L’America Latina si è sollevata contro il neoliberismo

John M. Ackerman – RT – www.lantidiplomatico.it

Un messaggio forte viene inviato dai popoli dell’Ecuador e del Cile ai governanti del mondo. La mobilitazione dei cittadini è più viva che mai e punirà i traditori che cercano di soddisfare la voracità dei mercati finanziari internazionali con attacchi all’economia popolare.

Il presidente del Cile, Sebastián Piñera, lo ha detto chiaramente: siamo in guerra contro un nemico potente e implacabile, che non rispetta nulla o nessuno.

Siamo ben consapevoli che gli autori delle rivolte hanno un certo grado di organizzazione, di logistica propria di un’organizzazione criminale. Bene, quello che lei chiama “nemico”, signor Presidente, e che teme perché ha un “grado di organizzazione” così elevato e sofisticato non è altro che il popolo cileno oltraggiato dall’obbedienza fedele del suo governo ai dettami degli organismi finanziari internazionali.

Dichiarando guerra al proprio popolo, definendo la società cilena “criminale”, si conferma solo il fallimento della propria amministrazione. Sin dai tempi di Augusto Pinochet, il Cile è stato un esempio del presunto successo del modello neoliberista, in cui la crescita economica avviene a spese del benessere delle persone e genera sempre più disuguaglianze.

Oggi, in Cile, l’1% più ricco della popolazione controlla il 26% della ricchezza nazionale, mentre il 50% più umile ha solo il 2% della ricchezza del paese, secondo i dati CEPAL.

Cercare di aumentare il reddito dello Stato da tasse più elevate per coloro che viaggiano in metropolitana invece di tasse più elevate per i proprietari del paese implica un ingiusto saccheggio dell’economia popolare.

Complimenti al popolo cileno! E un complimento in particolare ai giovani e agli studenti, che hanno dato uno spettacolo di enorme dignità e coscienza al mondo ottenendo la revoca del ‘Tarifazo’.

In Ecuador anche, la mobilitazione popolare ha fermato il tentativo del presidente Lenín Moreno di riscuotere il conto dalle classi popolari per i debiti verso il capitale internazionale.

Lì furono le popolazioni indigene che assunsero la guida della protesta e costrinsero il governo a invertire il ‘gasolinazo’, che aveva aumentato il prezzo del carburante di oltre il 100%.

Ma non solo quello.

Il governo Moreno ha anche dovuto sospendere la sua proposta di riforma del lavoro, che mirava a “rendere il mercato del lavoro più flessibile”, lasciando migliaia di lavoratori in precarietà e incertezza.

Queste politiche neoliberali sono state imposte in conformità con l’enorme prestito, per un importo di 4,2 miliardi di dollari, che l’Ecuador ha firmato con il FMI a marzo di quest’anno.

Sia in Cile che in Ecuador, i governi hanno reagito alle proteste dichiarando il coprifuoco, portando i militari in piazza, censurando la stampa e reprimendo la popolazione.

Le scene ricordano i tempi bui delle dittature latinoamericane negli anni ’70 e ’80, ma la mobilitazione dei cittadini è stata più potente dei carri armati e delle banche e la vittoria è stata per il popolo.

Il prossimo passo dovrebbe essere la trasformazione radicale del modello economico nel suo insieme per generare condizioni di benessere per tutti.

Ma ciò non sarà possibile senza la solidarietà internazionale. È essenziale rivolgere lo sguardo al Sud America per garantire che queste vittorie non siano temporanee (semplici fuochi di paglia), ma l’inizio di una nuova ondata progressista in tutta l’America Latina.

(Traduzione de l’AntiDiplomatico)

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