Venezuela: contro la guerra economica, la classe operaia al potere

di Geraldina Colotti

“Per rispondere all’attacco dell’imperialismo, dobbiamo dare più potere alla classe operaia, avere maggiori strumenti per controllare e gestire la produzione”. Così dice in questa intervista il dirigente operaio Nelson Herrera, Segretario esecutivo della Vicepresidenza della classe operaia del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV). Lo abbiamo incontrato a Caracas, durante una riunione dell’Osservatorio internazionale per i diritti, in una sala dell’Assemblea Nazionale Costituente (ANC), dove Herrera è stato eletto come rappresentante dei lavoratori.

Che situazione sta vivendo oggi la classe operaia in Venezuela e come vengono valutate le politiche economiche del governo bolivariano?
A partire dal Terzo congresso del nostro partito, abbiamo ritenuto importante creare una vicepresidenza specifica per le tematiche dei lavoratori e delle lavoratrici e abbiamo stabilito una linea centrale basata, prima di tutto, sulla produzione, in base ai cinque più importanti elementi che la compongono: ossia, garantire il benessere sociale, le materie prime per l’edilizia e le costruzioni, la salute, il controllo e la lavorazione delle nostre risorse minerali, il turismo. Il secondo asse di intervento riguarda i diritti del lavoro, la protezione sociale da garantire nonostante la situazione avversa determinata dal blocco economico-finanziario che ci ha colpito duramente. Non si può nascondere che qui un salario minimo non supera i 5 dollari, però occorre situarlo nel nostro contesto, assolutamente diverso da quello che ci hanno descritto nei diversi congressi mondiali i nostri compagni che vivono nei paesi capitalisti. Il venezuelano può vivere con quella cifra perché contiamo con una istruzione totalmente gratuita, e così la salute e i servizi di luce, gas, acqua, benzina, telefonia, Internet eccetera che vengono sussidiati dallo Stato. Il popolo che lavora ha potuto resistere all’attacco dell’imperialismo nordamericano perché abbiamo programmi sociali che garantiscono l’alimentazione. Sui 3 milioni di case popolari, l’80% è destinato al popolo che lavora, ai salariati. La nostra preoccupazione è stata dunque quella di trovare modalità per continuare a garantire la sicurezza sociale alla classe operaia in questa situazione di resistenza alla guerra economica. Un altro punto che abbiamo affrontato riguarda la difesa integrale, il ruolo del lavoratore e della lavoratrice nella protezione del luogo di produzione, del proprio luogo di lavoro. L’ANC ha appena approvato la nuova legge della Forza Armata Nazionale Bolivariana che regola e incorpora il funzionamento della milizia. Uno specifico articolo riguarda i lavoratori e le lavoratrici che sono i corpi combattenti per garantire la sicurezza. Non voglio dire che siamo tutti armati, ma che siamo preparati per questo. In caso di un’aggressione militare o di un attacco come quello che hanno sferrato contro il sistema elettrico e la rete idrica, siamo pronti a reagire. Nei nostri luoghi di lavoro abbiamo miliziani lavoratori preparati a difendersi e a mantenere la produzione anche in situazione avversa. Da 4-5 anni, l’impero ha moltiplicato i suoi attacchi però il Venezuela non si è paralizzato. Nonostante i colpi bassi ricevuti per farci mancare le materie prime, i centri di produzione hanno continuato a funzionare e a lavorare e a cercare delle alternative, grazie al livello di coscienza politica della classe operaia. Ci siamo quindi dedicati a un obiettivo vitale, la nuova organizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici. È nata così la legge sui Consigli produttivi.

In cosa consiste e cosa si propone?
È una iniziativa innovatrice, che nasce al nostro interno, nel nostro sindacato centrale e che abbiamo presentato al presidente Maduro, il quale ne ha considerato l’importanza e l’ha proposta all’ANC perché fosse approvata. Si è creata così la prima legge dei Consigli produttivi delle lavoratrici e dei lavoratori, uno strumento strategico di controllo operaio dell’impresa. Da adesso, in tutte le imprese, private e pubbliche possono formarsi i Consigli produttivi. Uno o una rappresentante dei lavoratori, che abbia conoscenze tecniche e di gestione e che sia stato formato da noi, partecipa alla giunta direttiva, sia quella dell’imprenditore borghese che quella dell’impresario patriota. Questi lavoratori sono i garanti del mantenimento della produzione e ci avvisano se si verificano situazioni critiche affinché possiamo prendere misure a breve termine. È una risposta forte e diretta all’attacco imperialista e un modo di dare ulteriore potere al popolo. Dobbiamo formare una nuova classe lavoratrice che si attrezzi per controllare i mezzi di produzione, ma che sia anche in grado fin da subito di maneggiare le nuove tecnologie. Il lavoratore, oggi, non è solo quello che sta fisicamente in fabbrica, ci sono nuove forme di sfruttamento e dobbiamo attrezzarci a difendere anche quei compagni che fanno un lavoro sottopagato davanti a un computer, da casa. Ci sono dei figli di… che si approfittano di questa situazione di guerra economica e mettono a lavorare i nostri ragazzi su progetti borghesi per pochi centesimi anche prima dei 15 anni, distogliendoli dallo studio e dall’impegno politico. Li fanno entrare in un circuito infernale per il loro profitto. La bandiera che sta innalzando invece il governo bolivariano è quella dell’unità di classe, di tutti i soggetti: gli operai, i contadini, i pescatori, i tecnici, gli intellettuali, iscritti o meno a un movimento, a un sindacato, al partito, affinché capiscano che il nemico è l’imperialismo. L’unica legge che l’ANC ha approvato in materia di lavoro è quella sui Consigli produttivi delle lavoratrici e dei lavoratori, una delle migliori. Non so se in altri paesi esista una legge per consegnare i mezzi di produzione nelle mani della classe operaia.

Prima accennavi al Congresso mondiale antimperialista, che ha portato a sintesi le proposte dei vari congressi internazionali per settori. Qual è stato il vostro principale contributo?
Si è deciso di costituire una grande piattaforma unitaria delle lavoratrici e dei lavoratori per articolare le proposte regionali nei vari continenti. Noi, qui, siamo andati avanti. Sarebbe molto utile che la nostra legge per il controllo operaio, quella dei Consigli produttivi, potesse essere assunta dai lavoratori europei, che vedono quotidianamente minacciati i diritti che hanno conquistato. Non si tratta solo di avere uno strumento di difesa, uno strumento sindacale, ma una chiave di potere nelle mani di chi trasforma la materia e deve assumere le redini dell’impresa. Finché questo non avverrà, il capitalismo continuerà a erodere le nostre conquiste, com’è nella sua natura. Al massimo potrà cedere temporaneamente alla pressione della classe, ma poi cercherà di riprendersi di nuovo tutto. Immagina invece uno strumento come quello dei Consigli produttivi nelle mani dei lavoratori dei trasporti francesi, che stanno lottando contro il taglio delle pensioni e l’aumento delle tariffe. Immagina se i servizi passassero sotto controllo operaio. Noi dobbiamo lavorare a una grande piattaforma internazionale che ci faccia riconoscere il nemico comune, che è l’imperialismo, e ci aiuti a posizionarci e consolidarci nei diversi movimenti, non solo sindacali. Io vengo dal movimento sindacale, ma i sindacati in questo momento sono molto deboli sul piano internazionale. Il capitalismo ha da tempo creato forme diversificate di sfruttamento, come quelle a cui accennavo prima e noi dobbiamo essere all’altezza.

Che riflessione fate sull’apertura dei cambi e sulla speculazione dei prezzi che polverizzano gli aumenti salariali?
I Consigli produttivi sono uno strumento fondamentale di controllo e di formazione continua dei lavoratori di base, ma non sono un fine in sé, bisogna trasformare la società e lo stato. I lavoratori devono avere i mezzi per difendersi da quegli imprenditori che vogliono paralizzare il paese. Mi spiego. La maggior criticità riguarda i pensionati e i lavoratori del settore pubblico, perché il loro salario dipende dalle entrate dello stato, principalmente il petrolio, ma non solo, che sono bersaglio della guerra economica, e dalle tasse. Nel settore privato, i commercianti stanno vendendo a un prezzo persino superiore di quello del mercato internazionale, vendono in dollari, e a volte danno le briciole in dollari ai lavoratori in forma di salario. Quindi il salario delle imprese private, soprattutto quelle produttive, può essere considerato positivo. Dove sta l’inghippo? Che le imprese private sono state sussidiate dallo Stato, che ha fornito loro dollari a prezzo agevolato per importare materie prime su cui in tanti hanno ampiamente lucrato. Inoltre, hanno usufruito e usufruiscono di tutti i servizi praticamente gratuiti che abbattono notevolmente i costi di produzione. Pagano le poche tasse in Bolivar, la moneta nazionale, però vendono in dollari o in euro e a volte i prodotti costano più che in Europa. Quando si fanno accordi sui prezzi, non li rispettano oppure fanno sparire i prodotti dagli scaffali, disconoscono il presidente, creano il caos e la misura resta senza effetto. Ora il presidente ha chiesto loro di fare uno sforzo per compensare almeno in parte i profitti stellari che hanno realizzato in tutti questi anni, e di investire per il bene del paese. Un’altra legge approvata nell’ANC riguarda appunto la possibilità di far pagare loro le tasse in euro e non in Bolivar. Per proteggere il salario dei lavoratori, è stata avanzata la possibilità di usare la criptomoneta, il Petro, ma le grandi corporazioni imprenditoriali e commerciali stanno già opponendo ogni tipo di resistenza. Il problema principale sono le tasse. Devono pagare le tasse in euro, la moneta più forte, in modo che il governo bolivariano possa ridistribuire gli introiti e portare avanti al meglio le politiche pubbliche a favore dei settori popolari. Purtroppo, un altro problema che si presenta è che, a fronte delle fluttuazioni quotidiane del tasso di cambio, quando il dollaro sale, le grandi imprese fissano i prezzi al rialzo, ma quando il tasso di cambio scende, quel prezzo non si abbassa, e tantomeno si alzano i salari.

Espropriare gli espropriatori, si sarebbe detto una volta…
Questo è lo spirito dei Consigli produttivi delle lavoratrici e dei lavoratori, ma la congiuntura internazionale è difficile e l’azione delle forze che vogliono continuare a smantellare lo Stato, è forte. C’è uno scontro a livello globale per la gestione del capitale e noi cerchiamo di giostrarci, di capire chi è il nostro capitalista migliore, chi ci appoggia di più, di capire come possiamo andare avanti. Quando metteremo un freno all’imperialismo statunitense, potremo occuparci meglio dei nostri spazi. I ricchi vogliono continuare a essere sempre più ricchi e sta a noi innalzare la nostra bandiera, dando un apporto ancora maggiore, come ci ha chiesto il presidente. Già, siamo andati avanti. Rispetto all’anno scorso, il venezuelano ha una maggior qualità della vita. La rivoluzione ha adottato misure per la protezione del popolo, frenando le mire del grande capitale. Per ripartire col piede giusto, dobbiamo saper riconoscere le nostre debolezze, trovare il modo di evitare le pastoie burocratiche e di affrontare certe contraddizioni interne.

Quali, per esempio?
L’ho appena detto chiaramente in una riunione. Ci sono dirigenti sindacali o contadini che, per ragioni oscure, sono stati messi in carcere dopo aver denunciato connivenze e corruzione. In certe parti del paese si continua a rubare la terra ai contadini nonostante le leggi che abbiamo. Ci sono indubbiamente quinte colonne che agiscono dall’interno per favorire grandi interessi e che usufruiscono di complicità. Se ci si mette a indagare, vengono fuori legami con la destra, con il paramilitarismo colombiano, interessi capitalistici che remano contro la rivoluzione. Ci sono irregolarità, connivenze, che si devono combattere e che a volte scopriamo quando è troppo tardi e certi personaggi, come la ex Procuratrice generale, Ortega Diaz, hanno già cambiato casacca. Il popolo la stava denunciando da tempo, ma non ci avevamo creduto… Sono piccoli focolai, ma pericolosi.  Noi dobbiamo esigere che questi personaggi non criminalizzino la lotta di classe, dobbiamo agire e denunciare.

Quale può essere il ruolo dell’ANC in merito a questi temi?
Per tutto questo tempo, a causa della situazione di illegalità in cui si è venuto a trovare il Parlamento, la ANC ha dovuto spesso assumere altre responsabilità. In questo anno di elezioni, qualora si disegni un altro quadro all’interno del Parlamento compatibile con la costituzione e non con gli appetiti dell’autoproclamato Juan Guaidó, speriamo che l’ANC possa dedicarsi totalmente alla trasformazione dello Stato e alla nuova costituzione. Come rivoluzionari che intendono l’importanza della contraddizione tra capitale e lavoro, dobbiamo allora chiederci con franchezza se vogliamo procedere solo a qualche modifica o se stiamo lottando per distruggere il sistema capitalista, senza preoccuparci di quello che diranno di noi all’estero. Questa è una repubblica popolare, socialista. Dobbiamo superare tutte le forme di sfruttamento capitalista.

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