Il diritto di nazionalizzare

Lázaro Barredo  www.cubadebate.cu

Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman ha scritto sul New York Times che “nessun uomo è autosufficiente, sebbene Trump lo sia più della maggior parte. Cosicché, per comprendere la grandezza dei suoi errori nelle decisioni politiche, è necessario riconoscere la straordinaria qualità delle persone che lo circondano. Ciaro che quando dico “straordinaria”, in realtà voglio dire una qualità straordinariamente bassa. Lincoln aveva una squadra di rivali; Trump ha una squadra di imbecilli”.

Questo è quello che stiamo osservando in quelli che formulano ed attuano la politica verso Cuba che, oltre che irrazionale, è abbastanza desolante, perché sembra che siano gli attacchi forsennati, fuori controllo, come se la bile accumulata in tanti anni da molti fallimenti li rendesse più rabbiosi, benché confesso che non gli si può negare il merito dell’efficacia di mascherare la verità di fronte all’opinione pubblica. Sono veri dottori in scienza nell’arte di diffondere menzogne.

Da prima di giungere al potere e approfittando della visione transazionale che Trump ha, questi camaleonti hanno sequestrato la politica verso la nostra nazione ed hanno ripreso l’aggressione per distruggere la Rivoluzione. Per questo, riattivano i processi giudiziari e le cause del titolo III della Legge Helms-Burton, legislazione che propugna, con le sue imposizioni, come dobbiamo essere e come dobbiamo fare per riconvertirci, con totale umiliazione, in un’enclave neocoloniale.

E’ l’ottusa ossessione di infondere paura agli investitori stranieri affinché desistano dall’investire nell’isola, ma anche ai cubani che ci saranno azioni legali e dovremo restituirgli tutte le proprietà nazionalizzate o confiscate, dal 1 gennaio 1959 siano stati o meno di cittadini USA in quel momento, segnando, chiaramente, l’interesse di favorire i batistiani che trovarono sicuro rifugio negli USA dopo la fuga del tiranno Fulgencio Batista.

Nazionalizzazione ed espropriazione

 

Nelle norme del diritto internazionale si contempla la potestà degli stati di esercitare il principio della nazionalizzazione per rivendicare beni, sia di persone naturali che di persone straniere, sempre e quando non si realizzi per motivi discriminatori e si aggiudichi la corrispondente indennizzi.

Così, ad esempio, la Carta dei Diritti e Doveri Economici degli Stati, approvata dall’Assemblea Generale ONU nel 1974, afferma che “ogni Stato ha il diritto a nazionalizzare, espropriare o trasferire la proprietà di beni stranieri, nel qual caso, lo Stato che adotti tali misure dovrà pagare un’appropriata compensazione, tenendo conto delle sue leggi e regolamenti applicabili e tutte le circostanze che lo Stato consideri pertinenti. In ogni caso in cui la competizione sia motivo di controversia, questa sarà risolta secondo la legge nazionale dello Stato che nazionalizza”.

Il Governo Rivoluzionario cubano emise, nel febbraio 1959, la Legge Fondamentale della Repubblica dove si ripresero gli elementi cardine della Costituzione del 1940, la quale vietò il latifondo e stabilì l’espropriazione forzata per pubblica utilità e di interesse nazionale (che non poterono realizzarsi poiché mai nella pseudo-repubblica si fecero leggi complementari per attuare entrambe le disposizioni).

Cuba nazionalizzò le proprietà USA, tra il maggio 1959 e ottobre 1960, nell’ambito dei principi stabiliti dalla legislazione a partire dalla Legge di Riforma Agraria, il 17 maggio 1959, che la fece finita con il latifondo, ed altre misure, come la Legge 851 del 6 luglio 1960, in cui si stabilirono anche i meccanismi di indennizzo.

La nota e riconosciuta giurista Olga Mirada Bravo lasciò, prima di morire, numerosi testi di conferenze impartite negli organismi nazionali ed internazionali, così come i libri sulle nazionalizzazioni ed il blocco, dal momento che, nel 1992, durante i primi dibattiti all’ONU sulla risoluzione di denuncia del blocco, il governo USA giustificò l’applicazione di queste misure coercitive ed extraterritoriali contro il nostro paese garantendo che fosse essenzialmente una risposta alla nazionalizzazione dei beni appartenenti agli USA.

Il 9 luglio 1993 la rappresentante permanente di Cuba presso l’ONU consegnò al Segretario Generale una lettera ed un lungo documento preparato da un gruppo di esperti su richiesta del Governo cubano, in cui è chiaramente dimostrato che il programma di coercizione economica determinò sempre l’interesse delle autorità USA di far pressione per imporre il sistema politico di gradimento USA, mentre non accettarono mai nessuna delle proposte presentate da Cuba per risarcire i proprietari nazionalizzati.

Manca anche totalmente di fondamento l’argomentazione impugnata dagli USA che la nazionalizzazione attuata da Cuba fu illegale e discriminatoria, poiché tale processo incluse proprietà di cittadini di altri paesi. Ad eccezione degli USA, il resto dei paesi adottò una posizione di rispetto in relazione alla decisione sovrana di Cuba e stabilirono trattative con le autorità cubane per la compensazione ai propri cittadini per le proprietà che questi avevano sull’isola. In questo modo, si conclusero accordi con Francia, Svizzera, Gran Bretagna, Canada, Spagna, tra altri, per effettuare le compensazioni, stabilendo scadenze per la loro esecuzione secondo la pratica internazionale in questi casi.

Un’altra importante precisazione, fatta dalla nota giurista Olga Miranda, delimita la questione della confisca dei cittadini di origine cubana al sottolineare che, indipendentemente dal processo di nazionalizzazione, si effettuò la confisca dei beni malversati, mediante procedure stabilite dalla legge, sia attraverso via giudiziaria come amministrativa.

Tale era la portata della frode e furto, che si creò il Ministero del Recupero dei Beni Malversati per determinare in ogni caso, medianti scrupolosi dossier, i beni malversati prodotto di conosciute operazioni fraudolente ed illecite, o ulteriormente legittimati dalla fuga in massa dei loro gestori, proprietari e complici, molti dei quali dagli ultimi mesi del 1958 andavano trasferendo ingenti somme a banche USA, e quasi tutti credettero che questo fosse un processo di transizione, poiché gli USA mai avrebbero permesso una Cuba indipendente e certamente, in questione di mesi, sarebbero intervenuti nel paese. L’elenco delle persone fisiche o giuridiche sanzionate può essere trovato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica di quegli anni.

Naturalmente, segnalò la dottoressa Miranda, poiché la confisca presuppone un fatto punibile, questi casi non comportano alcuna compensazione, da qui la loro sostanziale differenza con la nazionalizzazione, che non è una sanzione e comporta adeguata indennizzo.

Ora, per confondere e coprirsi, molti dei pretesi reclamanti della Helms-Burton di origine cubana, furono effettivamente confiscati e non nazionalizzati, di modo che, a Cuba, non ebbero alcun diritto a compensazione.

Questa azione della Helms-Burton, oltre all’immoralità che ne risulta, viola i limiti stabiliti dal Diritto Internazionale che non conferisce diritti retroattivi ai cittadini per naturalizzazione.

Rispetto al diritto di nazionalizzare, è riconosciuto da non poche personalità ed istituzioni nordamericane che gli USA sempre agirono nell’ambito della coercizione. Dal primo momento, si rifiutò di applicare la formula compensativa proposta da Cuba, che era pienamente compatibile con la pratica internazionale. L’arroganza egemonica impedì all’amministrazione Eisenhower accettare la decisione cubana di uguaglianza sovrana per indennizzare i nazionalizzati; non per il modo in cui fu concepita, ma per il criterio che i suoi cittadini non potevano essere oggetto di espropriazioni.

Al contrario, assunse forme che, in seguito, avrebbero convertito tali reclami in ostaggio della sua politica. Fondamentalmente, impose ai danneggiati un modello di soluzione che permise al governo USA assumere la negoziazione. Il programma di rivendicazioni che elaborò durante quasi otto anni (1964-1972) le concentrò in 5911 casi di cittadini USA al momento della nazionalizzazione, benché solamente una ventina di società hanno quasi l’87% del totale reclamato.

Nonostante essere aggredita, Cuba si è sempre manifestata per indennizzare

 

Il ricercatore cubano Alejandro Aguilar, titolare dell’Istituto Nazionale di Ricerche Economiche, ha pubblicato diverse analisi su questo tema che, senza dubbio, si è convertito in una questione di sicurezza nazionale per Cuba. A partire dalle cause per le quali gli statunitensi non ricevettero un indennizzo per le proprietà nazionalizzate, si è chiesto: Obbedisce forse ad una mancanza di volontà politica di Cuba per questo? Poté Cuba affrontare economicamente la liquidazione degli indennizzi e sotto quali condizioni? Propiziarono, gli USA, un clima adeguato per condurre negoziazioni ed indennizzo? Mantengono vigenza i reclami USA dopo quasi sei decenni di blocco, varie aggressioni ed una sistematica ostilità?

In un corposa argomentazione, il dottor Aguilar segnalò che la Legge di Riforma Agraria, promulgata il 17 maggio 1959, mirava a potenziare l’economia agricola zootecnica del paese, eliminando il possesso improduttivo della terra ed, in particolare, il latifondo, che era già proscritto nella Costituzione approvata nel 1940. Per dare un’idea: il Censimento Agricolo Nazionale del 1946 aveva rivelato questa situazione quando informava che il 15% dei proprietari disponevano quasi del 50% delle aziende agricole.

Nei suoi commenti, il ricercatore sottolineò che la Legge riconobbe anche il diritto costituzionale di indennizzo e stabilì il pagamento mediante Titoli della Riforma Agraria redimibili in 20 anni, con interessi annuali non superiori al 4,5%, per cui si sarebbero inclusi i fondi nel bilancio di ogni anno. Inoltre, stabilì un’eccezione dell’imposta sul reddito personale a quei destinatari di titoli che avessero investito questi fondi. “Le condizioni di ammortizzazione degli indennizzi superavano di gran lunga quelli stabiliti dagli stessi USA per i proprietari terrieri nella riforma attuata durante la loro occupazione del Giappone”, ha sottolineato.

Aguilar ricorda anche che dalla promulgazione della Riforma Agraria, le autorità cubane informarono della loro disponibilità ad esaminare, con il governo USA, su una base di uguaglianza e rispetto reciproco, il tema degli indennizzi ai cittadini USA, allo stesso tempo richiedeva a tale governo di astenersi dall’adottare qualsiasi misura che potesse interferire con il progresso dei negoziati.

Tuttavia, come azione di pressione l’amministrazione USA solo accettò che tale espropriazione comportasse con sé il pagamento di una tempestiva, adeguata ed effettiva compensazione, qualcosa di veramente irrazionale poiché sapevano perfettamente che i personaggi della tirannia, che usurpò il potere a Cuba dal 1952, con il loro totale sostegno avevano saccheggiato le casse della nazione, rubando e dilapidando oltre 460 milioni di $ dalle riserve monetarie internazionali del paese ed avevano lasciato un saldo di debito pubblico di oltre 1,3 miliardi di $.

Un altro elemento importante che sottolinea il ricercatore è che ai primi di giugno 1960 le compagnie petrolifere USA informarono che non avrebbero più inviato petrolio a Cuba e vietarono alle loro raffinerie sull’isola di processare petrolio di altre fonti, nonostante la Legge cubana sui Minerali e Combustibili, in vigore dal 9 maggio 1938, stabiliva l’obbligo di queste società di processare il greggio che lo Stato gli somministrasse.

Nonostante questa aggressione che pretendeva paralizzare il paese, come parte della politica per provocare il soffocamento economico, nella Legge n. 851 del 1960 che autorizza la nazionalizzazione delle società USA si considerò la compensazione dei beni colpiti.

Il Titolare dell’Istituto Nazionale di Ricerche Economiche ricalcò che quella Legge sulla nazionalizzazione nell’articolo 5, stabilì il pagamento per i beni espropriati con titoli della Repubblica, che si sarebbero ammortizzati in un periodo non inferiore a 30 anni, dalla data di esproprio, e con un interesse non inferiore al 2%, per il quale si sarebbe creato il “Fondo per il Pagamento di Espropriazioni di Beni e Società di Cittadini USA”.

Per l’ammortizzazione di tali titoli e come garanzia degli stessi, questo Fondo creato dallo Stato cubano si sarebbe alimentato annualmente con il 25% delle valute estere che corrispondano all’eccesso degli acquisti di zucchero che, in ogni anno solare, realizzano gli USA oltre i 3 milioni di tonnellate lunghe spagnole per il suo consumo interno e ad un prezzo non inferiore a 5,7 centesimi per libbra inglese (FAS).

Se il governo USA avesse appoggiato questa formula, oltre a fornire i fondi per l’indennizzo, sarebbe risultato economicamente vantaggioso per il contribuente USA con prezzi probabilmente minori a quelli che prevalsero nel mercato interno.

Ma come espressione delle sue spietate intenzioni, ciò che fece il governo USA fu emettere il proclama presidenziale 3355, del 6 luglio 1960, cancellando la quota di zucchero per ciò che restava del 1960 e, mesi dopo, cancellò totalmente tutta la quota di zucchero. Con questo, il governo USA eliminò la capacità di pagamento per indennizzare le nazionalizzazioni ai cittadini USA.

Inapplicabile e senza valore né effetto giuridico alcuno

 

Qualsiasi analisi obiettiva, ai sensi delle norme del Diritto Internazionale, concluderà che le espropriazioni decise ebbero per motivazione dotare il popolo cubano di un modo e qualità di vita degna. Non v’è alcuna violazione del trattato da parte del Governo di Cuba, al momento della sua decisione di nazionalizzare, né costituirono ritorsione contro la singolare politica di uno Stato o di un gruppo di Stati, ma la determinazione di creare condizioni primarie e necessarie per lo sviluppo sociale, economico e politico della nazione.

Pertanto, la Legge 80, Legge di Riaffermazione della Dignità e Sovranità Cubane oltre a dichiarare illecita la Legge “Helms-Burton”, inapplicabile e senza valore né effetto giuridico alcuno, considera nulla tutti i reclami in base ad essa di persona naturale o giuridica, qualunque fosse la sua cittadinanza o nazionalità.

Tuttavia, stabilisce che gli indennizzi per lei proprietà USA nazionalizzate in virtù di questo legittimo processo, convalidato dalle leggi cubane e dal Diritto Internazionale, potranno far parte di un processo di negoziazione tra il Governo USA ed il Governo della Repubblica di Cuba, sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco.

E stabilisce come principio giuridico che i reclami di indennizzo per la nazionalizzazione di dette proprietà dovranno essere esaminate congiuntamente con gli indennizzi a cui lo Stato ed il popolo cubano hanno diritto, a causa dei danni causati dal blocco e dalle aggressioni di ogni tipo, la cui responsabilità corrisponde al Governo USA.

Allo stesso modo, la Legge cubana stabilisce che saranno esclusi da futuri possibili negoziati qualsiasi persona fisica o giuridica degli USA che utilizzi le procedure ed i meccanismi della Legge “Helms-Burton”, si appelli a questi o tratti di usarli a scapito degli altri.

Le aberranti pretese di impossessarsi di Cuba ritornano ad esacerbare il conflitto ed, ancora una volta, commettono lo stesso errore: sottovalutare la vocazione patriottica ed indipendentista dei cubani.


El derecho de nacionalizar

Por: Lázaro Barredo

El premio Nobel de Economía Paul Krugman escribió en el New York Times que “ningún hombre es autosuficiente, aunque Trump lo sea más que la mayoría. Así que, para poder comprender la magnitud de sus metidas de pata en las decisiones sobre políticas, es necesario reconocer la extraordinaria calidad de las personas que lo rodean. Claro que cuando digo “extraordinaria”, en realidad quiero decir una calidad extraordinariamente baja. Lincoln tenía un equipo de rivales; Trump tiene un equipo de imbéciles”.

Eso es lo que estamos observando en los que formulan y ejecutan la política hacia Cuba que, además de irracional, es bastante desoladora, porque parece que son ataques frenéticos, fuera de control, como si la bilis acumulada durante tantos años por tantos fracasos los hiciera más rabiosos, aunque confieso que no se les puede negar el mérito por la eficacia para disfrazar la verdad ante la opinión pública. Son verdaderos doctores en ciencia en el arte de propagar mentiras.

Desde antes de llegar al poder y aprovechando la visión transaccional que tiene Trump, estos camajanes secuestraron la política hacia nuestra nación y retomaron la agresión para destruir a la Revolución. Por eso, reactivan los procesos judiciales y las demandas del título III de la ley Helms-Burton, legislación que propugna con sus imposiciones de cómo tenemos que ser y como tenemos que hacer para reconvertirnos con total humillación en un enclave neocolonial.

Es la obtusa obsesión de infundir miedo a los inversionistas extranjeros para que desistan de invertir en la Isla, pero también a los cubanos de que habrá demandas judiciales y tendremos que devolverles todas las propiedades nacionalizadas o confiscadas desde el 1ro de enero de 1959 hayan sido o no de ciudadanos norteamericanos en ese momento, marcando claramente el interés de favorecer a los batistianos que encontraron refugio seguro en los Estados Unidos tras la huida del tirano Fulgencio Batista.

Nacionalización y expropiación

En las normas del derecho internacional se contempla la potestad de los estados de ejercer el principio de la nacionalización para reivindicar bienes tanto de personas naturales como de personas extranjeras, siempre y cuando no se realice por motivos discriminatorios y se adjudique la correspondiente indemnización.

Así, por ejemplo, la Carta de Derechos y Deberes Económicos de los Estados, aprobada por la Asamblea General de la ONU en 1974, dispone que “todo Estado tiene derecho a nacionalizar, expropiar o transferir la propiedad de bienes extranjeros, en cuyo caso, el Estado que adopte esas medidas deberá pagar una compensación apropiada, teniendo en cuenta sus leyes y reglamentos aplicables y todas las circunstancias que el Estado considere pertinente. En cualquier caso en que la competencia sea motivo de controversia, esta será resuelta conforme a la ley nacional del Estado que nacionaliza”.

El Gobierno Revolucionario cubano dictó en febrero de 1959 la Ley Fundamental de la República donde se retomaron los elementos cardinales de la Constitución de 1940, la cual proscribió el latifundio y estableció la expropiación forzosa por causa de utilidad pública e interés nacional (que no pudieron llevarse a cabo pues nunca en la seudorepública se hicieron las leyes complementarias para ejecutar ambas disposiciones).

Cuba nacionalizó las propiedades estadounidenses entre mayo de 1959 y octubre de 1960 como parte de los principios establecidos en su legislación a partir de la Ley de Reforma Agraria el 17 de mayo de 1959, que acabó con el latifundio, y otras medidas como la Ley 851 de 6 de julio de 1960, en la cual se establecieron también los mecanismos de indemnización.

La destacada y reconocida jurista Olga Mirada Bravo dejó antes de fallecer numerosos textos de conferencias impartidas en organismos nacionales e internacionales, así como libros sobre las nacionalizaciones y el bloqueo, puesto que en 1992 durante los primeros debates en la ONU de la resolución de denuncia del bloqueo, el gobierno estadounidense justificó la aplicación de esas medidas coercitivas y extraterritoriales contra nuestro país al asegurar que era esencialmente una respuesta a la nacionalización de los bienes pertenecientes a los Estados Unidos

El 9 de julio de 1993 el representante permanente de Cuba ante la ONU entregó al Secretario General una carta y un extenso documento elaborado por un grupo de expertos a solicitud del Gobierno cubano, donde se prueba claramente que el programa de coerción económica determinó siempre el interés de las autoridades norteamericanas de presionar para imponer el sistema político del agrado de Estados Unidos, mientras que nunca aceptaron ninguna de las propuestas presentadas por Cuba para indemnizar a los propietarios nacionalizados.

También carece de todo fundamento el argumento esgrimido por EE.UU. de que la nacionalización efectuada por Cuba fue ilegal y discriminatoria, puesto que dicho proceso incluyó propiedades de nacionales de otros países. Excepto Estados Unidos, el resto de los países adoptó una posición respetuosa con relación a la decisión soberana de Cuba y establecieron negociaciones con las autoridades cubanas para la compensación a sus nacionales por las propiedades que estos tenían en la isla. De esta forma, se concluyeron acuerdos con Francia, Suiza, Gran Bretaña, Canadá, España , entre otros, para efectuar las compensaciones, estableciendo plazos para su ejecución acordes a la práctica internacional en estos casos.

Otra aclaración importante que hizo la destacada jurista Olga Miranda deslinda el asunto de la confiscación de los ciudadanos de origen cubano al subrayar que independientemente del proceso de nacionalización, se efectuó la confiscación de los bienes malversados, mediante procedimientos establecidos en la ley, tanto por vía judicial como administrativa.

Tal era la magnitud del fraude y robo, que se creó el Ministerio de Recuperación de Bienes Malversados, para determinar en cada caso, mediante escrupuloso expediente, los bienes malversados producto de notorias operaciones fraudulentas e ilícitas, o legitimados adicionalmente por la fuga en masa de sus gestores, propietarios y cómplices, muchos de los cuales desde los meses finales de 1958 venían trasladando cuantiosas sumas a bancos norteamericanos, y casi todos creyeron que este era un proceso transitorio, pues Estados Unidos nunca permitiría una Cuba independiente y seguramente en cuestión de meses intervendría al país. Puede encontrarse en la Gaceta Oficial de la República de aquellos años, la relación de personas naturales o jurídicas sancionadas.

Por supuesto, señaló la doctora Miranda, como la confiscación presupone un hecho punible, estos casos no llevan compensación alguna, de ahí su diferencia sustancial con la nacionalización, que no es una sanción y que conlleva la indemnización adecuada.

Ahora, para confundir y encubrirse, muchos de los pretendidos reclamantes de la Helms-Burton de origen cubano, fueron realmente confiscados y no nacionalizados, por lo que en Cuba no tuvieron ningún derecho a compensación.

Esta acción de la Helms-Burton, además de lo inmoral que resulta, vulnera los limites establecidos por el Derecho Internacional que no confiere derechos retroactivos a los ciudadanos por naturalización.

Con respecto al derecho a nacionalizar, es reconocido por no pocas personalidades e instituciones norteamericanas que Estados Unidos siempre actuó en el marco de la coerción. Desde el primer momento se negó a la aplicación de la fórmula compensadora propuesta por Cuba que era plenamente compatible con la práctica internacional. La soberbia hegemónica impidió a la administración Eisenhower aceptar la decisión cubana de igualdad soberana para indemnizar a los nacionalizados, no por la forma en que fue concebida, sino por el criterio de que sus nacionales no podían ser objeto de expropiaciones.

Por el contrario, asumió formas que convertirían después a esas reclamaciones en rehén de su política. Básicamente impuso a los afectados un modelo de solución que permitió al gobierno de EE.UU. asumir la negociación. El programa de reclamaciones que elaboró durante cerca de ocho años (1964-1972) las concentró en 5911 casos de estadounidenses al momento de la nacionalización, aunque solamente una veintena de empresas tienen casi el 87 por ciento del monto reclamado.

Pese a ser agredida, Cuba siempre se manifestó por indemnizar

El investigador cubano Alejandro Aguilar, titular del Instituto Nacional de Investigaciones Económicas, ha publicado diversos análisis sobre este tema que, sin dudas, se ha convertido en una cuestión de seguridad nacional para Cuba. A partir de las causas por las que los estadunidenses no recibieron la compensación por las propiedades nacionalizadas, él se ha preguntado:: ¿Obedece acaso a una falta de voluntad política de Cuba para ello?. ¿Pudo Cuba enfrentar económicamente la liquidación de las indemnizaciones y bajo qué condiciones? ¿Propició EE.UU. un clima adecuado para llevar a cabo las negociaciones y la indemnización? ¿Mantienen vigencia las reclamaciones estadounidenses después de casi seis décadas de bloqueo, agresiones diversas y una sistemática hostilidad?

En una enjundiosa argumentación, el doctor Aguilar señaló que La Ley de Reforma Agraria promulgada el 17 de mayo de 1959 estaba encaminada a potenciar la economía agropecuaria del país, eliminando la posesión improductiva de la tierra y, en particular, el latifundio, el cual estaba proscrito ya en la Constitución aprobada en 1940. Para ofrecer una idea: el Censo Agrícola Nacional de 1946 había puesto de manifiesto esta situación cuando informaba que el 15 por ciento de los propietarios disponían casi del 50 por ciento de las fincas

En sus comentarios, el investigador enfatizó que la Ley también reconoció el derecho constitucional de indemnización y estableció el pago mediante Bonos de Reforma Agraria, redimibles en 20 años, con interés anual no mayor del 4,5 por ciento, para lo cual se incluirían los fondos en el presupuesto de cada año. Estableció, además, una excepción del impuesto sobre renta personal a aquéllos receptores de bonos que inviertan estos fondos. “Las condiciones de amortización de las indemnizaciones superaban con creces las que se establecieron por los propios Estados Unidos a los terratenientes en la reforma efectuada durante su ocupación del Japón”, subrayó.

Aguilar igualmente rememora que desde la promulgación de la Reforma Agraria, las autoridades cubanas informaron su disposición a examinar con el gobierno de EE.UU., en un plano de igualdad y de respeto mutuo, el tema de la indemnización a los nacionales estadounidenses, al propio tiempo que demandaba a ese gobierno que se abstuviera de tomar cualquier medida que pudiera interferir la marcha de las negociaciones.

Sin embargo, como acción presionante la administración norteamericana solo aceptó que esa expropiación llevara consigo el pago de una pronta, adecuada y efectiva compensación, algo verdaderamente irracional pues conocían perfectamente que los personeros de la tiranía que usurpó el poder en Cuba desde 1952 con su total apoyo habían saqueado las arcas de la nación, robando y malversando más de 460 millones de dólares de las reservas monetarias internacionales del país y habían dejado un saldo de deuda pública de más de 1 300 millones de dólares.

Otro elemento importante que destaca el investigador es que a comienzos de junio de 1960 las empresas petroleras estadounidenses informaron que no enviarían más petróleo a Cuba y prohibieron a sus refinerías en la Isla que procesaran el petróleo de otras fuentes, no obstante que la Ley cubana de Minerales y Combustibles vigente desde el 9 de mayo de 1938 establecía la obligatoriedad de esas empresas de procesar el petróleo crudo que el Estado le suministrara.

No obstante esa agresión que pretendía paralizar al país como parte de la política de provocar la asfixia económica , en la Ley # 851 de 1960 que autoriza la nacionalización de las empresas estadounidenses se consideró la compensación de los bienes afectados.

El Titular del Instituto Nacional de Investigaciones Económicas recalcó que esa Ley nacionalizadora en artículo No. 5, estableció el pago por los bienes expropiados con bonos de la República, que se amortizarían en un plazo no menor de 30 años a partir de la fecha de expropiación y con un interés no menor del 2 por ciento, para lo cual se crearía el “Fondo para el Pago de Expropiaciones de Bienes y Empresas de Nacionales de los Estados Unidos de América”.

Para la amortización de dichos bonos y como garantía de los mismos, este Fondo creado por el Estado cubano se nutriría anualmente con el 25 por ciento de las divisas extranjeras que correspondan al exceso de las compras de azúcares que en cada año calendario realicen los Estados Unidos de Norteamérica sobre tres millones de toneladas largas españolas para su consumo interno y a un precio no menor de 5,75 centavos de dólar la libra inglesa (F.A.S).

Si el gobierno de Estados Unidos hubiese respaldado esta fórmula, además de proveer los fondos para la indemnización, hubiera resultado económicamente favorable al contribuyente estadounidense con precios probablemente menores a los que prevalecieron en el mercado interno,

Pero como expresión de sus despiadadas intenciones, lo que hizo el gobierno de Estados Unidos fue dictar la proclama presidencial 3355, del 6 de julio de 1960, cancelando la cuota azucarera para lo que restaba del año 1960 y meses después canceló totalmente toda la cuota azucarera. Con ello, el Gobierno de Estados Unidos eliminó la capacidad de pago para indemnizar las nacionalizaciones a los ciudadanos norteamericanos.

Inaplicable y sin valor ni efecto jurídico alguno

Cualquier análisis objetivo a tenor de las normas del Derechos Internacional concluirá que las expropiaciones decididas tuvieron por motivación dotar al pueblo cubano de un modo y calidad de vida dignos No hay violación alguna de tratado por parte del Gobierno de Cuba al momento de su decisión nacionalizadora ni constituyeron represalia contra la política singular de un Estado o de un grupo de Estados, sino la determinación de crear condiciones primarias y necesarias para el desarrollo social, económico y político de la nación.

Por eso, la Ley 80, LEY DE REAFIRMACIÓN DE LA DIGNIDAD Y SOBERANÍA CUBANAS, además de declarar ilícita la Ley “Helms-Burton”, inaplicable y sin valor ni efecto jurídico alguno, considera nula toda reclamación amparada en ella de persona natural o jurídica, cualquiera que fuere su ciudadanía o nacionalidad.

No obstante, establece que las indemnizaciones por las propiedades estadounidenses nacionalizadas en virtud de ese proceso legítimo, validado por las leyes cubanas y el Derecho Internacional, podrán formar parte de un proceso negociador entre el Gobierno de los Estados Unidos de América y el Gobierno de la República de Cuba, sobre la base de la igualdad y el respeto mutuo.

Y establece como principio jurídico que las reclamaciones de indemnización por la nacionalización de dichas propiedades deberán ser examinadas conjuntamente con las indemnizaciones a que el Estado y el pueblo cubanos tienen derecho, con motivo de los daños y perjuicios causados por el bloqueo y las agresiones de todo tipo, cuya responsabilidad corresponde al Gobierno de Estados Unidos.

De la misma manera, la Ley cubana determina que quedará excluida de futuras posibles negociaciones rcualquier persona natural o jurídica de los Estados Unidos de América que utilice los procedimientos y mecanismos de la Ley “Helms-Burton”, se acoja a éstos o trate de emplearlos en perjuicio de otros.

Las aberradas pretensiones de apoderarse de Cuba vuelven a agudizar el conflicto y, una vez más, comenten el mismo error: subestimar la vocación patriótica e independista de los cubanos.

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