Brasile, un anno di ingiusta detenzione

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Il 7 aprile si compie un anno dall’incarcerazione, basata su un processo senza prove, del presidente Luiz Inácio Lula da Silva.

In coincidenza con tale data il Comitato nazionale e il Comitato internazionale Lula Livre promuovono iniziative per chiedere la liberazione di Lula.

Mi permetto di inviare la traduzione di due testi: il primo è un promemoria della vicenda giuridica e giudiziaria che ha portato all’arresto di Lula, testo distribuito il 16 marzo in un incontro nazionale a San Paolo molto intenso e ampio, indetto per promuovere la moltiplicazione dei Comitati Lula Livre.

Attraverso il modello di domanda e risposta, con rigore e senza un linguaggio specialistico, il testo consente di avere ben chiaro come e perché tutto il processo è illegittimo e illegale. Il secondo è la lettera che Lula ha inviato nella stessa occasione. Desidero anche ricordare che il Comitato internazionale Lula Livre (https://comitelulalivre.org) fornisce informazioni in varie lingue. Immagini delle iniziative possono essere inviate agli indirizzi del Comitato e a internacional@pabramo.org.br. (T.I. 29/3/2019)


Per quale motivo ci sono tanto processi giudiziari contro Lula?

Libero, Lula sarebbe stato di nuovo eletto presidente (nell’ottobre 2018). I suoi nemici hanno montato una farsa giudiziaria per arrestarlo. Quanto più numerosi sono i processi, maggiore è l’impressione che “dove c’è fumo, c’è arrosto”.

Quanti processi sono stati interamente conclusi?

Nessuno. Il più avanzato si riferisce a un appartamento a Guarujá, in seconda istanza. Poi viene il processo relativo al cascinale ad Atibaia, la cui sentenza di primo grado è stata pronunciata il 6 febbraio.

Se nessun processo giudiziario è stato concluso, Lula non dovrebbe essere libero?

Secondo la Costituzione (brasiliana del 1988) Lula dovrebbe poter rispondere alla giustizia in libertà. Dal momento che la sua incarcerazione è politica, sono state create regole speciali per mantenerlo in carcere. Anche il Supremo Tribunale Federale/STF, contraddicendo decisioni precedenti, ha rifutato l’habeas corpus/libertà personale che impedirebbe l’incarcerazione.

Ma perché Lula è stato condannato in seconda istanza?

Perché i giudici di seconda istanza del 4° Tribunale Regionale Federale hanno accettato la sentenza scritta da un giudice di prima istanza, anche se essa non presentava nessuna prova contro Lula. Lula è stato condannato per “atti indeterminati”: non è mai stato provato che l’ex presidente avesse mai favorito qualche impresa in affari con la Petrobras.

Qual era il giudice di prima istanza?

Sérgio Moro, attuale ministro della giustizia di Bolsonaro, il principale avvantaggiato dalla prigione di Lula. Bolsonaro ha vinto le elezioni solo perché a Lula fu impedito di partecipare. E a Lula è stato impedito di partecipare alle elezioni grazie a Moro, che è diventato ministro di Bolsonaro.

Se Lula abita a San Paolo (per supposte situazioni di Guarujá che si trova nello Stato di San Paolo) per quale motivo egli è giudicato da un giudice dello Stato di Paraná?

Per un’altra frode del processo. Moro era responsabile di giudicare i processi concernenti la Petrobras. Il Ministero Pubblico ha inventato un collegamento fra le procedure giudiziarie contro Lula e accuse concernenti la Petrobras affinché Moro giudicasse l’ex presidente.

Questo collegamento esisteva o non esisteva?

Non esisteva e non è mai esistito. Chi conferma ciò è lo stesso Moro. Nella sentenza di condanna di Lula ha scritto: “Questo giudizio mai ha affermato, nella sentenza o in alcun luogo, che i valori utilizzati dalla costruttrice nei contratti con la Petrobras siano stati utilizzati per pagamento di vantaggio indebito all’ex presidente”.

Ma se lo stesso Moro ha riconosciuto che l’accusa contro Lula non coinvolgeva la Petrobras, non avrebbe dovuto trasferire il caso ad altro giudice?

Avrebbe dovuto. Se lo avesse fatto, la condanna non esisterebbe o almeno avrebbe richiesto più tempo per essere emessa. Ma loro dovevano condannare Lula rapidamente per impedire la sua candidatura nelle elezioni del 2018. Come di fatto è accaduto.

Lula ha mai ricevuto l’appartamento di Guarujá?

No. Lula non è mai stato proprietario di alcun appartamento a Guarujá. Non ha mai dormito neanche una notte in quell’appartamento.

Ma Moro ha affermato che l’appartamento era stato ristrutturato perché Lula potesse abitarci, vero?

Lo ha affermato. Un’altra manovra per condannarlo. L’équipe giornalistica della UOL ha filmato l’appartamento, durante l’occupazione del MTST/Movimento dos Trabalhadores sem Teto, e ha mostrato che era una farsa inventata per pregiudicare Lula. Per questo Moro ha negato alla difesa il diritto di produrre prove che confermavano l’inesistenza della cosiddetta “ristrutturazione”.

Insomma, di chi è l’appartamento?

Secondo la documentazione del catasto, l’appartamento è della concessionaria OAS. L’impresa tra l’altro ha ipotecato l’immobile come garanzia per un prestito bancario.

Ma se le cose stanno così, in base a quali prove Moro ha condannato Lula?

Non c’è nessuna prova che Lula abbia comprato, usato, ricevuto, accettato o chiesto questo appartamento. L’unica persona che ha detto che l’appartamento era di Lula è stata proprio il presidente della OAS. Dopo essere stato condannato a 26 anni di prigione, ha cambiato la storia che raccontava da due anni e ha buttato la responsabilità sull’ex presidente Lula senza presentare alcuna prova, in cambio di una riduzione di pena.

E questa storia del cascinale di Atibaia?

È simile a quella dell’appartamento. Lula è accusato di essere stato avvantaggiato da ristrutturazioni fatte in un cascinale. Le ristrutturazioni sarebbero state fatte in cambio di supposti favori concessi da Lula.

E il cascinale è di Lula?

No. In questo caso neanche Moro ha avuto il coraggio di inventare una cosa del genere. Il cascinale è proprietà di un amico di Lula e della sua famiglia da oltre 40 anni.

Ma se il cascinale non era di Lula, e non è stato lui a ordinare la ristrutturazione, di che cosa Lula è accusato?

Di essere stato il beneficiairo finale della ristrutturazione compiuta da due concessionarie, in un cascinale che non era di proprietà né sua né di nessun componente della sua famiglia.

Lula è stato condannato anche in questo processo del cascinale?

Sì. La giudice Gabriela Hardt ha praticamente copiato la sentenza relativa all’appartamento di Guarujá e il 6 febbraio ha condannato Lula a 12 anni e 11 mesi di prigione. Anche in questo caso hanno usato gli stessi procedimenti di Guarujá, soprattutto delazioni premiate.

E perché molte persone affermano che Lula è innocente?

Chi ha la pazienza di leggere i processi vede che non esistono prove per condannare Lula. Non ci sono prove perché non ci sono crimini. La Costituzione afferma che tutti sono innocenti fino a quando non ci siano prove del contrario. E nel caso di Lula non ci sono prove di colpevolezza. E non ne verranno fuori. Ed è per questo che giuristi di vaglia del mondo intero protestano contro il modo in cui vengono condotti questi processi contro l’ex presidente.

Se non esiste nessuna prova e tuttavia Lula è stato condanato, allora chi ha calpestato la legge sono stati i pubblici ministeri e i giudici?

Esattamente. È per questo che Lula è un prigioniero politico. Lula è perseguitato e incarcerato per motivi politici. I suoi nemici non sono riusciti a sconfiggere Lula elettoralmente, e allora hanno scelto un’altra strada: hanno manipolato il potere giudiziario. Adesso vogliono mantenerlo in carcere a ogni costo, perché non possa dirigere la resistenza contro il governo Bolsonaro e le sue riforme antipopolari.


Lettera del presidente Luiz Inácio Lula da Silva in occasione dell’incontro nazionale Lula Livre

 

Miei amici e mie amiche,

in primo luogo desidero ringraziare per la solidarietà e l’affetto che ho ricevuto dal popolo brasiliano e da dirigenti di altri paesi nel corso di quest’anno in cui mi trovo ingiustamente incarcerato. Ringrazio in particolare i compagni della veglia a Curitiba, che ogni giorno mi recano conforto, i compagni che hanno costituito i comitati Lula Livre dentro e fuori del Brasile, gli avvocati, i giuristi, gli intellettuali e i cittadini che si sono espressi per la mia libertà.

La forza che mi fa resistere a questa prova viene da voi e dalla convinzione che sono innocente. Ma resisto soprattutto perché so che ho ancora una missione importante da compiere in questo momento in cui la democrazia, la sovranità nazionale e i diritti del popolo brasiliano sono minacciati da interessi economici e politici potenti, inclusi quelli di potenze straniere.

Come sempre ho fatto nel corso della mia vita, e già sono oltre 45 anni di attività sindacale e politica, assumo questa missione come una sfida collettiva. La lotta che conduco per ottenere un giusto processo, in cui la mia innocenza sia riconosciuta in presenza delle prove inconfutabili della difesa, ha senso solo se è intesa come parte della difesa della democrazia, del ripristino dello stato di diritto e del progetto di sviluppo con inclusione sociale che il paese vuole ricostruire.

Ogni giorno che passa risulta più evidente per la popolazione e l’opinione pubblica internazionale che sono stato condannato e incarcerato per il solo motivo che, libero e candidato, sarei stato eletto presidente da parte di una grande maggioranza della popolazione. La mia candidatura era la risposta del popolo alla svendita (delle ricchezze nazionali), all’abbandono dei programmi sociali, alla disoccupazione, al ritorno della fame, a tutto il male imposto dal colpo di Stato della deposizione (illegittima) della presidente Dilma (agosto 2016).

È una lotta che dobbiamo portare avanti insieme, in nome di tutti.

Per escludermi dalle elezioni hanno montato una farsa giudiziaria con la copertura dei grandi mezzi di comunicaizone, Rete Globo in testa. Hanno avvelenato la popolazione con ore e ore di notiziari menzogneri, in cui la Lava Jato (il processo contro casi di corruzione nell’impresa Petrobras iniziato il 17 marzo 2014) accusava e la mia difesa era emarginata, o semplicemente censurata. La Costituzione e le leggi non sono state rispettate, come se ci fosse un codice penale d’eccezione solo per Lula, in cui i miei diritti erano sistematicamente negati.

Come se non bastasse incarcerarmi per crimini che non ho mai commesso, mi hanno vietato di partecipare ai dibattiti e alle discussioni nel corso delle elezioni; hanno proibito la mia candidatura, contravvenendo alla legge e alle Nazioni Unite; mi hanno impedito di dare interviste, hanno addirittura negato che fossi al funerale del mio fratello maggiore. Vogliono che io scompaia, ma non è di me che hanno paura: è del popolo che si identifica con il nostro progetto e che vedeva nella mia candidatura la speranza di riprendere il cammino per una vita migliore.

Qualche giorno fa (2 marzo) nel commiato al mio amato nipotino Arthur*, ho sentito tutto il peso dell’ingiustizia che ha colpito la mia famiglia.

Il piccolo Arthur è stato discriminato a scuola in quanto mio nipote e ne ha molto sofferto. E allora gli ho promesso che non riposerò fino a quando la mia innocenza non sarà riconosciutta in un processo giusto. (…)

Poco tempo dopo il giornalista Luís Nassif ha reso noto all’opinione pubblica l’accordo illegale e secreto intercorso fra i procuratori della Lava Jato, la 13a sezione Federale di Curitiba, il governo degli Sati Uniti e la Petrobras, relativo a una somma di 2,5 miliardi di reais (per il valore in euro dividere circa per 4).

Questo ammontare è stato tolto alla maggiore impresa del popolo brasiliano da un tribunale di New York in base a delazioni prodotte dal procuratori del Brasile**. Essi si sono recati negli Stati Uniti, con la copertura dell’allora procuratore generale della Repubblica, per rendere ancora più fragile un’impresa che è oggetto della cupidigia internazionale. In cambio di questa fortuna, la Lava Jato si è impegnata a consegnare allo straniero i segreti e le informazioni strategiche della nostra Petrobras.

Non si tratta di convinzioni, ma di prove concrete: documenti firmati, atti amministrativi di autorità pubbliche. Questi moralisti senza morale oggi occupano alti incarichi nel governo che è stato eletto solo perché loro hanno impedito la mia candidatura. Ma chi è incarcerato non è Lula, che non è mai stato proprietario di appartamento né di cascinale, che mai ha firmato contratti della Petrobras, che mai ha avuto conti segreti come questa fondazione (dei 2,5 miliardi di reais) recentamente scoperta.

Ma piuttosto che esprimere indignazione per questi fatti, voglio dirvi che il tempo sta rivelando la verità. Che non possiamo perdere la speranza che la verità vincerà, e che la verità è dalla nostra parte. Per questo chiedo a ognuno e a ognuna di voi di rafforzare sempre più la nostra lotta per la democrazia e per la giustizia. E raggiungeremo questo obiettivo solo difendendo i diritti del popolo e la sovranità nazionale, perché è stato contro questi valori che hanno fatto il golpe e hanno interferito nel processo elettorale. È stato per cosegnare le nostre ricchezze e rovesciare le conquiste sociali. Che i Comitati Lula Livre abbiano tutto ciò ben chiaro e agiscano sempre più intensamente nella società, nelle reti sociali, nelle scuole e nelle piazze.

Ho fede in Dio e fiducia nella nostra organizzazione per affermare con piena certezza: il nostro reincontro verrà. E il Brasile potrà sognare di nuovo un futuro migliore per tutti.

Grazie e alla lotta, compagni e compagne!

Un grande abbraccio

Luiz Inácio Lula da Silva

Curitiba, 16 de março de 2019

*Il 1° marzo nel cimitero di São Bernardo si è svolto il funerale del nipotino Arthur, morto per meningite fulminante. A Lula è stata concessa la partecipazione di un’ora con misure di sicurezza come se ci fosse una guerra.

**La vicenda della trattativa fra la Procura Generale della Repubblica del Brasile/MPF e il Dipartimento della giustizia degli Usa in base agli accordi di cooperazione internazionale anticorruzione imposta dagli Usa in ambito OCDE può essere seguita sul sito del giornalista Luis Nassif https://jornalggn.com.br. Le compensazioni concordate sono state stratosferiche. Inoltre era previsto il trasferimento di 2,5 miliardi di reais a una fondazione in Brasile controllata dai giudici e procuratori di Curitiba. Al momento la Procura Generale ha dichiarato illegale l’accordo reso pubblico dalla stampa.

Organizzazione e traduzione di Teresa Isenburg

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