Ciò che la guerra si porta via

Carola Chavez @tongorocho  www.conelmazodando.com.ve

Con Chávez abbiamo fatto un master in guerre non convenzionali. La guerra mediatica c’è l’ avevamo ben decifrata, i blocchi, le rivoluzioni colorate, gli infiltrati, le ONG come maschere della CIA, del Dipartimento di Stato, del Pentagono. Siamo diventati esperti nel rilevamento di notizie false, per essere il loro principale obiettivo. Più tardi, abbiamo appreso della law fare e abbiamo visto dove vanno i colpi. Poi è giunta la guerra.

Prima della guerra, c’era un fascino con l’eroica lotta dei popoli fratelli sotto attacco. Cuba, un faro di resistenza. Il Cile di Allende, un glorioso morire con indosso gli stivali, dopo aver resistito a tutti i tipi di sabotaggio, blocchi, carenze pianificate dal nemico di sempre, il nostro nemico. La dignità di non piegarsi, di non cedere, di non concedere al nemico la soddisfazione di vederci sconfitti. “Prima morto che in ginocchio” … Fino a quando è toccato a noi…

Allora le dimensioni di questa guerra sono sfuggite alla comprensione di coloro che sembravano capire tutto. Così, all’improvviso, dopo aver vissuto glorificando la resistenza di altri popoli, hanno saputo che non potevano vivere senza Internet veloce, senza servizio elettrico costante, senza servizi pubblici di qualità. E hanno cominciato a chiedersi ovunque potessero sentirli, che diamine ha a che vedere la guerra con inefficienza, “perché la luce, l’acqua, l’ABA non si acquista in dollari”, dicono, ovviando che macchinari, ricambi, blocchi, furti di materiale strategico, sabotaggio e per non parlare dei più di 500 anni di dipendenza coloniale e neo-coloniale, che secondo, doveva essere sradicata nell’ultimo 20ennio con una ricetta magica che solo coloro che sanno tengono.

E si sono stupiti quando il pollo è scomparso dalle macellerie da un giorno all’altro, e le uova e lo zucchero, ed i biscotti, ed il necessario ed il non tanto, perché la qualità della vita e questo e quello … Si sono sorpresi dal mercato della guerra incarnato nei bachaqueros, speculatori ed accaparratori, come se i mercati neri fossero stati inventati da noi, tipo Chacumbele. E svengono con prezzi che ci impone il capitale, la sua arma più mortifera, ed affermano indignati che il governo ha sbagliato perché il nemico, come è logico in ogni guerra, ha risposto con un feroce attacco al primo passo (dei molti che saranno necessari) del piano di ripresa economica che il Presidente ha annunciato per i prossimi due anni (almeno). Quella parte non l’hanno sentita.

E guardano dritto mentre pattinano lungo questo cammino sinuoso e complicato che nessuno ha percorso, si avvolgono in un manto di morale che più che morale è superbia. E scorre l’inchiostro del lamento ed il lamento si diffonde cercando applausi sconfitti, mentre si proscrive l’allegria e li si schizza di sospetto, affinché non disturbi ed in questa guerra che non solo ci vuole ammazzare di fame, ma prima di tristezza, solo l’ego si alimenta.

E lo cool, lo trendy, lo nice, è la narrazione del grigio, della disperazione, del minimo dettaglio dello scoraggiamento, dell’uomo che vende verdura e mi ha visto brutto sotto la pioggia eterna di Caracas, dove ora non sorge il sole come prima. Rendendo invisibile la folla che esce presto ad affrontare la giornata nel bel mezzo di questa doccia, quando il più facile (ed il più inutile, ovviamente) sarebbe gettare la spugna. Rendendo invisibile la lotta eroica che un tempo avevano ammirato in altri popoli e ora sta dando il loro. La narrativa della resa, delle braccia inermi, della lamentatela senza proposta, della disperazione, della sconfitta. Un atto di ingenuità suicida che ignora che noi giochiamo la nostra vita in questo e che, affinché le loro argomentazioni quadrino, nega anche che il primo condannato è Nicola, che “non è connesso”, si sa, perché la rivoluzione vada all’inferno ed arrivi la controrivoluzione a fare quello che fa, e non ti dico il law fare, che con Lula non abbiamo visto niente … Che Lula! Gheddafi sarebbe poco per l’odio che la destra ha con Nicolas, lo sai, perché lui ha distrutto l’eredità di Chavez … Oh, wait! Tanto facile gli sarebbe stato tradire come tradisce Lenin l’Ecuador…

Ad ogni modo, in ogni guerra ci sono vittime, ed è doloroso vedere cadere in vivo ed in diretta dalle reti sociali, mentre mi chiedo cosa sarebbe stato il Periodo Speciale a Cuba, con il piagnisteo di Twitter e la rumba d’Instagram e quella sete insaziabile di effimeri ed inutili “mi piace”.


Lo que la guerra se lleva

Carola Chavez @tongorocho

Con Chávez hicimos un master en guerras no convencionales. La guerra mediática la teníamos descifradita, los bloqueos, las revoluciones de colores, los infiltrados, las ONG como máscaras de la CIA, del Departamento de Estado, del Pentágono. Nos hicimos expertos en detección de fake news, por ser su objetivo principal. Más tarde, supimos del law fare y vimos hacia dónde van los tiros. Entonces llegó la guerra.

Antes de la guerra, había un embeleso con la lucha heroica de los pueblos hermanos bajo ataque. Cuba, un faro de resistencia. El Chile de Allende, un glorioso morir con las botas puestas, tras resistir todo tipo de sabotajes, bloqueos, carencias planificadas por el enemigo de siempre, el enemigo nuestro. La dignidad de no quebrarse, de no ceder, de no concederle al enemigo la satisfacción de vernos derrotados. “Primero muerto que de rodillas”… Hasta que nos tocó a nosotros…

Entonces las dimensiones de esta guerra escaparon de la compresión de quienes parecían comprenderlo todo. Así, de golpe y porrazo, después de vivir glorificando la resistencia de otros pueblos, supieron que no podían vivir sin internet veloz, sin flujo eléctrico constante, sin servicios públicos de calidad. Y empezaron a preguntarse en cuento lugar los pudieran oír, qué carajo tiene que ver la guerra con la ineficiencia, “porque la luz, el agua, el ABA no se compra en dólares”, dicen, obviando maquinarias, repuestos, bloqueos, robos de material estratégico, sabotaje y ni hablar de los más de 500 años de dependencia colonial y neo colonial, que según, debió ser erradicada los últimos 20 con una receta mágica que los que saben, tienen.

Y se asombraron cuando el pollo desapareció de las carnicerías de un día para otro, y los huevos, y el azúcar, y las galletas, y lo necesario y lo no tanto, porque la calidad de vida y tal y cual… Se sorprendieron con el mercado de la guerra encarnado en los bachaqueros, especuladores y acaparadores, como si los mercados negros los hubiéramos inventado nosotros, tipo Chacumbele. Y se desmayan con precios que nos impone el capital, su arma más mortífera, y afirman indignados que el gobierno falló porque el enemigo, como es lógico en toda guerra, respondió con un feroz ataque al primer paso (de tantos que serán necesarios) del plan de recuperación económica que el Presidente anunció para los próximos dos años (por lo menos). Esa parte no la escucharon.

Y miran en línea recta mientras patinan por este camino sinuoso y complicado que nadie ha andado, se arropan en un manto de moral que más que moral es soberbia. Y corre la tinta del lamento y el lamento se difunde buscando aplausos derrotados, mientras se proscribe la alegría y se le salpica de sospecha, para que no estorbe y en esta guerra que no solo nos quiere matar de hambre, sino primero de tristeza, solo el ego se alimenta.

Y lo cool, lo trendy, lo nice, es la narrativa de lo gris, de la desesperanza, del mínimo detalle del desaliento, del señor que vende verduras y que me vio feo bajo la lluvia eterna de Caracas, donde ya no sale el sol como antes. Invisibilizando al gentío que sale tempranito a enfrentar el día en medio de este chaparrón, cuando lo más fácil (y más inútil, claro) sería tirar la toalla. Invisibilizando la lucha heroica que alguna vez admiraron en otros pueblos y ahora está dando el suyo. La narrativa de la rendición, de los brazos caídos, de la queja sin propuesta, de la desesperanza, de la derrota. Un acto de ingenuidad suicida que ignora que nos jugamos la vida en esto, y que, para que sus argumentos cuadren, niega también que el primer sentenciado es Nicolás, que “está desconectado”, tú sabes, para que la revolución se vaya al carajo, y llegue la contrarrevolución a hacer lo que hace, y no te cuento el law fare, que con Lula no hemos visto nada… ¡Qué Lula! Gadafi sería poco para el odio que le tiene la derecha a Nicolás, tú sabes, porque él destruyó El Legado de Chávez… Oh, wait! Tan fácil que le hubiera sido traicionar como traiciona Lenin al Ecuador…

En fin, que en toda guerra hay bajas, y es doloroso verlas caer en vivo y directo por las redes sociales, mientras me pregunto cómo habría sido el Período Especial en Cuba, con la lloradera de Twitter, y la rumba de Instagram y esa sed insaciable efímeros e inútiles “me gusta”.

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