La guerra come ultima risorsa contro il Venezuela

Franco Vielma, Mision Verdad – http://aurorasito.altervista.org

Il degrado degli Stati-nazione è dal secolo scorso la modalità con cui il potere assolutista dell’occidente e le sue azioni si sono serviti. Le modalità furono di vario genere: guerra, cooptazione politica dei governi, dominio di entità multilaterali, assedio diplomatico, comunicazione a senso unico ed imposizione di sicariato aziendale e dittature economiche.

Tutto ciò furono denominazioni molteplici ridimensionate col passaggio di decenni di gestione dei conglomerati di potere, senza che ci fosse una sola sostanziale variazione del piano strategico per imporre l’egemonia. Il metabolismo sistemico funziona adattando i vecchi metodi a nuove varianti. Detto ciò, dobbiamo fermarci sul Venezuela. E osservare i recenti eventi ivi verificatisi, che sappiamo contare innumerevoli risorse energetiche al centro dell’interesse e della proiezione strategica dell’occidente nel presente e per il futuro.

Definizione e culmine dell’assedio al Venezuela
Il momento stellare della ripresa nordamericana del Venezuela si svolge negli ultimi anni presentando nuove carte e nuove situazioni. Con un breve resoconto, abbiamo le azioni di assedio e blocco finanziario e commerciale, l’assedio diplomatico operato in casi come l’Organizzazione degli Stati americani (OAS) e altre entità, la criminalizzazione del governo del Paese attraverso la narrativa dei media, l’istituzione del discorso politico della “crisi umanitaria” come causa eventuale di interventi e altri atti d’interferenza e ora; la minaccia di un conflitto nella espressione armata. Recentemente, l’attacco al sistema elettrico venezuelano mediante hackeraggio, apriva a nuove situazioni di sabotaggio su larga scala per propiziare tumulti interni e spezzare, sedimentare o rompere l’integrità del tessuto politico istituzionale e militare del Paese. È una componente della guerra ibrida contro il Venezuela, che comporta lo sviluppo di una guerra mercenaria con particolare attenzione ai corridoi di confine con Colombia e Brasile. L’eventualità di una guerra, perché “tutte le opzioni sono sul tavolo”, dice la Casa Bianca, passa coll’indispensabile smantellamento delle linee difensive del Paese che si trovano nell’entità militare delle Forze Armate Nazionali Bolivariane (FANB) finora allineate col Presidente Maduro. Uno smantellamento dimostratosi da avere all’improvviso, ma attraverso esaurimento e usura a medio termine. Nonostante il colpo di Stato contro Hugo Chávez nel 2002 e il sabotaggio del petrolio del 2003. Nonostante le violenze prebelliche degli anni 2014 e 2017, il culmine contro il Venezuela avviene proprio ora, a causa della peculiarità degli eventi che si conoscono da soli due anni. La trama del grave blocco per spezzare completamente l’economia venezuelana; il tentato omicidio del Presidente Maduro, comprendente la pianificazione di Washington e Bogotà; l’ascesa artificiale di Juan Guaidó a “presidente parallelo”; il tentato ingresso forzato di “aiuti umanitari” in Venezuela, che non era volto a portare aiuti ma a spezzare le FANB; infine, l’attacco cibernetico al sistema elettrico venezuelano e la sua creazione come spazio di manovra per frammentare la Repubblica dall’interno. Tali elementi differenti avevano un chiaro denominatore comune; eventi su larga scala vissuti in Venezuela allo scopo principale di stabilire una nuova tabella di marcia per adattare vecchi metodi a nuove varianti. Tali atti, quindi, soggiacciono ai piani dei centri di potere, col loro piano costante e strutturato per rimodellare i rapporti di potenza planetaria che si sa, negli ultimi decenni definivano le relazioni internazionali e l’evoluzione dei Paesi. Quasi sempre piegando Paesi e interi regioni all’occidente. I piani adottati al momento in Venezuela, non sono sempre completamente nuovi, alcuni si svolgono con prove per una loro riprogettazione, ma altri sono abbastanza nuovi. Tutto parte dal principio d’innalzare l’efficacia dell’azione degli Stati Uniti sui Paesi bersaglio, senza dover affrontare i costi delle guerre vecchio stile. Si è visto in Libia, e si vede in Siria. I metodi di guerra non convenzionale applicati in Venezuela hanno una sintomatologia che illustra la chiara evoluzione che inevitabilmente si avvicina a una fase violenta aperta e totale. Se esaminiamo tutti i piani delineati, dalla creazione di Juan Guaidó al blackout indotto, tali operazioni sono azioni su larga scala create per scatenare un conflitto che permetta di far detonare a quel punto nuovi episodi della guerra ibrida.

Cosa potrebbe succedere in Venezuela?
In Venezuela ci sono due possibili scenari nel tentativo di smantellare e soggiogarne lo status di Stato-nazione. A meno che non vi sia spazio per la distensione politica e il Paese passi a nuovi spazi di dialogo politico, il Paese continuerà in una vertiginosa corsa di spinta coerente verso il conflitto. La guerra è l’ultima risorsa da usare per sopraffarne lo status di Stato-nazione. Per la Casa Bianca, il caso venezuelano è ora un problema di primo piano nel suo piano operativo sulle relazioni internazionali e il costante adeguamento della propria struttura di potere. È anche una questione politica, amministrativa e pre-elettorale nella politica interna degli Stati Uniti. Ciò implica che il Venezuela difficilmente rimanga illeso. La Casa Bianca difficilmente si arrenderà e cederà sui tentativi di capitalizzare una vittoria almeno parziale nei suoi piani. Ciò significa che se il Presidente Maduro ottiene il dialogo politico che ha sempre richiesto con l’opposizione interna, Washington presenterà la cosa come “successo” della politica di pressione e soffocamento. Ma Washington aspira a molto di più, allo smantellamento del chavismo e insediandosi da e verso diverse direzioni. In Venezuela, si potrebbero nuovamente compiere atti di sabotaggio su larga scala per cercare di indebolire lo Stato e la sua capacità di risposta. Oltre a tentare di frammentare la coesione sociale, propiziare tensioni e alimentare premature reazioni di settori anti-chavisti. Proveranno a creare il caos. Le azioni potrebbero puntare ad attacchi non solo sul sistema elettrico, ma anche contro le installazioni petrolifere, sfruttando le vulnerabilità create negli anni del blocco finanziario al PDVSA e ora dal boicottaggio commerciale del greggio venezuelano, per degradare le infrastrutture e le capacità produttive a livelli inediti. Si legga su questo punto l’attacco cruciale recente a Petro San Felix nello Stato di Anzoátegui, contro serbatoi con diluenti essenziali per la produzione di greggio extrapesante.
Un altro scenario che potrebbe verificarsi è la comparsa a breve termine di cellule armate sotto una denominazione aperta, che effettuino attacchi nelle aree di confine e sulle guarnigioni, al fine di misurare la capacità di risposta delle FANB e allo stesso tempo sedimentarne l’integrità operativa. Anche con lo scopo specifico di occupare territori, balcanizzare il confine e imporre relazioni di dominio territoriale. Da quel punto, aprire la strada a una guerra di logoramento con azioni armate. È essenziale non escludere l’avvento di azioni terroristiche alla vecchia maniera, cioè attraverso l’uso di forze brutali contro settori sensibili della popolazione. La Russia, attraverso la portavoce María Zakharova, riferiva che gli Stati Uniti usano la criminalità organizzata come informatori in Colombia, per identificare le rotte di accesso (sentieri) sul confine per dare uno status operativo alle loro azioni di cambio di regime in Venezuela. Indicatore sono gli Stati Uniti creare un’architettura operativa per il passaggio alle violenze. A complemento, gli Stati Uniti continueranno ad accentuare le aggressioni finanziarie, che potrebbero andare dagli attacchi a finanze e acquisti dello Stato ad azioni contro il settore privato del Venezuela. Potrebbero anche essere intervallati da attacchi informatici alle strutture bancarie nazionali. Cioè, ai sistemi di pagamento, come Credicard, cancellazione delle carte Visa e Mastercard in Venezuela, entrambi i casi come formule, ipotetiche e probabili, per approfondire l’asfissia e accentuare il deterioramento del Paese. Va anche considerata la lettura di “punti ciechi” dell’infrastruttura della sicurezza globale del Paese. Coinvolgendo una vaste aree, dagli aeroporti civili alle infrastrutture essenziali come la metropolitana di Caracas. Cosa implica tale ipotesi? Che qualsiasi spazio cruciale potrebbe ora essere potenziale bersaglio per colpire in modo sensibile la vita venezuelana e nulla sarebbe esentato in tale scenario, dalle azioni crescenti verso la guerra. Per finire su tali scenari, va sottolineato che potrebbero verificarsi e aumentare, a meno che non vi siano spazi di distensione conforme ai governi venezuelani e statunitense. Qualcosa di difficile, ma non impossibile. In questo contesto, il governo venezuelano, che ha posizione chiara e solida come centro di gravità politica, vede nel tempo un alleato mentre l’agenda “Guaidó” soffre usura ed esaurimento accelerate che potrebbero consolidare il Chavismo al potere. Mentre la Casa Bianca, assediata da diversi lati sul fronte interno, vede l’amministrazione Trump difficilmente ottenere risorse per il muro di confine e ogni giorno affrontare gravi accuse su una politica straniera errata che non ha dato i risultati attesi. A questo punto, il tempo gioca contro e un eventuale dialogo politico potrebbe persino essere un’ancora di salvezza. Tuttavia, l’ora corrente non dà segnali aperti su tale eventualità. In Venezuela c’è calma tesa. Il Presidente Maduro rimane imperturbabile, il tessuto del direttorio politico del governo rimane intatto e il colpo di Stato si risolverà aprendo un conflitto che non finirà per mostrare chiari segni di consolidamento. E a proposito di guerra in Venezuela, cosa si dice nella regione? Secondo l’attuale capo del Southern Command in un’intervista a Reuters, “abbiamo parlato coi nostri partner nella regione e nessuno, assolutamente nessuno pensa che l’opzione militare sia una buona idea”. A questo punto sarà suggellata o meno la saggezza o l’audacia di Washington nel superare la linea?

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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