Donna, la lotta continua

L’8 marzo milioni di donne scendono per le strade esigendo i diritti che Cuba ha guadagnato nel passare degli anni. Ma le nostre conquiste non ci devono accecare. C’è sempre e ancora molto da fare.

Alejandra García

Il 25 marzo del 1911 scoppiò un incendio nella fabbrica di confezioni di camicie per uomo Triangle Waist Co, nella città di Nuova York.

Il padrone dell’impresa non aveva calcolato che un sinistro di grandi proporzioni si sarebbe esteso nell’edificio, ed aveva bloccato le porte d’uscita chiudendo dentro più di cento dipendenti.

Credeva che sarebbe stata una notte come tutte le altre, nelle quali le sue più di cento tessitrici, molte giovani e immigrate, sarebbero rimaste chiuse nel luogo per dieci ore, perché non abbandonassero il posto di lavoro.

Con l’incendio che avanzava dentro l’edificio e l’uscita bloccata, le donne non videro altra scappatoia che lanciarsi dalle finestre, dai piani 8 , 9 e 10, dove si trovava la fabbrica. Morirono 146 persone quel giorno, di queste 123 donne tra 14 e 18 anni.

Sarebbe imperdonabile non ricordare questo fatto nella giornata in cui il mondo celebra il Giorno Internazionale della Donna. Ricordarlo oggi è anche ricordare quanto è lontana Cuba dal rivivere una storia come quella.

La Rivoluzione, dalla mano de Vilma, Celia, Haydée, Melba e altre eroine, è riuscita a porre la donna cubana al centro delle trasformazioni sociali. Per Costituzione è stato stabilito che devono avere gli stessi diritti degli uomini. Inoltre è stato garantito il divorzio, che si punissero per legge coloro che le violentano, che decidessero del loro corpo, garantendo l’aborto legale e l’assistenza medica per questo. Questi sono solo sogni per molte donne nel mondo.

L’8 marzo milioni di donne scendono per le strade esigendo i diritti che Cuba ha guadagnato nel passare degli anni. Ma le nostre conquiste non ci devono accecare.

C’è sempre e ancora molto da fare. Che non si accettino come normali le proposte di lavoro gastronomico solo a giovani snelle e carine; e nemmeno le frasi indirizzate per strada, inquinate di sessismo e tanto meno le frasi ripetute tante volte: «Tra moglie e marito non mettere il dito», sono alcune delle sfide della nostra società in questo processo che è anche culturale Dobbiamo anche cambiare la realtà che ogni domma quando esce dal lavoro deve occuparsi anche delle responsabilità domestiche, della cura dei minori, degli acquisti del mese e dell’economia della casa.

Questi sono segni di violenza di genere, inconcepibili in una società come la nostra. L’8 marzo è un giorno di lotta anche per Cuba. Non ci sono incendi in fabbriche con dentro centinaia di donne, lavorando sino allo sfinimento. Non ci sono nemmeno proteste di moltitudini a favore di un aborto legale e sicuro, ma la riflessione la deve avere dentro ogni cubano.

NEL CONTESTO

• «Le donne sanno che unite hanno il potere di cambiare il mondo e ottenere l’uguaglianza nella diversità, tanto necessaria oggi nella battaglia contro il capitalismo e le politiche neoliberali e patriarcali di dominio alle quali sono sottomesse», ha detto a Cabaiguán, Teresa Amarelle Boué, segretaria generale della FMC.

• In occasione della manifestazione per il Giorno Internazionale della Donna, la membro del Burò Politico del Partito, ha ricordato che: le cubane sono il 49 % del totale della forza del settore statale civile, il 68 % dei tecnici e professionisti E il 39% dei lavoratori indipendenti.

• Amarelle Boué e Olga Lidia Tapia, membro della Segreteria, hanno elogiato come migliori le province di Granma, Guantánamo, Ciego de Ávila e Artemisa, e hanno consegnato a Sancti Spíritus la bandiera d’Avanguardia Nazionale. Fonte: Juan A. Borrego.


Le donne sono una bella realtà nei Giochi Olimpici

 

Anche se nelle prime Olimpiadi dell’era moderna  ad Atene – 1896, nessuna donna ebbe la possibilità d’aspirare alla gloria, già nella seconda versione di Parigi-1900, parteciparono 22 donne, nel golf e nel tennis, sport nel quale l’inglese  Charlotte Cooper fu la prima vincitrice olimpica di questa era.

Tutto il mondo ellenico dei Giochi Olimpici volò con l’idea ripristinatrice di Pierre de Coubertin, come se questi, con una macchina del tempo, potesse attraversare 15 secoli per installarsi nell’era moderna, portando con sè alcune pratiche del lontano passato.

Una era quella che impediva alle donne di partecipare al festa dello sport, anche se nella nuova epoca ebbero più fortuna che nell’antichità.

Allora non potevano partecipare alla competizione quadriennale nemmeno come spettatrici, ma dato che ogni regola ha le sue eccezioni, anche la storia le raccoglie. Pausania, storiografo e geografo, racconta che la legge castigava tutte le done che infrangevano quela proibizione lanciandole dal monte Tipeo, vicino ad Atene.

Solo una,la grande sacerdotessa di Detemer, la dea dell’ agricoltura, protettrice del matrimonio e della legge sacra nella mitologia greca, aveva il permesso d’entrare. Un’altra donna che entrò fu Ferenice, che non era pitonessa e quindi non dirigeva i culti di nessuna dea.

Lei entrò vestita da uomo e si situò nel luogo destinato agli allenatori per veder gareggiare suo figlio, ma quando questi vinse si mise a correre perdendo i vestiti nel cammino e facendo scoprire la sua identità. Ferenice era figlia, madre e sorella di vincitori in quelle gare e in considerazione di questa famiglia di campioni, i giudici stabilirono un indulto.

Altri storiografi raccontano lo stesso finale, ma dicono che lei si vestì da uomo per gareggiare e vinse, ma la tunica che le cadde la denunciò, per cui partendo da quell’incidente i partecipanti cominciarono a gareggiare nudi. Comunque la coraggiosa Ferenice è il antecedente più remoto della participazione femminile nelle Olimpiadi.

Anche se le donne non potevano partecipare, ci fu una campionessa olimpica, perché secondo lo stesso Pausania, nella sua opera /La descrizione della Grecia nelle competizioni equestri/ non si nominava vincitore il cavaliere, ma il padrone o la padrona del cavallo. Nella 96ª e 97ª edizione (396 a.C. e 392 a.C), la principessa Kyniska di Sparta, proprietaria di cavalli, vinse la gara delle quadrighe.

Anche se nelle prime Olimpiadi dell’era moderna ad Atene – 1896, nessuna donna ebbe la possibilità d’aspirare alla gloria, già nella seconda versione di Parigi-1900, parteciparono 22 donne, nel golf e nel tennis, sport nel quale l’inglese Charlotte Cooper fu la prima vincitrice olimpica di questa era.

Nessuna donna aveva mai acceso la fiaccola olimpica sino a Messico – 1968, prima dell’atleta di questo paese, Enriqueta Basilio. Alice Maria Coachman fu la prima afroamericana che conquistò un trofeo olimpico, competendo per gli Stati Uniti, nei Giochi di Londra-1948, e la cubana María Caridad Colón fu la prima latinoamericana a vincere l’oro nel lancio del giavellotto nelle Olimpiadi di Mosca 1980 Oggi le donne sono una bella realtà nei Giochi Olimpici e da Atene 2004 hanno superato il 40% del totale degli atleti in gara.

A Río de Janeiro hanno raggiunto il 45 %. A Londra-2012 per la prima volta tutte le nazioni hanno iscritto le atlete nelle loro delegazioni. Anche i paesi musulmani partecipano con le loro squadre dal 2012.

Tokio-2020 si adatta ed ogni delegazione potrà contare con due portabandiera: un uomo e una donna. Le donne cubane, in solamente 13 delle 29 edizioni realizzate hanno conquistato 49 medaglie: 13 d’oro, 16 d’argento e 20 di bronzo Vanno riconosciuti a loro grandi successi, come le tre vincite delle medaglie, d’oro consecutive della squadra di pallavolo nei Giochi dal 1992 sino al 2000.

In quest’epoca preziosa tessuta dal professor Ronaldo Veitía, lo sport che ha ottenuto più medaglie è lo yudo, con 5 d’oro, dieci d’argento e dieci di bronzo. ATokio-2020, judoca e atlete hanno le maggiori possibilità di riappropriarsi di questo glorioso passato.


La donna nella società cubana

 

In occasione delle celebrazioni del giorno internazionale della donna si è svolto sabato 7 marzo presso la sede dell’Istituto Cubano di Amicizia con i Popoli (ICAP) di Trinidad, nella provincia di Sancti Spiritus, un incontro-dibattito sulla situazione femminile a Cuba.

All’incontro hanno partecipato il Direttore dell’Istituto Raul Ruiz Gazcon, Rodolfo Diaz Cadalso Vice Direttore e Andrea Puccio dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia Cuba.  Ha introdotto l’incontro Raul Ruiz Gazcon che ha evidenziato l’importanza della donna nella società cubana, ha continuato ricordando che le donne sono state fondamentali nella lotta che ha portato al trionfo della  rivoluzione. La donna cubana è stata sempre in prima linea e protagonista nelle vicende storiche dell’isola.

Andrea Puccio ha iniziato la sua esposizione citando alcuni dati che danno la misura di come la donna in Cuba sia integrata e non discriminata per questioni di genere. Le donne cubane ricevono lo stesso stipendio degli uomini per uguale lavoro svolto. Il tasso di disoccupazione femminile è inferiore al 3,5 per cento. Attualmente, le donne sono il 49 per cento della forza lavoro nel settore statale civile, il 49,6 per cento dei dirigenti, l’81,9 per cento dei professori, maestri e del personale scientifico, l’80 per cento degli avvocati, dei presidenti dei tribunali provinciali, dei giudici e del personale della sanità. Occupano il 53,2 per cento dei seggi nell’Assemblea Nazionale e il 48,5 per cento nel Consiglio di Stato, collocando la nazione al secondo posto al mondo per presenza femminile in Parlamento, mentre la media mondiale è solo al 24 per cento e la maggioranza della forza lavoro professionale è  costituita da uomini.

La donna a Cuba, continua Andrea Puccio, riceve lo stesso salario di un uomo a parità di lavoro svolto, ed non è una cosa scontata. In Italia ad esempio la differenza di salario ricevuto da una donna è il 43 per cento inferiore rispetto a quello ricevuto da un uomo se si considerano oltre la paga oraria anche altri parametri come l’occupazione femminile e le ore lavorate.

La parità di retribuzione  viene sancita ufficialmente nell’articolo 42 della nuova Costituzione dove si legge tra l’altro che “tutte le persone sono uguali davanti alla legge … per questo ricevono lo stesso salario a parità di lavoro senza alcuna discriminazione”. Nei sistemi capitalistici l’essere donna viene sfruttato dal datore di lavoro per avere una manodopera che svolge lo stesso lavoro di un uomo ma che viene pagata   meno. La donna non viene sfruttata perché donna o soggetto debole ma perché semplicemente il capitale ha necessità di abbattere il più possibile i costi, incluso quello del personale, quindi il sesso femminile assolve a questa esigenza.

La lotta di classe a livello internazionale si manifesta con l’imperialismo dei paesi più potenti e economicamente progrediti verso quelli del terzo mondo, a livello nazionale con la supremazia della borghesia verso il proletariato, nel proletariato la guerra di classe si verifica tra uomini e donne. Solo in un sistema socialista dove tutti gli individui sono uguali la lotta di classe sparisce. Proprio per questo a Cuba fin dai primi giorni della rivoluzione il nascente governo ha posto il problema di genere tra i principali obiettivi da raggiungere.

Infine Andrea Puccio mette in evidenza come la donna viene considerata dalla cultura maschilista imperante nei paesi capitalisti come uno oggetto di proprietà, di cui si può disporre a proprio piacere: problema che si manifesta nel suo apice con il femminicidio.

In Italia nel 2018 i casi di femminicidio sono stati 142, il 38 per cento degli omicidi compiuti nell’anno, mentre nei primi 10 mesi del 2019  le morti sono state 96, quasi uno ogni tre giorni. complessivamente dal 2000 al 2018 in Italia sono state uccise 3230 donne, di cui 2355 uccise in ambito famigliare e 1564 uccise  dal coniuge o fidanzato.  Nel continente latinoamericano la situazione è ancora peggiore: in Brasile i  casi di femminicidio nel 2018 sono stati 1206  con un aumento del 4 per cento, in Messico 916 da gennaio a novembre 2019, omicidi  duplicati negli ultimi quattro anni. Scendendo a sud in  Argentina 296 casi di femminicidio da gennaio a novembre 2019 ed in Perù 169 donne uccise nell’intero 2019. Il bilancio dell’intera America Latina è devastante: nel solo 2018 sono state uccise 3529 donne.

A Cuba grazie all’emancipazione femminile data dal sistema socialista che come detto pone l’uguaglianza  dell’individuo e di genere al primo posto il fenomeno del femminicidio è quasi del tutto assente. Andrea Puccio conclude invitando tutte le donne di Cuba a lottare per mantenere tutti questi diritti acquisiti negli anni e non abbassare mai la guardia. Una frase di Fidel Castro illustra meglio di ogni altra parola la situazione femminile a Cuba : “La donna è la rivoluzione nella rivoluzione”.

di Andrea Puccio, Associazione Nazionale di Amicizia Italia Cuba

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