Quando si tratta di Venezuela, la storia è sempre quella

Alessandra Riccio – https://nostramerica.wordpress.com

Nel 2012, nel sito della rivista “Latinoamerica”, tenevo una rubrica da cui ho ripescato questo articolo a proposito delle ultime elezioni vinte dal Presidente Chávez, gia mortalmente ammalato. Mi è parso utile riproporlo quando tocca a Maduro la parte del cattivo nella pellicola prodotta a Washington e sponsorizzata in Europa.

“Il giorno stesso delle elezioni in Venezuela, la stampa main-stream (in questo caso La Repubblica di Roma e El País di Madrid) intonavano il de profundis per Hugo Chávez sul quale, in questi anni di governo, avevano gettato tutto il fango possibile e immaginabile. L’aspettativa era che il bel giovanotto Capriles, non gonfio di cortisone, non malato di cancro, non cantante di rancheras nè ballerino appassionato, sconfiggesse il “mico-mandante” (un gioco di parole fra il grado di comandante e la parola mico che vuol dire scimmia, allundendo al Presidente Chávez) e lo mandasse finalmente a casa, lontano da quel potere che esercita già da quattordici anni e che ha dato come frutti di “aumentare il salario minimo, alzare le pensioni, allungare le ferie […] grazie al controllo su Pdvsa, la holding del greggio” (Ciai su Repubblica del 8.10). In altre parole, grazie al fatto che il suo governo è riuscito a sottrarre il petrolio venezuelano alle privatizzazioni e con il denaro che ne ricava ha aumentato le pensioni, il salario minimo, ecc. Una furbizia di Chávez e del suo gabinetto che così facendo si è guadagnato la simpatia di una gran parte della popolazione, un trucchetto astuto per farsi una clientela, ragionando col cervello dei nostri politici attuali.

Anche Marisa Bafile, una italo-venezuelana tenuta in gran conto dal ds dalemiano, interpellata da RadioTre Mondo, ha attribuito la vittoria di Chávez alla simpatia che si è conquistato negli strati più poveri grazie al suo carisma, ma –ha aggiunto la ex deputata ds all’Europarlamento in rappresentanza dei nostri concittadini dell’America del Sud- “c’è ancora tanto da fare…”, dichiarazione davvero sorprendente visto che stiamo parlando di un paese che alla fine del secolo scorso era in bancarotta e che è stato sempre uno dei più corrotti e violenti dell’emisfero. Ora che le cose vanno molto meglio, l’anti-chavista Bafile si accorge che in quel paese, che è anche il suo, c’è ancora tanto da fare.

El País, dopo una serrata campagna pro Capriles, stamattina (8.10) ha dovuto aprire il giornale telematico con la vittoria indiscutibile dell’ex-paracadutista golpista. Ma ancora ieri il suo corrispondente, Ibsen Martínez, raccontava del comizio di chiusura veramente impressionante per partecipazione, funestato da un’acquazzone tropicale, fornendo una versione davvero patetica di un uomo che finiva la sua carriera in maniera grottesca: “Vederlo affrontare a dura pena non solo il temporale, ma l’umiliante fuga dei suoi seguaci che lo abbandonavano sotto l’inclemente tormenta tropicale, ascoltarlo ripetere le sue consunte parole d’ordine mentre cercava di ballare sotto la pioggia, obeso e gonfio a causa dei farmaci, sollecitando sei improbabili anni ancora per compiere le sue non mantenute promesse di redenzione sociale, mi ha fatto ricordare con pietà il giovane ufficiale insorto che, arrendendosi gagliardamente davanti alle telecamere, aveva iniziato la sua vertiginosa carriera verso il ritorno e il fallimento (definitivo?) del populismo militarista in America Latina”. Scripta manent !

Nella stessa pagina del giornale viene poi pubblicata una serie di dati che dimostrano che Chávez molte delle sue promesse le ha mantenute. Traduco questa tabella di El País per i nostri lettori:

Il Venezuerla in cifre

La popolazione è passata da 23,2 milioni nel 1998 a 29 milioni di abitanti.

La speranza di vita nel 1998 era di 72,16 anni. Nel 2011 è di 74,30 (110° posto al mondo)

Il numero di abitazioni è aumentato di due milioni, fino a 8,2 milioni. Da un 6,6% di case inadeguate si è passati al 5,8%.

Nel 2001, in un 30,2% di famiglie c’era un’automobile. Dieci anni dopo la percentuale è scesa al 27,7%, ma si è duplicata la percentuale di motociclette dal 4% al 8,6%.

Nel 1998 c’era un 50,4% di poveri e un 20,3% di estrema povertà. Nel 2011 la cifra scende al 31,6% e al 8,5% rispettivamente.

Il Venezuela ha accolto 685.000 turisti nel 1998, 158.000 dei quali dagli Stati Uniti e 15.000 dalla Spagna. Nel 2010 i turisti sono scesi a 510.000. La diminuzione di turisti statunitensi è significativa. Nel 2008 erano 87.000.Invece si è avuto un forte incremento di spagnoli: 67.000.

Istruzione

Il tasso di alfabetizzazione è passato dal 90,9% nel 1998 al 93,70% nel 2010.

La scolarizzazione nell’anno 2000-2001 alle elementari era del 90,7% e nelle medie del 53,6%. Nell’anno scolastico 2010-2011 le cifre sono salite al 93,2% e al 73,3% rispettivamente. L’incremento alle medie è significativo.

Nel 2000 c’erano quasi 900.000 universitari. Nel 2010 la cifra è aumentata fino a 2.300.000.

Economia

La produzione della compagnia statale del petrolio è scesa da 3,5 milioni di barili al giorno nel 1998 a 2,4 milioni nel 2012. E’ il 12° produttore mondiale.

Nel 1998 si esportavano 3 milioni di barili e adesso 1,6 milioni. Eppure, la compagnia statale ha aumentato il suo organico da 32.000 lavoratori a 105.000.

La disoccupazione nel 1998 era del 16,6% ed è scesa al 7,9% nel 2011. Il 43% della popolazione attiva si trova nell’economia sommersa.

Il reddito pro capite nel 1998 era di 8.500 dollari (6.537 euro) e nel 2011 è stato di 12.700 dollari (9.768 euro). Il Venezuela occupa il 92° posto nella classifica mondiale.

Il Pib è passato da 91.339 milioni di dollari (70.255 euro) nel 1998 a 315.000 milioni (242.289 euro) nel 2011.

L’inflazione nel 1999 era il 20% ed è salita al 27,9% nel 2011.

Anche le importazioni sono aumentate. Nel 1998 erano di 16.755 milioni di dollari (12.887 euro) e nel 2012 si sono quasi duplicate fino a 29.930 milioni (23.021 euro). I dipendenti pubblici sono passati da 1 milione nel 1998 a 2,5 milioni nel 2012.

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