Maria Luisa Lafita, una combattente nata

Aveva una bella figura Maria Luisa, i capelli bianchi folti e leggeri. Una foto dietro la sua sedia la mostrava nella sua bellissima e travagliata gioventù.

L’ho conosciuta quando aveva 91 anni ed era cieca da tre.

«Questo mi dispiace perchè non posso più leggere… io ho scritto sette libri e mi piaceva continuare, ma cosa vuoi fare?»


Mi raccontò della sua vita: «Per quasi tutta la vita ho sempre portato alla cintura una rivoltella, ma la coprivo con una fusciacca o con una bella cintura per non farla notare troppo», sorride.  «Fin da giovane mi dicevano attenta che ti cercano per ammazzarti,  e così ho imparato a stare attenta. Lafita è un cognome d’origine francese, ma mio padre era spagnolo – anch’io sono nata in Spagna  ed era ricco, era ingegnere in due zuccherifici. Allora avevamo una grande tenuta con tanti cavalli, io cavalcavo sempre. Antonio Guiteras, uno dei più importanti leader della lotta rivoluzionaria e antimperialista cubano sino alla metà degli anni quaranta, quando venne assassinato, con  mio marito e alcuni altri compagni avevano fondato l’organizzazione antimperialista Joven Cuba, nel marzo del 1934, che sosteneva che Cuba era sempre una colonia, che dipendeva dal capitale straniero, che l’economia cubana era un apparato che non serviva alle necessità della popolazione, ma per offrire rendite agli stranieri.

Joven Cuba ebbe molto successo in tutta l’Isola. Mio padre era un sostenitore di Guiteras  e un giorno ci avvisarono che avevano trovato il cadavere di papà, ucciso a rivoltellate in un parco. Con la nostra macchina guidata da un amico andammo sin laggiù, schiacciate dal dolore, mia madre ed io, il più rapidamente possibile,  ma all’ingresso della città ci dissero che non potevamo passare perchè l’esercito bloccava le strade e c’era l’ordine di fermarci.

Passammo per una stradina secondaria a ci aiutarono a saltare i muri e le cancellate e non fu facile… mia madre riuscì a vedere mio padre chiuso nella bara per pochi minuti e lo portarono via subito. C’era tanta gente, ma dovemmo andare via senza partecipare al funerale.  Il cadavere di mio padre poi scomparve. Avvenivano molti vandalismi e vennero scoperchiate  diverse tombe tra le quali la sua.

Mi sono sposata con Juan Pedro Vizcaino, che era rivoluzionario e patriota e con lui, che era sempre ricercato dagli sbirri dei governi di Machado e di Batista, decidemmo d’andare in Spagna, perchè se in Europa c’era la guerra civile, negli Stati Uniti era davvero uno schifo.  Mio marito lo chiamavamo Miguelito, non si usava mai il suo nome vero. Un pomeriggio erano venuti a dire che c’era l’assassino di Antonio Mella, indimenticabile amico della nostra famiglia, lì vicino, a lato delle pompe funebri di San Nicolá,s perchè il delinquente era stato sposato con  la figlia del padrone di quella funeraria.  Vizcaino sparava bene, come mio padre e come me,  scese e all’angolo cominciò una sparatoria che durò almeno un’ora e mezza, ma alla fine gli sparò attraverso una finestra di un bar e quello cercò di aggrapparsi, ma poi cadde lentamente: era già morto.  Per questo dovemmo andare in Spagna e perdemmo la casa, che era l’ultima cosa che restava delle vecchie proprietà.

Là in Spagna facevo parte del 5º reggimento, il battaglione femminile del quale faceva parte anche Tina Modotti, la mitica fotografa italiana, che era molto simpatica.  Tina aveva avuto una storia d’amore con Antonio Mella, molto breve ma appassionata. Si era innamorata guardandolo. Lui aveva una tale personalità che tutti zittivano appena diceva tre parole. La loro storia iniziò perché lui non sapeva dove andare a dormire ed era senza un centesimo, e lei gli disse che aveva due stanze. Nacque l’amore, ma lo ammazzarono una notte agli inizi di gennaio, quel povero giovane. Eravamo pochi compagni in Spagna e ci comandava il dottor Pianelles. Il nostro impegno era trasformare in ospedale operaio un centro per i tubercolosi e ospedale per la raccolta del sangue per le milizie popolari.  Là c’era anche Pablo de la Torriente Brau, eccellente giornalista cubano e grande amico, che era stato in prigione con Vizcaino nell’allora Isola de Pinos.

Tina Modotti ed io abbiamo vissuto i momenti peggiori della guerra civile quando lavoravamo nell’ospedale pediatrico nella Sierra de Guadarrama.

Mi ricordo che le monache,  nonostante le pressioni del nemico non vollero abbandonare la zona repubblicana e i bambini ricoverati. Un giorno le truppe di Franco cominciarono a mitragliare l’ospedale e loro cercarono di portare i bambini in un cortile interno, di corsa, ma i franchisti continuarono a sparare e li uccisero uno dopo l’altro. Usavano proiettili dum dum! Tina ed io cercammo di salvare i pochi sopravvissuti correndo sotto una pioggia di proiettili. I bambini morivano dissanguati e noi cercavamo di trascinarli in un altro cortile.  Fu orribile! Tina si ammalò di cuore da quel giorno… La Pasionaria, Dolores Ibarruri piangeva sempre quando sparava e le dovevamo ricordare che se non sparava l’ammazzavano. La chiamavano “Passionaria” per la passione che metteva nella battaglia e per quanto era brava con la mitragliatrice.

Tina mi diceva sempre “Canta Maria Luisa!”  Io conoscevo molte canzoni, senti come canto, e intona: Ohi Marì! Ohi Marì! »

La casa di Maria Luisa,  dove l’ho conosciuta e dove viveva con il figlio Roberto Vizcaino, noto giurista rivoluzionario, molto legato alla FEU, la Federazione degli Studenti Universitari, amico fraterno di Antonio  Echevarria e di Fructuoso Rodríguez, martiri della Rivoluzione, si trovava in Centro Habana, tra San Lazaro e Malecón, vicino al mare.

Roberto dice:«Fructuoso era un mio carissimo amico, eravamo come fratelli…» Maria Luisa lo interrompe:  «e quel grassottello di Echevarria che mi ringraziava sempre perchè gli offrivo il  caffè e lui ne era goloso. Mi diceva “il tuo  caffè è il più buono di tutti e io ti voglio bene come a mia madre”.   Lo hanno ammazzato così, dopo l’assalto al Palazzo Presidenziale e a Radio Reloj. Quanto coraggio c’era in quei ragazzi, anche in Vizcaino, in Paolo de la Torriente! Sfidavano la morte ogni giorno e ridevano sempre. Erano così ottimisti! Sapevano di lottare per cause giuste»

«I cubani in Spagna, mi rivela, eravamo più di mille, ma oggi siamo rimasti in 14,  siamo diventati vecchi, sorride, e continua con i ricordi. Burgos venne dal Nicaragua per salutarmi»

«E  fu un avvenimento, dice Roberto, un pomeriggio i vicini vennero qui molto preoccupati perchè  la polizia stava bloccando le strade. Chiesero cosa succedeva ma  io non lo sapevo davvero. Andai a vedere ed era vero, per strada c’era una macchina di traverso…  Il mistero si risolse in pochi minuti. Sentimmo gridare per le scale “Dov’è la mia cara amica Maria Luisa? Vengo dal Nicaragua per salutarla. Era Burgos, il sandinista ideologo del partito nei bei tempi nei quali Daniel Ortega era presidente,  e la sicurezza cubana lo aveva scortato.  Maria Luisa, aggiunge il figlio, ha fatto la staffetta in mille occasioni ed ha svolto azioni che non si possono ancora rivelare».

«Anche il Che veniva qui perché io insegnavo a sua figlia Hildita, dice Maria Luisa guardando una foto di Ernesto Che Guevara scattata in questa stanza in cui ci troviamo. Lui  si preoccupava molto per quella bambina “Gli altri hanno Aleida, aveva detto, ma lei non può contare su sua madre che è malata.  Si sedeva per terra in quell’angolo, perchè diceva che seduto così respirava meglio, per via dell’asma».

In quella casa di calle Esperaza ci andarono molte famose figure, per esempio tutti coloro che hanno scritto libri su Tina Modotti, sullaPasionaria, sulla storia del Partito Comunista in Cuba (lei era iscritta già nel 1933),  sulla lotta antimperialista.

Quella donna anziana e cieca in realtà era d’acciaio, aveva sopportato tutte le privazioni immaginabili e aveva rinunciato a tutto quello che aveva per sostenere la Rivoluzione e i movimenti di Liberazione.

Era una comunista combattente nata e tutti i  personaggi della sinistra latinoamericana sono passati per quella casa, e anche molti comunisti italiani, primo tra tutti Vidali, il marito di Tina Modotti.

La Rivoluzione cubana le ha concesso molte decorazioni, tra le quali la Carlos Manuel de Cespedes e la Ana Betancourt.

È morta a 93 anni il 22 dicembre del 2004.

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