Diosdado Cabello: ‘Grazie al popolo italiano per il suo appoggio’

di Geraldina Colotti

Il popolo chavista manifesta il suo sostegno al governo di Nicolas Maduro nella giornata antimperialista del 9 marzo: la data in cui, nel 2015, Obama ha imposto le sanzioni al Venezuela, definendo il paese “una minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza degli Stati Uniti”. Sul palco c’è tutta la direzione del PSUV. Di fronte, sventolano le bandiere dei partiti alleati nel Gran Polo Patriottico, a partire dal Partito Comunista. “Fedeli sempre, traditori mai”, grida il popolo chavista, orgoglioso e paziente in questa congiuntura complicata in cui davvero tutto può accadere.


Le destre sostenute dagli USA sono passate alla fase del sabotaggio per far saltare la luce, le linee telefoniche e lasciare senz’acqua i quartieri. Il metro non funziona, gli autobus privati vogliono essere pagati in contanti, anche perché il sistema informatico non funziona. Che tutto questo mare di camicie rosse sia venuto a piedi dai barrios per dire: No alla guerra, ai sabotaggi e alle ingerenze, è qualcosa di eroico e spiega perché l’imperialismo avrà filo da torcere.

Di certo, a fare le spese dei ripetuti sabotaggi sono state le fasce più indifese: i malati, gli anziani, gli strati poveri che dovranno buttare gli alimenti conservati in frigorifero in un paese caraibico dove il caldo in questi giorni è almeno di 27 gradi. Nei quartieri ricchi, i problemi non si avvertono per via dei generatori, delle riserve di acqua e soprattutto del denaro: loro possono pagare in contanti, anzi in dollari. Li abbiamo visti nei supermercati fare acquisti pagando in dollari, anche se non è consentito perché la moneta nazionale è il bolivar. Il loro obiettivo è sempre stato quello: mettere alla corda il paese attraverso la guerra economica, il mercato del dollaro parallelo (che ora il governo è riuscito parzialmente a disinnescare consentendo il cambio diretto, più conveniente di quello “parallelo”), e ora il sabotaggio diretto alla vita quotidiana dei cittadini.

Il danno, però, riguarda tutti, anche commercianti e industriali. Intanto, alcune frange della destra più violenta cercano di ripetere lo schema delle “guarimbas”, ma il paese non ne avverte la presenza. Nel quartiere di case popolari a Forte Tiuna dove ci troviamo ora, senza luce la gente scende in strada per stare insieme e cantare, a lume di candela. A lume di candela stiamo scrivendo questo articolo. Certo, con l’interruzione delle comunicazioni potrebbe succedere di tutto e sarebbe difficile dare l’allarme e mobilitare il popolo chavista nei barrios.

Il governo, però, sta lavorando a tutto spiano. Già al mattino, tornerà la luce e, parzialmente, il telefono.

A conclusione della marcia, il presidente Maduro ha fornito un primo bilancio dei sabotaggi. Quando, durante la notte dell’8 marzo si era riusciti a recuperare il 70% dell’elettricità in tutto il paese, a mezzogiorno c’è stato un nuovo attacco cibernetico con il plauso degli USA. “Vogliono privatizzare i servizi, per applicare il modello in uso negli Stati uniti o in Europa dove se non paghi ti tagliano la luce o il telefono, ha detto Maduro , ricordando i tanti attacchi ai tralicci da parte delle destre, che hanno lasciato un saldo di oltre 200 attentatori morti.

“Quello che ci hanno rivolto – ha aggiunto – è un attacco inusuale e straordinario, ma con pazienza e coscienza, e mettendo in atto una resistenza attiva civico-militare, riusciremo a passare a una nuova tappa già dalle prossime ore. Ne usciremo con coraggio come abbiamo fatto nei mesi della serrata petrolifera contro Chavez nel 2002-2003, durata quattro mesi: con l’unione civico-militare e con Chavez”. Il presidente ha poi preso di petto il problema delle infiltrazioni nelle aziende nazionalizzate come la Corpoelec, dove si sono verificati sabotaggi. “Hanno fatto un danno a tutto il paese – ha detto – non solo ai chavisti. Come lo giustificheranno con la propria gente? Ma noi reagiremo con calma, coraggio e nervi saldi. Siamo portatori di pace e di unità. Contro le ingerenze, amore e pazienza”.

Poi, il presidente ha annunciato che, da lunedì, arriverà la borsa CLAP, per provvedere alle esigenze immediate della popolazione. Intorno a un Chavez gonfiabile gigante, portato in piazza dai lavoratori dell’impresa petrolifera di stato PDVSA – che insieme a tutte le categorie hanno respinto l’appello allo sciopero lanciato dall’autoproclamato “presidente a interim”, Juan Guaidó – il popolo chavista ha risposto alzando il pugno e gridando: “Trump, idiota aguanta tu derrota”.

Durante la marcia abbiamo avuto modo di realizzare questa intervista esclusiva con Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente.

In questo momento è in arrivo nel paese una delegazione ONU inviata dall’Alta Commissaria per i diritti umani Michelle Bachelet. Quali sono le aspettative?

Noi li abbiamo invitati affinché vengano a vedere la realtà del paese, che è totalmente diversa dal racconto che diffondono i media egemonici internazionali e quelli locali come La Patilla o El Nacional.

Qui c’è un Venezuela in pace, e l’opposizione non è quella forza unita, capace di dirigere il paese che dipingono i suddetti media: proprio per niente. Vedranno che qui c’è un popolo chavista disposto a difendere la sua rivoluzione.

Per gli Stati Uniti, l’opzione militare è sempre sul tavolo e Juan Guaidó gira per il paese cercando di organizzare la sovversione interna. Quale scenario si prepara?

Hanno fallito in tutto. Ora non gli resta che fare nuovamente ricorso alla violenza. Lanciare uno sciopero quando si sa di non poter contare con la classe lavoratrice, con le donne, con i settori popolari, è l’ennesimo bluff e l’ultimo ricorso: una nuova sconfitta annunciata. Già praticano il sabotaggio per incolpare il governo, ora potrebbero passare alla violenza selettiva, alle bombe, contando sull’appoggio dell’imperialismo nordamericano che diffonde le loro menzogne su scala internazionale. Nella IV Repubblica abbiamo già visto come, chi collocava bombe nelle ambasciate trovava poi rifugio negli Stati Uniti, secondo il solito doppio discorso di lanciare il sasso e ritirare la mano: favorire il terrorismo e dire di essere contro il terrorismo, con la ben nota ipocrisia. In vent’anni di governo abbiamo imparato a riconoscere i vari momenti e a farvi fronte. Ora siamo di fronte a un nuovo ciclo. Può prendere avvio un processo pericoloso, di violenza. Quanto più l’opposizione guidata dagli Usa vede i suoi piani fallire, tanto più prendono spazio le componenti della destra più estremista che si radicalizzano e assumono posizioni che prima non avevano. Tuttavia, ora sono di nuovo molto divisi. Lo abbiamo visto alla frontiera con la Colombia, quando si erano portati dietro i mercenari guarimberos, che poi non hanno pagato e ora questi sono assai maldisposti nei loro confronti. Ieri a Caracas si è verificato un episodio emblematico. In un ristorante prevalentemente frequentato da gente di opposizione, un vicepresidente dell’Assemblea Nazionale è stato cacciato in malo modo evidentemente per le posizioni assunte in merito all’aggressione armata. La violenza che cercano di imporre si sta rivoltando contro di loro.

E’ vero che state preparando una denuncia per crimini contro l’umanità?

Sì, il ministro della Comunicazione Jorge Rodriguez lo ha annunciato e stiamo preparando l’informativa per denunciare i responsabili del sabotaggio con nome e cognome, a partire dal senatore nordamericano Marco Rubio: un genocida, al pari di Pompeo, gente abituata a vincere, che quando non vince, bara e quando ancora non vince, ammazza. Persone che non s’intendono di politica, non capiscono che i popoli vogliono essere liberi e non subordinati ai grandi gruppi economici.

Ci sono cifre che quantificano i danni provocati da questo sabotaggio?

Stiamo facendo un bilancio. Ieri sera ho parlato con il Ministro della salute, in una riunione d’emergenza dovuta alla situazione. Mi diceva che sono morte due persone che erano in terapia intensiva quando è mancata la luce e non c’è stato modo di rianimarle. I trenta necessari ad attivare la procedura d’emergenza, sono stati fatali. Però si è salvata una quantità impressionante di persone anche grazie all’azione degli infermieri, dei medici e degli operatori sanitari che hanno azionato a mano le macchine per aiutare i malati in situazione critica. Chi ha ordinato di tagliare la luce, di sabotare, è un criminale genocida. Poi, fanno finta di piangere per chi muore negli ospedali, per i bambini. Sono ipocriti e criminali. Il nostro compito è continuare a lavorare per costruire e consolidare un altro modello di paese.

In qualunque parte del mondo, le azioni di Juan Guaidó verrebbero sanzionate dalla legge. Perché qui non succede?

La giustizia sta facendo il suo corso, che non spetta a me, né al presidente anticipare. Tuttavia sono convinto che ci sarà giustizia.

Il governo italiano, seppur con molti conflitti interni, ha avuto una posizione discrepante rispetto alla maggioranza di quelli europei. Come valuti questo atteggiamento?

Io preferisco rivolgermi al popolo, perché è grazie alla pressione dei popoli che alcuni governi non si sono completamente allineati agli Stati uniti. I nostri principali referenti sono i popoli, le classi popolari. Qui in Venezuela ci sono molti cittadini italiani, o spagnoli. Quando un paese come la Spagna appoggia l’invasione armata del Venezuela vuol dire che non tiene minimamente in conto la sicurezza di quei suoi cittadini, perché si sa che le bombe non distinguono. Il governo italiano, per lo meno, ha mostrato di aver presente questa preoccupazione, e questo bisogna riconoscerlo. Però, ripeto, il nostro riconoscimento va alla pressione che i popoli hanno esercitato sui propri governi.

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