Elezioni tra persecuzioni, il piano del golpe in Bolivia

Marco Teruggi  www.cubadebate.cu/opinion

Mi scrive una compagna che ha dovuto lasciare la Bolivia. E’ perseguita insieme al suo partner a cui, le hanno detto, lo stanno cercando per “liquidarlo”. Da prima che Evo Morales fosse costretto a dimettersi, è cominciata a circolare una lista di nomi; la sua applicazione si è accelerata a partire da quel momento.

Arturo Murillo, ministro del governo de facto, si è incaricato di porlo nero su bianco: ha detto di “dar la caccia” a tre dirigenti, dopo aver perseguito parlamentari accusati di “sedizione” e “sovversione”. La ministra delle comunicazione Roxana Lizárraga ha segnalato “giornalisti e pseudo-giornalisti” e giovedì il canale Telesur è stato tolto dalle televisioni boliviane.

La strategia di decapitazione e persecuzione è parte dell’architettura del colpo di stato che si muove secondo una serie di passaggi pianificati.

Il primo è stato forzare le dimissioni di Evo e Álvaro García Linera.

Il secondo, costruire un governo di fatto, materializzato dall’autoproclamazione di Jeanine Añez.

Il terzo, iniziato precedentemente e approfondito in questi giorni, è la persecuzione dei dirigenti, insieme all’inizio delle repressioni militarizzate. Quest’ultimo è stato annunciato con il decreto per esimere dalla responsabilità penale le Forze Armate ed un ulteriore stanziamento di 4800 milioni di $.

Il quarto passo è quello che è in fase di sviluppo senza essersi ancora materializzato, la convocazioni di elezioni generali, per le quali devono essere nominate le nuove autorità del Tribunale Supremo Elettorale e dei Tribunali Elettorali Dipartimentali.

Questo è il punto di maggiore complessità per coloro che guidano il colpo di stato. La nomina delle autorità del TSE deve passare attraverso il potere legislativo, dove il Movimento al Socialismo (MAS) ha i due terzi. Il governo di fatto ed i poteri reali dietro il golpe cercano di forzare l’accordo con il MAS affinché accetti la convocazione elettorale in base alle loro condizioni. Ciò significa ottenere che il MAS riconosca la Añez come presidentessa, imporre le autorità elettorali e, contemporaneamente, proscrivere Evo. Quest’ultimo è già iniziato con “l’inizio del processo di indagine” annunciato dal Procuratore Generale Juan Lanchipa.

Il quinto ed ultimo passo saranno le elezioni in quanto tali. Non vi è ancora alcun accordo all’interno del blocco golpista sulla data. Fernando Camacho ha dichiarato che la scadenza per l’elezione è fino al 19 gennaio -il 20 finirebbe il mandato di Evo- mentre altre voci hanno già sollevato che non ci sono condizioni per fare le elezioni a gennaio. Questo punto è centrale nella struttura del colpo di stato che sin dall’inizio è stato presentato come democratico e quindi sostenuto dal presidente Donald Trump e dalla sua amministrazione, dal segretario dell’Organizzazione degli Stati Americani, Luis Almagro, e dall’Unione Europea.

Ma la finzione democratica, che nasconde il golpe, richiede la convocazione di elezioni. Añez è apparsa fin dall’inizio come presidentessa ad interim e la stessa OSA, che nega che ci sia stata una “crisi istituzionale” -come sì ha chiesto, per esempio, l’Uruguay, che fosse incorporato nell’ultima risoluzione- urge al governo de facto ed agli attori politici che ottengano quella convocazione. Ciò di cui discutono i golpisti, senza finora un accordo interno, riguarda i tempi e le condizioni per quelle elezioni. Cercano di garantire la proscrizione di Evo Morales, alcuni sostengono di fare lo stesso con il MAS e, a loro volta, avere un TSE sotto controllo.

Mentre ciò accade, la persecuzione si approfondisce, la repressione della polizia e dei militari ha ucciso più di trenta persone, il dolore e la rabbia aumentano. Di fronte a questo, vi sono resistenze nelle strade e nel potere legislativo che avanzano insieme, sebbene non necessariamente in modo coordinato. Il MAS, lo ha già annunciato, lavora per ottenere l’uscita elettorale nelle condizioni meno sfavorevoli. Potrà? Vari parlamentari sono minacciati in un contesto di assoluta impunità golpista che è giunta, come si è visto, ad autoproclamare senza quorum e perseguire persino i morti.

(Tratto da Pagina 12)


Elecciones entre cacerías, el plan del golpe en Bolivia

Por: Marco Teruggi

Me escribe una compañera que tuvo que irse de Bolivia. Es perseguida junto a su compañero a quien, le dijeron, lo buscan para “liquidarlo”. Desde antes que Evo Morales fuera forzado a renunciar comenzó a circular una lista de nombres; su aplicación se aceleró una a partir de ese momento.

Fue Arturo Murillo, ministro del gobierno de facto, quien se encargó de ponerlo negro sobre blanco: habló de “cazar” a tres dirigentes, luego de perseguir parlamentarios acusados de “sedición” y “subversión”. La ministra de comunicación Roxana Lizárraga señaló a “periodistas y pseudoperiodistas”, y el jueves el canal Telesur fue sacado de los televisores bolivianos.

La estrategia de descabezamiento y persecución es parte de la arquitectura del golpe de Estado que se mueve según una serie de pasos previstos.

El primero, fue forzar la renuncia de Evo y Álvaro García Linera.

El segundo, construir un gobierno de facto, materializado a partir de la autoproclamación de Jeanine Añez.

El tercero, iniciado desde antes y profundizado en estos días, es el de la persecución de dirigentes, junto con el inicio de las represiones militarizadas. Esto último fue anunciado con el decreto para eximir de responsabilidad penal a las Fuerzas Armadas y una partida adicional de cuatro mil ochocientos millones de dólares.

El cuarto paso es el que está en desarrollo sin haberse concretado aún, la convocatoria a elecciones generales, para lo cual se deben nombrar nuevas autoridades del Tribunal Supremo Electoral y de los Tribunales Electorales Departamentales.

Este es el punto de mayor complejidad para quienes están al frente del golpe de Estado. El nombramiento de autoridades del TSE debe pasar por el poder legislativo, donde el Movimiento Al Socialismo (MAS) tiene los dos tercios. El gobierno de facto y los poderes reales tras el golpe buscan forzar el acuerdo con el MAS para que acepten la convocatoria electoral según sus condiciones. Eso significa lograr que el MAS reconozca a Añez como presidenta, imponer las autoridades electorales, y, en simultáneo proscribir a Evo. Esto último ya comenzó con el “inicio del proceso de investigación” que anunció el Fiscal General Juan Lanchipa.

El quinto y último paso será la elección como tal. No existe aún acuerdo dentro del bloque golpista acerca de la fecha. Fernando Camacho afirmó que el plazo para la contienda es hasta el 19 de enero -el 20 culminaría el mandato de Evo- mientras que otras voces ya han planteado que no existen condiciones para lograr la elección en enero. Este punto es central en la estructura del golpe de Estado que desde el inicio se presentó como democrático y así fue respaldado por el presidente Donald Trump y su administración, por el secretario de la Organización de Estados Americanos Luis Almagro y por la Unión Europea.

Pero la ficción democrática que encubre el golpe requiere la convocatoria a elecciones. Añez se presentó desde el primer momento como presidenta interina y la misma OEA, que niega que haya existido un “quebrantamiento institucional” -como sí pidió, por ejemplo, Uruguay que sea incorporado en la última resolución- urge al gobierno de facto y a los actores políticos que logren esa convocatoria. Lo que debaten los golpistas, sin acuerdo interno hasta el momento, es sobre los tiempos y condiciones para esas elecciones. Buscan garantizar la proscripción de Evo Morales, algunos sostienen realizar lo mismo con el MAS, y, a su vez, tener un TSE bajo control.

Mientras eso sucede, la persecución se profundiza, las represiones policiales y militares han asesinado a más de treinta personas, el dolor y la rabia crecen. Ante eso existen resistencias en las calles y en el poder legislativo que avanzan de conjunto, aunque no necesariamente de forma coordinada. El MAS, ya lo ha anunciado, trabaja para lograr la salida electoral en las condiciones menos desfavorables. ¿Podrá? Varios parlamentarios están bajo amenaza en un contexto de impunidad golpista absoluta que ha llegado, como se vio, a autoproclamar sin quorum y perseguir hasta a los muertos.

(Tomado de Página 12)

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