Dati che smentiscono la “crisi umanitaria” in Venezuela

Mision Verdad – http://aurorasito.altervista.org

L’annuncio dell’ingresso di “aiuti umanitari” dagli Stati Uniti da Colombia e Brasile, valutati 20 milioni di dollari, risibili in contrasto col danno causato dall’assedio finanziario, pari a 30 miliardi di dollari, non riescono ad egemonizzare l’opinione pubblica, soprattutto a causa delle minacce d’intervento militare colate furtivamente dalla Casa Bianca, ma anche perché i dati reali sulla situazione politica ed economica venezuelana non sono in sintonia con quelli delle nazioni che soffrono di profondi scempi sociali.

La crisi umanitaria è una categoria di diritto umanitario internazionale, che fa riferimento a disastri naturali e conflitti ad alta densità fornendo aiuti transnazionali da governi e organizzazioni internazionali, argomento per intervenire nelle decisioni che riguardano gli Stati, violandone la sovranità. Haiti, Somalia e Sud Sudan sono i precedenti del Venezuela, attuale obiettivo delle crociate umanitarie. L’Organizzazione delle Nazioni Unite definisce che, per esistere un’emergenza di questa natura, violenze, fame e malattie devono colpire milioni di persone senza che lo Stato possa esercitarvi un controllo efficace. Yemen, Libia, Iraq, Siria, Repubblica Democratica del Congo, Ucraina, sono alcuni Paesi che l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) considerava i più critici nel 2018 perché immersi in crisi sociali complesse e prolungate. Le guerre che le colpiscono aumentano crisi alimentari, epidemie, profughi interni e migrazioni forzate. In questo senso, le caratteristiche specifiche si ripetono in queste regioni di Africa, Asia ed Europa orientale, mentre in Venezuela non accadono o sono assai meno intense.

Insicurezza alimentare indotta e controffensiva di CLAP

 

Dal 2016, la storia della “crisi umanitaria” cominciò a essere spacciata dall’Assemblea nazionale, tribuna dell’opposizione e nell’Organizzazione degli Stati americani (OAS) con Luis Almagro a capo dell’operazione, anticipando che gli effetti del decreto Obama e la sua ratifica da parte del presidente Donald Trump avrebbero afflitto la vita quotidiana della popolazione. Il deterioramento delle condizioni economiche nella popolazione venezuelana a seguito delle violente aggressioni economiche, che hanno anche incoraggiato la proliferazione dell’economia parallela e della speculazione, è innegabile, ma non c’è ancora alcun punto di confronto coi veri crolli strutturali nelle regioni asiatiche e africane. Gli ultimi rapporti della FAO stimano che tra il 2016 e il 2018 si registrava un aumento dell’11% della denutrizione, insufficiente a aggiungere e emergenze alimentari subite dai Paesi subsahariani, dove la percentuale di persone denutrite è pari al 30% del totale popolazione Il boicottaggio premeditato dell’industria privata per fare pressione economica, insieme all’attacco alla moneta da parte delle mafie dei cambio, peggiorava l’accesso del cittadino comune ai prodotti essenziali del paniere di base. Allo stesso tempo, le sanzioni finanziarie applicate alla Banca Centrale del Venezuela e alla PDVSA, limitavano la capacità del governo venezuelano di manovrare per rispondere alla precarizzazione del cibo. Ma la politica di distribuzione del cibo a prezzi agevolati, che lo Stato venezuelano articola attraverso il CLAP, ha in gran parte contenuto gli effetti di tali aggressioni dirette alla popolazione. L’attacco e il discredito internazionale a una struttura che attualmente garantisce cibo di base a più di 6 milioni di famiglie, riafferma le intenzioni di strumentalizzare la storia della carestia come elemento della presunta “crisi umanitaria” in Venezuela, destinata a giustificare un intervento. Non dimentichiamo che l’anno scorso il governo della Colombia, sotto la tutela del dipartimento di Stato degli Stati Uniti, impediva l’ingresso di oltre 25000 scatole di cibo CLAP, mentre le banche internazionali ostacolavano il pagamento di altri 18 milioni, forzando il Paese a triangolare coi paesi alleati per evitare il blocco.

Conseguenze delle aggressioni finanziarie nella sanità pubblica

 

Più critico fu il sabotaggio nell’acquisizione di forniture mediche per spezzare i servizi di emergenza ospedaliera. Le condizioni deteriorate dei centri di benessere, hanno anche come principale innesco l’ordine esecutivo firmato da Donald Trump nell’agosto del 2017. Ai fenomeni nazionali dell’accaparramento della medicine, all’aumento dei prezzi e del contrabbando che distraggono risorse, si aggiungono gli impedimenti internazionali per importare medicamenti, come il rifiuto di Citibank di ricevere il pagamento per l’acquisto di 300mila dosi di insulina, l’ostruzione in Colombia di una spedizione con farmaci anti-malaria dopo la ripresa di tale malattia che era stata sradicata, o il recente blocco da parte della Spagna di una spedizione via compagnia aerea Iberia di 200mila unità di medicinali per malattie croniche, acquistate in Qatar. Ora, la controffensiva venezuelana compensa nuovamente le gravi conseguenze di tali attacchi molteplici. L’attivazione del piano vaccinale nazionale gratuito del 2018, col supporto dell’Organizzazione mondiale della sanità e dei rappresentanti dei medici cubani, ne è un esempio. Nei mesi di aprile e maggio fu sviluppato un processo di vaccinazione con oltre 11 milioni di dosi, per un totale di 9 milioni di beneficiari. Tra le malattie incluse, c’erano difterite, tubercolosi, malaria, epatite B, poliomielite, morbillo e tetano. L’arrivo della nave ospedale cinese “Ark of Peace” nel settembre 2018, è un altro elemento da valutare quando il governo viene accusato della situazione ospedaliera. Questa nave arrivava nei porti venezuelani con 120 medici, 8 sale operatorie, 300 posti letto ospedalieri e circa 2666 dispositivi medici per fornire assistenza specializzata. L’attività era coordinata tra Cina e Venezuela. A differenza degli Stati che hanno perso la capacità di esercitare il controllo sul territori e in caso di guerra o disastri naturali non possono gestire le soluzioni alle crisi sanitarie che ne derivano, il Venezuela poté stabilire partnership con Paesi e agenzie organizzazioni internazionali per mitigare i danni alla salute della popolazione.

Dislocamenti interni e rifugiati: cifre verificabili

 

Una caratteristica elementare dei Paesi con crisi umanitarie è l’espulsione forzata interna e verso altri Paesi, per proteggersi dagli scontri violenti. Nel rapporto annuale del 2018, l’UNHCR specificava che i due terzi dei 68 milioni di sfollati per guerre e conflitti provengono da cinque Paesi: Siria, Afghanistan, Sud Sudan, Myanmar e Somalia. D’altra parte, la Colombia ha 7,7 milioni di vittime del conflitto profughe nel territorio nazionale, essendo il Paese latinoamericano coi maggiori sfollati interni. D’altra parte, in Venezuela non si registrano spostamenti forzati nel Paese, ma l’uso decontestualizzato di dati su migrazioni e rifugiati da parte dei media internazionali è ampiamente documentato, rivendicando l’attenzione a una crisi migratoria, sebbene non corrispondenti a profughi causati da scontri bellici. I dati pubblicati da diverse iniziative per caratterizzare l’”esodo venezuelano” come un problema che minaccia la sicurezza internazionale, variano di numero e confondono migranti e rifugiati. La verità è che le ragioni della migrazione venezuelana sono fondamentalmente economiche (esacerbate dalle campagne dei media) e salirono alle stelle nel 2017, quando il blocco finanziario contro il Paese si intensificò. Attualmente 12750 persone emigrate per migliorare lo status economico sono tornate col Piano Ritorno in Patria, un programma implementato per rimpatriare le vittime venezuelane di sfruttamento del lavoro, xenofobia e tratta di persone.

Attori e elementi che smentiscono la “crisi umanitaria”

 

Lo Stato venezuelano mantiene l’articolazione con attori statali e non statali per proteggere i programmi sociali, a condizione che il sostegno non sia condizionato. Nella riunione tenutasi con FAO ed UNICEF a metà gennaio, nel quadro dell’invito della presidenza a cui parteciparono le Nazioni Unite, furono firmati accordi relativi ai programmi di alimentazione scolastica, istruzione completa ed agricoltura urbana. Allo stesso modo, i membri del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) parteciparono insieme alla Vicepresidenza e al Ministero della Salute, nella valutazione dei meccanismi di cooperazione per rafforzare l’area medica, dopo che in precedenza, il presidente della Croce Rossa Christoph Harnisch avvertiva della natura politica dell’operazione che vuole attivarsi al confine con la Colombia, dichiarando di non partecipare a ciò che non considerava aiuti umanitari. Il Ministro della Salute Carlos Alvarado annunciò l’ingresso di 18 milioni di forniture mediche, in gran parte derivanti cogli accordi stabiliti con Cuba e Cina, alcune acquistate direttamente sul mercato internazionale che non ostacolava i pagamenti e altre attraverso fondi rotativi e la Pan American Health Organization. La gestione diretta delle istituzioni venezuelane impedisce a Washington azioni coordinate per provocare una crisi umanitaria che promuova l’imminente caduta delle strutture che mantengono l’ordine politico del paese. Vale a dire: lo Stato e il Chavismo. Riconoscendo gli organismi paralleli come legittimi e finanziandoli, gli Stati Uniti negano all’autorità politica del governo nazionale di agire come massimo rappresentante del Paese nel risolvere i problemi. Così, denunciano che il Venezuela non accetta “aiuti umanitari”, mentre ignorano gli sforzi multilaterali per garantire la stabilità sociale. Perché una soluzione diplomatica minaccia le variabili che hanno prodotto per giustificare l’ingresso militare nel territorio come presunto “aiuto umanitario”.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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