L’umanesimo rivoluzionario

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Il breve e travolgente passaggio di Hugo Chávez in America Latina e in Venezuela ha lasciato un’importante eredità di idee sociali e politiche pensate in primo luogo per la sua patria ma strettamente intrecciate al mondo che ruota intrno. Il giornalista Ignacio Ramonet, che lo ha conosciuto bene, ci invita ad osservare e verificare il coacervo del suo pensiero rivoluzionario dove trovano spazio Marx e Cristo, la Patria e il mondo, la libertà e l’uguaglianza. Una lettura attenta e spregiudicata, libera da preconcetti, potrebbe essere utile anche al nostro mondo eurocentrico che sembra aver esaurito la capacità di pensare. L’invito è a riflettere anche su quegli aspetti che a noi sembrano obsoleti e a ricordare che il richiamo alla teologia della liberazione e il suo proliferare sono carne e sangue dell’America Latina. (a.r.)

L’umanesimo rivoluzionario

Ignacio Ramonet  ( Cubadebate, 7 marzo 2018)

Ha senso chiedersi cosa sia il chavismo quando ormai da parecchi anni è praticato quotidianamente in Venezuela? La risposta è si. Perché anche se è vero che il chavismo è messo in pratica da più di quindici anni con grande naturalezza, arriva il momento in cui dalla prassi si deve passare necessariamente alla teoria. E passare alla teoria –in scienza politica- significa che, a partire dall’esperienza concreta, attraverso l’analisi, si riesca a dedurre l’equazione obbiettiva che potrà far diventare universale questa pratica. Per sottrarla al qui e ora e rendere possibile questa esperienza dovunque e in qualunque momento. Senza teoria, qualunque pratica –in particolare nel campo politico-, finisce col diventare folclorica … prima di scomparire. Bisogna anche tener presente che il chavismo se non lo studiamo noi ora, sarà studiato poi contro di noi. E allora, cos’è il chavismo?

Il chavismo è l’incontro di varie strade aperte dai Libertadores e l’incontro di varie ricerche avviate da molti sognatori sociali che convergono in un punto nodale: il pensiero di Hugo Chávez.

Come tutte le rivoluzioni, la Rivoluzione Bolivariana è un’architettura in cui si coniugano varie forze diverse e importanti che, riunite insieme, conformano una dinamica politica radicalmente innovatrice.

Quando Hugo Chávez arriva al potere, nel 1999, non ha alle spalle un gran partito; arriva alla testa di un movimento popolare molto eterogeneo che includeva militari, ex guerriglieri e una sinistra molto variegata. Riesce a conquistarsi l’appoggio popolare con un discorso di rifondazione: la rifondazione del Venezuela che è alla base del chavismo. Perché nel nocciolo duro della filosofia chavista troviamo il recupero del concetto di nazione insieme alla restaurazione e alla difesa dell’orgoglio nazionale.

Chávez inventa per il Venezuela e l’America Latina ciò che potremmo chiamare una “politica della liberazione”, sulla falsariga della “teologia della liberazione”. Con un’opzione preferenziale per il popolo, per i poveri e gli umili, con la sua straordinaria capacità di pedagogia politica, Chávez sostiene una politicizzazione popolare massiccia e concettualizza una politica della liberazione del popolo in cui il popolo, dotato di coscienza politica, è autore del proprio destino.

Dando prova di uno straordinario discernimento e guidato da un senso politico molto acuto, Chávez intuisce che l’epoca permette di inaugurare nuove strade mai prima transitate. In questo modo riesce ad elaborare e a trasmettere al popolo venezuelano demoralizzato, una nuova narrazione della speranza.

In questo senso, il chavismo è una narrativa che spiega ai venezuelani a cosa possono aspirare e quali sono i loro diritti. E’ una spiegazione nuova che risponde a vecchie domande: cos’è la società venezuelana? Quali sono i suoi problemi? Chi sono le vittime? Chi sono i colpevoli? Quali soluzioni? E questo nuovo racconto è stato narrato, giorno dopo giorno, discorso dopo discorso, con un’enorme efficacia comunicativa da Hugo Chávez che ne è diventato il referente intellettuale e carismatico.

Dunque, il chavismo costituisce una via politica latinoamericana innovatrice che si libera e si emancipa dall’eterna tutela concettuale europea. Una politica che, per la prima volta, è originale, fonte, sorgente e non più specchio o copia di quello che è stato fatto in altri continenti, in altre culture.

In questo senso, il chavismo è anche un’opzione rivoluzionaria. E’ il progetto più innovativo e più ardito che abbia avuto il Venezuela dai tempi di Bolívar. E’ l’unico progetto di pace, sviluppo, giustizia e prosperità per il popolo venezuelano dal 1810.

Che vuol dire essere chavista? Essere chiavista vuol dire essere bolivariano come opzione di vita perché significa essere antimperialista, anticolonialista e veramente repubblicano. Significa anche essere zamorano ed essere robinsoniano. Insomma, significa avvicinarsi al pensiero politico dei fondatori della Repubblica. Perché l’Albero dalle Tre Radici è un concetto capitale del chavismo che Chávez definiva in questo modo: “Prima c’è la radice bolivariana intorno all’idea di Simón Bolívar di uguaglianza e di libertà, e per la sua visione geopolitica dell’integrazione dell’America Latina; poi c’è la radice zamoriana, di Ezequiel Zamora, il generale del popolo sovrano e dell’unità civico-militare; e infine la radice robinsoniana, da Simón Rodríguez, il maestro di Bolívar, il ‘Robinson’, il sapiente dell’educazione popolare, e di nuovo la libertà e l’uguaglianza”. Ma a queste tre radici, Chávez ne aggiunge altre: per esempio, Miranda e Sucre. E in seguito altre ancora come José Martí, Che Guevara e Fidel Castro …

Essere chavista è anche essere profondamente cristiano. Il Comandante Chávez ci ha lasciato il cristianesimo vero come parte della nostra vita, della nostra essenza e dei nostri valori. Sommando tutto ciò, si potrebbe dire: io sono chavista perché sono indipendentista, perché sono democratico, patriota, cristiano, rivoluzionario, antioligarchico, anticapitalista e antimperialista. Tutto questo è vero, è tutta verità, ma nessuna di queste parti ha senso se non pensiamo a chi ha dato coerenza ideologica e politica all’insieme di questi concetti: Hugo Chávez è l’autore di questa sintesi rivoluzionaria.

Per questo, quando diciamo “Io sono chavista” stiamo dando coerenza assoluta a ogni progetto, a ogni sistema di idee, a ogni programma politico che è la Bibbia del futuro per il Venezuela, un futuro di prosperità, di pace, di giustizia sociale, di etica. Soprattutto di socialismo come forma di vita.

Essere chavista significa anche assumere la nostra condizione di bolivariano, di latinoamericano e di rivoluzionario che è la condizione più degna e più alta nella scala umana. Riconoscersi come chavista significa riconoscersi come ‘un socialista del secolo XXI’, cioè un socialista cristiano, un socialista umanista e un socialista democratico. Significa avere i piedi in Venezuela e proiettarsi come internazionalista autentico, universale.

Essere un vero chavista significa essere un bolivariano integrale, radicale e desiderare che le idee di Simón Bolívar abbiano valore nei secoli futuri. E l’unico modo di riconoscersi come militante chavista è sposare il progetto rivoluzionario che ci ha lasciato il Comandante Chávez.

Hugo Chávez è stato un leader pragmatico che ha saputo adattare le modalità delle sue azioni alle circostanze storiche, che non ha mai dimenticato gli obbiettivi da raggiungere e che ha mantenuto sempre intoccabili i suoi principi. Era convinto che se il Venezuela aveva potuto fare imprese gloriose nel passato, diventando una delle principali nazioni dell’America Latina, è stato perché era mossa da un alto ideale verso un destino comune. Inversamente, Chávez sapeva che i venezuelani hanno costantemente la tentazione di ripiegarsi su lamentele e divisioni interne (politiche, sociali, intellettuali), il che –secondo la visione chavista- gli fa correre costantemente il rischio di cadere e precipitare verso la decadenza.

Come conseguenza, per poter dare il meglio di sé e mettersi alla testa delle nazioni latinoamericane, il Venezuela deve essere unificato da un leader storico, da un progetto grandioso e deve articolarsi (in un efficace equilibrio di poteri) da istituzioni politiche, militari, economiche e sociali decise a evitare le lotte intestine.

Bisogna insistere sul fatto che nel seno del chavismo esiste una filosofia patriottica dell’umanesimo, erede del cristianesimo e della teologia della liberazione. L’umanesimo chavista è, allo stesso tempo, una finalità della grandezza del Venezuela, perché il messaggio che il Venezuela rivolge al mondo è profondamente umanista. Ed è una conseguenza della politica sociale il cui primo obbiettivo è quello di rendere la nazione coesa.

Il chavismo ha molte dimensioni: storica, filosofica e politica. Dal punto di vista ideologico, il chavismo raccoglie e sintetizza, come già detto, l’azione politica di Hugo Chávez e anche i suoi pensieri politici ossia la dottrina che si deduce dai suoi discorsi e dai suoi scritti.

Come azione politica, il chavismo si caratterizza per queste linee portanti:

  • sovranità e indipendenza nazionale; rifiuto della dominazione di qualsiasi superpotenza imperialista, in particolare degli Stati Uniti. Chávez diceva: “Non può capire la Patria né difenderla chi non sa che il suo principale nemico è l’imperialismo nordamericano;
  • rifiuto di qualsiasi preteso superpotere economico e finanziario (FMI, Banca Mondiale, OMC). L’indipendenza si difende non solo nel campo politico, ma anche nei settori economici, geopolitici, culturali, diplomatici e anche militari;
  • istituzioni statali solide, come quelle della V° Repubblica istituite dalla Costituzione del 1999;
  • un esecutivo forte e una certa personalizzazione della politica per opporsi all’impotenza del regime dei partiti;
  • un potere esecutivo forte e stabile che conferisce al presidente della repubblica un ruolo fondamentale;
  • una relazione diretta fra il leader-presidente e il popolo, che passa al di sopra dei corpi intermediari, grazie ad una concezione “partecipativa” della democrazia, ricorrendo frequentemente al referendum, alle elezioni e al dialogo interattivo leader-popolo mediante un uso originale dei mezzi di comunicazione di massa;
  • un’articolazione civico-militare il cui ingranaggio è costituito dallo stesso Presidente che coordina il meglio dei movimenti progressisti civili e l’intelligenza patriottica degli apparati militari; le Forze Armate sono intimamente associate al progetto di sviluppo nazionale nel quadro dell’unità civico-militare;
  • l’indipendenza nazionale e la grandezza del Venezuela;
  • l’unione nazionale di tutti i venezuelani, al di là delle differenze politiche o regionali tradizionali che sono state un tempo causa di divisione e di decadenza, in una relazione diretta fra il leader e il popolo, tenuta insieme dalle politiche sociali di inclusione e di giustizia sociale;
  • la priorità della politica su altre considerazioni (economiche, amministrative, tecniche, burocratiche, ecc.);
  • rispetto dell’autorità dello Stato;
  • volontà profonda di giustizia sociale;
  • intervento dello stato nell’economia;
  • l’anticolonialismo e il diritto all’autodeterminazione dei popoli;
  • la riattivazione dell’OPEP (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) e un coordinamento delle politiche petrolifere dei paesi produttori ed esportatori;
  • l’integrazione latinoamericana come orizzonte costante e imperativo ideologico dettata proprio da Simón Bolívar, e la creazione di entità concrete per l’integrazione (Alba, Unasur, Celac, Petrocaribe, TeleSUR);
  • il concetto di un mondo unipolare senza egemonie che comporta la sconfitta del progetto di egemonia imperiale unipolare per garantire la pace planetaria e “l’equilibrio dell’universo”. Bisogna scommettere per un mondo multicentrico, pluripolare. Chávez lo indicava come il quarto obiettivo storico del “Piano della Patria”, il suo programma di governo per il periodo 2013-2019;
  • una diplomazia Sud-Sud con una moltiplicazione dei legami con i paesi del Sud attraverso il movimento dei Non Allineati e di alleanze orizzontali: America del Sud/Africa (ASA) e America del Sud/Paesi Arabi (ASPA). Chávez appoggiava anche il gruppo BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) pensando a un’alleanza del Venezuela con questo gruppo per consolidare un mondo multipolare;
  • la solidarietà nazionale fra i cittadini e i territori, e la solidarietà latinoamericana;
  • rispetto delle nazioni che sono entità culturali scolpite dalla storia e baluardi dei popoli contro gli imperialismi;
  • il rifiuto della dottrina del neoliberalismo economico preferendo un’economia orientata dallo Stato pensando a uno sviluppo volontaristico e strutturante (con ambiziosi progetti pubblici, nazionalizzazione dei settori strategici, sovranità alimentare, ecc.);
  • costruire uno “Sato delle Missioni” per rispondere più direttamente alle diverse domande sociali del popolo;
  • avanzare per mettere all’angolo il capitalismo (lo sfruttamento di una classe su un’altra) e la definizione di un socialismo bolivariano e umanista, in democrazia e in libertà che oltre ad offrire ai lavoratori una protezione sociale avanzata, dia accesso sia alle decisioni della impresa che ai suoi benefici.

Uno degli obbiettivi fondamentali del chavismo è quello di riconciliare i venezuelani con la patria, affratellarli e riuscire ad edificare uno Stato con maggiore sovranità, maggiore efficienza amministrativa, maggiore giustizia e maggiore uguaglianza.

Il chavismo riunisce uomini e donne di tutte le provenienze politiche intorno a un grande progetto di “paese potenza” e all’azione volontaristica di un leader. Per raggiungere gli obbiettivi previsti, il metodo del chavismo è il pragmatismo e il rifiuto dei paletti ideologici. I due assi principali sono: unità interna al servizio di un ambizioso progetto patriottico e sociale, e indipendenza e proiezione di un “Venezuela potenza” in Latinoamerica e nel mondo.

Pertanto, il chavismo è un sistema di pensiero, di volontà e di azione. Parte dai fatti e dalle circostanze; non agisce in base a una dottrina o a un’ideologia. Volontarismo contro il fatalismo; azione contro la passività, contro l’abbandono e la rinuncia.

Per Chávez, prima di tutto c’è il Venezuela. La sua azione politica consiste nel creare le condizioni affinché la patria possa dare il meglio di sé. Cosa che si ottiene solo se il popolo venezuelano resta unito intorno a un progetto di progresso sociale definito da un leader carismatico che lo spinge verso un grande ideale storico.

Il chavismo non è solo una dottrina politica originale ma è la storia vissuta e il pensiero di un uomo eccezionale che ha segnato la società venezuelana fin nelle sue strutture più profonde.

Il pensiero chavista ha come basi ideologiche varie radici che si intrecciano fra di loro per formare una nuova ideologia progressista venezuelana che si caratterizza per l’assenza di dogmatismi, perché è diversa dagli esperimenti socialisti falliti nell’Europa del XX secolo. E cioè, da quello che è stato rifiutato dalla classe operaia in Polonia nel 1980, o da quello che è crollato insieme al muro di Berlino nel 1989, o da quello che è imploso nel 1991 con la caduta dell’Unione Sovietica, per questo Chávez parlava del “socialismo del XXI secolo”. Si tratta di un socialismo sorto in America Latina, che deve adattarsi al nostro tempo ragione per cui Chávez vi ha aggiunto la democrazia partecipativa, il femminismo e il sentimento ecologista.

Questo Socialismo del secolo XXI si ritiene compatibile con la proprietà privata ma incentiva altre forme socialiste e solidali di proprietà come la cooperativa e la cogestione. E’ anche compatibile con il patriottismo e il nazionalismo economico.

Chávez non ha esitato a nazionalizzare le grandi imprese di settori strategici in mano ai capitali stranieri e ha sistemato ai posti di comando di queste imprese deprivatizzate, dei venezuelani patrioti e competenti.

Il socialismo del secolo XXI è anche compatibile con il cristianesimo sociale. Chávez si è appropriato di uno slogan sandinista: “Cristianesimo e rivoluzione, senza contraddizione”. Partendo dal postulato che la vera identità del cristianesimo è quella che gli è conferita dalla teologia della liberazione. Non in vano, Chávez affermava che Gesù Cristo è stato il primo socialista dell’era moderna e che il Regno di Dio bisognava costruirlo in Terra.

Da tutto ciò si deduce che il chavismo ha la vocazione di esercitare con naturalezza una egemonia in Venezuela. Per la sua capacità di condurre la direzione intellettuale e morale della società e perché ha permesso il recupero politico di una democrazia nella quale partecipano il governo, le Forze Armate e il popolo uniti nell’espansione dei diritti sociali e nella redistribuzione giusta delle ricchezze del paese.

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