Venezuela: Il Washington Post e la diplomazia parallela di Trump

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Il Washington Post ha rivelato che l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani e Peter Sessions, esponente repubblicano del Texas, hanno avuto colloqui segreti con il presidente Nicolás Maduro mentre gli Stati Uniti premevano per un regime-change in Venezuela.

Lo scoop mira a corroborare le accuse che sono alla base della richiesta di impeachement, dato che evidenzia ancora una volta il ruolo segreto di Giuliani, l’avvocato personale del presidente a cui già viene ascritta un’indebita ingerenza in Ucraina in favore di asseriti interessi privati di Trump (Piccolenote).

L’intelligenza col nemico socialista

 

In realtà non sposta granché per quanto riguarda la procedura di impeachement, tende solo a dargli una connotazione più sinistra, nel senso politico della parola.

Infatti non vuole solo far passare Trump per un traditore dell’America, dato che sarebbe venuto a patti col nemico Maduro contraddicendo i suoi proclami di segno opposto, ma anche della destra repubblicana, dato che il nemico in questione è un esponente socialista.

Ma anche questo tentativo di sporcare il presidente darà solo agio a qualche articolo di giornale, nulla spostando nel voto americano in vista delle prossime presidenziali: l’elettorato è talmente polarizzato che è ormai impermeabile al forcing mediatico contro il presidente.

Ma al di là degli sviluppi futuri, lo scoop conferma quanto avevamo scritto all’inizio della crisi venezuelana, quando Washington dichiarò illegittimo il presidente Maduro, appena rieletto, “eleggendo” al suo posto, bizzarra interpretazione della democrazia, l’ignoto Juan Guaidò.

La forzatura fu un atto d’imperio dell’ex Consigliere per la sicurezza nazionale Usa John Bolton e fu una delle iniziative meno trumpiane dell’amministrazione americana. Trump ha subito, non voluto, quella crisi (vedi Piccolenote).

D’altronde Trump ha scherzato più volte sulla bellicosità di Bolton, che “vuole tre guerre al giorno”, e nello specifico, sul Venezuela, è emersa tutta la sua stizza per l’avventatezza del suo ex Consigliere (Axios).

Venezuela: la trattativa segreta

 

Interessanti i motivi che hanno spinto Giuliani e Sessions ad agire per mitigare le tensioni tra Stati Uniti e Venezuela. A spiegarle al WP è Harry Sargeant III, amministratore delegato di un’importante impresa del settore energetico, il quale avrebbe spinto in favore dell’iniziativa.

Sargeant III, uomo che conosce a fondo Caracas,, ha dichiarato che le sanzioni “avrebbero aggravato la crisi umanitaria del Venezuela e  “minato gli interessi commerciali chiave degli Stati Uniti in Venezuela a beneficio di avversari americani come russi e cinesi” (cosa peraltro avvenuta).

Dunque gli interessi americani, ma anche reali motivi umanitari, dato che le sanzioni hanno effettivamente aggravato la situazione del Paese.

Quel che si addebita all’asserita diplomazia parallela di Trump è di non aver assecondato l’ennesima avventura senza ritorno degli Stati Uniti, che avrebbe precipitato il Venezuela in una sanguinosa guerra civile, dato che i bolivariani non avrebbero accettato con rassegnazione l’assertività Usa (Piccolenote).

Detto questo, resta da dimostrare che Trump avesse assecondato, come sembra, l’iniziativa di Sessions e di Giuliani. È probabile che sul punto si aprirà l’ennesima battaglia politica.

I protagonisti della trattativa segreta dicono di aver agito d’intesa col Dipartimento di Stato, particolare importante perché rileva se l’iniziativa fosse privata o meno.

La furia di Bolton

 

Di certo il proposito era stato esposto a Bolton che lo aveva “respinto con veemenza”, come hanno riferito due testimoni al WP.

Si ripete il copione dello scandalo ucraino: anche l’attivismo di Giuliani a Kiev aveva suscitato le proteste di Bolton, quando la vicenda, ancora ignota, gli era stata prospettata.

E anche nel caso ucraino a riferire la furia di Bolton sono stati, a inchiesta aperta, alcuni testimoni. A quanto pare ciò che fa infuriare Bolton porta sfortuna al presidente degli Stati Uniti.

Più prosaicamente, è probabile che Trump avesse ragione a sospettare che il superfalco da lui messo alla porta stesse manovrando per distruggerlo (DailyBeast).

Sotto altro profilo, si può notare come l’inchiesta sull’impeachement stia di fatto accreditando Bolton come il vero presidente degli Stati Uniti, legittimato cioè a forgiare la politica estera americana, che Trump avrebbe tradito (con manovre volte a evitare disastri all’America e al mondo, ma ciò, a quanto pare, è un particolare secondario per quanti stanno sostenendo l’inchiesta). Già, davvero una bizzarra idea della democrazia.

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