Il Venezuela di fronte ai creatori del caos

Raúl Antonio Capote www.granma.cu

Il Venezuela è sottoposto a un’intensa terapia di caos, alla sistematica campagna dei media, al lavoro d’influenza permanente, all’incitamento a commettere azioni violente contra settori della classe media, e tutto forma parte di un ben elaborato piano.

La guerra economica provoca scarsità, i modelli di consumo radicati nella cultura borghese sono danneggiati, l’attacco costante genera sentimenti d’insicurezza, di ansia e spavento, mantiene le persone vincolate all’odio, le porta al limite della resistenza; mentendo e mobilitando; muove con destrezza i fili di questo odio e trasforma la popolazione in una bomba a tempo pronta per l’esplosione in qualsiasi momento.

Si «prepara il terreno» con l’obiettivo di provocare una grande confusione mentale, di fronte alla valanga di fatti, di messaggi, di false notizie, di fronte alla scarsità, la mancanza d’acqua, la mancanza di elettricità, gli attentati, etc.

«I cittadini cadono in uno stato di regressione tale che non possono pensare razionalmente, né proteggere i propri interessi», dicono i manuali della CIA.

In questo stato molte persone sono manipolate con facilità e secondo l’Agenzia possono rinunciare alle loro convinzioni

La strategia funziona così: un attacco terrorista, il collasso del mercato, guerra, uragano, una forte mancanza d’elettricità, portano la popolazione di un paese a uno stato di caos collettivo per spezzare la volontà delle società, disperdere la capacità di mobilitazione e di risposta.

Durante il colpo di Stato in Cile nel 1973, mentre le forze armate spiegavano un contingente impressionante contro il Palazzo della Moneta, bombardando selvaggiamente con il proposito di provocare terrore, di paralizzare, le forze della repressione si muovevano contro le fabbriche e le comunità, arrestarono e assassinarono centinaia di persone nelle prime ore.

Carri armati, aerei, cannoni e centinaia di soldati contro un pugno di fedeli assieme al presidente.

Il paese viveva da mesi in una tensione permanente e il rumore del colpo cresceva, i militari scatenarono una furibonda repressione contro i partitari di Unità Popolare (UP), con migliaia di detenuti e centinaia di morti.

Il piano era stato elaborato con anticipo, conoscevano i nomi e i luoghi, andarono nei posti esatti per paralizzare la resistenza.

Le torture applicate, secondo i testimoni, erano praticate più che per ottenere informazioni, per spezzare gli individui.

Anche in Cile ci furono gravi mancanze d’elettricità (apagones) prima del colpo e si cercò di creare un profondo disorientamento, molta paura e un’acuta ansietà nelle persone.

In Argentina, lo scenario del colpo fu elaborato al dettaglio anticipatamente, e andarono a cercare con esattezza i leaders sindacali, i gruppi operai che potevano resistere di fronte alla politica neoliberista che era la piattaforma dei militari e dei loro capi.

La macchina del terrore cercava d’eliminare tutta una generazione, fisicamente e psicologicamente.

L’esperienza della CIA nella tortura, gli esperimenti che cercavano di disumanizzare i prigionieri, privarli della loro identità, «realizzare una cancellazione sicura», servirono da paradigma allo shock.

Furono usati shock elettrici, immersioni, privazioni del sonno , induzione del sonno prolungato, isolamenti sensoriali, pratiche che oggi si usano contro i prigionieri nell’ illegale prigione di Guantánamo.

UGUALI OBIETTIVi

In tutti i paesi del Sudamerica, le grandi multinazionali non solo hanno offerto i loro spazi per creare centri di tortura, come nel caso della Ford, ma collaborarono con i militari, consegnarono i dirigenti sindacali, gli operai “fastidiosi” e parteciparono al piano per riuscire a costruire lo stato neo liberale.

Il sequestro dei figli dei prigionieri nati in cattività, per ubicarli in nuove famiglie di destra (militari, funzionari, politici) faceva parte del progetto di distruzione di una generazione.

Il Cono Sud fu il terreno del caos per riuscire ad impiantare il dominio economico delle multinazionali; dopo i colpi vennero la disoccupazione, la precarietà dei salari, il controllo dei sindacati sopravvissuti e le politiche di austerità.

LO STATO DI SHOCK

«L’esempio più chiaro fu l’11 settembre del 2001. Per milioni di persone il mondo così com’era familiare crollò in mille pezzi e passarono a un periodo di profondo disorientamento e regressione che l’amministrazione Bush seppe sfruttare con perizia.

D’improvviso, stiamo vivendo in una specie di Anno Zero, nel quale tutto quello che sappiamo si potrebbe gettar via con disprezzo con un’etichetta precedente l’11-s»[1].

La dottrina dello shock riproduce questo processo passo a passo, nel suo tentativo d’ottenere a scala massima quello che la tortura individuale ottiene in una sala per interrogatori: distruggere la capacità di una società di rispondere, eliminare i sentimenti di solidarietà e di aiuto collettivo, trasformare l’individuo in un essere timoroso e individualista, il cui unico obiettivo è sopravvivere.

Un esercito di specialisti si è materializzato rapidamente per scoprire nuove e suggestive parole sulla nostra coscienza postraumatica: «chock da civilizzazioni», «asse del male», «fascismo islamico», «sicurezza nazionale».

Con il mondo preoccupato e assorto per le nuove e asissianti guerre culturali,

l’amministrazione Bush ha fatto quello che prima del 11 settembre aveva solo sognato: sferrare le guerre private all’estero e costruire un agglomerato d’imprese di sicurezza in territorio statunitense.

IL VENEZUELA RESISTE

Contro ogni logica imperiale, il Venezuela resiste. Washington ha inciampato in un ostacolo che i super computers non riescono a spiegare e nemmeno i super agenti e i professionisti del caos: la ribellione e la convinzione a resistere.

Milioni di uomini e donne contrappongono questo elemento principale: la solidarietà per resistere ai maestri del terrore, del caos e dell’ingovernabilità.

Dopo il sabotaggio contro il Guri, il Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolás Maduro, ha incitato la comunità studentesca a riprendere le attività scolastiche in resistenza.

Le attività scolastiche che erano state sospese dopo gli attacchi effettuati al Sistema Elettrico Nazionale (SEN), sono riprese il 3 aprile: «Nel mezzo della battaglia la cosa migliore è tornate a scuola. Facciamo uno sforzo perchè ne usciremo vittoriosi», aveva dettagliato il capo di Stato, in risposta alla guerra pianificata ed eseguita dagli Stati Uniti per rendere difficile la vita nel paese.

Il Governo nazionale ha dato istruzioni al Ministero del Potere Popolare per l’Educazione di riprogrammare l’anno scolastico e recuperare i giorni perduti.

Parallelamente è entrato in vigenza da domenica 31 marzo un Piano di 30 giorni per andare ad un regime d’Amministrazione degli incarichi e di equilibrio, con l’obiettivo di restituire in maniera progressiva il Sistema Elettrico Nazionale al popolo venezuelano.

Ad ogni attacco, ad ogni tentativo di destabilizzazione risponde ll popolo del Venezuela, con una risposta che non smette di stupire il mondo e che dovrebbe essere un segnale d’allarme per i maestri del caos.

I valori che la Rivoluzione di Hugo Chávez ha seminato in questi anni sono il principale antidoto contro lo shock.

[1]Klein, Naomi. La dottrina dello shock. L’auge del capitalismo del disastro

 

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