Tre eroici Comandanti 

Alberto Alvariño Atiénzar – http://www.granma.cu

Tra i primi nomi che affioravano ogni volta che il dirigente storico della Rivoluzione ricordava gli eroi caduti che lo accompagnarono nelle battaglie decisive e combattimenti che intraprese la Colonna 1, sotto il suo diretto comando, c’erano i C.ti Ramón Paz Borroto, Andrés Cuevas Heredia e René Ramos Latour, che offrirono le loro preziose vite nella seconda metà del luglio 1958

Gli ultimi giorni dell’Offensiva d’Estate della dittatura erano contati. Le vittoriose battaglie di El Jigüe e la seconda di Santo Domingo furono lo scatenante ed il punto di partenza dell’incontenibile controffensiva ribelle.

I combattimenti in Purialón, Casa de Piedras, Providencia e El Jobal segnarono le azioni più caratteristiche che precedettero la Battaglia de Las Mercedes, l’ultima che condusse alla cacciata vergognosa, totale e definitiva delle truppe dell’esercito della tirannia dalla Sierra Maestra proprio nello stesso luogo dove era iniziata l’offensiva, il 25 maggio 1958.

Il marchio indelebile dei tre eroi di quell’impresa militare, senza che gli preoccupassero le difficoltà ed il numero di nemici, è parte inseparabile della storia della Patria.

CUEVAS: INDETENABILE E UNO DEI CAPI PIÙ CAPACI

 

Andrés Cuevas Heredia era nato a Camajuaní, vecchia provincia di Las Villas, il 2 luglio 1915.

Di umile origine, studiò in una scuola elementare rurale fino alla quinta elementare; lavorò come tagliatore ci canna nello zuccherificio di Jaronú (ora Brasile) nell’allora provincia di Camagüey. Lavorò presso la Base Navale di Guantanamo, tra il 1950 ed il 1952, e dopo la cessazione del lavoro in quell’enclave militare yankee ritornò al suo quartiere natio di Savannah, lavorò nel campo, fu venditore ambulante, si dedicò alla compravendita di bestiame e, con sforzi, arrivò a possedere una piccola fattoria ed un deposito di campagna.

Oppositore a tutte le ingiustizie, dopo lo sbarco della spedizione del Granma vide questa nuova forza come l’unica capace di affrontare la tirannia, terminare con i mali sociali e lo sfruttamento regnante. Aveva quattro figli quando decise di impegnarsi a combattere in modo definitivo.

Coerentemente con le sue idee, arrivò nella Sierra Maestra a metà del 1957 e contattò Fidel in un sito tra Palma Mocha e La Plata. Era portatore di un messaggio inviato dal Movimento 26 Luglio dal suo luogo di origine. Il comandante ribelle lo accettò nelle file insurrezionali; partecipò al primo combattimento con un’arma prestata e dal suo battesimo del fuoco si notò per il suo forte avanzamento verso il nemico, in piedi senza misurare i rischi ed i pericoli. A forza di valore e capacità gli fu assegnato un plotone.

Partecipò alla prima battaglia di Pino del Agua, El Salto, Veguitas, nel secondo di Pino del Agua e San Ramon e, dall’inizio dell’Offensiva d’Estate, prese parte nel respingere il nemico sbarcato dal sud nelle azioni di blocco de La Caridad, la battaglia di Santo Domingo, Meriño e El Jigüe.

A capo del suo plotone, insieme ai capitani Eduardo (Lalo) Sardinas e Ramon Paz Borroto, ebbe una partecipazione decisiva nell’imboscata tesa, in Purialón, volta ad annientare i rinforzi nemici che si trasferivano per soccorrere il Battaglione 18, assediato a El Jigüe dalla truppa del capitano Guillermo García e da altre forze che chiudevano l’assedio. Fidel seguì i dettagli e diresse personalmente quella importante battaglia.

In queste circostanze, il C.te in Capo impartì istruzioni a Cuevas, Lalo Sardiñas e Paz per l’azione futura. Il 17 e 19 luglio si produssero violenti combattimenti e Cuevas compì totalmente la sua missione. Nello scontro contro il Battaglione Los Livianos -ultimo rinforzo inviato dall’esercito con l’illusione di ritirare le truppe accerchiate in situazione disperata- distrusse l’avanguardia, combatté tenacemente sotto il fuoco dell’artiglieria, l’aviazione e le armi di fanteria e, quando il nemico esauriva le sue forze e la resa era evidente, Cuevas, come era sua abitudine, uscì dalla sua posizione con la presumibile intenzione di accelerare la sua capitolazione, avanzò decisamente verso il nemico, e fu abbattuto da una raffica che falciò la sua vita.

Cuevas si distinse per il suo esempio personale, conquistò l’amore, l’ammirazione ed il rispetto dei suoi capi e subordinati. Era sempre tra coloro a cui attribuire le missioni più importanti ed in luoghi determinanti, e prima della battaglia di El Jigüe, giunse a concepire l’idea di proporre a Fidel la creazione di un fronte guerrigliero nel territorio di Camajuaní.

Il C.te in Capo, sotto costernazione, avrebbe commentato al Che che la morte di Cuevas teneva tutti molto tristi e l’esito dei combattimenti era un’amara vittoria. Quello stesso giorno, il 19 luglio, firmò l’ordine postumo di promozione:

Sierra Maestra, luglio 19-58. 17:30 Ordine Militare. Si promuove, in modo postumo, al grado di Comandante dell’Esercito Ribelle, per la sua esemplare condotta militare ed il suo eroico coraggio, il capitano Andrés Cuevas, morto nel giorno di oggi, quando avanza sul nemico. D’ora in poi, il suo nome sarà citato con il grado di Comandante.

Si segni il sito della sua sepoltura per lì costruire un obelisco che perdurerà con il ricordo indelebile di tutti i suoi compagni di ideale.

Fidel Castro R.

Comandante in Capo

I suoi compagni gli resero i meritati onori ed il cordoglio fu con sentite parole.

In Purialón, a pochi metri dove cadde, la Rivoluzione innalzò un monumento che perpetua la memoria di uno dei più agguerriti combattenti, dei più audaci e capaci capi dell’Esercito Ribelle.

PAZ: UNO DEI COMBATTENTI PIÙ COMPLETI

 

Ramón Paz Borroto nacque nella città di Ciego de Avila, il 31 agosto 1924. Iscritto a Morón con i suoi due fratelli, si trasferì con i suoi genitori verso l’oriente del paese e crebbe nelle cure famigliari di una zia e suo marito, nei pressi dello zuccherificio America (oggi America Libre), in Contramaestre, Santiago de Cuba.

Completò appena i primi anni della scuola elementare nelle scuole rurali. Cominciò a lavorare fin da giovane, acquisì coscienza di classe e difese i lavoratori, un atteggiamento che gli comportò difficoltà con i proprietari dello zuccherificio America e successivamente Santa Martha, a Santa Cruz del Sur, Camagüey. Fu padre di tre figli.

Le Miniere de Charco Redondo, a Santa Rita, Granma, contribuirono, in modo significativo, alla sua forgiatura rivoluzionaria. Qui guidò la cellula del Movimento 26 Luglio, assunse le missioni più rischiose e si distinse per la sua decisione e coraggio. Fornì dinamite ed esplosivi alla Sierra Maestra ed alla pianura e contribuì a ingrossare i ranghi ribelli con gli uomini più idonei. Ebbe una crescente relazione, nella lotta, con lo straordinario dirigente clandestino Frank País, che lo reclutò per il Movimento, gli dava indicazioni dirette ed ebbe incontri con lui.

Detenuto per le sue attività rivoluzionarie e tenacemente perseguitato fece parte del terzo rinforzo inviato da René Ramos Latour (Daniele) alla Sierra Maestra, a metà novembre 1957, e nel suo primo incontro con il massimo capo ribelle, fu ratificato nel comando di una squadra con il grado di tenente. Partecipò al combattimento di El Salto, all’attacco alle caserme di Veguitas, Estrada Palma e San Ramón e all’imboscata di El Pozón.

In previsione dell’offensiva nemica, compì una missione speciale affidatagli da Fidel per il trasferimento di bestiame verso la Sierra Maestra per l’alimentazione di contadini e guerriglieri.

L’agire di Paz fu decisivo nel respingere le forze sbarcate dalla direzione sud durante l’Offensiva d’Estate. In un momento complesso, di fronte alle truppe dell’esercito che avanzavano da nord e sud, nelle prime settimane dopo l’inizio dell’offensiva della tirannia, si produsse la battaglia di La Caridad, in cui solo con una squadra fermò la spinta iniziale del Battaglione 18 e lo costrinsero a ritirarsi verso la costa, azione che, per l’audacia e lo spirito combattivo, meritò il riconoscimento di Fidel in un messaggio: «Paz: non sai quanto sia prezioso, in questi momenti, aver respinto le guardie su quella strada. Mi congratulo per il successo e per l’azione, così come con i coraggiosi compagni che sono con te…».

I combattimenti di La Caridad, El Naranjal, Purialón, Casa de Piedras e Providencia segnarono un percorso di prodezze scritte dall’eccezionale capitano ribelle contro l’offensiva. Durante questo periodo furono numerosi i messaggi scambiati tra Fidel e Paz che trascendevano il riconoscimento e la fiducia nel coraggioso combattente, e la lealtà e disciplina del capo guerrigliero verso il massimo dirigente ribelle.

 Il suo carattere era gioviale, chiacchierone e scherzoso, al contempo era esigente. Il Che lo avrebbe caratterizzato in poche righe in risposta ad un compagno: «… devo ricordarti che Paz è il nostro miglior capitano. Un po’ duro a volte, ma giusto e molto coraggioso».

Coloro che combatterono con lui, lo amavano e ammiravano per il suo coraggio e la capacità di organizzare e dirigere la lotta; agiva come se si trattasse di un soldato professionista.

Nelle imboscate aspettava che il nemico si avvicinasse e spesso combatteva ad una distanza di cinque, dieci metri. In un’occasione, con l’avversario a pochi metri ed in condizioni svantaggiose per gli insorti, prese una mitragliatrice, la portò in spalla, la mise in mezzo alla strada e iniziò a sparare. Quella audacia salvò la situazione.

A Casa de Piedras, senza finire l’azione, partì rapidamente verso le posizioni nemiche, seguito da Daniel e pochi ribelli per prendere prigionieri, sequestrare le armi e curare i feriti.

Per i suoi straordinari meriti fu promosso comandante dell’Esercito Ribelle all’alba del 26 luglio 1958, dopo quel vittorioso scontro.

Due giorni dopo, a Providencia, nelle prime ore del mattino quando cercava di raggiungere una linea per respingere gli effettivi del Battaglione 11 che si ritiravano in disordine attraverso il rio Yara, e senza giungere a posizionare le imboscate alle sue spalle, Ramón Paz Borroto cadde tra due fuochi, incluso quello del Battaglione 22 che, procedente dallo zuccherificio Estrada Palma ed in supporto alle forze che si ritiravano, aveva lasciato il fianco destro e la retroguardia della sua posizione senza alcuna resistenza. Solo con la sua morte il nemico potette passare.

Sotto il suo comando c’erano guerriglieri di spicco, tra questi, Andrés Cuevas; Braulio Curuneaux; Antonio Sánchez Díaz (Pinares) e Manuel Hernández Osorio, caduti eroicamente in Bolivia; Eddy Suñol e René Ramos Latour, accanto a cui sostenne il suo ultime combattimento.

Le sue spoglie riposano in una semplice tomba nel luogo in cui morì eroicamente a capo di altri compagni che lo accompagnavano.

Paz fu uno dei combattenti più completi.

DANIEL: FEDELE CONTINUATORE DI FRANK FINO ALLA MORTE

 

René Ramos Latour nacque ad Antillas, l’ex provincia di Oriente, il 12 maggio 1932. Si diplomò ragioniere, ma non concluse gli studi universitari a causa della sua devozione alla Rivoluzione. Lavorò a Nicaro e si unì alla lotta rivoluzionaria sotto la direzione di Rafael Orejón Forment nel nord d’Oriente, fino alla morte di questi nel dicembre del 1956.

Formò parte del primo rinforzo inviato da Frank País alla Sierra Maestra, nel marzo 1957. Quando il famoso dirigente fu assassinato, il 30 luglio 1957, Daniel lo sostituì nella responsabilità di Capo dell’Azione di Sabotaggio del Movimento del 26 Luglio, in cui svolse un’intensa attività in tutto il paese nell’organizzazione delle milizie, l’invio di armi, denaro e rifornimenti alla Sierra Maestra, il rogo dei campi di canna per ostacolare il raccolto ed altri compiti.

Le sue qualità rimasero avallate in una lettera che Frank diresse a Fidel, in cui lo descriveva come uomo di forte carattere, leale e martiano.

Nell’ambito delle azioni di supporto allo Sciopero di Aprile, organizzò e diresse l’attacco alla caserma di Boniato, a capo della Colonna 9 Pepito Tey che, successivamente, si incorporò al II Fronte Orientale Frank País. Ricopriva, allora, il grado di comandante, che gli fu ratificato da Fidel.

Dopo la riunione di Altos de Mompié, il 3 maggio 1958, in cui furono analizzate le cause del fallimento dello sciopero, furono adottate decisioni di trascendenza che si sarebbero ripercosse nel corso successivo della guerra. Daniel fece parte del nuovo Esecutivo del Movimento 26 Luglio.

Giunse definitivamente a La Plata nella seconda metà di giugno 1958, proveniente da Santiago de Cuba, accompagnato da un gruppo di combattenti provati nella clandestinità e determinati a lottare nelle nuove condizioni, e compì varie missioni sotto il comando diretto del Comandante in Capo.

All’alba del 25 luglio, Daniel ricevette un messaggio dal massimo capo ribelle, il cui contenuto gli indicava di unirsi a Paz: «Trasferisciti molto presto con tutta la tua forza per rafforzare la posizione di Paz. Sembra che le guardie usciranno domani e questa potrebbe essere la grande opportunità, dal momento che abbiamo forze disposte ad attaccare da diverse direzioni. Un altro grande colpo in questo momento, sarebbe mortale per Batista…».

A capo del suo gruppo si evidenziò nei combattimenti di Casa de Piedras e Providencia. Con 43 uomini rinforzò le truppe di Paz in entrambe le azioni. Per ordine di Fidel, alla caduta di questo, assunse il comando dei ribelli a lui subordinati.

A El Jobal, sotto il fuoco dell’artiglieria e dei fucili, Daniel fu gravemente ferito e fu rimosso dal campo di battaglia. Ancora cosciente, dava ordini ed, in quello stato, si preoccupava più dei guerriglieri che erano rimasti dispersi che per il destino della sua vita. La morte apparve sul suo viso e diversi minuti dopo, in suo aiuto, arrivarono, come medici, Ernesto Che Guevara e Sergio del Valle. Ogni sforzo per riportarlo in vita fu inutile. Morì il 30 luglio 1958, proprio un anno dopo l’omicidio del suo capo: Frank País.

Daniel cadde mentre avanzava a capo dei suoi uomini, fu una perdita sensibile per il Movimento 26 Luglio e per l’Esercito ribelle.

I compagni lo vestirono con l’uniforme verde olivo, gli resero la guardia d’onore e giurarono davanti al suo cadavere di continuare la lotta con fermezza e sotto il suo esempio. Al momento della sua morte lasciò una figlia piccola.

A El Hormiguero, molto vicino a El Jobal, fu sepolto su una piccola collina con una grande vegetazione. Una croce indicò il luogo in cui dopo venne collocata una targa che conserva la sua memoria.

La fermezza degli ideali trascese nelle sue parole: “Ho fede nel trionfo della Rivoluzione e nella chiarezza e nella spinta del suo popolo che deve portarla avanti”.

CUEVAS, PAZ E DANIEL: FRATELLI DI  ARMI ED IDEE

 

I tre si stimavano e rispettavano. Raggiunsero i gradini più alti sotto il magistero di Fidel. Erano tra i principali eroi nella lotta contro l’Offensiva d’Estate dell’esercito batistiano e forgiatori della prodezza che scrisse l’Esercito Ribelle, 60 anni fa.

A quei tempi, i combattenti sentivano la morte, in particolare dei più importanti ufficiali, ma per Fidel la morte di questi tre suoi comandanti fu estremamente dolorosa.

Erano tra gli elementi essenziali. Non fu un fatto casuale che, di fronte ad un’insoddisfazione che sentiva per alcune prestazioni quando fissava le ultime istruzioni ai capi subordinati, alla vigilia del colpo finale su Las Mercedes, ai primi d’agosto 1958, Fidel commentasse la mancanza, che in quel momento, gli facessero uomini come questi.

A questi indimenticabili combattenti è valida il motto del leader storico della Rivoluzione: «… gli eroi non hanno età, hanno storia, fanno la storia, sono la storia …».


Tres heroicos Comandantes

 

Entre los primeros nombres que afloraban cada vez que el líder histórico de la Revolución recordaba a los héroes caídos que lo acompañaron en las decisivas batallas y combates que libró la Columna 1, bajo su mando directo, estaban los comandantes Ramón Paz Borroto, Andrés Cuevas Heredia y René Ramos Latour, quienes ofrendaron sus preciadas vidas en la segunda mitad del mes de julio de 1958

Alberto Alvariño Atiénzar

Los días finales de la Ofensiva de Verano de la dictadura estaban contados. Las victoriosas batallas de El Jigüe y la segunda de Santo Domingo fueron el puntillazo y el punto de partida de la incontenible contraofensiva rebelde.

Los combates en Purialón, Casa de Piedras, Providencia y El Jobal marcaron las acciones más distintivas que antecedieron a la Batalla de Las Mercedes, última que condujo a la expulsión vergonzosa, total y definitiva de las tropas del ejército de la tiranía en la Sierra Maestra, justamente, por el mismo lugar que había iniciado la ofensiva el 25 de mayo de 1958.

La huella imborrable de tres héroes de aquella proeza militar, sin que les importaran las dificultades y el número de enemigos, es parte inseparable de la historia de la Patria.

CUEVAS: INDETENIBLE Y UNO DE LOS JEFES MÁS CAPACES

Andrés Cuevas Heredia había nacido en Camajuaní, antigua provincia de Las Villas, el 2 de julio de 1915.

De origen humilde, estudió en una escuela primaria rural hasta el quinto grado; trabajó como cortador de caña en el central Jaronú (hoy Brasil) en la entonces provincia de Camagüey. Laboró en la Base Naval en Guantánamo entre los años 1950 y 1952 y tras su cesantía en aquel enclave militar yanqui retornó al barrio natal de Sabana, se desempeñó en el campo, fue vendedor ambulante, se dedicó a la compra y venta de ganado y, con esfuerzos, llegó a poseer una pequeña finca y una bodega de campo.

Opuesto a todas las injusticias, luego del desembarco de los expedicionarios del Granma vio a esta nueva fuerza como la única capaz de enfrentar la tiranía, terminar con los males sociales y la explotación reinante. Tenía cuatro hijos cuando decidió entregarse a la lucha de manera definitiva.

Consecuente con sus ideas llegó a la Sierra Maestra a mediados de 1957 y contactó con Fidel en un sitio entre Palma Mocha y La Plata. Era portador de un mensaje enviado por el Movimiento 26 de Julio de su lugar de procedencia. El comandante rebelde lo aceptó en las filas insurrectas; asistió al primer combate con un arma prestada y desde su bautizo de fuego sobresalió por su decidido avance hacia el adversario, de pie, sin medir los riesgos y peligros. A fuerza de valor y capacidad le fue asignado un pelotón.

Participó en el primer combate de Pino del Agua, El Salto, Veguitas, en el segundo de Pino del Agua y San Ramón y, desde el inicio de la Ofensiva de Verano, tomó parte en el rechazo del adversario desembarcado por el sur en las acciones de alto de La Caridad, la batalla de Santo Domingo, Meriño y El Jigüe.

Al frente de su pelotón, junto a los capitanes Eduardo (Lalo) Sardiñas y Ramón Paz Borroto, tuvo una participación decisiva en la emboscada tendida en Purialón destinada a aniquilar los refuerzos enemigos que se desplazaban para socorrer al Batallón 18, sitiado en El Jigüe por la tropa del capitán Guillermo García y otras fuerzas que cerraban el cerco. Fidel siguió los detalles y dirigió personalmente esa importante batalla.

En esas circunstancias, el Comandante en Jefe cursó instrucciones a Cuevas, Lalo Sardiñas y Paz para la acción que se avecinaba. Los días 17 y 19 de julio se produjeron violentos combates y Cuevas cumplió cabalmente su misión. En el encuentro contra el Batallón Los Livianos –último refuerzo enviado por el ejército con la ilusión de sacar a las tropas cercadas en situación desesperada–, destruyó a la vanguardia, combatió con tenacidad bajo el fuego de la artillería, la aviación y las armas de infantería y, cuando el enemigo agotaba sus fuerzas y la rendición era evidente, Cuevas, como era su hábito, salió de su posición con la presumible intención de precipitar su capitulación, avanzó decididamente hacia el adversario, y fue derribado por una ráfaga que segó su vida.

Cuevas se distinguió por su ejemplo personal, se ganó el cariño, la admiración y el respeto de sus jefes y subordinados. Siempre estuvo entre los que les confiaron las misiones más importantes y en los lugares determinantes y, antes de la Batalla de El Jigüe, llegó a concebir la idea de proponerle a Fidel la creación de un frente guerrillero en el territorio de Camajuaní.

El Comandante en Jefe, bajo la consternación, comentaría al Che que la muerte de Cuevas los tenía a todos muy tristes y el resultado de los combates era una victoria amarga. Ese mismo día, 19 de julio, firmó la orden de ascenso póstumo:

Sierra Maestra julio 19-58. 5:30 pm Orden Militar. Se asciende póstumamente al grado de Comandante del Ejército Rebelde por su ejemplar conducta militar y su heroico valor al capitán Andrés Cuevas, muerto en el día de hoy, cuando avanzaba sobre el enemigo. En lo adelante se mencionará su nombre con el grado de Comandante.

Márquese el sitio de su sepultura para construir allí un obelisco que perdurará con el recuerdo imborrable de todos sus compañeros de ideal.

Fidel Castro R.

Comandante en Jefe.

Sus compañeros le rindieron los merecidos honores y el duelo fue despedido con sentidas palabras.

En Purialón, a pocos metros donde cayó, la Revolución levantó un monumento que perpetúa la memoria de uno de los más aguerridos combatientes, de los más audaces y capaces jefes del Ejército Rebelde.

PAZ: UNO DE LOS COMBATIENTES MÁS COMPLETOS

Ramón Paz Borroto nació en la ciudad de Ciego de Ávila el 31 de agosto de 1924. Inscrito en Morón junto a sus dos hermanos, se trasladó con sus padres hacia el oriente del país y creció al amparo familiar de una tía y su esposo en las cercanías del central América (hoy América Libre), en Contramaestre, Santiago de Cuba.

Apenas cursó los primeros años de la enseñanza primaria en escuelas rurales. Comenzó a trabajar desde muy joven, tomó conciencia de clase y defendió a los trabajadores, actitud que le acarreó dificultades con los propietarios de los centrales América y más tarde Santa Martha, en Santa Cruz del Sur, Camagüey. Fue padre de tres hijos.

Las Minas de Charco Redondo, en Santa Rita, Granma, contribuyeron, de modo significativo, en su forjación revolucionaria. Allí encabezó la célula del Movimiento 26 de Julio, asumió las misiones más riesgosas y descolló por su decisión y valor. Suministró dinamita y explosivos a la Sierra Maestra y al llano, y contribuyó a engrosar las filas rebeldes con los hombres más idóneos. Tuvo una relación creciente en la lucha con el extraordinario dirigente clandestino Frank País, quien lo captó para el Movimiento, le daba indicaciones directas y sostuvo encuentros con él.

Detenido por sus actividades revolucionarias y tenazmente perseguido, formó parte del tercer refuerzo enviado por René Ramos Latour (Daniel) a la Sierra Maestra a mediados de noviembre de 1957 y, en su primer encuentro con el máximo jefe rebelde, fue ratificado al mando de una escuadra con el grado de teniente. Participó en el combate de El Salto, el ataque a los cuarteles de Veguitas, Estrada Palma y San Ramón, y la emboscada de El Pozón.

En previsión de la ofensiva enemiga, cumplió una misión especial encomendada por Fidel para el traslado de reses hacia la Sierra Maestra destinada a la alimentación de los campesinos y guerrilleros.

La actuación de Paz fue decisiva en el rechazo de las fuerzas desembarcadas por la dirección sur durante la Ofensiva de Verano. En un momento complejo, frente a las tropas del ejército que avanzaban por el norte y el sur en las primeras semanas de iniciada la ofensiva de la tiranía, se produjo el combate de La Caridad, en el que apenas con una escuadra detuvo el empuje inicial del Batallón 18 y lo obligó a retroceder hasta la costa, acción que, por la audacia y espíritu combativo, mereció el reconocimiento de Fidel en un mensaje: «Paz: no sabes el valor que tiene en estos instantes haber rechazado a los guardias por ese camino. Te felicito por el acierto y por la acción, al igual que a los bravos compañeros que están contigo…».

Los combates de La Caridad, El Naranjal, Purialón, Casa de Piedras y Providencia jalonaron un camino de hazañas escritas por el destacado capitán rebelde contra la ofensiva. En ese periodo fueron numerosos los mensajes intercambiados entre Fidel y Paz en los que trascendían el reconocimiento y la confianza en el bravo combatiente, y la lealtad y disciplina del jefe guerrillero hacia el máximo líder rebelde.

En su carácter se mostraba jovial, conversador y gastaba jaranas, al tiempo que era exigente. El Che lo caracterizaría en breves líneas en respuesta a un compañero: «…debo recordarte que Paz es nuestro mejor capitán. Un poco duro a veces, pero justo y muy valiente».

Quienes pelearon junto a él, lo querían y admiraban por su valor y capacidad para organizar y dirigir el combate; obraba como si se tratara de un militar profesional.

En las emboscadas esperaba a que se acercara el enemigo y muchas veces combatía a la distancia de cinco y diez metros. En una ocasión, con el adversario a pocos metros y en condiciones desventajosas para los insurrectos, cogió una ametralladora, la cargó al hombro, la situó en medio del camino y comenzó a disparar. Aquella osadía salvó la situación.

En Casa de Piedras, sin concluir aún la acción, partió velozmente hacia las posiciones enemigas, seguido por Daniel y pocos rebeldes para tomar prisioneros, ocupar las armas y prestar asistencia a los heridos.

Por sus méritos extraordinarios fue ascendido a comandante del Ejército Rebelde al amanecer del 26 de julio de 1958, luego de ese victorioso encuentro.

Dos días después, en Providencia, en las primeras horas de la mañana, cuando intentaba alcanzar una línea para rechazar los efectivos del Batallón 11 que se retiraban a la desbandada a través del río Yara, y sin llegar a situar las emboscadas a su espalda, Ramón Paz Borroto cayó entre dos fuegos, incluido el del Batallón 22 que, procedente del central Estrada Palma y en apoyo a las fuerzas que se retiraban, había salido al flanco derecho y la retaguardia de su posición sin resistencia alguna. Solo con su muerte pudo pasar el enemigo.

Bajo su mando estuvieron destacados guerrilleros, entre ellos, Andrés Cuevas; Braulio Curuneaux; Antonio Sánchez Díaz (Pinares) y Manuel Hernández Osorio, caídos heroicamente en Bolivia; Eddy Suñol, y René Ramos Latour, con quien libró sus últimos combates.

Sus restos reposan en una sencilla tumba en el lugar donde murió heroicamente a la cabeza de otros compañeros que le acompañaban.

Paz fue uno de los combatientes más completos.

DANIEL: FIEL CONTINUADOR DE FRANK HASTA LA MUERTE

René Ramos Latour nació en Antillas, antigua provincia de Oriente, el 12 de mayo de 1932. Se graduó de contador, pero no concluyó los estudios universitarios debido a su entrega a la Revolución. Trabajó en Nicaro y se unió a la lucha revolucionaria bajo la dirección de Rafael Orejón Forment en el norte de Oriente, hasta la muerte de este en diciembre de 1956.

Formó parte del primer refuerzo enviado por Frank País hacia la Sierra Maestra en marzo de 1957. Al producirse el asesinato del destacado dirigente, el 30 de julio de 1957, Daniel lo sustituyó en la responsabilidad de Jefe de Acción y Sabotaje del Movimiento 26 de Julio, en la que desplegó un intenso trabajo a lo largo del país en la organización de las milicias, el envío de armas, dinero y abastecimientos hacia la Sierra Maestra, la quema de cañaverales para obstaculizar la zafra y otras tareas.

Sus cualidades quedaron refrendadas en carta que dirigiera Frank a Fidel, que lo calificaba como hombre de fuerte carácter, leal y martiano.

Como parte de las acciones de apoyo a la Huelga de Abril, organizó y dirigió el ataque al cuartel de Boniato, al frente de la Columna 9 Pepito Tey que, posteriormente, se incorporó al Segundo Frente Oriental Frank País. Ostentaba entonces el grado de comandante, que le fuera ratificado por Fidel.

Después de la reunión de Altos de Mompié, el 3 de mayo de 1958, en la que fueron analizadas las causas del fracaso de la huelga, se adoptaron decisiones de trascendencia que repercutirían en el curso posterior de la guerra. Daniel formó parte del nuevo Ejecutivo del Movimiento 26 de Julio.

Llegó definitivamente a La Plata en la segunda mitad de junio de 1958 procedente de Santiago de Cuba, acompañado de un grupo de combatientes probados en la clandestinidad y resueltos a luchar en las nuevas condiciones, y cumplió distintas misiones bajo el mando directo del Comandante en Jefe.

En la madrugada del día 25 de julio, Daniel recibió un mensaje del máximo jefe rebelde, en cuyo contenido le indicaba sumarse a Paz: «Trasládate bien temprano con toda tu fuerza a reforzar la posición de Paz. Parece que los guardias van a subir mañana y esta puede ser la gran oportunidad, ya que tenemos fuerzas dispuestas para atacar desde distintas direcciones. Otro golpe grande en estos momentos, sería mortal para Batista…».

Al frente de su grupo se destacó en los combates de Casa de Piedras y Providencia. Con 43 hombres reforzó las tropas de Paz en ambas acciones. Por orden de Fidel, a la caída de este, asumió el mando de los rebeldes a él subordinados.

En El Jobal, bajo el fuego de la artillería y de los fusiles, Daniel resultó gravemente herido y lo retiraron del escenario de combate. Aún consciente, daba órdenes y en ese estado se preocupaba más por los guerrilleros que habían quedado dispersos que por el destino de su vida. La muerte asomaba en su rostro y varios minutos después, en su auxilio llegaron, como médicos, Ernesto Che Guevara y Sergio del Valle. Todo esfuerzo por volverlo a la vida era inútil. Murió el 30 de julio de 1958, justamente un año después del asesinato de quien fuera su jefe: Frank País.

Daniel cayó cuando avanzaba al frente de sus hombres, resultó una sensible pérdida para el Movimiento 26 de Julio y el Ejército Rebelde.

Los compañeros lo vistieron con el uniforme verde olivo, le rindieron guardia de honor y juraron ante su cadáver continuar la lucha con firmeza y bajo su ejemplo. Al momento de su muerte dejó una pequeña hija.

En El Hormiguero, muy cerca de El Jobal, fue enterrado en una pequeña colina con gran vegetación. Una cruz marcó el lugar donde después se situó una tarja que guarda su memoria.

La firmeza de ideales trascendió en sus palabras: «Tengo fe en el truinfo de la Revolución y en la claridad y empuje de su pueblo que ha de llevarla adelante».

CUEVAS, PAZ Y DANIEL: HERMANOS DE ARMAS E IDEAS

Los tres se estimaban y respetaban. Crecieron a los peldaños más altos bajo el magisterio de Fidel. Estuvieron entre los principales héroes en la lucha contra la Ofensiva de Verano del ejército batistiano y los forjadores de la proeza que escribió el Ejército Rebelde hace 60 años.

Por aquellos días, los combatientes sentían la muerte, en particular de los más importantes oficiales, pero para Fidel la de estos tres de sus comandantes fue en extremo dolorosa.

Ellos estaban entre los imprescindibles. No fue un hecho casual que ante una insatisfacción que sentía por algún desempeño cuando fijaba las últimas instrucciones a los jefes subordinados, en vísperas del golpe final sobre Las Mercedes, a principios de agosto de 1958, Fidel comentara la falta que en ese momento le hubieran hecho hombres como estos.

A estos inolvidables combatientes les es válida la divisa del líder histórico de la Revolución: «…los héroes no tienen edad, tienen historia, hacen la historia, son la historia…».

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