Un condominio di Roma parla al Venezuela

di Geraldina Colotti

Il campanello suona. L’anziana pensionata apre con circospezione alla ragazza educata che le presenta un tesserino e dice: “Signora, devo controllare il contatore. Lei che gestore ha”? L’anziana si confonde: per lei l’acqua è sempre stata gestita dalla stessa impresa statale, questo è un condominio popolare di Roma: “Non saprei, se ne occupa mio figlio”, dice e comincia a guardarsi intorno preoccupata.


Dall’appartamento di fronte esce un ragazzo che ha perso il lavoro di commesso in un supermercato, si ferma sul pianerottolo. In quel momento suona la postina. Dietro di lei c’è un giovane africano che viene a portare volantini pubblicitari. Dietro ancora, un corriere sudato che porta un pacco di libri a quella che abita di fronte alla signora anziana: deve fare una montagna di consegna in poche ore, la paga è bassa e spesso non c’è l’ascensore. Così, capita che i libri si perdano, e non arrivino mai a destinazione…

Escono altri condomini: una badante ucraina, un quarantenne con disturbi mentali, uno psicologo che lavora per una cooperativa, qualcun altro che vive di espedienti e che ogni tanto finisce in galera. Si sviluppa una discussione che ha al centro la ragazzina: una delle tante giovani che trovano un lavoro precario e sottopagato per vendere i servizi alle imprese private che si contendono il mercato. Perché la pensionata è indubbiamente molto anziana, ma anche per gli altri è difficile sapersi districare tra le numerose imprese private che si contendono i favori degli utenti.

Di fatto, la giovanissima con il tesserino è stata formata per “truffare” proprio gli inesperti o gli ingenui come la signora anziana, cercando di farle cambiare il contratto, senza oltretutto dirle che questo poi comporterà un costo aggiuntivo sulla bolletta già salata, soprattutto d’inverno. Quando queste truffe si scoprono, a volte le persone diventano aggressive.

Quel condominio è un piccolo spaccato della società italiana e della guerra fra poveri seguita alla privatizzazione dei servizi pubblici. Come fanno tutte quelle figure precarie, per di più provenienti da diversi paesi, a riconoscersi in uno stesso obiettivo?Come fanno a riconoscere il nemico comune?

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica e il crollo dei valori che avevano sostenuto la lotta dei popoli contro l’imperialismo nei singoli paesi, il capitalismo ha imposto una sorta di giungla del “tutti contro tutti” in cui a pagare sono sempre gli stessi, e a prosperare un manipolo sempre più ristretto, che concentra nelle proprie mani la ricchezza che quei lavoratori producono.

Questa è la ricetta che si vorrebbe imporre nuovamente al Venezuela bolivariano, che ha orgogliosamente deciso di mandare al macero quelle politiche modello FMI che avevano portato alla rivolta del Caracazo, la rivolta spontanea contro il neoliberismo, repressa con almeno 2000 morti il 27 febbraio del 1989.

In Venezuela, la privatizzazione delle risorse porterebbe nelle tasche di Trump e dei suoi tirapiedi anche un altro bel po’ di miliardi con la privatizzazione dei servizi, che ora sono praticamente gratuiti. Porterebbe alla svendita del marchio Telesur, dell’informazione pubblica, e alla disgregazione di quel blocco sociale anticapitalista che è riuscito a unificare in uno stesso obiettivo figure prima emarginate nel lavoro informale, in quello servile e in quelle forme di lavoro schiavo: forme di sfruttamento sempre più presenti anche nella “civilissima” Europa che sostiene il colpo di stato in Venezuela.

In questa fase di aggressione proterva e diretta al Venezuela bolivariano, si possono e si devono evidenziare i tanti elementi che ne fanno una trincea fondamentale da difendere: anche sul piano del diritto internazionale. Oggi si vede chiaramente quanto l’imperialismo si burli della legalità che decanta per imporre il proprio sistema di sfruttamento alle classi popolari. E su questo si deve dare battaglia, sostenendo l’azione diplomatica che il Venezuela sta attuando con grande valore per difendere il suo progetto di pace con giustizia sociale. Si deve dare battaglia sul piano dell’informazione, opponendo alle menzogne mediatiche la verità dei fatti che si vuole occultare. Ma va soprattutto rafforzata la consapevolezza di quel che è oggi in gioco: una partita di portata globale contro il sistema capitalista. “Negli Stati Uniti non trionferà mai il socialismo”, ha detto Trump guardando dall’alto in basso il vecchio riformista Bernie Sanders con la sua debole opposizione.

Con il Venezuela stanno cadendo tutte le maschere, compresa quella delle ex sinistre, che si sono affannate a nascondere l’asimmetria inconciliabile degli interessi di classe. “Le Misiones del socialismo bolivariano – ha detto Nicolas Maduro – sono il più grande aiuto umanitario che possa esistere. Non abbiamo bisogno dell’elemosina avvelenata che ci vuole imporre l’imperialismo”.

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