Cuba: la “Montecarlo dei Caraibi”?

Fabián Escalante Font https://lapupilainsomne.wordpress.com

Il 10 dicembre 2015, Fidel in un messaggio al Presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, tra le altre idee espresse: “I rivoluzionari cubani, a poche miglia dagli Stati Uniti, che hanno sempre sognato d’impadronirsi di Cuba per trasformarla in un ibrido di casinò con postribolo come modo di vita per i figli di José Martí, non rinunceranno mai alla loro piena indipendenza e al rispetto totale della loro dignità”, qualcosa di necessario da ricordare oggi, quando dal Nord si pretende “glorificare” Fulgencio Batista e la società cubana di allora.

Le relazioni tra USA e Cuba furono conflittuali da epoche antiche, a causa delle loro (USA ndt) vecchie ambizioni geopolitiche. La dottrina Monroe 1, promulgata nel primo terzo del XIX secolo, preconizzava il loro diritto sui paesi del continente. Cuba, quando divenne indipendente dalla Spagna, gli corrispondeva, poiché era situata nell’area della loro influenza. Sembravano ignorare che l’indipendenza cubana fosse stata ottenuta dal sacrificio e dal sangue dei suoi figli, che soffrirono il sostegno complice alla metropoli di quel paese, che solo decise di schierarsi quando le forze cubane avevano sconfitto l’esercito spagnolo.

L’intervento militare USA, che pose fine alla guerra, istituì un governo provvisorio, che dopo aver sciolto l’Esercito Mambí e tenuto alcune elezioni, in cui i patrioti furono relegati e divisi, propiziarono una Repubblica neo-coloniale. Nuovi interventi, ed infine un emendamento costituzionale (Platt), che conferiva loro il diritto di intervenire militarmente quando lo avessero considerato necessario, aprirono un’era neocoloniale, nella nostra patria, frustrando l’indipendenza e la sovranità nazionali.

In precedenza, durante la colonia, gli interessi economici USA avevano iniziato a stabilirsi a Cuba e dopo l’inizio del processo repubblicano, i gruppi finanziari di quel paese s’impadronirono dell’economia cubana, principalmente dello zucchero, agricoltura, bestiame e servizi, investendo, in quei primi decenni, circa 1500 milioni di $. Lo zucchero fu il loro obiettivo primario, da cui ottenevano importanti dividendi, non solo per il loro peso nella sua produzione, ma anche perché erano loro che lo commercializzavano e quindi dovevano pagare dazi, al loro governo, per la sua esportazione. Nel decennio degli anni ’20, quel governo incassò, per tale ragione, l’incredibile somma di 1.119.000.000 di $.

Cuba e le sue ricchezza appartenevano a loro. Il gruppo Rockefeller, uno dei pionieri nell’insediarsi sull’isola, possedeva una ventina di zuccherifici, 40000 cavallerie (misura agraria ndt) di terra, il King Ranch per lo sviluppo del bestiame, lo sfruttamento del nichel nel nord-est di Cuba (Nicaro), Banche (come la Chase Manhattan Banky ed altre) e raffinerie di petrolio (a Standar Oíl de New Jersey, Texaco…) ed altri affari.

Gli anni ’30 furono di definizioni. Da un lato, la necessità di contrastare la Rivoluzione, risultato del rovesciamento della dittatura di Machado e, dall’altro, l’urgenza di istituire un governo duro, che fornisse stabilità al commercio ed agli affari; ruolo poi assegnato al colonnello Fulgencio Batista.

Quegli anni furono l’inizio della penetrazione dei tentacoli della mafia yankee, prima con il contrabbando di alcol e poi con il riciclaggio di denaro. Negli anni ’40, il capitale USA investito nell’isola iniziò a migrare dal settore agricolo/allevamento ai servizi, alle miniere, all’industria ed al turismo. La Costituzione del ’40, che prevedeva la possibilità di una Riforma Agraria, li spinse a questa decisione, aggiungendosi alla riduzione della quota di zucchero assegnata a Cuba nel mercato USA, che diminuì notevolmente dal 50 al 28%.

Durante la II Guerra Mondiale si era prodotta, negli USA, un’alleanza strategica tra lo Stato, il capitale finanziaria, il complesso di sicurezza ed intelligence e la mafia, il cui primo risultato fu quello di garantire la sicurezza dei porti USA da eventuali sabotaggi tedeschi, e poi facilitare lo sbarco delle sue truppe in Sicilia, Italia. Quella “santa” alleanza si andrà rafforzando nel corso degli anni. A Cuba giungeranno i suoi effetti, uno dei quali fu l’incontro, nel 1946, di tutti i capi della mafia USA nell’Hotel Nacional, dove si decise il controllo e le sfere di influenza delle “famiglie” sull’isola e la legalizzazione delle loro fortune.

Graham Greene, il noto scrittore britannico, dopo una delle sue visite a Cuba avrebbe scritto: “L’Avana, è la città in cui tutto il vizio è permesso ed ogni commercio possibile, raccontava che si dilettava nel Floridita, nei suoi bordelli, alla roulette negli hotel, al teatro Shanghai dove, per un dollaro e venticinque centesimi, uno poteva vedere uno spettacolo di estrema oscenità e quando si annoiava di questo, andava a cercare un po’ di cocaina, alla portata di tutti. Il bordello preferito (quello di Marina2) era arredato con tavoli in linoleum, senza macchie e sedie disposte attorno ad una piccola pista da ballo. Le ragazze, tutte adolescenti, erano in pantaloncini corti, erano bianche e molte bionde, con occhi latini”.

All’Avana, l’ambasciatore USA Arthur Gardner osservava, con crescente incredulità, e si lamentava pubblicamente che “Le masse di persone che vengono qui sono inclini solo al piacere e pensano solo in termini di divertimento, rum e locali notturni”.

A poco a poco, i grandi interessi economici USA s’impossessarono delle nascenti industrie, società di esportazione ed importazione e del turismo dell’ozio. Nel frattempo, il traffico di droga, diamanti, articoli sontuosi, prostituzione qualificata ed il riciclaggio di denaro crebbero in modo sproporzionato. A tal fine, furono aperte 72 banche ed istituti finanziari, uno solo di essi, il Gelats, ricevette, nel 1949, quasi 1 milione di $ per essere “lavati”.

Il progetto economico consisteva nel fare di Cuba la “Montecarlo dei Caraibi”. Secondo le “memorie” di Batista, il governo cubano investì, nello stesso, 1 miliardo di $, alcuni dei quali furono consegnati per i servizi (elettricità e telefoni), altri per compagnie aeree, altri per infrastrutture, infine, tutti volti a facilitare questo enorme piano per fare di questo paese un bordello. Fino a quel momento, solo in l’Avana esistevano 270 bordelli ed 11500 prostitute registrate nella sola Avana, sebbene alcuni commentatori dell’epoca considerassero una cifra vicina a 100000.

Secondo la nota intellettuale cubana Graziellla Pogolotti, “l’industria dell’ozio si espanse in tutto il paese, i garitos, punti di incontro di una prostituzione qualificata ed i centri d’affari della mafia si moltiplicarono per tutte le capitali provinciali. In quello scenario, il governo delineò un piano generale per lo sviluppo del turismo, chiamato “Legge di Pianificazione Nazionale”, attraverso il quale progettò piani urbanistici finalizzati a sviluppare infrastrutture a Varadero, Trinidad, Isla de Pinos e L’Avana dell’Est e progettò un nuovo Palazzo presidenziale, tra il Morro e la Cabaña. La funzione turistica si potenziava con lo sviluppo alberghiero di fronte al malecon (lungomare ndt) avanero e si rafforzava con la creazione di un’isola artificiale (di fronte alla foce del fiume Almendares) per ospitare nuove installazioni ricreative, hotel, casinò e centri commerciali. Si proponeva il prolungamento della strada Jesus del Monte attraverso via Muralla e l’ampliamento di via L’Avana, direttamente collegata col tunnel dell’Avana e si eliminavano gli isolati tra Lamparilla e Amargura, per creare una passeggiata con giardini dal Capitolio sino al Porto”.

Le banche Financiero ed Atlántico, proprietà di Julio Lobo e Amadeo Barleta, uno imprenditore zuccheriero e l’altro capo di una delle famiglie mafiose dell’Avana, crearono due società per questo progetto: la società Riviera de la Habana e l’Hotelera de Cuba. Erano le incaricate -con il denaro illegale che arrivava costantemente dagli USA-, di investirlo in operazioni legali che, a quel tempo, consistevano nella costruzione di 50 hotel nella capitale ed altrettanti nelle capitali provinciali di Pinar del Rio, Matanzas, Cienfuegos, Camagüey, Holguín e Santiago de Cuba.

Inoltre, come se ciò non bastasse, i soldi sporchi cominciarono ad invadere tutti i settori: il grande magazzino La Filosofia, i canali TV 2 e 12, il giornale El Mundo, Amber Motors, una società venditrice di auto ultimo modello, società di Importazioni ed esportazioni incaricate d’introdurre nel mercato latinoamericano beni provenienti dagli USA esenti da imposte ecc.

Fino all’inizio degli anni ’50, la principale droga che si consumava nel Nord era l’eroina, ma quando Batista inaugurò “l’aereolinea Q” che offriva viaggi tra L’Avana, Camaguey e Barranquilla, cominciò a fluire, dalla Colombia, la cocaina verso gli USA, mentre inondava i mercati cubani.

Al momento del trionfo rivoluzionario, il 23% della popolazione, di età superiore ai 15 anni, era analfabeta, solo il 55% dei bambini, tra i 6 ed i 14 anni, era iscritto ad una scuola; un milione di abitanti, dei 6 che aveva, non avevano conseguito alcun grado di scolarizzazione, la popolazione sotto i 15 anni aveva meno della terza elementare, 600000 bambini non avevano scuole e 100000 insegnanti non avevano lavoro.

Un solo esempio ci mostra l’ingiusta distribuzione della terra coltivabile nel paese. Nella Ciénaga de Zapata, delle 25000 cavallerie lavorabili esistenti, solo 273, cioè l’1,15%, erano nelle mani dei contadini.

Nella città dell’Avana, alti edifici, palazzi, alberghi, casinò di gioco d’azzardo, quartieri lussuosi, fiorivano, mentre miseri villaggi o favelas s’impadronivano della periferia della capitale dove andavano a finire i poveri, disoccupati ed i contadini che giungevano a migliaia per tentar fortuna, diventando manodopera economica usa e getta. Tuttavia, vista da un aereo, dal terrazzo di un lussuoso hotel o da una barca di turisti, la capitale cubana abbagliava, nascondendo i suoi vizi ed il suo marciume.

Questi, in sintesi, erano i piani USA, i suoi capitali e la mafia, insieme al governo lacchè di Fulgencio Batista, che aveva la missione di mantenere l’ordine e la tranquillità a Cuba a sangue e fuoco, ciò che sarebbe costato, al nostro popolo, 20000 vittime. Il suo compito era facilitare la costruzione della “Montecarlo dei Caraibi”, il sogno dei “proprietari di Cuba”.

Queste furono le cause della ribellione del nostro popolo, che sarebbe precipitata il 26 luglio 1953, negli attacchi alle caserme Moncada e Carlos Manuel de Céspedes. El Moncada fu la continuità storica del processo rivoluzionario cubano iniziato il 10 ottobre 1868. José Martí, nel suo discorso noto come Los Pinos Nuevos, si dichiarò erede di quegli eventi fondativi e Fidel, che capeggiò queste azioni di fronte alla corruzione ed all’ingiustizia imperanti, durante Il processo del Moncada affermò che l’Apostolo era il suo autore intellettuale e, qualche anno dopo, nel 1968, durante la commemorazione del centenario delle nostre lotte indipendentiste, affermò che “allora noi saremmo stati come loro ed ora loro sarebbero stati come noi”.

Note:

1 James Monroe, primo segretario di stato e poi presidente USA.

2 Marina era una matrona subordinata alla mafia Meyer Lansky che possedeva, a l’Avana, una “catena” di bordelli di “livello”.


Cuba: ¿El “Montecarlo del Caribe”?

Por Fabián Escalante Font

El 10 de diciembre del 2015, Fidel en mensaje al Presidente de Venezuela Nicolás Maduro, entre otras ideas expresó: “los revolucionarios cubanos –a pocas millas de Estados Unidos, que siempre soñó con apoderarse de Cuba para convertirla en un hibrido de Casino con prostíbulo, como modo de vida para los hijos de José Martí- no renunciaran jamás a su plena independencia y al respeto total de su dignidad”, algo necesario de recordar hoy, cuando desde el Norte se pretende “glorificar” a Fulgencio Batista y a la sociedad cubana de entonces.

Las relaciones entre Estados Unidos y Cuba fueron conflictivas desde épocas pretéritas, debido a sus añejas ambiciones geopolíticas. La doctrina Monroe1, promulgada en el primer tercio del siglo XIX preconizaba su derecho sobre los países del continente. Cuba, al independizarse de España, les correspondía, en tanto estaba situada en el área de su influencia. Parecían desconocer que la independencia cubana fue lograda por el sacrificio y la sangre de sus hijos, que sufrieron el apoyo cómplice a la Metrópoli de ese país, que solo decidió tomar partido, cuando las fuerzas cubanas habían vencido al ejército español.

La intervención militar norteamericana que puso fin a la guerra, instaló un gobierno provisional, que luego de disolver al Ejército Mambí y realizar unas elecciones en la que los patriotas fueron relegados y divididos, propiciaron una Republica neocolonial. Nuevas intervenciones, y finalmente una enmienda constitucional (Platt), que le otorgaba el derecho a intervenir militarmente cuando así lo consideraran, abrieron una era neocolonial en nuestra patria, frustrando la independencia y soberanía nacional.

Antes, durante la colonia, los intereses económicos norteamericanos habían comenzado a establecerse en Cuba y después de iniciado el proceso republicano, grupos financieros de ese país se apoderaron de la economía cubana, principalmente en el azúcar, la agricultura, la ganadería y los servicios, invirtiendo en aquellas primeras décadas, aproximadamente 1,500 millones de dólares. El azúcar, fue su objetivo primario, del cual sacaban importantes dividendos no solo por el peso que tenía en su producción, sino porque eran ellos quienes la comercializaban y después había que pagar aranceles a su gobierno por su exportación. En el decenio de los años 20, ese gobierno cobró por tal concepto la increíble suma de 1, 119´ 000,000 de dólares.

Cuba y sus riquezas les pertenecían. El grupo Rockefeller, uno de los pioneros en asentarse en la Isla, poseía una veintena de centrales azucareros, 40,000 caballerías de tierra, el King Ranch para el desarrollo ganadero, la explotación del níquel en el norte del oriente cubano (Nicaro), Bancos (como el Chase Manhattan Banky otros) y refinerías de petróleo (la Standar Oíl de New Jersey, Texaco…) y otros negocios más.

Los años treinta fueron de definiciones. Por un lado, la necesidad de frustrar la Revolución, resultado del derrocamiento de la dictadura de Machado, y por otro, la urgencia de establecer un gobierno de mano dura, que proporcionara estabilidad para el comercio y los negocios, papel entonces asignado al coronel Fulgencio Batista.

Aquellos años fueron el comienzo de la penetración de los tentáculos de la mafia yanqui, primero con el contrabando de alcohol y después con el lavado de dinero. En los años 40, el capital norteamericano invertido en la Isla comenzó a emigrar desde el sector agropecuario hacia los servicios, la minería, la industria y el turismo. La Constitución del 40, que preveía la posibilidad de una Reforma Agraria los compulsó a esta decisión, sumado a la reducción de la cuota azucarera asignada a Cuba en el mercado norteamericano, la cual disminuyó significativamente del 50 al 28 %.

Durante la 2da Guerra Mundial se había producido, en Estados Unidos, una alianza estratégica entre el Estado, el capital financiero, el complejo de seguridad e inteligencia y la mafia, cuyo primer resultado fue garantizar la seguridad de los puertos norteamericanos de eventuales sabotajes alemanes, y luego facilitar el desembarco de sus tropas en Sicilia, Italia. Esa “santa” alianza se irá fortaleciendo en el decursar de los años. A Cuba llegarán sus efectos, uno de los cuales fue la reunión en 1946 de todos los jefes de la mafia norteamericana en el Hotel Nacional, donde se decidió el control y las esferas de influencia de las “familias” en la Isla y la legalización de sus fortunas.

Graham Greene, el conocido escritor británico, después de una de sus visitas a Cuba escribiría: “La Habana, es la ciudad donde todo vicio es permitido y todo comercio posible, narraba que se deleitaba en el Floridita, en sus burdeles, la ruleta en los hoteles, el teatro Shanghái donde por un dólar y veinticinco centavos uno podía ver un show de extrema obscenidad y cuando se aburría de esto, iba a buscar un poquito de cocaína, al alcance de todos. El prostíbulo preferido, (el de Marina2) estaba amueblado con mesas de linóleo, sin manchas y sillas dispuestas alrededor de una pequeña pista de baile. Las chicas, todas adolecentes, estaban en short y eran blancas y muchas rubias, de ojos latinos”.

En la Habana, el embajador norteamericano Arthur Gardner observaba con creciente incredulidad y se lamentaba públicamente que “Las masas de gente que viene aquí se inclinan solo por el placer y solo piensan en términos de diversión, ron y centros nocturnos”

Poco a poco los grandes intereses económicos norteamericanos se apoderaron de las nacientes industrias, las empresas de exportación e importación y el turismo de ocio. Mientras, el contrabando de drogas, diamantes, artículos suntuosos, la prostitución calificada y el lavado de dinero crecían desproporcionadamente. Para tales fines se abrieron 72 bancos y financieras, uno solo de ellos, el Gelats, recibía en 1949 casi diariamente 1 millón de dólares para ser “lavados”.

El proyecto económico consistía en hacer de Cuba el “Montecarlo del Caribe”. Según las “memorias” de Batista, el gobierno cubano invirtió en el mismo 1,000 millones de dólares, que unos se entregaron para los servicios (electricidad y teléfonos), otros para líneas aéreas, otros para infraestructuras, en fin, todos dirigidos a facilitar este enorme plan para hacer de este país un burdel. Para esa fecha, solo en La Habana existían 270 prostíbulos y 11,500 prostitutas registradas, aunque algunos comentaristas de la época consideraban una cifra cercana a 100,000.

Según la destacada intelectual cubana Graziellla Pogolotti, “la industria del ocio, se expandió por todo el país, los garitos, puntos de encuentros de una prostitución calificada y los centros de negocios de la mafia se multiplicaban por todas las capitales de provincias. En aquel escenario, el gobierno esbozó un plan director para el desarrollo Turístico, denominado “Ley de Planificación Nacional”, mediante el cual diseñó planes urbanísticos dirigidos a desarrollar infraestructuras en Varadero, Trinidad, Isla de Pinos y la Habana del Este y proyectó un nuevo Palacio Presidencial entre el Morro y la Cabaña. La función turística se potenciaba con el desarrollo hotelero frente al malecón habanero y se reforzaba con la creación de una Isla artificial (frente a la desembocadura del rio Almendares) para acoger nuevas instalaciones para el ocio, hoteles, casinos y centros comerciales. Se proponía la prolongación de la calzada de Jesús del Monte a través de la calle Muralla y la ampliación de la calle Habana, directamente conectada con el túnel de La Habana y se eliminaban las manzanas entre Lamparilla Y Amargura, para crear un paseo ajardinado desde el Capitolio hasta el Puerto”.

Los bancos Financiero y Atlántico propiedad de Julio Lobo y Amadeo Barleta, uno empresario azucarero y el otro jefe de una de las familias mafiosas habaneras, crearon dos sociedades para este proyecto: la compañía Riviera de la Habana y la Hotelera de Cuba. Ellas eran las encargadas de -con el dinero ilegal que llegaba constantemente de Estados Unidos-, invertirlo en operaciones legales, que por entonces consistían en la construcción de 50 hoteles en la capital y otros tantos en las cabeceras provinciales de Pinar del Rio, Matanzas, Cienfuegos, Camagüey, Holguín y Santiago de Cuba.

Además como si fuera poco, el dinero sucio comenzó a invadir todos los sectores: la tienda por departamentos La Filosofía, los canales de TV 2 y 12, el periódico El Mundo, Ámbar Motors, una empresa vendedora de los autos de último modelo, empresas de Importaciones y exportaciones encargadas de introducir en el mercado latinoamericano mercancías provenientes de Estados Unidos libres de impuestos, etc, etc.

Hasta comienzos de los 50 la principal droga que se consumía en el Norte era la heroína, pero cuando Batista inaugurara “aerovías Q” que daba viajes entre la Habana, Camagüey y Barranquilla, comenzó a fluir de Colombia la cocaína hacia Estados Unidos, a la par que inundaba los mercados cubanos.

Al momento del triunfo revolucionario, el 23 % de la población mayor de 15 años era analfabeta, solo el 55% de los niños entre 6 y 14 años estaban matriculados en una escuela; un millón de habitantes, de los 6 que habían no tenían aprobado ningún grado de escolaridad, la población menor de 15 años tenía menos de 3er grado, 600,000 niños carecían de escuelas y 100,000 maestros no tenían trabajo.

Un solo ejemplo nos muestra la injusta distribución de las tierras cultivables en el país. En la Ciénaga de Zapata, de las 25,000 caballerías laborables existentes, solo 273, es decir el 1.15%, estaba en manos de los campesinos.

En la ciudad de La Habana, altos edificios, mansiones, hoteles, casinos de juego, repartos lujosos, florecían, mientras que villas miserias o favelas se adueñaban de la periferia capitalina a donde iban a parar los pobres, desempleados y campesinos que llegaban por miles a probar fortuna, deviniendo en mano de obra barata y descartable. Sin embargo, vista desde un avión, la azotea de un lujoso hotel o de un barco de turistas, la capital cubana deslumbraba, ocultando sus vicios y podredumbre.

Esos, en síntesis eran los planes de Estados Unidos, sus capitales y la mafia, junto al gobierno lacayo de Fulgencio Batista, quien tenía la misión de mantener el orden y la tranquilidad en Cuba a sangre y fuego, lo que costaría a nuestro pueblo 20,000 víctimas. Su papel era facilitar la construcción del “Montecarlo del Caribe”, el sueño de los “dueños de Cuba”.

Fueron estas las causas de la rebeldía de nuestro pueblo, que se precipitaría el 26 de julio de 1953, en los ataques a los cuarteles Moncada y Carlos Manuel de Céspedes. El Moncada fue la continuidad histórica del proceso revolucionario cubano iniciado el 10 de octubre de 1868. José Martí en su discurso conocido como Los Pinos Nuevos se declaró heredero de aquellos eventos fundacionales y Fidel, que encabezó estas acciones ante la corrupción e injusticia imperantes, durante el juicio del Moncada dijo que el Apóstol era su autor intelectual, y unos años más tarde, en 1968, durante la conmemoración por el centenario de nuestras luchas independentistas afirmó que “entonces nosotros hubiésemos sido como ellos y ahora ellos serían como nosotros.”

Notas:

1 James Monroe, primero secretario de estado y luego presidente de Estados Unidos.

2 Marina era una matrona subordinada a la mafia de Meyer Lansky que poseía en la Habana una “cadena” de prostíbulos de “nivel”.

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