Il Forum di San Paolo nel Selvaggio West della comunicazione politica

Esiste un’internazionale di destra diretta da Steve Bannon con presenza in America Latina

Rosa Miriam Elizalde https://medium.com/dominio-cuba/

Steve Bannon, l’artefice della campagna elettorale di Donald Trump, nel 2016, è l’ideologo della comunicazione politica di alt-right. È dietro le tattiche comunicative della destra europea, che oggi domina le reti digitali. È sbarcato in America Latina con la famiglia Bolsonaro, che lo adora e lo ha invitato a partecipare al processo elettorale in Brasile. Ha contatti e simpatizzanti in Cile ed Argentina, ovviamente nostalgici delle dittature, come ha riconosciuto pubblicamente.

The Moviment, il suo quartier generale da cui offre supporto logistico alle forze d’estrema destra, è qualcosa di più di un sinistro ufficio a Bruxelles da cui escono consulenti, specialisti nell’ottenimento e manipolazione di dati ed esperti viralizzatori di notizie false. È un’internazionale del pensiero neocon disposta a coordinare tutte le forze retrograde che operano nel mondo e che avanza con salti da rana, dominando i processi elettorali con un discorso anti-sistema che ha orecchie ricettive ovunque. Alcuni, perché vogliono zero regolazione statale; altri, perché sono le vittime della globalizzazione neoliberale.

Bannon è il braccio esecutivo di un anti-Forum di San Paulo in termini di comunicazione politica, in cui gli strumenti del marketing occupano un posto centrale nella modellazione degli scenari dei nostri paesi. Ha altre peculiarità. La lotta nelle urne è sempre meno un terreno diretto da portavoce, giornalisti e comunicatori per convertirsi in uno spazio interdisciplinare in cui convergono filosofi, economisti, matematici, informatici, specialisti di marketing e tutti i tipi di professioni che dispiegano, chirurgicamente, le menzogne, usano clandestinamente i dati personali, si avvalgono di industrie illegali per gonfiare l’interazione digitale e fanno permanentemente appello ai messaggi emozionali e al sicariato politico nelle reti.

Questo Selvaggio West si serve della scienza e della tecnica e comprende perfettamente che esistono due paradigmi della comunicazione politica in conflitto. Uno, lineare, decomplessizzato e unidirezionale, che è pensato in termini di diffusione ed in cui i destinatari sono trattati come massa senza volto. Ed un altro approccio che si concentra sul destinatario, sulle sue emozioni e reazioni, e libera la comunicazione del suo abito paternalistico e verticale, per pensarla da una visione strategica e di costruzione di significato condiviso, in funzione di obiettivi politici.

La mano nera di Steve Bannon è, ad esempio, nei metodi dello stratega ecuadoriano Jaime Durán Barba, il principale consigliere della campagna per la rielezione di Mauricio Macri. Alejandro Bercovich, del mattutino di Buenos Aires Negocios, ha documentato come la microsegmentazione del messaggio del candidato ufficiale “sta raggiungendo livelli mai visti in Argentina”. Ogni giorno vengono visualizzati 37 spot diversi per 37 pubblico distinti. “L’altro ieri (su Facebook ed Instagram) si poteva vedere un record di 419 avvisi diversi di Juntos por el Cambio… Quattrocentodiciannove spot con 419 microstorie, 419 sequenze di immagini, 419 appelli alle emozioni”, aggiunge.

La decisione di partecipare ad un movimento, condividere un’idea o dare il voto ad un candidato in un’elezione politica non è il risultato di un processo semplicemente ragionato. Ciò che abbiamo visto nei processi elettorali degli ultimi tre anni è che la gente vota in base alla propria identità morale ed ai suoi valori, anche quando questi vanno contro i loro interessi. Il votante, di solito, è mal informato, ha ignorato le informazioni politiche di base o è, semplicemente, così indignato con il sistema che punta al primo che articoli un discorso di cambiamento, con l’aiuto di laboratori che stimolano i loro istinti primari.

Susan Sontag avvertiva che “la sinistra ha molto da imparare dalla destra sul suo modo di far cambiare l’ideologia e di fabbricare quello che io chiamo il senso comune”. Comprendere come funziona tale dispositivo che crea “senso comune” permetterà intravedere quali saranno le sfide politiche dei prossimi anni in uno scenario d’azione che presenta, ogni giorno, maggior complessità.

Per iniziare, dovremmo porci alcune domande. Con il dispiegamento dei big data e la pubblicità telediretta può, il cittadino del XXI secolo, sfuggire ad una rete digitale che, in assenza di norme, manca anche di etica da parte di coloro che la tessono? La sinistra latinoamericana ha un fronte che, dall’etica e dalla scienza, possa reagire a questa artiglieria?

Queste domande hanno sorvolato la discussione del Seminario di Comunicazione Politica del Forum di San Paolo, che si è riunito in Telesur. Inoltre, la convinzione che questa concertazione regionale debba uscire dalle interminabili diagnosi e concentrarsi sulla progettazione di strategie e creare i suoi propri strumenti per passare all’offensiva. Bisogna attivare e interlacciare le reti di comunicatori di ciascuna organizzazione e cominciare a prepararsi a disarticolare il dispositivo del marketing, ad alta tecnologia, che accompagna, oggi, la destra transnazionale, con i suoi meteoriti politici come la Brexit, Donald Trump, Bolsonaro e Guaidó.

La risposta dalla sinistra deve essere data non solo in relazione al contenuto che generano ed articolano i 121 partiti e movimenti che, in America Latina, integrano ufficialmente il Forum, ma anche con la forma, con le emozioni che questi contenuti forniscono, con quale consenso si cerca, quale ordine, quali libertà e qual è la verità che si occulta, non solo dietro le bolle in cui ci racchiudono, ma esattamente al loro interno.

“Vincere comunque e con qualsiasi strumento” è il motto della comunicazione politica del XXI secolo con Steve Bannon come maresciallo di campo. Guardato dall’orizzonte dei gruppi politici della sinistra continentale, la sfida è sedurre, superare i confini locali, prendersi cura dei micro-scenari e penetrare in circoli precedentemente inaccessibili e confinati nell’auto compiacenza ideologica di coloro che vogliono solo convertire questo mondo in un luogo più inospitale di quello che già è.

(Originariamente pubblicato in Dominio Cuba)


El Foro de Sao Paulo en el Salvaje Oeste de la comunicación política

Existe una internacional de derecha dirigida por Steve Bannon con presencia en América Latina.

Por: Rosa Miriam Elizalde

Steve Bannon, el artífice de la campaña electoral de Donald Trump en 2016, es el ideólogo de la comunicación política alt-right. Está detrás de las tácticas comunicacionales de la derecha europea, que hoy domina las redes digitales. Ha desembarcado en América Latina con la familia Bolsonaro, que le rinde culto y lo invitó a participar en el proceso electoral en Brasil. Tiene contactos y simpatizantes en Chile y Argentina, obviamente nostálgicos de las dictaduras, según ha reconocido públicamente.

The Moviment, su cuartel general desde el cual ofrece apoyo logístico a las fuerzas de extrema derecha, es algo más que una oficina siniestra en Bruselas de la que salen consejeros, especialistas en obtención y manipulación de datos, y expertos viralizadores de fake news. Es una internacional del pensamiento neocon dispuesta a coordinar todas las fuerzas retrógradas que operan en el mundo y que avanza a saltos de rana, dominando los procesos electorales con un discurso antisistema que tiene oídos receptivos en los de arriba y en los de abajo. Unos, porque quieren cero regulación del Estado; otros, porque son las víctimas de la globalización neoliberal.

Bannon es el brazo ejecutor de un anti-Foro de Sao Paulo en términos de comunicación política, donde los instrumentos del marketing ocupan un lugar central en la modelación de los escenarios de nuestros países. Tiene otras particularidades. La lucha en las urnas es cada vez menos un terreno dirimido por voceros, periodistas y comunicadores para convertirse en un espacio interdisciplinar donde convergen filósofos, economistas, matématicos, informáticos, especialistas en marketing y toda suerte de profesiones que despliegan de manera quirúrgica las mentiras, usan clandestinamente los datos personales, se valen de industrias ilegales para inflar la interacción digital y apelan permanentemente a los mensajes emocionales y al sicariato político en las redes.

Este Salvaje Oeste se sirve de la ciencia y de la técnica y entiende perfectamente que existen dos paradigmas de la comunicación política en pugna. Una, lineal, descomplejizada y unidireccional, que se piensa en términos de difusión y en la que los destinatarios son tratados como masa sin rostro. Y otro enfoque que se concentra en el destinatario, en sus emociones y reacciones, y libera a la comunicación de su vestimenta paternalista y vertical, para pensarla desde una visión estratégica y de construcción de sentido compartida, en función de objetivos políticos.

La mano negra de Steve Bannon está, por ejemplo, en los métodos del estratega ecuatoriano Jaime Durán Barba, el principal asesor de la campaña para la reelección de Mauricio Macri. Alejandro Bercovich, del matutino Buenos Aires Negocios, ha documentado como la microsegmentación del mensaje del candidato oficialista “está llegando a niveles nunca vistos en Argentina”. A diario se despliegan 37 spots diferentes para 37 públicos distintos. “Anteayer (en Facebook e Instagram) se podía ver un récord de 419 avisos diferentes de Juntos por el Cambio… Cuatrocientos diecinueve spots son 419 microhistorias, 419 secuencias de imagen, 419 apelaciones a la emoción”, añade.

La decisión de participar en un movimiento, compartir una idea u otorgarle el voto a un candidato en una elección política no es el resultado de un proceso meramente razonado. Lo que hemos visto en los procesos electorales de los últimos tres años es que la gente vota según su identidad moral y sus valores, aún cuando estos vayan en contra de sus intereses. El votante suele estar mal informado, ha ignorado la información política básica o simplemente está tan indignado con el sistema que se apunta al primero que articule un discurso de cambio, con la ayuda de laboratorios que estimulan sus instintos primarios.

Susan Sontag advertía que “la izquierda tiene mucho que aprender de la derecha sobre su manera de hacer cambiar la ideología y de fabricar lo que yo llamo el sentido común”. Comprender cómo funciona ese dispositivo que crea “sentido común” permitirá vislumbrar cuáles serán los desafíos políticos de los próximos años en un escenario de actuación que presenta cada día mayor complejidad.

Para empezar, deberíamos hacernos algunas preguntas. Con el despliegue de la big data y la publicidad teledirigida, ¿puede el ciudadano del siglo XXI escapar a una red digital que a falta de normas también carece de ética de parte de quienes la tejen? ¿Tiene la izquierda latinoamericana un frente que, desde la ética y desde la ciencia, pueda reaccionar ante esta artillería?

Esas preguntas sobrevolaron la discusión del Taller de Comunicación Política del Foro de Sao Paulo, que sesionó en Telesur. También, la convicción de que esta concertación regional debe salir de los interminables diagnósticos y enfocarse en el diseño de estrategias y crear sus propios instrumentos para pasar a la ofensiva. Hay que activar y entrelazar las redes de comunicadores de cada organización y comenzar a prepararse para desarticular el dispositivo del marketing de alta tecnología que acompaña hoy a la derecha transnacional, con sus meteoritos políticos como el Brexit, Donald Trump, Bolsonaro y Guaidó.

La respuesta desde la izquierda tiene que darse no sólo en relación con el contenido que generen y articulen los 121 partidos y movimientos que en América Latina integran oficialmente el Foro, sino con la forma, con las emociones que estos contenidos proveen, con qué consenso se busca, qué orden, qué libertades y cuál es la verdad que se oculta, no sólo detrás de las burbujas en las que nos encierran, sino exactamente dentro de ellas.

“Ganar como sea y con las herramientas que sea” es el lema de la comunicación política del siglo XXI con Steve Bannon de mariscal de campo. Mirado desde el horizonte de los agrupamientos políticos de la izquierda continental, el desafío es seducir, superar las fronteras locales, atender a los micro escenarios y penetrar en círculos antes inaccesibles y confinados en la autocomplacencia ideológica de quienes solo quieren convertir este mundo en un lugar más inhóspito de lo que ya es.

(Publicado originalmente en Dominio Cuba)

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