Discorso pronunciato dal Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba, a Santiago di Cuba, il 1º gennaio del 2019, «Anno 61º della Rivoluzione».
Santiaghere e santiagheri;
Compatrioti di tutta Cuba:
Oggi ci riuniamo per celebrare il 60º anniversario del trionfo rivoluzionario del Primo Gennaio, e lo facciamo nuovamente in Santiago di Cuba, culla della Rivoluzione, qui nel cimitero di Santa Ifigenia, dove si venerano i resti immortali di molti dei migliori figli della nazione, vicino alle tombe dell’Eroe Nazionale, del Padre della Patria e la Madre della Patria e del Comandante in Capo della Rivoluzione Cubana.
Non vengo qui a parlare a titolo personale, lo faccio in nome degli eroici sacrifici del nostro popolo e delle migliaia di combattenti che hanno offerto la loro vita in più di 150 anni di lotta.
Sembra incredibile che il destino ci abbia riservato il privilegio di poterci dirigere ai nostri compatrioti in un giorno come oggi, per commemorare sei decenni dal trionfo, occasione in cui con la guida di Fidel per la prima volta il popolo cubano conquistò il potere politico e i mambì sì che entrarono vittoriosi a Santiago di Cuba in coincidenza con il 60º anno in cui si era instaurato il dominio assoluto dell’imperialismo nordamericano su Cuba.
Pochi mesi fa ci siamo riuniti a La Demajagua, per ricordare il 150º anniversario dell’inizio delle guerre per l’indipendenza di Cuba, il 10 ottobre del 1868, data che segna l’inizio della nostra Rivoluzione, che sopravvisse a momenti d’amarezza e divisione, come il Patto del Zanjón, e a episodi luminosi come quello che vide protagonista Antonio Maceo nella Protesta di Baraguá.
La Rivoluzione visse nuovamente nel 1895, grazie al genio e alla capacità di Martí di unire i migliori e più esperti capi della guerra dei 10 anni preparare la «guerra necessaria» contro il colonialismo spagnolo.
Quando l’esercito coloniale era già praticamente sconfitto, con una scarsa volontà combattiva, circondato dai mambì in quasi tutta l’Isola, ridotto dalle malattie tropicali che solamente nel 1897, per fare un esempio, provocarono 201.000 perdite tra i militari, la vittoria fu usurpata con l’intervento nordamericano e l’occupazione militare del paese, cosa che permise l’inizio di un lungo periodo d’oppressione e governi corrotti e servili ai loro disegni egemonici.
A fiamma redentrice del popolo cubano non si spense nemmeno in quelle difficili circostanze e questo fu evidenziato da figure della grandezza di Baliño, Mella, Villena, Guiteras e Jesús Menéndez, tra i tanti che non si rassegnarono a vivere sottoposti all’affronto e all’obbrobrio.
Nemmeno la Generazione del Centenario, che con la guida di Fidel assaltò le caserme Moncada e Carlos Manuel de Céspedes il 26 di Luglio del 1953, era disposta a tollerare, a 100 anni dalla nascita di Martí,i crimini e gli abusi di una tirannia sanguinosa totalmente subordinata agli interessi degli Stati Uniti.
Sopravvennero allora momento di profondo dolore e tristezza dopo la sconfitta e l’assassinio di molti dei combattenti rivoluzionari che avevano partecipato a quelle azioni, denunciati con valore da Fidel nel suo storico allegato “La storia mi assolverà”, che divenne il programma della Rivoluzione.
A pochi metri da qui giacciono i resti dei morti di quel 26 di Luglio e di altri martiri delle gesta dell’insurrezione, includendo anche coraggiosi giovani santiagheri della lotta clandestina e i figli di questa città che morirono nelle gloriose missioni internazionaliste.
Nei duri anni di prigionia e di vessazioni non si persero il fervore e l’impegno d’iniziare nuovamente la lotta e crebbero il prestigio e l’autorità dei leader rivoluzionario per sommare forze contro la dittatura.
L’esilio in Messico non conobbe il riposo ma servì per preparare la prossima e decisiva tappa di combattimento che ci portò con lo yacht Granma a las Coloradas il 2 dicembre del 1956. Il ritardo dell’arrivo alle coste cubane per via della difficile navigazione, non permise la sincronizzazione prevista con il Sollevamento di Santiago di Cuba, il 30 novembre, organizzato dall’audace e valoroso giovane dirigente del Movimento 26 di Luglio, Frank País García, che non aveva ancora compiuto 22 anni quando fu brutalmente assassinato dagli sbirri della tirannia, il 30 luglio del 1957.
Nemmeno il disastro di Alegría de Pío, che quasi annichilì i Riblli riuscì ad estinguere l’ottimismo e la fede di Fidel nella vittoria, convinzioni che lo portarono ad esclamare il 18 dicembre, quando ci incontrammo nuovamente con appena sette fucili « Adesso sì che vinciamo la guerra!»
Da Santiago di Cuba, come risultato degli infaticabili sforzi del movimento clandestino diretto Frank País, ricevemmo nella Sierra Maestra il primo rinforzo di giovani combattenti, armi e munizioni, che significò un apporto cruciale alla capacità combattiva del nascente Esercito Ribelle.
Trascorsero mesi d’incessanti combattimenti, prima nella Sierra Maestra.
Poi la lotta si estese ad altre regioni con l’apertura di nuovi fronti e colonne e con la sconfitta della grande offensiva delle truppe di Batista contro il Primo Fronte guidato da Fidel, che segnò l’inizio della controffensiva strategica e la svolta radicale della guerra che condusse alla caduta del regime e alla presa del potere della Rivoluzione.
Già l’8 gennaio del 1959, al suo arrivo a L’Avana, il Capo della Rivoluzione disse: «La tirannia è caduta, l’allegria è immensa e senza dubbio ci resta molto da fare tuttavia. Non inganniamoci credendo che d’ora in avanti tutto sarà facile. Forse d’ora in avanti, tutto diventerà più difficile».
Le premonizioni espresse da Fidel non tardarono a farsi realtà. Iniziava una tappa di lotte che scosse le basi della società cubana.
Il 17 maggio, ad appena quattro mesi e mezzo dal Trionfo, nel Quartiere Generale de la Plata, nel cuore della Sierra Maestra, si promulgò la prima Legge di Riforma Agraria, come indicava il Programma della Moncada, fatto che danneggiò i poderosi interessi economici dei monopoli nordamericani e della borghesia cubana, che raddoppiarono le cospirazioni contro il processo rivoluzionario.
La nascente Rivoluzione si vide sottoposta ad ogni genere di aggressioni e minacce, con le azioni delle bande armate finanziate dal Governo nordamericano, i piani degli attentati contro Fidel e altri dirigenti; l’assassinio di giovani alfabetizzatori, molti ancora adolescenti, il sabotaggio e il terrorismo in tutto il paese con il terribile saldo di 3478 morti e 2099 invalidi ; il blocco economico, commerciale e finanziario e altre azioni politiche e diplomatiche con il fine d’isolarci; le campagna di menzogne per denigrare la Rivoluzione e i suoi leaders, l’invasione mercenaria di Playa Girón nell’aprile del 1961; la Crisi d’Ottobre nel 1962, quando negli Stati Uniti si preparava l’invasione militare a Cuba. Una lista interminabile di fatti ostili contro la nostra Patria.
Nessuno può negare che quella Rivoluzione, che nasceva quel Primo Gennaio, in 60 anni non ha mai avuto un minuto di calma; sono già 12 le amministrazioni nordamericane che non hanno mai tralasciato l’impegni di forzare un cambio di regime in Cuba, utilizzando una a un’altra via con maggiore o minore aggressività.
Il popolo eroico di ieri e di oggi, orgoglioso della sua storia e cultura nazionali, impegnato con gli ideali e l’opera della Rivoluzione che somma già quattro generazioni di cubani, ha saputo resistere e vincere nei sei decenni d’ininterrotta lotta in difesa del socialismo, sempre basato nella più stratta stretta unità attorno al Partito e a Fidel.
Unicamente così si può comprendere l’impegno di resistere nei duri anni di periodo speciale, quando restammo soli nel mezzo dell’Occidente, a 90 miglia dagli Stati Uniti. Allora nessun al mondo avrebbe scommesso un centesimo sulla sopravvivenza della Rivoluzione. Senza dubbio, sì che abbiamo sopportato e vinto la sfida senza violare nemmeno uno dei principi etici e umanisti del processo rivoluzionario, meritando l’inestimabile appoggio dei movimenti di solidarietà che non hanno mai smesso di credere in Cuba.
Ora il Governo nordamericano sembra riprendere la rota del confronto con Cuba e presentando il nostro paese, pacifico e solidale, come una minaccia per la regione. Richiama la tenebrosa Dottrina Monroe per tentare di far rivivere la storia di quell’epoca vergognosa in cui i governi sottoposti a dittature militari si sommarono all’isolamento di Cuba.
In maniera crescente altri funzionari dell’attuale amministrazione, con la complicità di alcuni lacchè, diffondono nuove falsità e di nuovo cercano di incolpare Cuba di tutti i mali della regione, come se questi non fossero conseguenze delle spietate politiche neoliberali che provocano la povertà, la fame, la disuguaglianza, il crimine organizzato, il narcotraffico, la corruzione politica, l’abuso e la privazione dei diritti ai lavoratori, agli sfollati, lo sfratto dei contadini, la repressione degli studenti e precarie condizioni di salute, educazione e casa per la grande maggioranza.
Sono gli stessi che dichiarano l’intenzione di continuare a forzare il deterioramento delle relazioni bilaterali e promuovono nuove misure di blocco economico, commerciale e finanziario per restringere lo sviluppo dell’economia nazionale, provocare limiti addizionali al consumo e al benessere del popolo, ostacolare sempre più il commercio estero e frenare il flusso dell’investimento straniero.
Dicono d’essere disposti a sfidare il Diritto Internazionale, contravvenire le regole del commercio e delle relazioni economiche internazionali e applicare più aggressivamente misure e leggi di carattere extraterritoriale contro la sovranità degli altri Stati.
Reitero la nostra disposizione di convivere civilmente, nonostante le differenze, con una relazione di pace, rispetto e beneficio mutuo con gli Stati Uniti.
Abbiamo anche segnalato molto chiaramente che i cubani siamo preparati a resistere a una situazione di confronto che non desideriamo e speriamo che menti più equilibrate nel Governo nordamericano lo possano evitare.
Di nuovo si accusa Cuba quando è dimostrato che il debito estero, i flussi migratori senza controllo, il saccheggio delle risorse naturali, sono il risultato del dominio delle multinazionali nel continente.
La forza della verità ha sbaragliato le menzogne e la storia ha collocato i fatti e i protagonisti al loro posto.
Si potrà attribuire alla Rivoluzione Cubana e all’epopea scritta da questo eroico popolo, solo la responsabilità che emana dal suo esempio come simbolo di piena indipendenza, resistenza vittoriosa, giustizia sociale, altruismo e internazionalismo.
Come parte di Nuestra América, il nostro rispetto e la solidarietà con i paesi fraterni è stata e sarà invariabile, e vi hanno lavorato più di 347.000 medici e lavoratori della salute cubani in molti luoghi isolati e difficili, ed hanno studiato qui più di 27.200 giovani come professionisti. Questo dimostra la fiducia in Cuba.
Poche settimane fa sono tornati con dignità, con il riconoscimento e l’affetto di milioni di pazienti, soprattutto nelle zone rurali e tra la popolazione indigena, migliaia di medici cubani che hanno prestato servizio in Brasile, calunniati e respinti dal nuovo presidente, con il proposito di distruggere questo programma sociale e in questo modo obbedire agli orientamenti della destra più reazionaria della Florida, che ha sequestrato la politica degli Stati Uniti verso Cuba, per beneplacito delle forze più reazionarie dell’attuale governo nordamericano.
A 60 anni dal Trionfo, possiamo affermare che non ci spaventano, che non ci intimidiscono né il linguaggio della forza o le minacce, che non c’intimorirono quando il processo rivoluzionario non era consolidato e che non ci riusciranno nemmeno di lontano ora l’unità dl popolo è un’indistruttibile realtà, perchè se ieri eravamo pochi, oggi siamo tutto un popolo che difende la sua Rivoluzione.
Lo scorso 26 di Luglio , qui a Santiago, avevo spiegato che si era formato uno scenario avverso, che nuovamente nei nemici sorgeva l’euforia con la fretta di realizzare il sogno di distruggere l’esempio di Cuba.
Ugualmente avevo segnalato la convinzione che si stava stringendo l’assedio attorno a Venezuela, Nicaragua e al nostro paese e i fatti hanno confermato questa previsione.
Dopo quasi un decennio ponendo in pratica i metodi di guerra non convenzionale per impedire la continuità o frenare il ritorno dei governi progressisti, i circoli del potere a Washington hanno patrocinato i colpi di Stat0: prima uno militare per far cadere in Honduras il presidente Zelaya e quindi sono ricorsi a colpi parlamentari – giudiziari, contro Lugo in Paraguay e Dilma Rousseff in Brasile.
Hanno promosso processi giudiziari manipolati e motivati politicamente, così come campagne di manipolazione e discredito contro dirigenti e organizzazioni di sinistra facendo uso del controllo dei monopoli sui media di diffusione di massa.
In questo modo sono riusciti a incarcerare il compagno Lula da Silva e lo hanno privato del diritto d’essere il candidato presidenziale del Partito dei Lavoratori per evitare la sua sicura vittoria nelle passate elezioni. Approfitto dell’occasione per fare un richiamo a tutte le forze politiche oneste del pianeta perché reclamino la sua liberazione, e che si smettano gli attacchi e la persecuzione giudiziaria contro le ex presidenti Dilma Rousseff e Cristina Fernández de Kirchner.
Coloro che s’illudono di restaurare il dominio imperialista nella nostra regione dovrebbero comprendere che l’America Latina e i Caraibi sono cambiati, e anche il mondo.
Noi continueremo a contribuire attivamente ai processi di consenso e integrazione nella regione, basati nel concetto dell’unità nella diversità.
Abbiamo contribuito al processo di pace in Colombia su richiesta del suo Governo, delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia e dell’Esercito di Liberazione Nazionale, e continueremo a farlo al disopra dei rischi, delle difficoltà e dei danni.
L’autorità politica e morale di Cuba è cimentata nella storia, la condotta e il sostegno unito, cosciente e organizzato del popolo.
Per questo nessuna minaccia ci farà desistere dalla nostra solidarietà con la Repubblica Bolivariana del Venezuela.
Devono finire la azioni aggressive contro questa nazione fraterna.
Come abbiamo avvisato tempo fa, le reiterate dichiarazioni del Venezuela come una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, gli aperti richiami al colpo militare contro il suo governo costituzionale, le esercitazioni militari sviluppate nella prossimità delle frontiere venezuelane, così come le tensioni e gli incidenti nella zona, possono condurre solamente a una grave mancanza di stabilità e a conseguenze imprevedibili.
La regione somiglia a una grande prateria in tempo di siccità. Una Scintilla può generare un incendio incontrollabile che danneggerebbe gli interessi nazionali di tutti.
È ugualmente pericoloso e inaccettabile che il Governo degli Stati Uniti sanzioni unilateralmente e proclami anche la Repubblica del Nicaragua come una minaccia per la sua sicurezza nazionale.
Respingiamo i tentativi della disprezzabile OSA, Organizzazione degli Stati Americani, d’immischiarsi nei temi di questa fraterna nazione. Di fronte alla Dottrina Monroe dovremo applicare e difendere, per il bene di tutti, i principi del Proclama dell’America Latina e dei Caraibi come Zona d Pace, firmato a L’Avana dai capi di Stato e di Governo, che ora alcuni alleati degli Stati Uniti pretendono ignorare.
Il più forte insegnamento che i rivoluzionari e i movimenti progressisti possiamo ricavare dalla situazione che si è configurata, è di non tralasciare mai l’unità con il popolo e non cedere nella lotta in difesa degli interessi degli oppressi, per quanto difficili siano le circostanze.
Per noi, nella complessa congiuntura internazionale, mantengono una totale vigenza le parole del leader storico della Rivoluzione cubana, presentando il documento centrale nel Primo Congresso del Partito, nel 1975, quando disse:
«Finchè esisterà l’imperialismo , il Partito, lo Stato e il popolo presteranno la massima attenzione ai servizi della difesa.
La guardia rivoluzionaria non verrà mai trascurata. La storia insegna anche con troppa eloquenza che chi dimentica questo principio non sopravvive all’errore».
In corrispondenza, continueremo dare priorità ai compiti di preparazione per la difesa a tutti i livelli, nell’interesse di salvaguardare l’indipendenza con l’integrità territoriale, la sovranità e la pace, partendo dal concetto strategico della Guerra di Tutto il Popolo, come si legge nella recentemente approvata Costituzione della Repubblica.
È nostro dovere prepararci meticolosamente e con anticipo per ogni scenario includendo i peggiori, e non solo in piano militare, in modo che non si lasci spazio allo sconcerto e all’improvvisazione che fiorisce in chi ha scarsa volontà nell’ora d’agire, ma con l’ottimismo e la fiducia nella vittoria che ci ha insegnato Fidel e lo stretto vincolo con popolo si sappia trovare la miglior soluzione di fronte a qualsiasi sfida che si presenti.
Un impegno che affronteremo nell’anno che comincia oggi, è la situazione dell’ economia, colpita dalle tensioni delle finanze esterne per via dei danni nelle entrate delle esportazioni e l’indurimento del blocco nordamericano e i suoi effetti extraterritoriali.
Come ha detto il nostro Ministro di Economia e Pianificazione nell’ultimo periodo di sessioni dell’Assemblea Nazionale, il costo per Cuba di questa arbitraria misura, calcolato con il metodo approvato internazionalmente, ha toccato l’anno scorso i 4321 milioni di dollari, cioè circa 12 milioni di danni al giorno, dato riferito dagli analisti che abitualmente calcolano il disimpegno dell’economia nazionale.
Indipendentemente dal blocco e dal suo indurimento, i cubani abbiamo enormi riserve da sfruttare senza tornare a incrementare il debito estero. Per questo è necessario prima di tutto ridurre tutte le spese non imprescindibili e risparmiare di più, incrementare e differenziare le esportazioni ed elevare l’efficienza del processo degli investimenti stranieri che, come s’incontra nei documenti rettori del Partito, non è un complemento ma un elemento fondamentale per lo sviluppo.
In questo stesso scenario, nell’Assemblea Nazionale, il 22 dicembre, il Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, il compagno Miguel Díaz-Canel Bermúdez, ha riassunto il bilancio dello stato dell’economia durante il 2018 e il piano per quest’anno ed ha risaltato che la battaglia economica continua ad essere l’impegno fondamentale e il più complesso, aggiungendo che questa e quella che si esige maggiormente oggi da tutti noi, perché è la maggiore speranza per il nostro popolo.
Con questo proposito ha precisato che è necessario un atteggiamento più producente, intelligente e concreto dei dirigenti fomentando – non impedendo né ritardando – soluzioni sicure e precise ai problemi con la ricerca continua e intensa di risposte agili ed efficienti. Ugualmente ha chiamato ad essere più coerenti con il Concetto del Modello Economico e Sociale e più sistematici e precisi nell’implementazione delle Linee della Politica Economica e Sociale del Partito e la Rivoluzione.
È opportuno dire che la direzione del Partito Comunista di Cuba sostiene decisamente le affermazioni e le azioni realizzate dal compagno Díaz-Canel alla guida dello Stato e del Governo da quando ha assunto l’incarico, includendo il suo sistema di lavoro basato nella visita ai territori e alle comunità; il vincolo con il collettivi e lo scambio diretto con la popolazione, la promozione della resa dei conti dei dirigenti attraverso i media della stampa e le reti sociali, così come il controllo sistematico dei principali programmi di sviluppo e il fomento di uno stile di direzione e conduzione collettiva degli organi statali e di governo.
Senza voler fare una valutazione frettolosa, posso affermare che il processo di trasferimento alle nuove generazioni delle principali responsabilità marcia bene, dirò di più, molto bene, senza inciampi nè soprassalti, e siamo sicuri che continueremo così.
Quei giovani che allora avemmo il privilegio di combattere sotto la guida di Fidel, più di 65 anni fa, dalla Moncada al Granma, l’Esercito Ribelle, la lotta clandestina, Girón, lo scontro alle bande contro rivoluzionarie, le missioni internazionaliste e, sino ad oggi , assieme all’eroico popolo cubano, ci sentiamo profondamente soddisfatti, felici e fiduciosi di vedere con i nostro occhi come le nuove generazioni assumono la missione di proseguire la costruzione del socialismo, unica garanzia dell’indipendenza e la sovranità nazionale.
Si compiono 60 anni dal Primo gennaio del 1959, e senza dubbio la Rivoluzione non è invecchiata, è sempre giovane e non è una frase retorica, è una conferma storica, dato che sin dai primi momento i suoi protagonisti furono i giovani ed è stato così lungo questi primi sei decenni.
Il processo rivoluzionario non è circoscritto alla vita biologica di coloro che l’hanno iniziato, ma alla volontà e all’impegno dei giovani che assicurano la sua continuità, e le nuove generazioni hanno il dovere di garantire che la Rivoluzione cubana sia per sempre una Rivoluzione di giovani e nello stesso tempo un Rivoluzione Socialista degli umili, per gli umili e con gli umili (applausi).
In questa data significativa non può mancare il giusto omaggio alla donna cubana, da Mariana ad oggi, sempre presente nelle nostre lotte per l’emancipazione della Patria e nella costruzione della società che oggi edifichiamo (applausi).
Compagne e compagni:
La Seconda Sessione Ordinaria dell’attuale legislatura dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare ha approvato la nuova Costituzione della Repubblica, che sarà sottoposta referendum il prossimo 24 febbraio.
Precedentemente per quasi tre mesi è stato realizzato un vasto processo di consultazione popolare nel quale i cittadini hanno espresso liberamene le loro opinioni sul contenuto del Progetto, apportando modifiche al 60% degli articoli con una chiara evidenza del carattere profondamente democrático della Rivoluzione, dove le principali decisioni che definiscono la vita della nazione si elaborano con l’apporto di tutti i cubani.
I nostri media stampa hanno offerto una dettagliata copertura al processo e questo mi libera dall’estendermi sul tema.
Tra pochi giorni si distribuirà un tabloide con il testo definitivo della nuova Costituzione.
Desidero solo aggiungere la sicurezza che ancora una volta i nostro nobile e agguerrito popolo saprà dimostrare il 24 febbraio nelle urne, il sostegno della maggioranza alla sua Rivoluzione e al Socialismo, ratificando la Costituzione nell’anno in cui commemoriamo il 150º anniversario della prima Carta Magna approvata a Guáimaro dagli iniziatori della guerra per l’indipendenza.
Dopo 60 anni di lotte, sacrifici, sforzi e vittorie, vediamo un paese libero, indipendente e padrone del suo destino.
Immaginando il domani, l’opera realizzata ci permette di vedere un avvenire degno e prospero per la Patria.
Grazie all’eroica storia di lotta dei cubani, in nome del nostro popolo, con totale ottimismo e fiducia nel futuro, posso esclamare «Viva per sempre la Rivoluzione cubana!»
Molte grazie.
Traduzione Gioia Minuti.
Discurso pronunciado por el General de Ejército Raúl Castro Ruz, Primer Secretario del Comité Central del Partido Comunista de Cuba, en el acto central en conmemoración del aniversario 60 del triunfo de la Revolución, en Santiago de Cuba, el 1ro. de enero de 2019, «Año 61 de la Revolución».
Santiagueras y Santiagueros;
Compatriotas de toda Cuba:
Nos reunimos hoy para celebrar el aniversario 60 del triunfo revolucionario del Primero de Enero, y lo hacemos nuevamente en Santiago de Cuba, cuna de la Revolución, aquí en el cementerio de Santa Ifigenia, donde se veneran los restos inmortales de muchos de los mejores hijos de la nación, muy cerca de las tumbas del Héroe Nacional, del Padre y la Madre de la Patria y del Comandante en Jefe de la Revolución Cubana.
No vengo a aquí a hablar a título personal, lo hago en nombre de los heroicos sacrificios de nuestro pueblo y de los miles de combatientes que ofrendaron su vida a lo largo de más de 150 años de lucha.
Parece increíble que el destino nos haya reservado el privilegio de poder dirigirnos a nuestros compatriotas un día como hoy, al conmemorar seis décadas del triunfo, ocasión en que, bajo el mando de Fidel, por primera vez el pueblo cubano alcanzó el poder político y los mambises sí pudieron entrar victoriosos a Santiago de Cuba, coincidentemente 60 años después de que se instaurara el dominio absoluto del imperialismo norteamericano sobre Cuba.
Hace pocos meses, en La Demajagua, nos reunimos para recordar el aniversario 150 del inicio de las guerras por la independencia de Cuba, el 10 de Octubre de 1868, fecha que marca el comienzo de nuestra Revolución, que sobrevivió momentos de amargura y desunión, como el Pacto del Zanjón, y episodios luminosos como el protagonizado por Antonio Maceo en la Protesta de Baraguá.
La Revolución revivió, en 1895, gracias al genio y la capacidad de Martí para aglutinar a los mejores y más experimentados jefes de la contienda de los 10 años y preparar la «guerra necesaria» contra el colonialismo español.
Cuando el ejército colonial estaba prácticamente derrotado, con escasa moral combativa, asediado por los mambises en casi toda la isla y mermado por las enfermedades tropicales, que, en 1897, por solo citar un ejemplo, provocaron 201 000 bajas entre sus efectivos; la victoria fue usurpada con la intervención norteamericana y la ocupación militar del país, lo que dio paso a un largo período de opresión y gobiernos corruptos y serviles a sus designios hegemónicos.
Ni siquiera en esas difíciles circunstancias se apagó la llama redentora del pueblo cubano, puesta de manifiesto en figuras de la talla de Baliño, Mella, Villena, Guiteras y Jesús Menéndez, entre muchos otros que no se resignaron a vivir en afrenta y oprobio sumidos.
Tampoco la Generación del Centenario, que bajo el liderazgo de Fidel asaltó los cuarteles Moncada y Carlos Manuel de Céspedes el 26 de Julio de 1953, estaba dispuesta a tolerar, a 100 años del natalicio de Martí, los crímenes y abusos de una tiranía sangrienta totalmente subordinada a los intereses de los Estados Unidos.
Sobrevinieron entonces momentos de profundo dolor y tristeza luego del revés y el vil asesinato de muchos de los combatientes revolucionarios participantes en esas acciones, denunciado virilmente por Fidel en su histórico alegato «La historia me absolverá», que se convirtió en el programa de la Revolución. A pocos metros de aquí yacen los restos de los caídos aquel 26 de julio y de otros mártires de la gesta insurreccional, incluidos también los valientes jóvenes santiagueros de la lucha clandestina y los hijos de esta ciudad que cayeron en las gloriosas misiones internacionalistas.
En los duros años de presidio y vejaciones no desfalleció el fervor y el compromiso de reiniciar la lucha, creció el prestigio y la autoridad del líder revolucionario para sumar nuevas fuerzas contra la dictadura.
El exilio en México no conoció el descanso; sirvió para preparar la próxima y decisiva etapa de batallar que nos trajo en el yate Granma a las Coloradas el 2 de diciembre de 1956. La demora en arribar a costas cubanas, debido a la azarosa navegación, no permitió la sincronización prevista con el Alzamiento de Santiago de Cuba, el 30 de noviembre, organizado por el audaz y valeroso joven dirigente del Movimiento 26 de Julio, Frank País García, quien todavía no había cumplido los 22 años, edad que tenía cuando fue brutalmente asesinado por los esbirros de la tiranía el 30 de julio de 1957.
Tampoco el desastre de Alegría de Pío, que casi aniquiló a los expedicionarios, pudo extinguir el optimismo y la fe de Fidel en la victoria, convicciones que lo llevaron a exclamar el 18 de diciembre cuando nos reencontramos, con apenas siete fusiles: ¡Ahora sí ganamos la guerra!
Desde Santiago de Cuba, como resultado de los infatigables esfuerzos del movimiento clandestino dirigido por Frank País, recibimos en la Sierra Maestra el primer refuerzo de jóvenes combatientes, armas y municiones, que significó un aporte crucial a la capacidad combativa del naciente Ejército Rebelde.
Prosiguieron meses de incesantes combates, primero en la Sierra Maestra y luego la lucha se extendió a otras regiones con la apertura de nuevos frentes y columnas, y con la derrota de la gran ofensiva de las tropas batistianas contra el Primer Frente dirigido por Fidel, que marcó el inicio de la contraofensiva estratégica y el viraje radical de la guerra que condujo a la derrota del régimen y la toma del poder revolucionario.
Ya el 8 de enero de 1959, a su llegada a La Habana, el Jefe de la Revolución expresaba, (cito): «La tiranía ha sido derrocada, la alegría es inmensa y sin embargo queda mucho por hacer todavía. No nos engañamos creyendo que en lo adelante todo será fácil, quizás en lo adelante todo sea más difícil». (Fin de la cita).
Las premonitorias palabras de Fidel no tardaron en hacerse realidad. Se iniciaba una etapa de luchas que estremeció los cimientos de la sociedad cubana. El 17 de mayo, a escasos cuatro meses y medio del triunfo, en la Comandancia de la Plata, en el corazón de la Sierra Maestra, se promulgó la primera Ley de Reforma Agraria en cumplimiento del Programa del Moncada, hecho que afectó a los poderosos intereses económicos de los monopolios norteamericanos y la burguesía criolla, que redoblaron las conspiraciones contra el proceso revolucionario.
La naciente Revolución se vio sometida a todo tipo de agresiones y amenazas, como el accionar de bandas armadas y financiadas por el Gobierno norteamericano, los planes de atentado contra Fidel y otros dirigentes, el asesinato de jóvenes alfabetizadores, muchos de ellos todavía adolescentes; el sabotaje y el terrorismo en todo el país con el terrible saldo de 3 478 muertos y 2 099 incapacitados; el bloqueo económico, comercial y financiero y otras acciones políticas y diplomáticas con el fin de aislarnos; las campañas de mentiras para denigrar a la Revolución y a sus líderes; la invasión mercenaria por Playa Girón en abril de 1961; la Crisis de Octubre en 1962 cuando en Estados Unidos se preparaba la invasión militar a Cuba y una interminable lista de hechos hostiles contra nuestra patria.
Nadie puede negar que la Revolución que nacía aquel Primero de Enero no ha tenido, a lo largo de 60 años, un minuto de sosiego, ya vamos por 12 administraciones norteamericanas que no han cejado en el empeño de forzar un cambio de régimen en Cuba utilizando una u otra vía, con mayor o menor agresividad.
El pueblo heroico de ayer y de hoy, orgulloso de su historia y cultura nacionales, comprometido con los ideales y la obra de la Revolución, que suma ya cuatro generaciones de cubanos, ha sabido resistir y vencer en las seis décadas de ininterrumpido bregar en defensa del socialismo, siempre basado en la más estrecha unidad en torno al Partido y a Fidel.
Únicamente así se puede comprender la hazaña de haber resistido los crudos años de período especial, cuando nos quedamos solos en medio de Occidente, a 90 millas de Estados Unidos. Entonces, nadie en el mundo habría apostado un centavo por la supervivencia de la Revolución; sin embargo, sí se pudo soportar y vencer el reto sin violar ni uno solo de los principios éticos y humanistas del proceso revolucionario y merecer el inestimable apoyo de los movimientos de solidaridad que nunca dejaron de creer en Cuba.
Ahora nuevamente el Gobierno norteamericano parece tomar el rumbo de la confrontación con Cuba y de presentar a nuestro país, pacífico y solidario, como una amenaza para la región. Apela a la tenebrosa Doctrina Monroe para intentar retrotraer la historia a la época vergonzosa en que gobiernos sometidos y dictaduras militares se sumaron al aislamiento de Cuba.
De manera creciente altos funcionarios de la actual administración, con la complicidad de algunos lacayos, difunden nuevas falsedades y otra vez pretenden culpar a Cuba de todos los males de la región, como si estos no fueran consecuencia de despiadadas políticas neoliberales que provocan la pobreza, el hambre, la desigualdad, el crimen organizado, el narcotráfico, la corrupción política, el abuso y la privación de derechos a los trabajadores, los desplazados, el desalojo de campesinos, la represión de los estudiantes y precarias condiciones de salud, educación y vivienda para las grandes mayorías.
Son los mismos que declaran la intención de continuar forzando el deterioro de las relaciones bilaterales y promueven nuevas medidas de bloqueo económico, comercial y financiero para restringir el desempeño de la economía nacional, provocar limitaciones adicionales en el consumo y bienestar del pueblo, obstaculizar aún más el comercio exterior y frenar el flujo de la inversión extranjera. Dicen estar dispuestos a desafiar el Derecho Internacional, contravenir las reglas del comercio y las relaciones económicas internacionales y aplicar más agresivamente medidas y leyes de carácter extraterritorial contra la soberanía de otros Estados.
Reitero nuestra disposición a convivir civilizadamente, pese a las diferencias, en una relación de paz, respeto y beneficio mutuo con los Estados Unidos. También hemos señalado con toda claridad que los cubanos estamos preparados para resistir un escenario de confrontación, que no deseamos, y esperamos que las mentes más equilibradas en el Gobierno norteamericano lo puedan evitar.
Otra vez se acusa a Cuba, cuando está demostrado que la deuda externa, los flujos migratorios descontrolados, el saqueo de recursos naturales son resultado de la dominación de las trasnacionales en el continente.
La fuerza de la verdad ha desbaratado las mentiras y la historia ha colocado los hechos y los protagonistas en su lugar.
Se podrá atribuir a la Revolución Cubana y a la epopeya escrita por este heroico pueblo solo la responsabilidad que emana de su ejemplo como símbolo de plena independencia, resistencia victoriosa, justicia social, altruismo e internacionalismo.
Como parte de Nuestra América, ha sido y será invariable nuestro respeto y solidaridad con las naciones hermanas, en las que han laborado más de 347 700 médicos y trabajadores de la salud cubanos, muchos de ellos en lugares recónditos y difíciles, y se han formado más de 27 200 jóvenes como profesionales. Ello demuestra confianza en Cuba.
Hace pocas semanas retornaron dignamente, con el reconocimiento y el cariño de millones de pacientes, sobre todo de zonas rurales y poblaciones indígenas, miles de médicos cubanos que prestaron servicios en Brasil, a quienes el nuevo Presidente calumnió y repudió en el propósito de destruir ese programa social y con ello cumplir las orientaciones de la ultraderecha en la Florida, que ha secuestrado la política de los Estados Unidos hacia Cuba para beneplácito de las fuerzas más reaccionarias del actual Gobierno norteamericano.
A 60 años del triunfo podemos afirmar que estamos curados de espanto, no nos intimidan el lenguaje de fuerza ni las amenazas, no nos intimidaron cuando el proceso revolucionario no estaba consolidado, no lo lograrán ni remotamente ahora que la unidad del pueblo es una indestructible realidad, pues si ayer éramos unos pocos, hoy somos todo un pueblo defendiendo su Revolución (Aplausos).
El pasado 26 de julio, aquí en Santiago, expliqué que se había conformado un escenario adverso y nuevamente resurgía la euforia en los enemigos y el apuro por materializar los sueños de destruir el ejemplo de Cuba. Igualmente señalé la convicción de que se estrechaba el cerco imperial en torno a Venezuela, Nicaragua y nuestro país. Los hechos han confirmado esa apreciación.
Luego de casi una década de poner en práctica los métodos de guerra no convencional para impedir la continuidad o frenar el regreso de gobiernos progresistas, los círculos del poder en Washington patrocinaron golpes de Estado, primero uno militar para derrocar en Honduras al presidente Zelaya y más adelante acudieron a los golpes parlamentario-judiciales contra Lugo en Paraguay y Dilma Rousseff en Brasil.
Promovieron procesos judiciales amañados y motivados políticamente, así como campañas de manipulación y descrédito contra dirigentes y organizaciones de izquierda, haciendo uso del control monopólico sobre los medios de difusión masiva.
De esta forma lograron encarcelar al compañero Lula da Silva y lo privaron del derecho a ser el candidato presidencial del Partido de los Trabajadores para evitar su segura victoria en las pasadas elecciones. Aprovecho la ocasión para hacer un llamamiento a todas las fuerzas políticas honestas del planeta en reclamo de su liberación y que cesen los ataques y la persecución judicial contra las expresidentas Dilma Rousseff y Cristina Fernández de Kirchner.
Quienes se ilusionan con la restauración del dominio imperialista en nuestra región deberían comprender que América Latina y el Caribe han cambiado y el mundo también.
Por nuestra parte seguiremos contribuyendo activamente a los procesos de consenso e integración en la región, basados en el concepto de la unidad en la diversidad.
Hemos contribuido con el proceso de paz en Colombia, por solicitud expresa de su Gobierno, las Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia y el Ejército de Liberación Nacional, y lo seguiremos haciendo, por encima de riesgos, agravios y dificultades.
La autoridad política y moral de Cuba está cimentada en la historia, la conducta y el respaldo unido, consciente y organizado del pueblo.
Por ello ninguna amenaza nos hará desistir de nuestra solidaridad con la República Bolivariana de Venezuela.
Deben cesar las acciones agresivas contra esta hermana nación. Como hemos advertido tiempo atrás, la reiterada declaración de Venezuela como una amenaza a la seguridad nacional de los Estados Unidos, los abiertos llamados al golpe militar contra su Gobierno constitucional, los ejercicios de entrenamientos militares desarrollados en las proximidades de las fronteras venezolanas, así como las tensiones e incidentes en la zona solo pueden conducir a una grave inestabilidad y a consecuencias impredecibles.
La región se asemeja a una gran pradera en tiempos de sequía. Una chispa pudiera generar un incontrolable incendio que dañaría los intereses nacionales de todos.
Es igualmente peligroso e inaceptable que el Gobierno de los Estados Unidos sancione unilateralmente y proclame también a la República de Nicaragua como una amenaza a su seguridad nacional. Rechazamos los intentos de la desprestigiada oea, Organización de los Estados Americanos, para inmiscuirse en los asuntos de esta hermana nación.
Frente a la Doctrina Monroe, habrá que aplicar y defender, por el bien de todos, los principios de la Proclama de América Latina y el Caribe como Zona de Paz, firmada en La Habana por los Jefes de Estado y Gobierno, que ahora algunos aliados de los Estados Unidos pretenden ignorar.
La mayor enseñanza que los revolucionarios y movimientos progresistas podemos extraer de la situación que se ha configurado es la de no descuidar jamás la unidad con el pueblo y no cejar en la lucha en defensa de los intereses de los oprimidos, por difíciles que sean las circunstancias.
Para nosotros, en la compleja coyuntura internacional, preservan total vigencia las palabras del líder histórico de la Revolución Cubana al presentar su informe central al Primer Congreso del Partido, en 1975, cuando expresó: «Mientras exista el imperialismo, el Partido, el Estado y el pueblo, les prestarán a los servicios de la defensa la máxima atención. La guardia revolucionaria no se descuidará jamás. La historia enseña con demasiada elocuencia que los que olvidan este principio no sobreviven al error». (Fin de la cita).
En correspondencia con ello, continuaremos priorizando las tareas de preparación para la defensa, en todos los niveles, en interés de salvaguardar la independencia, la integridad territorial, la soberanía y la paz, partiendo de la concepción estratégica de la Guerra de Todo el Pueblo, como se recoge en la recién aprobada Constitución de la República.
Es nuestro deber prepararnos meticulosamente con anticipación para todos los escenarios, incluyendo los peores, no solo en el plano militar, de modo que no dejemos espacio al desconcierto y la improvisación que florece en los de escasa voluntad a la hora de actuar, sino que con el optimismo y la confianza en la victoria que nos legó Fidel y en estrecho vínculo con el pueblo sepamos encontrar la mejor solución a cualquier desafío que se presente.
Precisamente un reto que enfrentaremos en el año que hoy comienza, es la situación de la economía, agobiada por las tensiones en las finanzas externas a causa de las afectaciones en los ingresos de las exportaciones y el recrudecimiento del bloqueo norteamericano y sus efectos extraterritoriales.
Como expresó nuestro Ministro de Economía y Planificación en el último período de sesiones de la Asamblea Nacional, el costo para Cuba de esta arbitraria medida, calculado según la metodología aprobada internacionalmente, ascendió el pasado año a 4 321 millones de dólares, lo que equivale a casi 12 millones de daños cada día, dato que pasan por alto los analistas que suelen cuestionar el desempeño de la economía nacional.
Con independencia del bloqueo y su reforzamiento, los cubanos tenemos enormes reservas internas que explotar sin volver a incrementar el endeudamiento externo. Para ello se requiere, en primer lugar, reducir todo gasto no imprescindible y ahorrar más, incrementar y diversificar las exportaciones, elevar la eficiencia del proceso inversionista y potenciar la participación de la inversión extranjera, la cual, como se recoge en los documentos rectores del Partido, no es un complemento, sino un elemento fundamental para el desarrollo.
En ese mismo escenario, en la Asamblea Nacional, el 22 de diciembre, el Presidente de los Consejos de Estado y de Ministros, compañero Miguel Díaz-Canel Bermúdez, pasó balance al estado de la economía durante el 2018 y el plan para el presente año, donde resaltó que la batalla económica sigue siendo la tarea fundamental y la más compleja, y agregaba, es esa la que más exige hoy de todos nosotros, porque es de la que más espera nuestro pueblo.
Con este propósito precisó, que se requiere una actitud más proactiva, inteligente y concreta de los dirigentes impulsando –no trabando ni demorando– soluciones seguras y particulares a los problemas, con la búsqueda continua e intensa de respuestas ágiles y eficientes. Al propio tiempo llamó a ser más coherentes con la Conceptualización del Modelo Económico y Social y más sistemáticos y precisos en la implementación de los Lineamientos de la Política Económica y Social del Partido y la Revolución.
Es oportuno expresar que la dirección del Partido Comunista de Cuba respalda decididamente los pronunciamientos y las acciones acometidas por el compañero Díaz-Canel al frente del Estado y del Gobierno desde que asumió el cargo, incluyendo su sistema de trabajo, basado en la visita a los territorios y comunidades; el vínculo con los colectivos y el intercambio directo con el pueblo, la promoción de la rendición de cuentas de los dirigentes mediante los medios de prensa y las redes sociales, así como el control sistemático de los principales programas de desarrollo y el fomento de un estilo de dirección y conducción colectiva de los órganos estatales y gubernamentales.
Sin el ánimo de hacer una valoración apresurada, puedo afirmar que el proceso de transferencia a las nuevas generaciones de las principales responsabilidades marcha bien, digo más, muy bien, sin tropiezos ni sobresaltos, y estamos seguros de que así continuaremos (Aplausos).
Aquellos jóvenes que tuvimos entonces el privilegio de combatir bajo el mando de Fidel, hace más de 65 años, desde el Moncada, el Granma, el Ejército Rebelde, la lucha clandestina, Girón, el enfrentamiento a las bandas contrarrevolucionarias, las misiones internacionalistas y hasta el presente, junto al heroico pueblo cubano nos sentimos profundamente satisfechos, felices y confiados al ver, con nuestros propios ojos, cómo las nuevas generaciones
asumen la misión de proseguir la construcción del socialismo, única garantía de la independencia y la soberanía nacional.
Se cumplen 60 años del Primero de Enero de 1959, sin embargo la Revolución no ha envejecido, sigue siendo joven y no es una frase retórica, es una confirmación histórica, ya que desde los primeros momentos sus protagonistas fueron los jóvenes y así ha sido a lo largo de estas primeras seis décadas.
El proceso revolucionario no está circunscripto a la vida biológica de quienes lo iniciaron, sino a la voluntad y el compromiso de los jóvenes que aseguran su continuidad. Las nuevas generaciones tienen el deber de garantizar que la Revolución Cubana sea por siempre una Revolución de jóvenes, y al mismo tiempo, una Revolución Socialista de los humildes, por los humildes y para los humildes (Aplausos).
En esta significativa fecha no puede faltar el justo homenaje a la mujer cubana, desde Mariana hasta hoy, siempre presente en nuestras luchas por la emancipación de la patria y en la construcción de la sociedad que hoy edificamos (Aplausos).
Compañeras y compañeros:
La Segunda Sesión Ordinaria de la actual legislatura de la Asamblea Nacional del Poder Popular aprobó la nueva Constitución de la República, la cual será sometida a referendo el próximo 24 de febrero.
Previamente, por espacio de casi tres meses, se desarrolló un amplio proceso de consulta popular, en el que los ciudadanos expresaron libremente sus opiniones sobre el contenido del Proyecto, conllevando a la modificación del 60 % de los artículos, en clara evidencia del carácter profundamente democrático de la Revolución, donde las principales decisiones que definen la vida de la nación se elaboran con el aporte de todos los cubanos. Nuestros medios de prensa brindaron una detallada cobertura durante el proceso, lo que me libera de extenderme sobre el tema. En pocos días comenzará a distribuirse en un tabloide el texto definitivo de la nueva Constitución.
Solo deseo añadir la seguridad de que una vez más nuestro noble y aguerrido pueblo demostrará el 24 de febrero en las urnas el respaldo mayoritario a su Revolución y el Socialismo, ratificando la Constitución en el año en que conmemoraremos el aniversario 150 de la primera Carta Magna de Cuba, aprobada en Guáimaro por los iniciadores de la guerra por la independencia.
Tras 60 años de luchas, sacrificios, esfuerzos y victorias, vemos un país libre, independiente y dueño de su destino. Al imaginar el mañana, la obra realizada nos permite vislumbrar un porvenir digno y próspero para la Patria.
Teniendo en cuenta la heroica historia de lucha de los cubanos, en nombre de nuestro pueblo, con total optimismo y confianza en el futuro, puedo exclamar:
¡Viva por siempre la Revolución Cubana!
Muchas gracias.
Raul Castro: “La Rivoluzione continua ad essere giovane”
Il Generale dell’Esercito Raul Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito, ha detto a Santiago di Cuba, il 1º gennaio 2019, che la Rivoluzione continua ad essere giovane, pronunciando le parole centrali dell’Atto Commemorativo del 60º Anniversario del Trionfo della Rivoluzione Cubana.
Il leader cubano ha ricordato che la Rivoluzione Cubana diretta da Fidel è stata la continuità delle lotte per l’Indipendenza iniziate da Carlos Manuel de Cespedes nel 1868 e che ha avuto l’Eroe Nazionale Josè Martì come figura principale.
“Non vengo qui a parlare a titolo personale, lo faccio a nome degli eroici sacrifici del nostro popolo, e delle migliaia di combattenti che hanno dato la vita nei più di 160 anni di lotta. I mambises sì, sono potuti entrare vittoriosi a Santiago di Cuba”.
Ha ricordato i giorni gloriosi in cui un gruppo di giovani ha deciso di cambiare il cammino della Repubblica di Cuba ed iniziare improvvisamente una Rivoluzione che potesse dare, una volta per tutte, il potere politico al popolo ed ha ricordato “La Historia me Absolverá” come il documento programmatico del processo politico e sociale che cominciò sei decadi fa. Ha ricordato in maniera speciale Frank Pais Garcia, il giovane di Santiago, che come molti, ha dato la vita per la Cuba che abbiamo oggi.
Raul ha ricordato che il Capo della Rivoluzione Cubana aveva espresso nei giorni del Trionfo: “la tirannia è stata sconfitta, ma nonostante tutto rimane ancora molto da fare”. Dallo stesso 1ºgennaio, ha rimembrato, la Rivoluzione ha affrontato molte sfide, come “l’assassinio dei giovani che alfabetizzavano, il sabotaggio ed il terrorismo in tutto il paese, il bloqueo economico, commerciale e finanziario, ed altre azioni politiche e diplomatiche con lo scopo di isolarci”.
“Il popolo eroico di ieri e che oggi è orgoglioso della sua storia, impegnato nei suoi ideali e nell’opera della Rivoluzione, ha saputo resistere e vincere nelle sei decadi ininterrotte, difendendo il socialismo.”
Riferendosi alle relazioni con gli Stati Uniti, il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito, ha segnalato che oggi vivono un momento difficile ed ha denunciato che l’amministrazione statunitense persiste nella sua aggressione attraverso i metodi più diversi.
“Noi cubani siamo preparati per resistere ad uno scenario di confronto che non desideriamo”, ha proclamato Raul.
Raul ha detto che “il processo di transizione delle principali responsabilità alle nuove generazioni va bene, molto bene”, ed ha considerato molto positivo lo stile di lavoro e la direzione del Presidente Miguel Diaz-Canel Bermudez, i suoi contatti frequenti col popolo, il suo lavoro collettivo, la sua orientazione ai ministri di mantenere una costante comunicazione col popolo attraverso i mezzi di comunicazione e le reti sociali. Ha detto che la Rivoluzione può sentirsi sicura della sua continuità.
“Ci sentiamo profondamente soddisfatti, felici e fiduciosi, vedendo coi nostri propri occhi, come le nuove generazioni assumono la missione di costruire il socialismo, unica via per l’indipendenza.”
Ha detto, con orgoglio, la guida attuale del processo rivoluzionario, che dopo 60 anni di lotta, sacrificio e vittoria, “viviamo in un paese libero, sovrano e giusto. A nome del nostro popolo e con totale ottimismo posso dire oggi: Viva per sempre la Rivoluzione Cubana”.
da Cubadebate traduzione di Ida Garberi