Petrolio, ciò che muove il golpe in Venezuela

Mision Verdad,  http://aurorasito.altervista.org

La missione di Juan Guaidó come “presidente ad interim del Venezuela”, nell’assunzione per ristabilire l’ordine democratico e combattere la crisi umanitaria, non ci metteva molto a dimostrare le vere ragioni per cui gli attori internazionali si attivavano, in relazione al petrolio, si nota con prudenza.

Secondo una nota pubblicata dall’agenzia di rating S&P Global Platts, tra i piani immediati del “governo di transizione” recentemente proclamato appare il rinnovo del consiglio di amministrazione di Citgo Petroleum Corporation, filiale di PDVSA con capacità operativa di 750mila barili al giorno, equivalente al 4% del totale raffinato negli Stati Uniti. Ciò è in linea coll’intenzione di utilizzare le risorse internazionalmente bloccate al Venezuela, per presunte accuse di corruzione, secondo una legge presentata all’Assemblea Nazionale decaduta.

Allo stesso modo, il direttore del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Bolton, affermava che il suo Paese ritiene che i fondi e beni bloccati del Venezuela dovrebbero “essere amministrati da Juan Guaidó presidente ad interim del Paese”. Oltre a ciò, aggiunge S&P Global Platts, Guaidó prevede la creazione di “una nuova legge nazionale sugli idrocarburi che stabilisca condizioni fiscali e contrattuali flessibili per i progetti adattati ai prezzi del petrolio e al ciclo di investimento del petrolio”. In questa linea, secondo fonti vicine a Guaidó, il “governo parallelo” progetta di creare una nuova agenzia di idrocarburi “per offrire appalti sul gas naturale e progetti convenzionali su greggio pesante ed extra-pesante”, per creare accordi vantaggiosi per le transnazionali dell’energia degli Stati Uniti.

Questa è la sostanza del “governo parallelo” (o transizione) di Guaidó; chiaramente incentrato sul boicottaggio delle finanze dello Stato venezuelano per stabilire un nuovo regime di sfruttamento del petrolio, che garantisca il greggio venezuelano alle corporazioni statunitensi che oggi vi competono.

Basta un esempio parlando del caso di ExxonMobil, espulso dal governo di Hugo Chávez per non aver accettato il nuovo regime di sfruttamento degli idrocarburi riconosciuto nella costituzione bolivariana. Una volta espulso, tale corporazione spinse la Guyana a sfruttare le risorse energetiche situate nel Essequibo venezuelano, oggi in disputa con la Guyana. Se tale intenzione ha successo e le risorse possono essere estratte, ExxonMobil diventerebbe uno dei principali esportatori di petrolio in America Latina, secondo gli analisti di Wood Mackenzi. Questa è la dimensione degli interessi in Venezuela, come appariva nei giorni scorsi quando esortava Washington a fare pressioni sul gruppo di Lima per includere il rifiuto del fermo da parte della Marina Militare Bolivariana di una nave della corporazione nelle acque venezuelane. Ciò è strettamente correlato al fatto che gli Stati Uniti mirano a regolare il mercato globale dell’energia, secondo la strategia 2018-2022 dell’Agenzia per lo sviluppo internazionale del dipartimento di Stato. Ciò si traduce in politiche d’intervento che alterano principalmente i mercati petroliferi, sottoponendo gli attori che vi partecipano a misure selettive di pressione come sanzioni energetiche, aggressioni finanziarie di vario tipo e tentativi di cambiare il regime come quello che il Venezuela registra oggi. L’obiettivo è mantenere gli Stati Uniti in posizione privilegiata nell’economia globale, consentendogli di regolare il mercato dell’energia colpendo le economie delle potenze rivali: Cina e Russia. Il Venezuela, alleato fondamentale di questi Paesi, ha configurato una politica energetica basata sulla cooperazione mista, con la predominanza della statale PDVSA negli accordi per l’estrazione di risorse petrolifere con società statali, private e straniere, mantenendo il controllo sovrano del territorio e le sue fonti di energia.

Per questo motivo, si spiega che tra le prime misure di Guaidó, nel tentativo di usurpare le funzioni presidenziali, vi sia vendere le risorse petrolifere venezuelane alle stesse corporazioni che, senza interferenze, non vogliono negoziare a parità di condizioni con lo Stato venezuelano.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

 

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