Fidel su Lenin

Va detto che Lenin non solo è stato uno degli uomini più creatori, più combattivi e più geniali, ma anche uno degli uomini più coraggiosi, moralmente valoroso. Valore che ha dimostrato in prove difficilissime in tutta la sua avita e in tutto il processo rivoluzionario

 

Poche volte in un processo  –e forse mai in un processo politico – un pensiero, una mente, un’intelligenza è stata capace di dare un apporto tanto grande. Ed è che Lenin fu un investigatore infaticabile, un lavoratore infaticabile. E si può dire che da quando ebbe coscienza politica non riposò un solo istante per tutta la sua vita, non riposò un solo istante e non smise d’investigare, di studiare e di lavorare nel cammino della Rivoluzione.

Non è esistito gladiatore che ha sferrato più combattimenti ideologici di quanti sferrò Lenin. È sorprendente la quantità di battaglie nel campo ideologico che ha sferrato lui. E la sua storia non è in questo caso paragonabile alla storia di altri uomini che hanno fatto cose straordinarie come meriti personali.

Lenin è uno dei quei casi umano realmente eccezionali. La semplice lettura della sua vita, della sua storia e della sua opera, l’analisi più obiettiva della forma nella quale svolse il su pensiero e la su attività per tutta la sua vita, ne fanno realmente davanti agli di tutti  gli umani un uomo veramente – e ripeto – veramente eccezionale.

A Lenin toccò la possibilità non solo di sviluppare la teoria, ma incontrò il campo d’azione concreto e l’opportunità di portarlo alla pratica.

L’omaggio a Lenin si può offrire con il sentimento. Ma quando si studiano la sua opera e la sua vita, quando si studiano il suo pensiero e la sua dottrina, i popoli acquisiscono quello che si può chiamare un vero tesoro dal punto di vista politico.

Quando si fa una valutazione superiore delle personalità – ripeto- della storia, Lenin con Marx spiccheranno tra gli uomini, i pensieri, le intelligenze, le condotte che hanno avuto la maggior importanza nella storia dell’umanità.

Ricordiamo quando in quei mesi precedenti il 26 di luglio del 1953, la maggior  parte del piccolo gruppo di compagni che ci stavamo dedicando a quell’ impegno, andavamo sempre con i libri di Marx e di Lenin.

E ricordiamo che alcuni di quei libri di Lenin – perché furono quelli di Lenin – caddero nelle mani della polizia nelle perquisizioni che fecero dopo la Moncada. E ricordiamo come, nel processo della Moncada, un pubblico ministero di terza categoria, tra le sue gravi accuse, tra le sue – diciamo- capziose  domande , chiese se era vero che noi avevamo quei libri di Lenin e se erano nostri quei libri di Lenin.

Lenin fu dal primo istante non solo un teorico della politica, un filosofo della politica, ma un uomo d’azione , un uomo di pratica rivoluzionaria costante e incessante, e gli corrispose sviluppare quella dottrina, applicare quella dottrina in condizioni così difficili, che risulta veramente impossibile immaginarsela in situazioni peggiori.

Dalle opere di Lenin noi otteniamo conclusioni che sono state decisive – ovviamente quando parlo di leninismo parlo di marxismo, delle idee essenziali di Marx sviluppate da Lenin– e una molto specifica di Lenin che fu /Lo Stato e la Rivoluzione/, che ci aveva chiarito tanti concetti, che ci ha dato tanta luce nell’ora d’elaborare la strategia rivoluzionaria, la lotta per la conquista del potere rivoluzionario e che è stata tanto decisiva per elaborare questa strategia.

Quando la luce del pensiero rivoluzionario dell’Europa non considerava per niente i rivoluzionari russi, quando si guardavano con un certo sdegno quei rivoluzionari, quando molti non si erano nemmeno degnati di prendere sul serio il pensiero di Lenin e anche la possibilità di una rivoluzione marxista in quella Russia degli Zar, Lenin intraprendeva il suo lungo pellegrinaggio, il suo lungo e prolungato combattimento per portare avanti la rivoluzione marxista nelle condizioni di quel paese.

Uno studio realmente obiettivo della storia non ammette paragoni possibili, non ammette paragoni possibili! Non ammette di mettere a lato di Lenin nessun altro pensiero, perché il pensiero di Lenin spicca dal principio alla fine ed è la spina dorsale e l’anima di questo processo.

Ed è precisamente nel seno di questo paese, nel seno dell’impero degli Zar dove sorge quest’uomo geniale, veramente geniale, e sviluppa lì con un senso straordinariamente creatore, la dottrina marxista.

Difese la dottrina di Marx di fronte a tutte le mistificazioni, le tergiversazioni e le deformazioni. La difese e dimostrò quanta ragione aveva.

I fatti storici hanno dimostrato come tutte quelle correnti contro le quali Lenin lottò condussero in distinti paesi dell’Europa alla crisi del movimento rivoluzionario, al fallimento del movimento rivoluzionario e al tradimento del movimento rivoluzionario.

Lenin disse che una rivoluzione valeva quando era capace di difendersi.

In verità la nostra Rivoluzione ha dimostrato che è capace di difendersi.

E si difende con strumenti poderosi.

Non smetteremo d’ammirare Lenin, e ogni giorno lo ammireremo di più. Quanto ci manca!

«Loro non si potevano immaginare che un paese così piccolo, qui a lata del mostro e per conto proprio, senza il minimo aiuto, né un centesimo, né un arma, niente, se non le nostre conclusioni, avrebbe fatto una Rivoluzione sociale tanto radicale e tanto profonda, come quella che abbiamo fatto nel nostro paese, ispirati dalle idee patriottiche di Martí, ma anche da Marx, Lenin, Engels e gli altri che ci fecero – perlomeno a me- avere un’idea di quello che erano la società e il mondo!».

Va detto che Lenin non solo è stato uno degli uomini più creatori, più combattivi e più geniali, ma anche uno degli uomini più coraggiosi, moralmente valoroso. Valore che ha dimostrato in prove difficilissime in tutta la sua avita e in tutto il processo rivoluzionario.

Fonti: Frammenti di discorsi del Comandante in Capo Fidel Castro
Ruz negli anni 1970, 1981, 1992 e 2001. (GM – Granma Int.)


Riverenza e mobilitazione degli operai cubani

 

23.04 – Riverenza e mobilitazione è stato l’omaggio del movimento operaio cubano al leader proletario universale, Vladimir Ilich Lenin. Per, onorarlo in occasione dei 150º anni dalla sua nascita, i lavoratori dell’Isola sono stati convocati a commemorare il prossimo 1 maggio.

Riverenza e mobilitazione –così come devono essere sempre gli omaggi ai nomi più alti delle lotte storiche per la giustizia sociale – è stato l’omaggio del movimento operaio cubano al leader proletario universale, Vladimir Ilich Lenin. Per onorarlo in occasione dei 150 anni dalla sua nascita, i lavoratori dell’Isola sono stati convocati a commemorare il prossimo 1 Maggio.

Nella  Collina Lenin della capitale, davanti all’effigie del fondatore e conduttore dell’epica Rivoluzione Socialista d’Ottobre, un piccolo gruppo di dirigenti, guidato da  Ulises Guilarte de Nacimiento, membro del Burò Politico del Partito e segretario generale della Centrale dei Lavoratori  di Cuba, (CTC), ha dedicato una corona di fiori al leggendario bolscevico che ha posto negli annali della storia la lezione  più profonda su quello che la classe operaia emancipata può conquistare se ha un guida, in unità di pensiero e d’azione  nei   principi del socialismo, Coerente con la data e il legato del leader comunista sovietico, la CTC, nella voce del suo Segretario Generale, ha informato la decisione di celebrare il Giorno Internazionale dei Lavoratori dalle case cubane, obbedendo alle misure sanitarie adottate di fronte all’ondata della pericolosa epidemia dalla COVID -19. Guilarte de Nacimiento ha definito lo scontro alla malattia “una battaglia cruciale” ed ha risaltato il protagonismo della classe operaia nazionale sia sulla linea frontale di questo combattimento che nella trincea decisiva che è oggi rimanere nelle proprie case.

Con il lemma «Per Cuba: uniti vinceremo», i festeggiamenti non si potranno realizzare con le tradizionali e affollate sfilate nelle piazze e nei viali di tutto il paese, ma avverranno nelle case, «per, assieme alle famiglie, poter incorporare tutte le potenzialità che dispongono oggi le reti sociali e le tecnologie dell’informazione, e celebrare degnamente questa festa», ha detto.

Poi ha ricordato che questo 1 Maggio di compiranno 20 anni dallo storico Concetto di Rivoluzione espresso dal  Comandante in  Capo Fidel Castro, la cui vigenza  trascendentale si manifesta nella congiuntura sanitaria attuale, che affronta «con senso del momento storico, con audacia, intelligenza e realismo gli ostacoli , decisi come lui ci ha insegnato, a sfidarli e a vincerli per quanto poderosi siano».

Guilarte de Nacimiento ha sottolineato la solidarietà dell’Isola con i lavoratori che nel  mondo soffrono il colpo della crisi del sistema  sanitario capitalista, ed ha ringraziato la mobilitazione delle organizzazioni sindacali amiche e di altre forze progressiste nel reclamo per l’eliminazione del blocco genocida imposto dagli Stati Uniti contro Cuba.

Il Segretario Generale della CTC ha indicato che l’isolamento sociale responsabile non impedisce lo sviluppo della creatività dei patrioti cubani per, da casa o dal posto imprescindibile di lavoro, commemorare il Giorno del Proletariato Mondiale come stimolo per vincere la situazione attuale.

ALLA MEMORIA DI LENIN, NEL MONDO

È stata commemorata anche in altri luoghi del mondo il 150º anniversario della nascita di Vladimir Ilich Lenin.

Membri del Partito Comunista della Federazione della Russia, guidati dal suo leader, Guennadi Ziugánov,  hanno posto fiori ai piedi del Mausoleo al fondatore, nella Piazza Rossa di Mosca.

Il cancelliere della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Jorge Arreaza, ha ricordato dal suo account in Twitter la data  «della nascita del politico e filosofo  rivoluzionario russo».

Una collezione di francobolli commemorativi del 150º anniversario della nascita di  Vladimir Lenin, è stata presentata dal Ministero dell’Informazione e Comunicazione del Vietnam e dalla Corporazione delle poste del paese asiatico.


Appunti da Cuba

Lenin: il dirigente, la realtà, il popolo

 

27.04 – L’entrata delle idee di Vladimir Ilich Lenin a Cuba ha la sua storia, inseparabile dagli ideali socialisti e dal sorgere dell’Unione Sovietica.

Ma la grande porta per questa entrata l’ha aperta il trionfo della Rivoluzione che, fatta per gli umili, con gli umili e dagli umili, non ha tardato ad abbracciare il socialismo.

La ricezione di questo processo a Cuba è stata favorita da una storia nazionale che ha avuto anche quasi mezzo secolo prima del 1917 il suo proprio Ottobre fondatore, quello del 1868, inizio delle sue guerre d’indipendenza. Alla ricerca della libertà e della giustizia sociale quella causa emerse nella lotta contro la schiavitù.

In blocco i più ricchi furono distanziati da quella ricerca e disertarono dall’ esempio dei seminatori come Carlos Manuel de Céspedes e Ignacio Agramonte, e l’ingiustamente poco ricordato Francisco Vicente Aguilera, tra gli altri. Le bandiere della lotta si concentrarono in maniera crescente nelle mani dei più umili.

José Martí portò al punto più alto queste aspirazioni nella seconda metà del XIX secolo.

Con luci che continuano ad illuminare il cammino, gettò la sua sorte «con i poveri della terra» e contro l’imperialismo che allora emergeva.

Tale è stata l’eredità ricevuta da Fidel Castro e la tappa rivoluzionaria che lui guida dal 1959, ha trasformato Cuba.

In questo impegno si assunse il principale contributo di Lenin – e di Marx, Engels e altri, ma qui si parla del dirigente di cui si celebra il 150º anniversario – basato nel dialogo del pensiero e dell’azione.

Con intelligenza, sapienza e onorabilità Lenin abbracciò le idee di Marx interpretandole nel suo tempo e nelle sue circostanze. Le applicò creativamente in un paese che era lontano dal capitalismo sviluppato, le cui contraddizioni non avrebbero permesso il passo alla costruzione del socialismo, una speranza che aveva avuto Marx.

Lo scenario della Russia e dei suoi possedimenti vicini presentò enormi problemi alle ansie del socialismo, non solo in questa nazione, e lo pose anche in contatto con la realtà coloniale tanto vasta e rilevante in gran parte del mondo.

Tra le sfide vale la pena citare la necessità di liberarsi dagli imbrogli ereditati delle relazioni economiche e sociali con radici feudali o pensando in altri luoghi, delle zavorre del detto modo di produzione asiatico, nome che si discute, ma appunta a una realtà con sequele.

Dal capitalismo sviluppato non sarebbe spuntato il socialismo: in lui poteva stabilirsi la babarie e di fatto il capitalismo è una forma di barbarie sempre più cruenta. Negli Stati Uniti della fine del XIX secolo dove il sistema avanzava già verso la sua fase più poderosa, un rivoluzionario cubano, latino-americano e universale, José Martí, apprezzò già che in quella società non prosperava la giustizia ma l’imperialismo, come lo chiamò precocemente.

Questo rivoluzionario è morto in combattimento nel 1985, con l’affanno d’impedire che si avverassero i piani d’espansione degli Stati Uniti.

Anni dopo, già precisata la realtà di questo paese, fu dato a Lenin interpretarla teoricamente mentre guidava una rivoluzione per fondare il primo Stato di operai e contadini. Martì da parte sua sostenne la convinzione riassunta metaforicamente, precisando il dovere d’essere dei latinoamericani: «Quando appare un problema a Cojímar, non vanno a cerecare la soluzione a Danzica». Lo scrisse nel suo saggio «Nuestra América», pubblicato nel gennaio de 1891.

Se Martí reclamava che in questa parte del mondo si assumesse la realtà che le toccava trasformare, Lenin fece lo stesso nelle sue circostanze. Non quelle che aveva immaginato o desiderava: ma quelle che dovette affrontare.

Non fu uno studioso di gabinetto,ma un rivoluzionario che doveva applicare misure urgenti per assicurare la sopravvivenza del progetto socialista che lui guidava.

Non è irresponsabile supporre che non tutte le misure lo compiacevano.

Tantomeno soddisfecero i rivoluzionari che gli succedettero, ugualmente necessitati d’affrontare «la realtà reale» e non quella immaginata.

A Cuba si conoscono le discrepanze che la pratica economica di Lenin suscitò in un rivoluzionario come Ernesto Guevara. Nessuno dei due, nè altri, ebbero e videro davanti a loro un mondo ideale.

In altri luoghi oggi si parla di un tradimento tra Lenin e ll partito che lui creò. Lenin non ha tradito niente, non ha tradito nessuno. Lottò ininterrottamente tra le complessità delle realtà, e prima con contendenti di diverse tendenze, non tutti necessariamente nemici e nessuno più testardo dei fatti. Ma pose luce e onorata fermezza davanti a tutto.

Quando il PCUS si è dissolto, non era già nemmeno di lontano il partito bolscevico di Lenin, anche se aveva sempre militanti – quanti? – disposti a mantenerlo vivo.

Fosse stato sempre il partito di Lenin non sarebbe stato possibile smobilitarlo com’à avvenuto. In ogni caso sarebbe passato alla lotta clandestina, della quale Lenin fu maestro. L’esercizio del potere può essere più arduo e complicato. Alcune inchieste rivelano che la maggioranza del popolo russo lamenta il cambio che ha portato alla realtà di oggi. Va applaudito, sì, il ruolo che la Russia realizza nella politica internazionale e che – nelle sue migliori proiezioni – sembra impensabile senza l’eredità che viene dall’era sovietica.

Ma il lamento citato necessita e merita almeno uno studio e non come mera curiosità.

Per far tacere il valore di Lenin si sottolinea abitualmente l’operato di Stalin.

Certamente alle personalità corrisponde una determinata funzione, a volte straordinaria; ma sono parte di una maggior realtà che le determina, per quanto siano capaci d’influire in questa.

Attorno, sotto e sopra Lenin, e Stalin – e altri- c’era il partito con i suoi militanti Se l’organizzazione avesse realizzato pienamente il suo ruolo con intelligenza e coraggio,Stain avrebbe potuto commettere gli eccessi che ha commesso?

Ma forse niente impedisce che oggi gli si attribuiscano altri, tanto che si tenta di paragonarlo a Hitler, in una perversa manovra di moda.

Tra le idee cardinali che José Martí ha apportato non solo per Cuba, ne spicca una che non convoca solo i dirigenti ma anche o soprattutto il popolo che la deve far valere: «I despota ignorano che il popolo, la massa sofferente è il vero capo delle rivoluzioni», come sostenne nel discorso del 24 gennaio nel 1880.

Solo facendolo valere, le dette masse potranno compiere il loro dovere di realizzare negli affanni socialisti un fine, la cui frustrazione nell’indipendentismo di Nuestra América, Martí aveva deplorato : «Con gli oppressi si doveva fare causa comune per assicurare il sistema opposto agli interessi e alle abitudini di comando degli oppressori», si legge nel citato saggio del 1891.

Va sottolineato: un sistema opposto non solo agli interessi degli oppressori, ma anche le loro abitudini di comando.

In queste aspirazioni si uniscono da distinti angoli storici e di pensiero il legato di Martí, e quelli di Lenin e Marx.

La prova di questo è la presenza di Martí come guida cardinale nella Costituzione della Repubblica di Cuba, delle ansie socialiste, quelle di Marx e Lenin, sostenute con l’invocazione degli ideali comunisti nella forma esplicita che il popolo ha reclamato, e non come un sipario di fondo tacito.

Per far sì che a 150 anni dalla sua nascita, che i fatti rendano un degno omaggio a Lenin, e si oppongano alla possibilità che sia ingiustamente dimenticato, è sufficiente quello che insegna la pandemia del capitalismo, peggiore di quella del nuovo coronavirus, aggravata da questa.

Si conferma la necessità storica e morale di costruire un modello politico, sociale, culturale e civilizzatore distinto da quello capitalista.

Questo sistema ha una lunga esperienza in come sopravvivere a qualsiasi prezzo. Ma è in pericolo la sopravvivenza della specie umana e non valgono la rassegnazione o il conformismo.

Il cammino è lottare e lottare, e come direbbe il Che: «Hasta la victoria siempre!»

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