Il blocco: non solo ingiusto, anche illegale

Il blocco non è sufficiente per farci arrendere (anche se questo è stato e continua ad essere il suo obiettivo) e sebbene tutti concordino che si tratta di un atto ingiusto, non tutti sanno che è anche un atto illegale, un illecito internazionale

Rodolfo Dávalos Fernández http://www.granma.cu

Il popolo di Cuba ha vissuto, per più di mezzo secolo, sotto il segno del blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli USA a Cuba ed, in generale, è marcato da quel castigo, come se fosse il suo “peccato naturale”. Dal più vecchio al più giovane, l’intera popolazione ha sofferto le sue conseguenze. Tutti hanno sentito parlare del blocco fin dall’infanzia; molti hanno sentito i suoi effetti nella loro stessa carne, altrettanti non lo percepiscono direttamente, anche se li colpisce, ma forse vivono sommersi nell’abitudine di convivere con tanto crudele misura e vanno avanti, perché come è stato ben detto: il blocco non è sufficiente per arrenderci (anche se questo è stato e continua ad essere il suo obiettivo) e sebbene tutti concordino che si tratta di un atto ingiusto, non tutti sanno che è anche un atto illegale, un illecito internazionale.

Il primo occultamento della verità è lo stesso nome di Embargo con cui pretende chiamarlo il Governo USA. E’ così, che con il rivestimento di norme giuridiche (benché di dubbia legalità) e sotto il nome, di frequente uso giudiziario, di Embargo si realizza, da quasi 60 anni, un atto criminale contro uno Stato sovrano, che danneggia e pregiudica tutto il popolo di Cuba. E diciamo criminale, perché crimine è l’ingiusto, inumano ed illegale. Su quest’ultimo aspetto è necessario insistere.

E’ infondata la giustificazione, presumibilmente le nazionalizzazioni delle proprietà delle compagnie USA a Cuba da parte del Governo Rivoluzionario nei primi anni 60. Furono atti di rivendicazione dello Stato cubano basato sulla Legge Fondamentale della Repubblica, del 1959, che sotto questo aspetto conteneva lo stesso regolamento della Costituzione del 1940. A livello internazionale, l’ONU, attraverso la Risoluzione n. 1803 dell’Assemblea Generale dell’ONU, del 14 dicembre 1962, intitolata Sovranità permanente sulle risorse naturali, conferisce assoluto sostegno a questo tipo di azioni degli Stati, come atto di sovranità sulle loro risorse e ricchezze per ragioni di pubblica utilità od interesse sociale.

Sulla strumentazione giuridica del blocco bisogna dire che costituisce una complessa e copiosa matassa di disposizioni di dubbia legalità interna e totalmente illegale secondo il Diritto Internazionale, sono norme di coercizione economica; cioè, misure politiche sotto un enunciato normativo.

In altre parole: un atto di forza sotto spoglie di Diritto. Costituiscono atti che cercano di giustificare rappresaglie e desideri di dominio e, perché no?, forse, a questo punto, anche una grande frustrazione per non essere stati in grado di far arrendere il popolo e rovesciare la Rivoluzione.

Il Diritto Internazionale non permette il blocco come autotutela, cioè come un’azione presumibilmente difensiva di uno Stato di fronte ad un atto lesivo dei suoi interessi, tranne nel caso di aggressione armata che consenta la legittima difesa. Cuba non ha aggredito gli USA, le nazionalizzazioni sono state un processo di rivendicazione di beni e risorse necessarie per lo sviluppo del paese e davanti al boicottaggio, imposto dal Governo USA, della prima misura rivoluzionaria riguardante la proprietà: la Legge della Riforma Agraria.

Si possono esaminare molti dei rami del Diritto per notare, facilmente, che il blocco non si adatta a nessun presunto caso legale vigente. Nel Diritto Internazionale Pubblico, oltre alla violazione della Carta dell’ONU, il blocco viola quasi tutti i principi del Diritto Internazionale Pubblico così come i diritti degli Stati. Basta segnalare:

L’uguaglianza sovrana, che consiste nella potestà di uno Stato espressa mediante il diritto di decidere liberamente gli affari interni ed esterni senza violare i diritti di altri Stati o il Diritto Internazionale.

Il principio secondo cui gli Stati nelle loro relazioni internazionali si asterranno dal ricorrere alla minaccia o all’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato o in qualsiasi altra forma incompatibile con gli scopi dell’ONU.

Il principio secondo cui gli Stati aggiusteranno le loro controversie internazionali con mezzi pacifici, in modo tale che non si pongano in pericolo la pace, la sicurezza internazionale né la giustizia.

L’obbligazione a non intervenire nelle questioni che rientrano nella giurisdizione interna degli Stati, in conformità con la Carta.

Dal punto di vista del Diritto Internazionale Privato (qualcosa come l’applicazione della Legge nello spazio), l’esorbitante extraterritorialità delle norme del blocco le rende totalmente illegali. Nessuno Stato possiede la facoltà legislativa per dettare norme che regolino al di fuori del suo territorio, tranne quelle di natura personale, in relazione a diritti e doveri dei propri cittadini.

Dal punto di vista del Diritto Mercantile Internazionale, il blocco viola le regole dell’OMC, gli accordi GATT, il Diritto del Mare e tutte le regole e principi sui contratti internazionali.

Dal punto di vista dello stesso Diritto Interno USA la matassa di regolamenti che implementano il blocco riceve forma legale, ma il suo contenuto non è in accordo con la norma della cultura della nazione, con le basi costituzionali, con le basi giuridiche della nazione. E’ così che sono norme rigide, imposte arbitrariamente, che non si basano sul valore “giustizia”, ​​ed allo stesso tempo non sono in accordo con il valore “legge” quando trasgrediscono precetti costituzionali, mutilano i diritti individuali dei propri cittadini (che non possono visitare Cuba liberamente), vietano a persone straniere, naturali o giuridiche, di mantenere liberamente relazioni commerciali con un paese terzo (Cuba), inventano emendamenti per applicarle retroattivamente a casi già sentenziati dalla massima autorità giudiziaria del paese, violano il principio dell’autorità e revisione giudiziarie validate da uno dei precedenti giurisprudenziali storici, di una delle più prestigiose corti della loro propria storia giudiziaria (quella del famoso giudice John Marshall) e distruggono una valida interpretazione del pensiero dei cosiddetti Padri fondatori della nazione e dello Stato, consentendo concentrare nell’Esecutivo questioni e competenze del Legislativo, come la regolamentazione del commercio estero ed attribuirgli eccessive facoltà al Presidente.

Ed infine (per ragioni di spazio, perché v’è molto di più), dal punto di vista del Diritto Penale Internazionale il blocco è un crimine contro l’umanità, perché secondo lo Statuto della Corte Internazionale di Giustizia sono crimini di lesa umanità tutti gli atti commessi come parte di un attacco generalizzato o sistematico contro una popolazione civile. Il carattere sistematico del blocco contro Cuba, che causa gravi danni e pregiudizi alla popolazione cubana, lo converte in un crimine di massa, conferendogli il carattere di crimine di lesa umanità.

La conseguenza giuridica di tutto quanto sopra è la Responsabilità internazionale: gli USA, un giorno, dovranno rispondere per il blocco contro Cuba, è la regola della responsabilità internazionale degli Stati. Pertanto, davanti all’assenza di un modo efficace di obbligare gli Stati ad adempiere al Diritto Internazionale ed alla Carta dell’ONU, riceve il rifiuto universale della Comunità Giuridica Internazionale, come mai prima ha ricevuto alcun paese, espressamente manifestato nelle ripetute votazioni nell’Assemblea Generale dell’ONU.

Ci sono due requisiti legali per essere membro dell’ONU: essere uno Stato amante della pace ed adempiere alle obbligazioni della Carta. Con il blocco a Cuba gli USA mostrano. essere uno Stato amante della pace e rispettare la Carta? La risposta è un poderoso numero

Per questo motivo si può affermare, categoricamente, in qualsiasi forum o luogo, che il blocco non solo è un atto ingiusto, ma è anche assolutamente illegale.


El bloqueo: no solo injusto, también ilegal

El bloqueo no es suficiente para rendirnos (aunque ese fue y sigue siendo su objetivo) y aunque todos coinciden en que es un acto injusto, no todos conocen que también es un acto ilegal, un ilícito internacional

Autor: Rodolfo Dávalos Fernández

El pueblo de Cuba ha vivido, durante más de medio siglo, bajo el signo del bloqueo económico, comercial y financiero impuesto por Estados Unidos a Cuba, y, en general, está marcado por ese castigo, como si fuera su «pecado natural». Desde los más viejos hasta los más jóvenes, toda la población ha sufrido sus consecuencias. Todos han oído hablar del bloqueo desde niños; muchos han palpado sus efectos en carne propia, otros tantos no lo perciben directamente, aunque les afecta, pero tal vez viven sumidos en la costumbre de la coexistencia con tan cruel medida, y siguen adelante, porque como bien se ha dicho: el bloqueo no es suficiente para rendirnos (aunque ese fue y sigue siendo su objetivo) y aunque todos coinciden en que es un acto injusto, no todos conocen que también es un acto ilegal, un ilícito internacional.

El primer escamoteo a la verdad es el propio nombre de Embargo con el cual pretende llamarlo el Gobierno de EE. UU. Es así que con el ropaje de normas jurídicas (aunque de dudosa legalidad) y bajo el nombre de frecuente uso judicial de Embargo, se lleva a cabo, desde hace ya casi 60 años, un acto criminal contra un Estado soberano, que daña y perjudica a todo el pueblo de Cuba. Y decimos criminal, porque crimen es lo injusto, inhumano e ilegal. En este último aspecto es necesario insistir.

Es infundada la justificación, supuestamente las nacionalizaciones de las propiedades de empresas estadounidenses en Cuba por el Gobierno Revolucionario a principios de los años 60. Fueron actos de reivindicación del Estado cubano basado en la Ley Fundamental de la República, de 1959, que en este aspecto contenía idéntica regulación que la Constitución de 1940. En el plano internacional las Naciones Unidas, mediante la Resolución No. 1803, de la Asamblea General de la ONU, del 14 de diciembre de 1962, titulada Soberanía permanente sobre los recursos naturales, confiere respaldo absoluto a este tipo de acciones de los Estados, como un acto de soberanía sobre sus recursos y riquezas por razones de utilidad pública o interés social.

Sobre la instrumentación jurídica del bloqueo, hay que decir que constituye una compleja y copiosa madeja de disposiciones de dudosa ilegalidad interna y totalmente ilegales bajo el Derecho internacional, son normas de coerción económica; o sea, medidas políticas bajo un enunciado normativo.

Con otras palabras: un acto de fuerza con ropaje de Derecho. Constituyen actos que pretenden justificar represalias y ansias de dominación y, ¿por qué no?, tal vez a estas alturas también de una gran frustración al no haber podido rendir al pueblo y derrocar la Revolución.

El Derecho internacional no permite el bloqueo como autotutela, o sea, como acción supuestamente defensiva de un Estado ante un acto lesivo a sus intereses, excepto en el caso de agresión armada que permite la legítima defensa. Cuba no ha agredido a EE. UU., las nacionalizaciones fueron un proceso reivindicatorio de bienes y recursos necesarios para el desarrollo del país, y ante el boicot impuesto por el Gobierno de EE. UU. desde la primera medida revolucionaria respecto a la propiedad: la Ley de Reforma Agraria.

Puede pasarse revista a muchas de las ramas del Derecho para notar fácilmente que el bloqueo no encaja en ningún supuesto legal valedero. En Derecho internacional público, además de la violación de la Carta de la ONU, el bloqueo viola casi todos los principios del Derecho internacional público al igual que los derechos de los Estados. Basta señalar:

La igualdad soberana, que consiste en la potestad de un Estado expresada mediante el derecho a decidir libremente los asuntos internos y externos sin infringir los derechos de otros Estados ni del Derecho internacional.

El principio de que los Estados en sus relaciones internacionales se abstendrán de recurrir a la amenaza o al uso de la fuerza contra la integridad territorial o la independencia política de cualquier Estado o en cualquier otra forma incompatible con los propósitos de las Naciones Unidas.

El principio de que los Estados arreglarán sus controversias internacionales por medios pacíficos, de tal manera que no se pongan en peligro ni la paz y la seguridad internacional, ni la justicia.

La obligación de no intervenir en los asuntos que son de la jurisdicción interna de los Estados, de conformidad con la Carta.

Desde el punto de vista del Derecho internacional privado (algo así como la aplicación de la Ley en el espacio), la extraterritorialidad exorbitante de las normas del bloqueo las hace totalmente ilegales. Ningún Estado posee facultad legislativa para dictar normas que rijan más allá de su territorio, salvo las de carácter personal, relativas a derechos y deberes de sus nacionales.

Desde el punto de vista del Derecho mercantil internacional el bloqueo viola las reglas de la OMC, los acuerdos del GATT, el Derecho del Mar, y cualquier cantidad de reglas y principios sobre los contratos internacionales.

Desde el punto de vista del propio Derecho interno de EE. UU., la madeja de regulaciones que instrumentan el bloqueo recibe forma legal, pero su contenido no se aviene con la norma de cultura de la nación, con los fundamentos constitucionales, con las bases jurídicas de la nación. Es así que son normas rígidas impuestas arbitrariamente que no se basan en el valor «justicia», y al propio tiempo no se avienen con el valor «ley» cuando transgreden preceptos constitucionales, mutilan los derechos individuales de sus propios ciudadanos (que no pueden visitar Cuba libremente), prohíben a personas extranjeras, naturales o jurídicas, sostener relaciones comerciales libremente con un tercer país (Cuba), inventan enmiendas para aplicarlas retroactivamente a casos ya fallados por la máxima instancia judicial del país, violan el principio de la autoridad y revisión judicial sentado por uno de los precedentes judiciales históricos, de una de las Cortes más prestigiosas de su propia historia judicial (la del famoso juez John Marshall) y echan por tierra la interpretación válida del pensamiento de los llamados Padres fundadores de la nación y el Estado, al permitir concentrar en el Ejecutivo asuntos y competencias del Legislativo como la regulación del comercio exterior y atribuirle excesivas facultades al Presidente.

Y, por último (por razones de espacio, porque hay mucho más), desde el punto de vista del Derecho penal internacional el bloqueo es un crimen de lesa humanidad, porque según el Estatuto de la Corte Internacional de Justicia son crímenes de lesa humanidad todos los actos cometidos como parte de un ataque generalizado o sistemático contra una población civil. El carácter sistemático del bloqueo contra Cuba, que provoca grandes daños y afectaciones a la población cubana, lo convierte en un crimen masivo, le confiere el carácter de crimen de lesa humanidad.

La consecuencia jurídica de todo lo anterior es la Responsabilidad internacional: EE. UU. deberá responder algún día por el bloqueo a Cuba, es la regla de la responsabilidad internacional de los Estados. Por eso, ante la falta de una manera eficaz de obligar a los Estados a cumplir el Derecho internacional y la Carta de la ONU, recibe el rechazo universal de la Comunidad Jurídica internacional, como nunca antes recibió país alguno, manifestado expresamente en las reiteradas votaciones en la Asamblea General de la ONU.

Hay dos requisitos legales para ser miembro de la ONU: ser un Estado Amante de la Paz y cumplir las obligaciones de la Carta. ¿Con el bloqueo a Cuba demuestra EE. UU. ser un Estado amante de la paz y cumple con la Carta? La respuesta es un contundente No.

Por ello, se puede afirmar, categóricamente, en cualquier foro o lugar, que el bloqueo no solo es un acto injusto, sino también es absolutamente ilegal.

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