanno dichiarazioni sul blocco, utilizzano sempre la stessa parola: embargo. Lo stesso accade con la stampa di quello o altri paesi e persino con individui ed istituzioni, che non hanno nulla contro Cuba, ma che, per abitudine, per tanta ripetizione, omettono il vero termine che definisce l’ aggressiva politica e finiscono utilizzando la variante, per dirla in qualche modo, più morbida del concetto.

Addirittura, anche se le Risoluzioni approvate, da più di 20 anni, nei Periodi di Sessioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dicono in modo esplicito: “Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba” (informe_de_cuba_sobre_bloqueo_2017_espana) la parola è manipolata ed i titoli dei media, in una variante o nell’altra, tornano a ripetere i loro schemi relazionati con l’ “approvazione contro l’embargo a Cuba” e, soprattutto, in questi casi è una pratica abbastanza diffusa, il non riferirsi alla vittoria del popolo cubano e del suo governo o la sua variante di sconfitta delle posizioni USA.

L’elenco sarebbe lungo. Si potrebbe dire lo stesso del trattamento di regime, come alternativa a governo, per tutti quegli schemi di dirigenza statale, per dirla semplicemente, poco gradevoli per le cupole di potere del vicino settentrionale. Nel caso di Cuba, solo giungiamo ad essere governo, dopo più di 50 anni, con la ripresa delle relazioni, dopo il 17 dicembre 2014.

Ora, quando la “nuova” presidenza s’inguaia -utilizzando il più cubano senso della parola-, in una nuova guerricciola contro Cuba, in relazione con incredibili denunce dei suoi funzionari su un’irruzione nel suo spazio sonoro, prendono il dizionario della reazione ed, immediatamente, lo battezzano come attacco.

La parola prende il volo e per tutto il mondo l’avvenuto, benché non esista la più minima delle prove, prende aggettivi da battaglia.

Poi appaiono i detrattori ed i difensori e si formalizzano le frasi:

– chiamato attacco sonico

– denominato attacco sonico

– presunto attacco sonico

e così in tutte le possibili varianti.

In tempi di Internet e villaggio globale, non c’è bisogno di faticare molto affinché la frase si posizioni ed allora mi domando: perché noi ci aggiungiamo alla corrente e tutti ripetiamo e contribuiamo a promuovere il termine, di fatto, a noi contrario?

Fino a poco tempo fa chiunque poteva scrivere in Google la frase “attacco sonico” ed i primi tre riferimenti, evidenziati sulla lista di dieci che si presentano nella prima pagina, sono informazioni provenienti da media alternativi all’egemonia mediatica yankee.

Loro, quelli del vicino settentrionale e tutti gli altri che lo desiderano possono riferirsi alla questione come meglio gli piaccia, ma per noi, sinché si definisca il contrario e qualcuno possa provare l’impossibile, il tema, con tutto il rigore scientifico che si merita, non deve passare altro che come un incidente, evento, avvenimento, eventualità e più in linea con gli obiettivi dell’Amministrazione Trump persino potrebbe utilizzarsi peripezia/esperienza, un altro dei sinonimi che ci offre la nostra ricca lingua.

Il mondo attuale della comunicazione funziona secondo regole quasi sacrosante. Orientate non a un mercato, ma a quello che i mercanti vogliono. Loro dettano i temi e le loro forme. La verità, in tali condizioni, anche la dimostrata verità scientifica, se non serve a questi mercanti del messaggio, verrà ignorata.

Anche non ci piaccia, lo schema funziona in questo modo. Così non abbiamo altra scelta che imparare da queste realtà, nonostante chel’insegnante e le classi, non ci siano particolarmente piacevoli, ma come spesso ci ha richiamato Fidel, senza ingenuità e, nel miglior stile del Che, senza concedere un tantino così.

Quella, è ancora la nostra Battaglia di Idee. Ecco perché è ottimo che inizi ad apparire, dai nostri media, un termine più esatto: “Maine sonico”.


Palabras que se repiten y… se hacen norma

Víctor Angel Fernández

Día a día y año por año, cuando los funcionarios del gobierno estadounidense son entrevistados o hacen declaraciones, sobre el bloqueo, siempre utilizan la misma palabra: embargo. Lo mismo sucede con la prensa de aquel y de otros países y hasta con personas e instituciones, que no tienen nada en contra de Cuba, pero que por costumbre, de tanta repetición, obvian el término real que define la agresiva política y terminan utilizando la variante, por decirlo de alguna forma, más suave del concepto.

Incluso, aunque las Resoluciones aprobadas durante más de 20 años en los Períodos de Sesiones de la Asamblea General de Naciones Unidas, explícitamente dicen: “Necesidad de poner fin al bloqueo económico, comercial y financiero impuesto por los Estados Unidos de América contra Cuba”, la palabra es manipulada y los titulares mediáticos, en una u otra variante, vuelven a repetir sus esquemas relacionados con la “aprobación contra el embargo a Cuba” y, sobre todo, en esos casos es una práctica bastante generalizada, el no referirse a la victoria del pueblo cubano y su gobierno o su variante de derrota de las posiciones estadounidenses.

La lista sería larga. Pudiera decirse lo mismo del trato de régimen, como alternativa de gobierno, para todos aquellos esquemas de dirección estatal, por decirlo de forma sencilla, poco agradables para las cúpulas de poder del vecino norteño. En el caso de Cuba, sólo llegamos a ser gobierno, luego de más de 50 años, cuando la retoma de las relaciones, luego del 17 de diciembre de 2014.

Ahora, cuando la “nueva” presidencia se embarca –utilizando el más cubano sentido de la palabra–, en una nueva guerrita contra Cuba, en relación con increíbles denuncias de sus funcionarios sobre irrupción en su espacio sónico, sacan el diccionario de la reacción y enseguida lo bautizan como ataque.

La palabra toma vuelo y por todo el mundo lo sucedido, aunque no exista la más mínima de las pruebas, toma adjetivos de batalla.

Luego salen los detractores y defensores y se formalizan las frases:

llamado ataque sónico

denominado ataque sónico

supuesto ataque sónico

y así en todas las variantes posibles.

En tiempos de Internet y aldea global, no hay que pasar mucho trabajo para que la frase se posicione y entonces me pregunto: ¿por qué nosotros nos sumamos a la corriente y todos repetimos y contribuimos a promover el término, de hecho, contrario a nosotros?

Hasta hace poco cualquiera podía escribir en Google la frase “ataque sónico” y las tres primeras referencias, destacadas por sobre la lista de diez que se presentan en la primera página, son informaciones procedentes de medios alternativos a la hegemonía mediática yanqui.

Ellos, los del vecino norteño y todos los demás que lo deseen, pueden referirse al tema como mejor les plazca, pero para nosotros, hasta tanto se defina lo contrario y alguien pueda probar lo imposible, el tema, con todo el rigor científico que se merece, no debe pasar de un incidente, suceso, acontecimiento, eventualidad y más acorde con los objetivos de la Administración Trump, hasta pudiera utilizarse peripecia, otro de los sinónimos que nos ofrece nuestra rica lengua.

El mundo actual de la comunicación funciona según reglas casi sacrosantas. Orientadas no a un mercado, sino a lo que quieren los mercaderes. Ellos dictan los temas y sus formas. La verdad, en esas condiciones, incluso la demostrada verdad científica, sino sirve a esos mercaderes del mensaje, será obviada.

Aunque no nos guste, el esquema funciona de esa forma. Entonces, no nos queda más remedio que aprender de esas realidades, no obstante que el maestro y las clases, no nos sean particularmente agradables, pero, como muchas veces nos llamó Fidel, sin ingenuidades y, al mejor estilo del Che, sin permitir un tantico así.

Esa, sigue siendo nuestra Batalla de Ideas. Por eso está muy bien que empiece a surgir un término más exacto desde nuestros medios de comunicación: “Maine sónico”.

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