La direzione di Maduro ed il nuovo scenario

geopolitica di un fallito assassinio

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“E’ giunta l’ora della ripresa economica”, ha affermato il Presidente Nicolás Maduro quando il primo dei due droni è esploso in aria davanti al palco dove stava pronunciando il suo discorso per l’81esimo anniversario della Guardia Nazionale Bolivariana.

Poche ore dopo, incolume, davanti alle telecamere, lo stesso Maduro avrebbe assegnato le ragioni dell’attentato agli interessi imprenditoriali e stranieri colpiti dal Programma di Recupero Economico, le cui prime linee furono lanciate una settimana prima sulla catena nazionale.

In questo contesto, Maduro è passato al club dei presidenti vittime di attentati di assassinio, in ripetute occasioni, guidato da Fidel Castro con 638 tentativi di assassinio contro di lui. Tra questi tentativi si enumerano sigari con veleno, esplosivi, una muta affinché gli cadesse la pelle ed una sostanza chimica affinché gli cadesse la barba.

Secondo Pedro Etcheverry, analista del Centro di Ricerche della Sicurezza cubana, questo tipo di tattiche sono ricorrenti quando gli USA “non possono comprare né convincere” i presidenti che si oppongono alla loro politica a livello globale.

La statura del presidente venezuelano proprio si misura nel fatto che, solo negli ultimi anni, sono stati sventati, almeno otto attentati alla sua vita. Da un velivolo Tucano con il piano di bombardare Miraflores, passando per l’uso di cecchini, molti sono stati i tentativi di trasferire il tiro mediatico ad una fase fisica che alterasse completamente la sua carriera di dirigente politico del chavismo. A ciò si aggiunge l’evidente tentativo di eliminare la maggior parte del comando politico-militare che, negli ultimi anni, è stato il principale mal di testa USA.

Per cui ciò che fa il “fallito” assassinio è, da un lato, rialzare la sua figura come dirigente politico, mentre dall’altro ubica, politicamente, coloro che ancora, al giorno d’oggi, dubitano delle sue capacità di condurre, in questo momento, uno dei paesi più nodali della politica mondiale.

Se in questo senso gli autori intellettuali di questo fallito attentato hanno voluto generare uno sconvolgimento sociale che riportasse il paese verso una nuova spirale di conflitto e violenza, ciò che hanno generato è stato esattamente l’opposto: costringendo a serrare i ranghi nel chavismo in uno dei momenti più importanti della sua storia come movimento politico.

Il contesto del fallito attentato spiega questo giudizio in tutta la sua dimensione, dato che rivela le ragioni di fondo della sua realizzazione. Poiché avviene dopo che Maduro ha incanalato il conflitto politico con l’opposizione locale, sostenuta dall’esterno, mentre questa ha messo a rischio la stabilità dell’ordine istituzionale disegnato da Hugo Chávez, con la Costituente del 1999.

In questo ambiente, la morte del creatore di questa Costituzione ha dato luogo ad una strategia basata nell’acutizzare gli effetti del ciclo di bassi prezzi del petrolio per riordinare l’intero schema di regole e norme del sistema politico venezuelano senza la partecipazione del chavismo.

Una stessa operazione geopolitica che, a livello regionale, si trova ripulendo il gioco politico interno partendo dal costruire nazioni sempre più dipendenti e tutelate dall’estero, come se il continente fosse ritornato ad una una sorta di tappa di modernizzazione dello schema di dittature degli anni ’70; al fine di garantire un maggiore controllo da parte USA di ciò che ancora considerano come il loro “cortile”.

Maduro è uno dei pochi dirigenti latinoamericani che hanno disarticolato, politicamente, questa strategia, salvaguardando l’ordine istituzionale ideato dalla Rivoluzione Bolivariana.

Tuttavia, il Presidente è stato chiaro sulla necessità di realizzare una trasformazione economica ed istituzionale che adatti il paese alla necessità di andare verso una “post-rendita petrolifera”, date le caratteristiche cicliche delle crisi economiche venezuelane semplificate in quella frase che dice che in Venezuela “ci sono cicli bassi e alti del petrolio”.

In questa traiettoria, la rotta politica segnata nei suoi ultimi discorsi è stata evidente nel situare una traiettoria che inizia con il consolidamento di una pace politica, prosegue con una stabilizzazione dell’economia facendo discendere l’importanza del petrolio, e termina con il montaggio di una re-ingegneria istituzionale del patto sociale espresso nella Carta Magna venezuelana.

L’annuncio delle misure del Programma di Recupero Economico, concentrate, sensibilmente, sul tema cambiario, prospettano l’impegno di Maduro perspingere un nuovo consenso nella società venezuelana che generi un piano di stabilità nel paese, basato nel dipendere, sempre meno, da un petrolio che è commercializzato nei mercati finanziari totalmente controllati dagli USA che blocca il paese.

In questo contesto, il fallito attentato coesiona le forze del chavismo intorno a Maduro in un momento sensibile in cui è necessario mettere in moto misure di vasta portata, la cui efficacia dipende, in gran parte, dalla capacità di imporle ai fattori di potere interni che devono il loro potere all’ordine economico dipendente dal petrolio.

Inoltre, il ‘fallito’ assassinio dimostra la necessità di far deragliare, con la forza, qualsiasi possibilità che il Venezuela consolidi un nuovo tipo di ordine interno, data la sua condizione geopolitica di minaccia agli interessi USA in America Latina.

Né le oligarchie locali, né i poteri profondi degli USA hanno bisogno di una nuova Cuba in America Latina che non permetta loro chiudere il loro nuovo schema di dominio della regione.

Perciò il fallito attentato contro Maduro simboleggia, in tutte le sue dimensioni, il nuovo piano esistenziale verso cui avanza il Venezuela, un cammino sinuoso pieno di pericoli dove il conflitto geopolitico ha sbloccato un nuovo livello di violenza che cercherà inasprirsi ora che, proprio, si definisce il futuro della Repubblica nei prossimi 20 anni.


El liderazgo de Maduro y el nuevo escenario: geopolítica de un magnicidio frustrado

“Ha llegado la hora de la recuperación económica”, afirmó el presidente Nicolás Maduro cuando el primero de dos drones explotó en el aire frente al palco en el que daba su discurso por el 81 aniversario de la Guardia Nacional Bolivariana.

Unas horas después, ileso frente a las cámaras, el mismo Maduro adjudicaría las razones del atentado a los intereses empresariales y foráneos afectados por el Programa de Recuperación Económica, cuyas primeras líneas fueron lanzadas una semana antes en cadena nacional.

En este contexto, Maduro pasó al club de presidentes víctimas de intentos de magnicidio en reiteradas oportunidades, liderado por Fidel Castro con 638 intentos frustrados de asesinato en su contra. Entre esos intentos se enumeran puros con veneno, explosivos, un traje de buzo para que se le cayera la piel, y un químico para que se le cayera la barba.

Según Pedro Etcheverry, analista del Centro de Investigaciones de la Seguridad de Cuba, este tipo de tácticas son recurrentes cuando Estados Unidos “no puede comprar ni convencer” a los presidentes que adversan su política a nivel global.

La estatura del presidente venezolano justamente se mide en que tan solo, en los últimos años, se han abortado, al menos, ocho atentados contra su vida. Desde un avión Tucano con planes de bombardear Miraflores, pasando por la utilización de francotiradores, muchos han sido los intentos por trasladar el tiroteo mediático a una fase física que alterara por completo su trayectoria como líder político del chavismo.

Sumándole a eso el evidente intento de eliminar a la mayor parte del alto mando político-militar que en los últimos años ha sido el principal dolor de cabeza de Estados Unidos.

Por lo que el magnicidio “en grado de frustración” lo que hace, por un lado, es realzar su figura como líder político, mientras que por otro ubica políticamente a quienes aún, al día de hoy, dudan de su capacidad de conducir a uno de los países más nodales de la política mundial en este momento.

Si en ese sentido los autores intelectuales de este fallido atentado quisieron generar una conmoción social que retrotrajera el país hacia una nueva espiral de conflicto y violencia, lo que generaron fue exactamente lo contrapuesto, al obligar a cerrar filas en el chavismo en uno de los momentos más importantes de su historia como movimiento político.

El contexto del fallido atentado explica esta sentencia en toda su dimensión, dado que revela las razones de fondo de su realización. Porque se da luego de que Maduro le diera cauce al conflicto político con la oposición local, apoyada desde el exterior, una vez que ésta puso en riesgo la estabilidad del orden institucional diseñado por Hugo Chávez con la Constituyente de 1999.

En este entorno, la muerte del creador de esta Constitución dio lugar a una estrategia basada en agudizar los efectos del ciclo de bajos precios petroleros para reordenar todo el esquema de reglas y normas del sistema político venezolano sin la participación del chavismo.

Una misma operación geopolítica que a nivel regional se encuentra limpiando el juego político interno a partir de construir naciones cada vez más dependientes y tuteladas desde el extranjero, como si el continente hubiese regresado a una especie de etapa de modernización del esquema de dictaduras de los años setenta, bajo el fin de asegurar un mayor control por parte de Estados Unidos de lo que todavía considera como su “patio trasero”.

Maduro es uno de los pocos liderazgos latinoamericanos que desarticuló esta estrategia en lo político, salvaguardando el orden institucional ideado por la Revolución Bolivariana.

Sin embargo, el Presidente también ha sido claro en la necesidad de realizar una transformación económica e institucional que amolde el país a la necesidad de ir hacia un “post rentismo petrolero”, dadas las características cíclicas de las crisis económicas venezolanas simplificadas en aquella frase que habla de que en Venezuela “hay ciclo bajos y altos del petróleo”.

En esta trayectoria, la ruta política marcada en sus últimas alocuciones ha sido evidente en situar una trayectoria que inicia con la consolidación de una paz política, continúa con una estabilización de la economía descendiendo de jerarquía la importancia del petróleo, y termina con el armado de una reingeniería institucional del pacto social expresada en la Carta Magna venezolana.

El anuncio de las medidas del Programa de Recuperación Económica, enfocadas sensiblemente en el tema cambiario, vislumbran el empeño de Maduro por empujar un nuevo consenso en la sociedad venezolana que genere un piso de estabilidad al país, basado en depender cada vez menos de un petróleo que se comercializa en mercados financieros totalmente controlados por un Estados Unidos que bloquea al país.

En este contexto, el fallido atentado cohesiona a las fuerzas del chavismo alrededor de Maduro en un momento sensible en el que debe mover medidas de largo alcance, cuya efectividad depende en gran parte de la capacidad de imponerlas a factores de poder internos que le deben su poder al actual orden económico dependiente del petróleo.

Además, el magnicidio en “grado de frustración” demuestra la necesidad de descarrilar por la vía de la fuerza cualquier posibilidad de que Venezuela consolide un nuevo tipo de orden interno, dada su condición geopolítica de amenaza a los intereses estadounidenses en Latinoamérica.

Ni las oligarquías locales, ni los poderes profundos de Estados Unidos, necesitan de una nueva Cuba en América Latina que no les permita cerrar su nuevo esquema de dominio de la región.

Por lo que el atentando fallido contra Maduro simboliza en toda su dimensión el nuevo plano existencial hacia donde avanza Venezuela, un camino culebrero repleto de peligros donde el conflicto geopolítico ha desbloqueado un nuevo nivel de violencia que intentará recrudecer ahora que justamente se define el futuro de la República en los próximos 20 años.

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