Mentono contro il Venezuela

USA e Colombia sono i protagonisti del narcotraffico regionale

Washington e Bogotá, che da decenni hanno brandito la dottrina dell'”intervento preventivo” con il pretesto della guerra contro il narcotraffico, continuano a soffrire forti rovesci con l’incremento della produzione, del consumo e del traffico, in cui entrambi i paesi sono protagonisti negativi

Francisco Arias Fernández  www.granma.cu

Leader mondiale negli assassinii di dirigenti sociali; con sette basi militari a disposizione dei piani di guerrafondai del Pentagono e del suo Comando Sud contro il Venezuela ed altri vicini scomodi per la Casa Bianca in America Latina; terreno fertile per il reclutamento di ufficiali, agenti e mercenari di ogni tipo per le agenzie della sovversione, la Colombia continua a battere record come significativo epicentro mondiale della produzione e traffico di cocaina.

Washington e Bogotá, che da decenni hanno impugnato la dottrina dell’ “intervento preventivo” con il pretesto della guerra al narcotraffico, dalla quale hanno sostenuto le lotte contro-insurrezionali, “antiterroristiche”, ed ora le cosiddette “minacce transnazionali”, continuano a soffrire forti rovescio con l’incremento della produzione, del consumo e del traffico, in cui entrambi i paesi sono protagonisti negativi.

Un rapporto dell’Ufficio della Politica Nazionale per il Controllo delle Droghe della Casa Bianca, pubblicato il 5 marzo scorso, segnala che le colture di foglie di coca nel paese sudamericano sono aumentate di 4000 ettari, raggiungendo i 212000; mentre la produzione di cocaina è cresciuta dell’8%, da 879 tonnellate a 951, cifre che hanno stabilito record storici. Si prospetta che la produzione di coca in Colombia equivale a 5130 milioni di $ e duplica quella del caffè.

Lo stesso documento riconosce che il consumo di cocaina negli USA continua nuovamente ad aumentare, dopo anni di diminuzione, e che la fonte principale per il mercato USA di quella droga è la Colombia.

Da un anno, il rapporto annuale 2019 dell’Ufficio dell’ONU contro la Droga ed il Crimine, allertava della pericolosa tendenza, quando ha riconosciuto che le piantagioni in luoghi remoti e nuove bande criminali hanno spinto la Colombia ad essere il principale produttore mondiale di cocaina, con circa il 70%, uno dei fattori fondamentali nel nuovo record di offerta. Il documento aggiunge che, dal 2008 al 2017, si è registrato un aumento del 50% in quel paese.

Quasi due milioni di persone negli USA hanno usato cocaina nel 2018, con un incremento del 42% rispetto al 2011, secondo l’Inchiesta Nazionale sul Consumo di Droghe e Salute. Inoltre, il numero di decessi nel paese per overdose di cocaina si è triplicato tra il 2012 ed il 2018. Gli esperti colombiani sostengono che la produzione non può essere fermata se Washington e l’Europa non fermano la domanda.

Nel febbraio di quest’anno, un rapporto dell’International Narcotics Control Board (INCB) segnalava come principale preoccupazione di questa entità mondiale è la crescita della superficie della coca illegale, perché si è anche incrementato la produzione potenziale di cocaina ad un record storico di quasi 2000 tonnellate, secondo le sue misure.

INCB aggiunge che la stragrande maggioranza di queste 2000 tonnellate va dal mercato colombiano agli USA.

Si sostiene che sebbene il presidente Donald Trump si mostri indulgente con il suo omologo colombiano Iván Duque, stretto alleato dei piani bellici anti – venezuelani, ha dichiarato pubblicamente alla stampa che “la Colombia era in ritardo sul tema” delle droghe, e più recentemente lo ha esortato a ristabilire le fumigazioni aeree sulle piantagioni di coca con l’erbicida glifosato, che è internazionalmente criticato per i suoi effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente; ragione per cui hanno dovuto essere sospese nel 2015 dal precedente Esecutivo, su avvertimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e per cui il governo ha 231 cause giudiziarie pendenti.

Sebbene si denunci l’esistenza di sette basi militari con la presenza di ufficiali e contractor al servizio del Comando Sud, con una facciata antidroga, uno studio della rivista colombiana Semana indica che già nel 2012 la Forza Aerea USA aveva 51 edifici propri in Colombia, mentre l’Esercito aveva altre 24 proprietà in affitto.

Inoltre, sono stati scandalosi gli incidenti generati dai militari e contractor USA, difficili da controllare a causa della loro indisciplina, l’uso di droghe e persino il traffico di eroina dalla Colombia ad una base militare in Florida.

Mentre impone nuovi marchi di produzione e traffico di droga, il quotidiano londinese The Guardian ha qualificato la Colombia come “la nazione più sanguinosa” contro i difensori dei diritti umani. Il prestigioso media ha raccolto un rapporto di Front Line Defenders, che indica che, su tre attivisti assassinati, nel 2019, in tutto il mondo, uno di loro era colombiano.

L’ondata di violenza accaparra l’attenzione internazionale. L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si è dichiarato “profondamente preoccupato”, mentre ha consegnato la cifra ufficiale di 107 leader assassinati nel 2019, a cui potrebbero essere aggiunti 13 casi in fase di verifica. Alcuni denunciano questi eventi come una pratica sistematica e diverse organizzazioni stimano che il numero reale di vittime mortali sia il doppio o triplo.

Secondo l’Ufficio del Difensore del Popolo, tra gennaio 2016 ed ottobre 2019, sono stati 555 casi. Organizzazioni politiche e per i diritti umani hanno denunciato che dall’entrata in vigore degli accordi di pace nel 2016 fino ad oggi, sono stati assassinati 187 ex combattenti delle FARC.

La macchina di morte, che agisce a suo capriccio nel paese sudamericano, attacca principalmente coloro che promuovono la sostituzione delle colture di coca, coordinano processi di restituzione di terre, gli oppositori, i gruppi etnici che esercitano il controllo nei territori, ex guerriglieri e dirigenti femminili. Secondo la Procura, i principali assassini di queste persone sono organizzazioni criminali legate al narcotraffico, all’estrazione illegale ed alla criminalità comune; ma i media della stampa raccolgono le denunce della partecipazione dell’esercito, bande paramilitari e mafie legate a settori politici estremisti vicini ad esponenti del Governo.

L’Ufficio del Difensore del Popolo ha anche denunciato l’aumento del 63% della violenza contro le dirigenze che promuovono la sostituzione volontaria delle colture di coca e si oppongono alla presenza di gruppi armati nel loro territorio.

A questo proposito, una relazione dell’Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, ha recentemente denunciato che la situazione in questa materia nel paese è la peggiore dal 2014 e che lo Stato non sta svolgendo il suo lavoro in difesa dei dirigenti sociali, mentre Michel Forst, relatore speciale, ha affermato che questi omicidi “sono crimini politici”.

Secondo The New York Times, “uno stato debole che risponde violentemente alle richieste dei suoi cittadini insoddisfatti”, “la Colombia è tra i paesi più disuguali di questa regione disuguale. La scarsità di opportunità condanna milioni di colombiani»; “la mancanza di opportunità che ha alimentato la violenza, alimentato la guerra, ha causato grandi spostamenti interni ed ha stimolato la migrazione”; ma ha anche moltiplicato in maniera incontrollabile e corruttrice il narcotraffico, i cartelli, le mafie dentro e fuori il paese, i paramilitari, le esecuzioni extragiudiziali, gli ordini di letalità dell’esercito, le alleanze con gruppi criminali per ottenere informazioni ed uccidere, gli assassinii selettivi e di massa, i sequestri e le fortune sporche nei paradisi fiscali.

A seguito dello sciopero nazionale dello scorso novembre, molti hanno esortato il presidente Iván Duque ad un urgente cambio di rotta, per difendere la vita, ma continua a scommettere sulla guerra e sul sangue non solo all’interno del paese, ma alle sue frontiere, al soldo dei peggiori interessi USA nella regione, mentre ne approfittano i mercanti di droghe, armi e conflitti.

Duque ha scelto il percorso del Comando Sud e dell’82a divisione aviotrasportata; quello delle esercitazioni congiunte con gli USA e Brasile, come segno dell'”unità” desiderata dai falchi del nuovo momento americano di Trump per rovesciare governi legittimi, della coalizione neofascista, che si erige sul polverone della disuguaglianza, delle droghe, dell’estremismo e delle domande di giustizia e pace.


Mienten contra Venezuela: EE. UU. y Colombia son los protagonistas del narcotráfico regional

Washington y Bogotá, que desde hace décadas empuñaron la doctrina de la «intervención preventiva» con el pretexto de la guerra contra el narcotráfico, siguen sufriendo fuertes reveses con el incremento de la producción, el consumo y el tráfico, en el que ambos países son protagonistas negativos

Autor: Francisco Arias Fernández

Líder mundial en asesinatos de dirigentes sociales; con siete bases militares a disposición de los planes guerreristas del Pentágono y su Comando Sur contra Venezuela y otros vecinos incómodos para la Casa Blanca en Latinoamérica; tierra fértil para el reclutamiento de oficiales, agentes y mercenarios de todo tipo para las agencias de subversión, Colombia sigue rompiendo récords como significativo epicentro mundial de la producción y tráfico de cocaína.

Washington y Bogotá, que desde hace décadas empuñaron la doctrina de la «intervención preventiva» con el pretexto de la guerra contra el narcotráfico, desde la cual apoyaron las contiendas contrainsurgentes, «antiterroristas», y ahora las llamadas «amenazas transnacionales», siguen sufriendo fuertes reveses con el incremento de la producción, el consumo y el tráfico, en el que ambos países son protagonistas negativos.

Un informe de la Oficina de Política Nacional para el Control de Drogas de la Casa Blanca, publicado el pasado 5 de marzo, señala que los cultivos de hoja de coca en el país sudamericano aumentaron en 4 000 hectáreas, para alcanzar las 212 000; mientras que la producción de cocaína creció en un 8 %, pasando de 879 toneladas a 951, cifras que marcan récords históricos. Se plantea que la producción de coca en Colombia equivale a

5 130 millones de dólares, y duplica al café.

El propio documento reconoce que el consumo de cocaína en EE.UU. sigue en aumento nuevamente, después de años de disminución, y que la fuente principal para el mercado norteamericano de esa droga es Colombia.

Desde hace un año, el informe anual 2019 de la Oficina de la ONU contra la Droga y el Delito, alertaba de la peligrosa tendencia, cuando reconoció que las plantaciones en lugares remotos y nuevas bandas criminales empujaron a Colombia a ser el principal productor mundial de cocaína, con cerca del 70 %, uno de los factores fundamentales del nuevo récord de oferta. Añade el documento que de 2008 a 2017 se registró un incremento del 50 % en ese país.

Casi dos millones de personas en EE.UU. utilizaron cocaína en 2018, un incremento del 42 % respecto a 2011, según la Encuesta Nacional sobre el Consumo de Drogas y Salud. Además, el número de muertes en el país por sobredosis de cocaína se triplicó entre 2012 y 2018. Expertos colombianos sostienen que no se puede detener la producción si Washington y Europa no frenan la demanda.

En febrero de este año, un informe de la Junta Internacional de Fiscalización de Estupefacientes (JIFE) señalaba como principal preocupación de esa entidad mundial el crecimiento en la superficie de coca ilegal, porque también se ha incrementado la producción potencial de cocaína a un récord histórico de casi 2 000 toneladas, según sus mediciones.

Agrega la JIFE que la gran mayoría de estas 2 000 toneladas va del mercado colombiano hacia ee. uu.

Se plantea que aunque el presidente Donald Trump se muestra indulgente con su homólogo colombiano Iván Duque, estrecho aliado de los planes belicistas antivenezolanos, le ha dicho públicamente frente a la prensa que «Colombia estaba atrasada en el tema» de las drogas, y más recientemente lo urgió a que restableciera las fumigaciones aéreas sobre las plantaciones de coca con el herbicida glifosato, que es cuestionado internacionalmente por sus efectos negativos sobre la salud humana y el medioambiente; razón por la que tuvieron que ser suspendidas en 2015 por el Ejecutivo precedente, ante una advertencia de la Organización Mundial de la Salud, y por lo que el gobierno tiene 231 demandas judiciales pendientes.

Aunque se denuncia la existencia de siete bases militares con presencia de oficiales y contratistas al servicio del Comando Sur, con fachada antinarcótico, un estudio de la revista colombiana Semana señala que ya en 2012 la Fuerza Aérea de EE.UU. tenía 51 edificios propios en Colombia, mientras el Ejército tenía otras 24 propiedades arrendadas.

Además, han sido escandalosos los incidentes generados por los militares y contratistas estadounidenses, difíciles de controlar por sus indisciplinas, el consumo de drogas e incluso el tráfico de heroína desde Colombia a una base militar en la Florida.

Mientras impone nuevas marcas de producción y tráfico de drogas, el diario londinense The Guardian calificó a Colombia como «la nación más sangrienta» contra los defensores de derechos humanos. El prestigioso medio recogió un informe de Front Line Defenders, el cual indica que, de cada tres activistas asesinados durante 2019 en todo el mundo, uno de ellos era colombiano.

La oleada de violencia acapara la atención internacional. La Oficina del Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos se declaró «profundamente preocupada», a la par que entregó la cifra oficial de 107 líderes asesinados en 2019, a los que podrían sumar 13 casos en verificación. Algunos denuncian esos hechos como una práctica sistemática y varias organizaciones estiman que la cifra real de víctimas mortales es el doble o el triple.

Según la Defensoría del Pueblo, entre enero de 2016 y octubre de 2019 sumaron 555 casos. Organizaciones políticas y de derechos humanos han denunciado que desde la entrada en vigor de los acuerdos de paz en 2016 hasta la fecha, han sido asesinados 187 excombatientes de las FARC.

La maquinaria de muerte, que actúa a su antojo en el país sudamericano, ataca principalmente a quienes promueven la sustitución de cultivos de coca, coordinan procesos de restitución de tierras, a opositores, a los grupos étnicos que ejercen el control en los territorios, a exguerrilleros y líderes femeninas. Según la Fiscalía, los principales asesinos de esas personas son organizaciones criminales vinculadas al narcotráfico, la minería ilegal y delincuencia común; pero medios de prensa recogen las denuncias de la participación del ejército, bandas paramilitares y mafias vinculadas a sectores políticos extremistas cercanos a personeros del Gobierno.

La Defensoría del pueblo también ha denunciado el incremento del 63 % en la violencia contra las lideresas que impulsan la sustitución voluntaria de cultivos de coca y se oponen a la presencia de grupos armados en su territorio.

Al respecto, un informe de la Alta Comisionada de la onu para los Derechos Humanos, Michelle Bachelet, denunció recientemente que la situación en esta materia en el país es la peor desde 2014, y que el Estado no está cumpliendo su labor de defensa de los líderes sociales, mientras Michel Forst, relator especial, afirmó que esos asesinatos «son crímenes políticos».

Al decir de The New York Times, «un estado débil que responde con violencia a las demandas de sus ciudadanos inconformes», «Colombia está entre los países más desiguales de esta región desigual. La escasez de oportunidades condena a millones de colombianos»; «falta de oportunidades que impulsó la violencia, alimentó la guerra, causó grandes desplazamientos internos y estimuló la migración»; pero también disparó de manera incontrolable y corruptora el narcotráfico, los cárteles, las mafias dentro y fuera del país, los paramilitares, las ejecuciones extrajudiciales, las órdenes de letalidad del ejército, alianzas con grupos criminales para obtener información y matar, los asesinatos selectivos y masivos, los secuestros y las fortunas sucias en paraísos fiscales.

A raíz del paro nacional de noviembre pasado, muchos exhortaron al presidente Iván Duque a un cambio de rumbo urgente, para defender la vida, pero sigue apostando a la guerra y a la sangre no solo dentro del país, sino en sus fronteras, presto a los peores intereses de EE.UU. en la región, mientras se aprovechan los mercaderes de las drogas, las armas y los conflictos.

Duque ha escogido el camino del Comando Sur y la 82 División aerotransportada; el de los ejercicios conjuntos con ee. uu. y Brasil, como muestra de la «unidad» deseada por los halcones del nuevo momento americano de Trump para derrocar a gobiernos legítimos, de la coalición neofascista, que se erige sobre el polvorín de la desigualdad, las drogas, el extremismo y las demandas de justicia y paz.

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