Washington criminalizza il Venezuela

per pressioni multilaterali contro il blocco

Franco Vielma  https://medium.com/@misionverdad2012

Gli USA hanno recentemente deciso di terziarizzare la propria agenda per lo smantellamento violento del governo venezuelano, mettendo un prezzo alla alta dirigenza politica del paese ed attizzando azioni dalla Colombia per lo sviluppo di azioni mercenarie.

Attraverso l’azione concreta del Dipartimento di Giustizia, guidato da William Barr, è stato evidenziato che la cospirazione contro il Venezuela sembra di tipo mercenaria.

Una dichiarazione che, inoltre, ha fornito un quadro giuridico per criminalizzare, per decreto, parte della dirigenza politica e militare venezuelana, guidata dal presidente Nicolás Maduro come primo nella lista.

Il senso di “opportunità”

 

La Casa Bianca ha fatto un passo per cercare di accelerare il cambio di regime in Venezuela, ma questo atto amministrativo dell’ufficio del Segretario alla Giustizia in termini reali non è una “novità” per il governo venezuelano.

Il presidente Maduro ha vissuto sulla propria carne un attentato contro la sua vita e parte del suo gabinetto nel 2018 attraverso un attacco con droni armati.

Alla fine di aprile 2019, Juan Guaidó e Leopoldo López hanno guidato un fallito tentativo di colpo di stato che comportava un’azione di sedizione militare, comportando la cattura e l’omicidio di Maduro e della dirigenza chavista.

Recentemente, è stata anche rivelata un’operazione su larga scala con l’ex generale Alcalá Cordones al comando. Hanno organizzato campi paramilitari e azioni di assassinio in Venezuela. Come negli altri eventi precedenti, anche questo ha avuto il territorio colombiano come portaerei operativo per la pianificazione e l’esecuzione.

Essendo questi eventi una chiara espressione dell’agenda del cambio di regime con mezzi violenti, resta allora da chiarire l’importanza del nuovo atto amministrativo di Washington. La spiegazione più affidabile risiede nel suo scopo giuridico, nonché nel contesto e nel senso di opportunità politica in cui l’azione è presa.

La guerra mercenaria per decreto

 

Washington ha capito che il suo concetto di guerra contro il mondo è polivalente e multifunzionale. E’ passato dalle guerre regolari al patrocinare azioni irregolari in vari periodi e contesti.

Sembra che nel caso venezuelano, le possibilità di un’azione di tipo convenzionale o modalità di guerra formale aperta, come quella che hanno eseguito contro l’Iraq nel 2003, non sembrano, finora, politicamente e militarmente fattibili.

Quindi, la via mercenaria sembra l’azione più rapida come atto “chirurgico” di distruzione del comando politico e militare della nazione petrolifera.

Porre un prezzo sulla testa di Maduro è un’implicazione politica che dà sostanza giuridica alla mercenarizzazione contro il Venezuela.

La preservazione della guerra con altri mezzi

 

C’è un momento di eccezionalità nella politica scatenata dalla crisi sanitaria del Covid-19, che sta rimuovendo ed attizzando pressioni da un paese all’altro ed innescando effetti a catena nella politica all’interno dei paesi.

Per questo motivo, il Venezuela, paese bloccato, ha chiesto un prestito accelerato al Fondo Monetario Internazionale (FMI), proprio come ha fatto di recente l’Iran, un altro paese bloccato da misure coercitive ed unilaterali USA.

Entrambi i paesi sono andati controcorrente rispetto alle proprie posizioni storiche nei confronti di questa istanza e tali misure, per quanto contraddittorie possano sembrare politicamente, hanno avuto lo scopo di creare una distensione della situazione di blocco economico delle due nazioni.

Quasi contemporaneamente, l’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU guidato da Michelle Bachelet ha fustigato Washington esortandolo a sospendere o degradare le sanzioni contro il Venezuela, indicando che stavano solo alimentando le vulnerabilità del paese di fronte alla crisi sanitaria.

L’Unione Europea (UE) ed il suo principale portavoce nelle relazioni diplomatiche, Josep Borrell, hanno appoggiato la richiesta del Venezuela e dell’Iran dinanzi al FMI, un colpo indiretto che si riferisce anche alla situazione di blocco finanziario contro entrambi i paesi.

E’ stata anche inviata alla Segreteria Generale dell’ONU, in particolare all’ufficio di Antonio Guterres, una lettera firmata dai paesi che soffrono azioni di blocco economico USA, inclusa la Cina, affinché tale organo eserciti pressioni per una distensione o allentamento delle misure dinnanzi alla crisi sanitaria mondiale.

Nella scena nordamericana, media come The New York Times e The Financial Times hanno dichiarato l’importanza di sospendere il blocco contro il Venezuela.

Addizionalmente, 11 senatori del Partito Democratico hanno scritto una lettera a Mike Pompeo, responsabile del Dipartimento di Stato, per rinviare o sospendere le misure coercitive, in quanto sono azioni che danneggiano il Venezuela nel quadro critico che il Covid-19 ha disegnato. Nella loro lettera, i senatori hanno spiegato che, in effetti, le misure di blocco hanno colpito il sistema sanitario pubblico del Venezuela, che è una confessione di parte.

Come evidenziato, le pressioni sulla scrivania dell’Ufficio Ovale sono ora multidirezionali e più consistenti. Sebbene Washington si aggrappi alla sua politica di soffocamento, i consensi attorno al blocco al Venezuela sono sempre più infranti.

La rottura della coesione politica tra Washington ed i suoi alleati riguardo ai blocchi economici non è solo segnata dalla crisi sanitaria. La perdita di leadership degli USA e la gestione erratica di Trump di fronte all’attuale crisi nel suo paese, così come la sua controversa agenda delle relazioni internazionali, sono effetti scatenati che sono stati generati da un sostenuto deterioramento che sta soffrendo l’egemonia USA.

La pandemia e queste nuove pressioni hanno solo accelerato un ciclo già esistente e l’attuale eccezionalità politica è il suo meccanismo di biforcazione.

Per Washington, questo accende gli allarmi. La sua governance si diluisce e le narrazioni che avevano “legittimato” gli assedi economici sono smascherate per la loro fallacia.

Le sanzioni non sono mai state contro i funzionari dei paesi bloccati: sono stati crimini contro l’umanità e le vittime sono stati i popoli dei paesi bloccati.

Trump ha deciso con mezzi “legali” d’immobilizzare la revoca delle sanzioni. La dichiarazione del Venezuela come paese “narcoterrorista” pretende inabilitare Washington ad una revoca presumibilmente per non ossigenare il “regime” del Venezuela.

Pertanto, questa azione può essere considerata come un atto amministrativo per continuare la guerra con altri mezzi, che è precisamente il modo in cui deve essere definita la tabella di marcia del soffocamento e blocco contro il Venezuela.

Il Venezuela ha denunciato gli USA davanti alla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità contro la popolazione venezuelana e questo ha esasperato i fattori del governo USA. Ciò spiega le azioni azzardate di Washington, come un modo per gestire la sua agenda fallita che non realizza lo smantellamento del Venezuela.


Washington criminaliza a Venezuela por presiones multilaterales contra el bloqueo

Por Franco Vielma

Estados Unidos ha decidido recientemente tercerizar su agenda de desmantelamiento violento del gobierno de Venezuela, colocando precio a la alta dirigencia política del país y atizando acciones desde Colombia para el desarrollo de acciones mercenarias.

Mediante la acción concreta del Departamento de Justicia a cargo de William Barr, quedó expuesto que la conjura contra Venezuela parece de tipo mercenaria.

Una declaratoria que, además, ha dado un marco jurídico para criminalizar, por vía de decreto, a parte de la dirigencia política y castrense venezolana, encabezada por el presidente Nicolás Maduro como primero en la lista.

El sentido de “oportunidad”

La Casa Blanca dio un paso para intentar acelerar el cambio de régimen en Venezuela, pero este acto administrativo del despacho del Secretario de Justicia en términos reales no es ninguna “novedad” para el gobierno venezolano.

El presidente Maduro vivió en carne propia un atentado contra su vida y parte de su gabinete en 2018 mediante un ataque con drones artillados.

A finales de abril de 2019 Juan Guaidó y Leopoldo López lideraron un fallido intento de golpe de Estado que suponía una acción de sedición militar, implicando la captura y el asesinato de Maduro y la dirigencia chavista.

Recientemente también tuvo lugar la revelación de una operación a gran escala con el ex general Clíver Alcalá Cordones a cargo. Han organizado campamentos paramilitares y acciones de magnicidio en Venezuela. Tal como en los otros eventos anteriores, este también ha tenido al territorio colombiano como portaaviones operacional para la planificación y ejecución.

Siendo esos eventos expresión nítida de la agenda de cambio de régimen por vías violentas, queda entonces por aclarar la pertinencia del nuevo acto administrativo de Washington. La explicación más fiable yace en su propósito jurídico así como el contexto y el sentido de oportunidad política en que la acción es tomada.

La guerra mercenaria por decreto

Washington ha entendido que su concepto de guerra contra el mundo es polivalente y multifuncional. Han ido de las guerras regulares al auspicio de las acciones irregulares en diversos momentos y contextos.

Parece que en el caso venezolano, las posibilidades de una acción de tipo convencional o modalidad de guerra formal abierta, como la que ejecutaron contra Irak en 2003, no parecen política y militarmente viables, hasta ahora.

De ahí que la vía mercenaria parece la acción más expedita como acto “quirúrgico” de destrucción del mando político y militar de la nación petrolera.

Colocar precio a la cabeza de Maduro es una implicación política que da cuerpo legal a la mercenarización contra Venezuela.

La preservación de la guerra por otros medios

Hay un momento de excepcionalidad en la política desatada por la crisis sanitaria del Covid-19, la cual está removiendo y atizando presiones de un país al otro y detonando efectos en cadena en la política dentro de los países.

Por ello, Venezuela, país bloqueado, solicitó un préstamo expedito al Fondo Monetario Internacional (FMI), tal como recientemente lo ha hecho Irán, otro país bloqueado por medidas coercitivas y unilaterales estadounidenses.

Ambos países fueron a contracorriente de sus propias posiciones históricas frente a dicha instancia y tales medidas, por contradictorias que parezcan en lo político, han tenido el propósito de crear una distensión a la situación de bloqueo económico de las dos naciones.

Casi en simultáneo, el Alto Comisionado de Derechos Humanos de la Organización de Naciones Unidas (ONU) a cargo de Michelle Bachelet fustigó a Washington instándolo a suspender o degradar las sanciones contra Venezuela, indicando que sólo atizaban las vulnerabilidades del país frente a la crisis sanitaria.

La Unión Europea (UE) y su principal vocero en las relaciones diplomáticas, Josep Borrell, respaldaron la solicitud de Venezuela e Irán ante el FMI, un tiro por elevación que también tiene refiere la situación de bloqueo financiero sobre ambos países.

También fue elevada ante la Secretaría General de la ONU, concretamente al despacho de Antonio Guterres, una carta firmada por países que sufren acciones de bloqueo económico estadounidense, con China incluida, para que dicha instancia presione por distensiones o aflojamiento de medidas de cara a la crisis sanitaria mundial.

En la escena norteamericana, medios como The New York Times y The Financial Times han declarado la pertinencia de suspender el bloqueo contra Venezuela.

Adicionalmente, 11 senadores del Partido Demócrata han escrito una carta a Mike Pompeo, responsable del Departamento de Estado, para que difiera o suspendan las medidas coercitivas, por tratarse de acciones que lesionan a Venezuela en el marco crítico que ha dibujado el Covid-19. En su carta, los senadores explicaron que, en efecto, las medidas de bloqueo sí han afectado el sistema de salud pública de Venezuela, lo cual es una confesión de parte.

Tal como se evidencia, las presiones al escritorio de la Oficina Oval son ahora multidireccionales y más consistentes. Aunque Washington se aferre a su política de asfixia, los consensos alrededor del bloqueo a Venezuela están cada vez más rotos.

La ruptura de la cohesión política entre Washington y sus aliados al respecto de los bloqueos económicos no sólo está signada por la crisis sanitaria. La pérdida de liderazgo de Estados Unidos y la gestión errática de Trump frente a la actual crisis en su país, así como su controvertida agenda de relaciones internacionales, son efectos desencadenados que se han generado desde un deterioro sostenido que viene sufriendo la hegemonía norteamericana.

La pandemia y estas nuevas presiones sólo han venido a acelerar un ciclo ya existente y la excepcionalidad política actual es su mecanismo de bifurcación.

Para Washington, esto enciende las alarmas. Su gobernanza se diluye y las narrativas que habían “legitimado” los cercos económicos quedan expuestas por su falacia.

Las sanciones nunca fueron contra los funcionarios de los países bloqueados: han sido crímenes de lesa humanidad y las víctimas han sido los pueblos de los países bloqueados.

Trump ha decidido por vías “legales” inmovilizar el levantamiento de sanciones. La declaración de Venezuela como país “narcoterrorista” pretende inhabilitar a Washington para hacer un levantamiento supuestamente para no oxigenar al “régimen” de Venezuela.

Por lo tanto, esta acción sólo puede considerarse como un acto administrativo para continuar la guerra por otros medios, que es precisamente la forma en que debe definirse la hoja de ruta de asfixia y bloqueo contra Venezuela.

Venezuela ha demandado a Estados Unidos ante la Corte Penal Internacional por crímenes de lesa humanidad contra la población venezolana y esto ha exasperado a los factores del gobierno estadounidense. Ello explica las acciones destempladas de Washington, como una manera de gestionar su agenda fallida que no concreta el desmantelamiento de Venezuela.

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