Perché il Venezuela si ritira dall’OSA?

Mision Verdadhttp://aurorasito.altervista.org

Il ritiro del Venezuela dall’Organizzazione degli Stati americani (OSA) è un fatto senza precedenti.

Cuba è l’unica nazione del continente che non fa parte di quell’organizzazione a causa dell’espulsione nel 1962, come punizione per la rivoluzione guidata da Fidel Castro.

Non vi è alcun caso registrato di attivazione degli strumenti di separazione volontaria di un Paese da detta istanza. Il Venezuela, il 26 aprile 2017 avviava il processo di ritiro da detta entità su istruzioni dirette del Presidente Nicolás Maduro. In questo modo fu invocato l’articolo 143 della Carta dell’Organizzazione degli Stati americani del 1948. Questo strumento prevede la denuncia al Segretario Generale e gli altri Paesi membri, osservando che “dopo due anni da cui il Segretariato Generale riceve la notifica di denuncia, questa Carta (statuto fondatore dell’OAS) cesserà di essere efficace nei confronti dello Stato denunciante e quest’ultimo si separerà dall’Organizzazione dopo aver adempiuto agli obblighi derivanti dalla presente Carta”. Lo Stato venezuelano era responsabile dell’adempimento di questo periodo e del pagamento degli obblighi prima di questa istanza. Soddisfacendo questi requisiti, il Venezuela segna il destino di un’organizzazione che viene smantellata per le interferenze spurie che interferiscono dall’allineamento dei governi di destra nella regione, sotto la supervisione dell’OSA, attraverso l’azione diretta dell’amministrazione Trump. In questo senso, le azioni di Luis Almagro erano fondamentali. La diligente antipolitica esercitata dal segretario generale sarà un riferimento nella registrazione del declino assoluto in cui l’organizzazione sprofonda in modo innegabile. Negli ultimi due anni il processo di separazione fu chiaramente indotto, come lo furono le interferenze, che in questo momento culminano con la formulazione di un para-Stato e di un’istituzione parallela venezuelana interna e soprattutto estere col patrocinio della Casa Bianca.

Lobby ed ingerenza
È essenziale indicare per prima cosa la situazione politica del Venezuela in tale entità negli ultimi due anni. Per cominciare, il denominatore che governava l’OAS era il lobbismo della politica estera degli Stati Uniti a favore della grande ondata dei governi di destra nella regione. L’offerta nell’organizzazione fu rilevante, tra cui l’approvazione nel giugno 2018 di una risoluzione che cercava di creare le condizioni per la sospensione del Venezuela dall’ente. Tale risoluzione definiva gli “standard internazionali” sulle elezioni del 20 maggio 2018 in cui il Presidente Nicolás Maduro fu rieletto col 68% dei voti. Con una votazione per appello nominale, con 19 voti a favore, 11 astensioni e 4 contrari, tale risoluzione fu approvata. Tuttavia, gli Stati Uniti, promotori dell’iniziativa, non ottennero la sospensione del Venezuela. Ma l’argomento essenziale per confutare le elezioni del 20 maggio fu il filo conduttore che avrebbe stabilito il nuova assedio a tutto campo del Venezuela, avendo culmine nella scena regionale, proprio con l’OSA e tale risoluzione. L’impossibilità di raggruppare i due terzi dei voti dei membri del Consiglio permanente in diverse sessioni portava Stati Uniti e satelliti a riconfigurare la strategia sul fronte estero del Venezuela, avviando il gruppo di Lima come esempio, se non vincolante o formale, ma belluino nel posizionare la questione venezuelana al centro di speciali assedio, intimidazione, pressione e legittimazione del blocco economico del Paese. L’articolo 19 della Carta democratica interamericana, testo che mantiene lo spirito dell’entità, afferma espressamente: “alcuno Stato o gruppo di Stati ha il diritto di intervenire, direttamente o indirettamente, e per qualsiasi motivo, in questioni interne o estere di qualsiasi altro. Il primo principio esclude non solo la forza armata, ma anche qualsiasi altra forma di interferenza o tendenza ad attaccare la personalità dello Stato, ed elementi politici, economici e culturali che la costituiscono”. Tuttavia, il governo degli Stati Uniti ed altri Paesi del cosiddetto Gruppo di Lima, nell’OSA e fuori, furono emblematici nella violazione sistematica del documento, attaccando lo spirito del modello politico venezuelano, negandone istituzioni e diritti legittimi esercitati col voto della popolazione venezuelana.

La condizione di membro quale meccanismo di pressione
Negli ultimi due anni fu costruita la narrativa che il Venezuela si ritirava dall’entità per agire come “Stato fuorilegge” senza dover sottostare agli obblighi imposti dall’organizzazione. Tale narrazione serviva a criminalizzare il Paese. Di fatto, furono fatte pressioni specifiche sul Venezuela per negare l’ostruzionismo politico sul Paese e le conseguenze negative sull’economia venezuelana, se si ritirava dell’ente, uscendo da permessi, trattati, accordi e protocolli commerciali del “sistema interamericano”. In questo modo, secondo l’agenda diplomatica ed economica asfissiante degli Stati Uniti, l’OAS adottò tutti gli elementi dissuasivi per far ritirare al Venezuela la decisione di ritirarsi dall’entità. Il che significa che per la burocrazia interamericana, l’imminenza del ritiro era un allarme. Contemporaneamente, il Presidente Maduro rafforzava la posizione del governo, concludendo il primo mandato presidenziale e le perturbazioni indotte dall’estero non riuscivano a cambiare il governo di Caracas.

Il proto-Stato all’estero
Dall’inizio del 2019, Washington decise di accelerare le varie pressioni sul Venezuela, creando una “presidenza ad interim”, ma senza dimensioni reali, come dispositivo operativo di un para-Stato che si basa sulla figura del deputato Juan Guaidó. Come è noto, la posizione di Guaidó è irrilevante per la politica interna del Venezuela. Ma su di lui si cerca di legittimare all’opinione pubblica il saccheggio del Venezuela. Vale a dire: rapina dei beni venezuelani negli Stati Uniti, arbitrato sulle risorse venezuelane (sia fisiche che finanziarie) e creazioni di una diplomazia adattabile, denominata, in teoria, da Juan Guaidó, con un compromesso coi partiti anti-chavisti in Venezuela. L’amministrazione Trump propone tali fatti come avanzata della sua strategia, spacciando come “successo” la sponsorizzazione del finto governo di Guaidó, sviluppando così assedio e relazioni estere dell’amministrazione Trump come forma più elaborata di modelli di governo parallelo in l’esilio creati rispettivamente per la Libia e la Siria, col brevetto di Hillary Clinton della “primavera araba”. Il 9 aprile, l’OSA approvava una controversa risoluzione in cui Gustavo Tarre Briceño fu formalmente riconosciuto unico rappresentante de facto del Venezuela . L’evento fu attento a cercare di preservare le formalità. In teoria, non era Guaidó presidente della Repubblica, ma presidente del parlamento, che rese effettiva la nomina dell’”ambasciatore”. La risoluzione in questione segna una pietra miliare nella storia dell’organismo diplomatico regionale, che non aveva mai riconosciuto prima un rappresentante diplomatico nominato da un “capo di Stato” in esilio? La contraddizione si esponeva da sé. La risoluzione del Consiglio permanente dell’OSA (CP/RES 1124) utilizza come base giuridica le disposizioni dell’articolo 80 della Carta OAS, che stabilisce che ogni governo degli Stati membri dell’organizzazione ha l’autorità per accreditare il suo rappresentante attivo. L’articolo 80 della Carta dell’OAS afferma espressamente che “Il Consiglio permanente dell’Organizzazione è composto da un rappresentante di ogni Stato membro, nominato dal rispettivo governo come ambasciatore, ed ogni governo può accreditare un rappresentante ad interim, nonché rappresentanti sostitutivi e consulenti che ritinga appropriati”. Sebbene il dibattito nell’OAS si basasse sul decreto che l’Assemblea nazionale decaduta e in esilio dal Venezuela fosse “l’unica legittima istanza” del Paese e che era quindi fondamentale accettare Tarre Bricenho, secondo l’articolo 80 il Consiglio permanente conferiva poteri presidenziali a Guaidó che non aveva. La risoluzione inoltre violava la Costituzione venezuelana che consente solo al Presidente della Repubblica di nominare il rappresentante presso l’OAS. Allo stesso modo, si menzionava l’articolo 3 dello statuto del Consiglio permanente dell’OSA come base giuridica per la risoluzione CP/RES 1124, tale articolo indica che, al momento della nomina di un nuovo rappresentante ad interim, il governo di ciascun Paese comunica al segretario generale dell’organizzazione. Il testo recita: “Il governo di ciascuno Stato membro informa il Segretario generale della nomina del suo rappresentante, nonché di rappresentanti e consulenti supplenti e, se del caso, di rappresentanti provvisori. Il Segretario generale a sua volta informa il Consiglio permanente ogni volta che uno Stato membro accredita un nuovo rappresentante permanente presso l’Organizzazione”.

La deriva politica
Il finto governo di Guaidó sarà pronto a prendere la sede diplomatica del Venezuela a Washington, una volta che la delegazione venezuelana si ritirerà come previsto. In questo momento, è noto che gli attivisti contro l’intervento in Venezuela proteggevano quegli spazi. Questo fatto suggerisce che il governo degli Stati Uniti interverrà sicuramente ponendosi a concedere paternamente un seggio al suo governo parallelo in Venezuela, che alla fine diventerà sede diplomatica. Poche settimane dopo la scadenza del termine della partenza del Venezuela dall’OSA, i Paesi membri del Consiglio permanente dell’OAS su istruzioni della Casa Bianca decisero di accelerare il processo per sostenere, anche se parallela e artificiale, la presenza del Venezuela nell’organizzazione L’OAS teneva sessioni e 10 Paesi criticavano la presenza di Tarre Bricenho, con posizioni che rimanevano chiare come nelle precedenti occasioni. Non ci sono notizie sull’equilibrio di forze nel forum. All’OAS le discussioni continueranno a concentrarsi sul Venezuela, ora con una voce che, in nome del Paese, sponsorizzerà nuove risoluzioni contrarie all’interesse nazionale. Tali eventi coincideranno col fatto compiuto della presenza di un “ambasciatore” senza governo a Caracas e col paese di fatto fuori dall’organizzazione. L’uscita già avviata del Venezuela e del suo governo legittimo dall’OSA e dal sistema interamericano sarà un input indispensabile sull’argomento del “Paese fuorilegge”. Ciò implicherà che Washington continuerà a costruire un consenso sulle proprie politiche interne ed estere per continuare a sviluppare il piano per indebolire il Venezuela. L’esaurimento istituzionale dell’entità sarà apprezzato a breve termine rafforzando la diatriba e rompendo le formalità elementari della governance interna.

Su questo punto è essenziale pesare la gestione di Luis Almagro, ora soggetto a revisione e alla prossima elezione del Segretario generale, di una struttura fragile e segnata da ampi disaccordi. I recenti spasmi nell’OAS sono sintomatici dell’agenda degli USA sul continente molto aggressiva. E questo va visto in generale. In effetti, lo smantellamento dell’UNASUR, la creazione di PROSUR, il consolidamento dell’Alleanza del Pacifico e la stagnazione della CELAC sono esempi del processo di ristrutturazione del sistema di relazioni internazionali costruito negli ultimi anni. Washington dimostra anche che, anche nel quadro della turbolenta amministrazione Trump, l’approccio tattico ha successo e viene sfruttato dall’attuale ciclo di espansione della destra nella regione. Non si deve cedere all’assedio diretto alla “troika” Venezuela, Cuba e Nicaragua, Principali paesi dell’ALBA-TCP, e critici della deturpazione delle relazioni politiche regionali, che il governo venezuelano denunciava come rinascita della dottrina Monroe per mano dei neoconservatori al potere negli Stati Uniti. Ciò che succede è un processo di reversione delle strutture di contrappeso geopolitiche formali stabilitesi nel ciclo progressista latinoamericano. Queste contraddizioni hanno portato il processo di contrappeso ad essere reso fattore extraregionale.

La Cina è l’unico contrappeso che contrasta le influenze degli Stati Uniti nella regione, una volta che un grande attrito viene prodotto dalle dispute che il Venezuela portava su scala media negli anni precedenti. Il momento impone nuove mosse che ricadono con enfasi speciale sul Venezuela e Paesi ALBA quali unica fortificazione controgemonica del continente.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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