Attacco all’Ambasciata cubana a Washington

odio, armi ed una politica che incuba il terrore

Equipe Editoriale di Cubadebate

L’attacco contro l’Ambasciata cubana a Washington nelle prime ore di giovedì scorso è il corollario di un sistematico clima di aggressione e minacce promosse dal governo USA contro il nostro paese.

Gli oltre 30 colpi malvagi spari contro la rappresentanza diplomatica, realizzati -secondo la polizia locale della capitale USA in dichiarazioni ai media- da un individuo di nome Alexander Alazo, potrebbero semplificare l’azione di un folle “ranger solitario”.

In effetti, alcuni media USA hanno si sono fatti eco di una informazione che indicava il fatto come un “crimine d’odio” commesso da questo cittadino di origine cubana. Il motivo, secondo il Diario de las Américas, era che l’uomo “è stato ossessionato dall’idea che la sicurezza di stato del regime cubano lo perseguiti” (sic). Mentre AP segnalava che l’individuo “voleva ottenerli prima che lo catturassero, riferendosi al governo cubano, per le continue minacce dell’organizzazione criminale organizzata cubana” (sic), secondo documenti giudiziali.

In altre parole, sembra che il carnefice sia vittima in questa storia. Niente di strano nella narrativa politica USA verso Cuba in più di mezzo secolo.

La realtà è che si è trattato di un atto terroristico, come qualificato dal Ministro degli esteri cubano. Al momento dei fatti, c’erano quasi una decina di funzionari dell’ambasciata; se fosse avvenuto in un altro orario, la storia sarebbe stata diversa. In una tipica giornata di servizio, circa 50 persone sarebbero state nell’edificio. I proiettili hanno colpito la parte anteriore della Missione, principalmente la porta e le colonne all’ingresso, l’asta della bandiera e la statua dell’Eroe Nazionale, José Martí. Diversi proiettili, come riportato da AP, penetrarono all’interno dell’edificio nella scala principale, nel soffitto e nelle pareti vicino a dove si siede l’addetta alla reception e dove si riuniscono i dignitari stranieri ed altri visitatori, nel vestibolo del centenario edificio.

“Se ciò fosse accaduto a metà giornata, sarebbe stata una carneficina”, ha detto l’ambasciatore cubano José Ramón Cabañas a quell’agenzia, mostrando, venerdì, ai giornalisti i danni causati dalla sparatoria.

A maggior gravità dell’evento, l’ambasciata cubana si trova su una strada trafficata a Washington, tra le ambasciate di Polonia e Lituania e in relativa vicinanza alla Casa Bianca.

Non un cenno di condanna

 

A più di 48 ore dopo l’attentato terroristico, né il Dipartimento di Stato né il governo USA hanno rilasciato una dichiarazione ufficiale condannando i fatti; la cui gravità è stata riconosciuta dalle stesse autorità agenti nell’applicazione ed adempimento della legge .

Nonostante le Note Diplomatiche inviate sia all’Ambasciata USA all’Avana sia al Dipartimento di Stato, ad oggi le autorità cubane hanno solo potuto accedere ad un breve rapporto sull’incidente, condiviso già alla fine della giornata degli eventi, il 30 aprile, dal servizio segreto USA. La stampa ha disposto di questo documento ore prima che questo fosse ufficialmente conosciuto dalle autorità cubane. Sebbene negli scambi con il Servizio Segreto USA le controparti cubane hanno dimostrato disposizione a collaborare e hanno risposto a tutte le richieste di prove, non si è ricevuto lo stesso trattamento, in reciprocità, dalle autorità USA.

Le informazioni fornite dalle autorità USA sono state minime ed insufficienti per garantire la sicurezza del personale della Missione e delle sue strutture, in virtù delle obbligazion USA ai sensi della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche.

Ad oggi, non sono stati condivisi, ufficialmente, con il governo cubano dati sufficienti per stabilire l’identità dell’autore, le motivazioni e le circostanze in cui si sono verificati i fatti. Ciò contrasta con la pronta apparizione, in vari media USA, di dati come il nome e l’origine dell’attaccante, che possedeva un’arma AK-47, quantità di colpi sparati contro l’ambasciata e presunte dichiarazioni dell’autore, delle quali neppure abbiamo avuto informazioni ufficiali nonostante il meccanismo esistente ed i punti di contatto tra le autorità di applicazione ed adempimento delle legge di entrambi i paesi.

Uno scenario provocatoriamente ostile

 

Non bisogna dimenticare che questo attentato si verifica in uno scenario di crescente ostilità verso Cuba da parte dell’attuale amministrazione USA, che da giugno 2017 ha moltiplicato l’aggressività del suo linguaggio, gli stratagemmi (ricordare “attacchi sonori”) e le misure di approfondimento del blocco economico, commerciale e finanziario.

Più di 80 misure contro Cuba sono state adottate solo nel corso del 2019; tra queste, la totale attivazione della virulenta ed extraterritoriale Legge Helms-Burton e le sistematiche sanzioni contro le compagnie di navigazione, navi ed assicuratori che garantiscono il trasporto del combustibilee di cui Cuba ha bisogno per il suo trasporto pubblico ed una parte della sua generazione elettrica. Si è preteso annegare un intero popolo nella fame e penurie affinché si sollevi contro il Governo.

La cosa più vergognosa è che tali misure, irrazionali ed estreme, siano state mantenute nel mezzo della pandemia di COVID-19, compromettendo seriamente la capacità di Cuba di acquisire attrezzature mediche e medicine per salvare vite.

Si unisca aciò la retorica ostile contro il nostro paese, in cui sono coinvolti, in forma pubblica e sistematica, sia il Segretario di Stato USA, che alti funzionari di quel dipartimento, alcuni congressisti anticubani e persino la stessa Ambasciata USA all’Avana. Praticamente non passa giorno senza una dichiarazione o un tweet offensiva e manipolatore sulla realtà cubana.

Solo nei giorni scorsi sono piovute accuse di ogni genere per presentare Cuba come una minaccia alla sicurezza nazionale USA, cosa che non è e non sarà. La più scandalosa e recente è stata la menzognera accusa del Capo del Comando Sud quando ha affermato che Cuba sostiene il narcotraffico. Lo ha fatto solo una settimana dopo che agenzie professionali USA, come la Guardia Costiera, hanno elogiato le prestazioni e cooperazione di Cuba.

Si ricordi che solo un anno prima di questa sparatoria, il 30 aprile 2019, il governo USA aveva minacciato misure di rappresaglia totale se non si fossero ritirate le inesistenti truppe cubane dal Venezuela.

Questo 1 maggio, il vice Segretario di Stato Aggiunto Michael Kozak, senza il benché minimo pudore, ha osato inviare un “messaggio” ai lavoratori cubani senza esprimere il minimo rimpianto per l’attacco all’Ambasciata cubana. Non ha neppure ricordato che gli USA sono l’unico paese al mondo in cui non viene commemorata la Giornata Internazionale dei Lavoratori, nonostante la data ricordi i martiri operai di Chicago.

A ciò si aggiunge un clima di intolleranza e di odio generato nelle reti sociali da media e personaggi generosamente finanziati dai programmi sovversivi USA, che incitano al linciaggio di tutti coloro che difendono la Rivoluzione cubana, e persino con grande forza negli ultimi giorni, di coloro che si pronunciano là, negli USA, per relazioni civili tra i due paesi, senza alcun blocco. Alcuni sono stati persino minacciati persino di aggressione a loro ed alle loro famiglie.

Non è la prima volta che la rappresentanza diplomatica cubana a Washington, la nostra Missione all’ONU e funzionari del servizio estero cubano sono oggetti di aggressione sul suolo USA.

Per esempio vale la pena notare che l’8 maggio 1979, un dispositivo esplosivo fu lanciato contro la sezione d’interesse di Cuba a Washington (l’attuale ambasciata), che, quando esplose, causò notevoli danni materiali alla stabile. Questa azione fu realizzata dall’organizzazione terroristica Omega-7.

La diplomazia cubana ebbe un 11 settembre a New York, molto prima di quel terribile giorno del 2001. Un giorno simile, del 1980, il diplomatico cubano Félix García fu ucciso a colpi di arma da fuoco. Tre volte è stato fatto un tentativo di assassinare l’Ambasciatore di Cuba presso l’ONU e sono stati compiuti 17 atti di aggressione contro la Missione cubana presso il più alto organismo internazionale a New York.

Il Centro di Ricerche Storiche della Sicurezza dello Stato, aggiungendo quella di giovedì, raccoglie 83 aggressioni contro le ambasciate cubane nel mondo e 29 aggressioni contro funzionari diplomatici del nostro paese (8 dei quali morti), come risultato del terrorismo incoraggiato, finanziato o permesso da Washington.

Neppure è possibile dissociare gli eventi di giovedì dall’effetto di politiche e discorsi di odio che promuovono la divisione e la violenza sociale all’interno degli USA, un paese in cui ci sono tante armi quanti sono gli abitanti. Le ultime due settimane hanno mostrato violenti gruppi armati, per tutti gli USA, esigendo per le strade di abrogare le misure di contenimento adottate dai governi statali, davanti all’alto numero di persone contagiate ed uccise dal COVID-19 in quel paese. Quelle forze estremiste sono state incoraggiate dallo stesso presidente USA e da settori dell’estrema destra che hanno finanziato e orchestrato la sua ascesa al potere.

Il governo USA non può ignorare la sua responsabilità per la sicurezza delle missioni diplomatiche di qualsiasi parte del mondo che si trovano sul suo territorio. Non può credere che una timida dichiarazione della sua ambasciata all’Avana, mostrando “sollievo poiché nessuno è stato ferito”, sia sufficiente. Non bisogna trascurare che la sua aggressiva retorica e la sua politica di permanente persecuzione contro Cuba sono un incentivo per attacchi come quello che ha appena sofferto l’ambasciata del nostro paese a Washington.

L’Ambasciatore ed i membri dello personale diplomatico cubano hanno ricevuto molteplici messaggi di solidarietà da diversi settori della società USA, nonché da personalità politiche e rappresentanti del corpo diplomatico, accompagnati da indignazione e ripudio di un atto così violento.

In molti casi, questi messaggi hanno riconosciuto che questa aggressione è stata incoraggiata dalla politica ostile della Casa Bianca.

Inoltre, sono stati ricevuti molti messaggi da cubani residenti negli USA, che condannano il fatto e lo qualificano come un attacco terroristico.


Ataque a la embajada cubana en Washington: Odio, armas y una política incubadora del terror 

Por: Equipo Editorial de Cubadebate

El ataque contra la Embajada cubana en Washington en la madrugada del pasado jueves es el corolario de un sistemático clima de agresión y amenazas promovido por el Gobierno de los Estados Unidos contra nuestro país.

Los más de 30 disparos alevosos contra la representación diplomática, realizados -según la policía local de la capital estadounidense en declaraciones a los medios-, por un individuo llamado Alexander Alazo, pudieran simplificarse a la acción de un alocado “llanero solitario”.

De hecho, algunos medios estadounidenses se hicieron eco de una información que apuntaba al suceso como un “crimen de odio” cometido por este ciudadano de origen cubano. El motivo, según el Diario de las Américas, era que el hombre “ha estado obsesionado con la idea de que la Seguridad del Estado del régimen cubano lo persigue”(sic). Mientras, la AP señalaba que el individuo “quería obtenerlos antes de que lo atraparan, refiriéndose al gobierno cubano, por la constante amenazas de la organización criminal organizada cubana ” (sic), según documentos judiciales.

Es decir, que, al parecer, el victimario es víctima en esta historia. Nada extraño en la narrativa política de Estados Unidos hacia Cuba en más de medio siglo.

La realidad es que se trató de un acto terrorista, como lo calificó el Canciller cubano. En el momento de los hechos había casi una decena de funcionarios de la embajada; si ello hubiera ocurrido en otro horario la historia sería diferente. En un día típico de servicio estarían en la edificación alrededor de 50 personas. Las balas impactaron en el frente de la Misión, principalmente en la puerta y columnas de la entrada, el asta de la bandera y la estatua del Héroe Nacional, José Martí. Varios proyectiles, segun reflejó AP, penetraron al interior del edificio en la escalera principal, techo y paredes. cerca del lugar donde se sienta la recepcionista y donde se reúnen dignatarios extranjeros y otros visitantes, en el vestíbulo del centenario edificio.

“Si esto hubiera sucedido en el medio del día, habría habido una carnicería”, dijo a esa agencia el embajador cubano José Ramón Cabañas, mientras mostraba a los periodistas el viernes el daño ocasionado por los tiroteos.

Para mayor gravedad del acontecimiento, la embajada cubana está en una avenida concurrida en Washington, entre las embajadas de Polonia y Lituania y en cercanía relativa a la Casa Blanca.

Ni un ápice de condena

A más de 48 horas de cometerse el atentado terrorista, ni el Departamento de Estado ni el Gobierno de Estados Unidos han emitido una declaración oficial condenando los hechos; cuya gravedad ha sido reconocida por las propias autoridades actuantes de aplicación y cumplimiento de la ley.

A pesar de Notas Diplomáticas enviadas tanto a la Embajada de Estados Unidos en La Habana como al Departamento de Estado, hasta la fecha las autoridades cubanas sólo han podido acceder a un escueto reporte de incidencia, compartido ya al final del día de los hechos, el 30 de abril, por parte del Servicio Secreto de Estados Unidos. La prensa dispuso de dicho documento horas antes de que este fuera conocido oficialmente por las autoridades cubanas. Si bien en los intercambios con el Servicio Secreto de EE.UU. las contrapartes cubanas han mostrado disposición a colaborar y han respondido a todas las solicitudes de evidencias, no se ha recibido el mismo tratamiento en reciprocidad por parte de las autoridades estadounidenses.

La información ofrecida por las autoridades estadounidenses ha sido mínima e insuficiente para garantizar la seguridad del personal de la Misión y sus instalaciones, en virtud de las obligaciones de EEUU al amparo de la Convención de Viena sobre relaciones diplomáticas.

Hasta la fecha, no han sido compartidos con el gobierno cubano de modo oficial datos suficientes para establecer la identidad del autor, las motivaciones y circunstancias en que ocurrieron los hechos. Ello contrasta con la aparición temprana en diversos medios de prensa estadounidenses de datos tales como el nombre y procedencia del atacante, que poseía un arma AK-47, cantidad de disparos que realizó contra la Embajada y supuestas declaraciones del autor, de las cuales tampoco hemos tenido información oficial a pesar del mecanismo existente y puntos de contacto entre las autoridades de aplicación y cumplimiento de la ley de ambos países.

Un escenario provocadoramente hostil

No se puede olvidar que este atentado ocurre en un escenario de creciente hostilidad contra Cuba de la actual administración estadounidense, la que desde junio de 2017 ha multiplicado la agresividad de su lenguaje, las estratagemas (recordar “ataques sónicos”) y las medidas de profundización del bloqueo económico, comercial y financiero.

Más de 80 medidas contra Cuba fueron adoptadas sólo en el transcurso de 2019; entre ellas, la activación total de la virulenta y extraterritorial Ley Helms-Burton y las sistemáticas sanciones contra navieras, buques y aseguradoras que garantizan la transportación del combustible que Cuba necesita para su transporte público y una parte de su generación eléctrica. Se ha pretendido ahogar por hambre y penurias a un pueblo entero para que se subleve contra el Gobierno.

Lo más vergonzozo es que tales medidas irracionales y extremas se han mantenido en medio de la pandemia de la COVID-19, afectando seriamente la capacidad de Cuba de adquirir equipos médicos y medicamentos para salvar vidas.

Únase a ello la retórica hostil contra nuestro país, en la que están involucrados de forma pública y sistemática, tanto el Secretario de Estado de los Estados Unidos, como altos funcionarios de ese departamento, algunos congresistas anticubanos y hasta la propia Embajada estadounidense en la Habana. Prácticamente no hay día en que no haya una declaración o un tuit ofensivo y manipulador sobre la realidad cubana.

Sólo en los últimos días han llovido las alegaciones de todo tipo para presentar a Cuba como una amenaza a la seguridad nacional de Estados Unidos, que no es ni será. La más escandalosa y reciente fue la acusación mentirosa del Jefe del Comando Sur al decir que Cuba apoya el narcotráfico. Lo hizo solo una semana después de que las agencias profesionales estadounidenses como la de Guardacosta, elogiaran el desempeño y cooperación de Cuba.

Recuérdese que justo un año antes de este tiroteo, el 30 de abril de 2019, el Gobierno de Estados Unidos amenazó con medidas de represalia total si no se retiraban las inexistentes tropas cubanas de Venezuela.

Este primero de mayo, el Secretario de Estado Adjunto Michael Kozak, sin el más mínimo de pudor, se atrevió a dirigir un “mensaje” a los trabajadores cubanos sin expresar el más mínimo pesar por el ataque a la Embajada cubana. Tampoco recordó que es Estados Unidos el único país del mundo donde no se conmemora el Día Internacional de los Trabajadores, pese a que la fecha recuerda a los mártires obreros de Chicago.

A esto se añade un clima de intolerancia y odio generado en las redes sociales por medios y personajes generosamente financiados por los programas subversivos de Estados Unidos, quienes incitan al linchamiento de todo el que defienda a la Revolución Cubana, e incluso, con mucha fuerza en los últimos días, a aquellos que se pronuncien allá en Estados Unidos por una relación civilizada entre los dos países, sin bloqueo de por medio. A algunos los han amenazado incluso con agredirlos a ellos y sus familias.

No es la primera vez que la representación diplomática cubana en Washington, nuestra Misión en la ONU y funcionarios del servicio exterior cubano son objeto de agresión en suelo estadounidense.

Para botón de muestra vale apuntar que el 8 de mayo de 1979 fue lanzado un artefacto explosivo contra la sección de intereses de Cuba en Washington(la actual embajada), que al estallar causó considerables daños materiales en el inmueble. Esta acción fue realizada por la organización terrorista Omega-7.

La diplomacia cubana tuvo un 11 de septiembre en Nueva York, mucho antes de aquella jornada terrible de 2001. Un día similar de 1980 fue ultimado a balazos el diplomático cubano Félix García. Tres veces se intentó asesinar al Embajador de Cuba ante la ONU y 17 actos de agresión se ejecutaron contra la Misión Cubana ante el máximo organismo internacional en Nueva York.

El Centro de Investigaciones Históricas de la Seguridad del Estado, sumando la del jueves, recopila 83 agresiones contra embajadas cubanas por el mundo y 29 agresiones contra funcionarios diplomáticos de nuestro país (8 de ellos muertos), como resultado del terrorismo alentado, financiado o permitido por Washington.

Tampoco es posible disociar los hechos del jueves del efecto de políticas y discursos de odio que promueven la división y la violencia social al interior de Estados Unidos, un país donde hay tantas armas como habitantes. Las últimas dos semanas han mostrado a grupos violentos armados por todo Estados Unidos exigiendo en las calles deerogar las medidas de confinamiento adoptadas por los gobiernos estatales, ante las numerosas cifras de contagiados y muertos por la COVID-19 en ese país. Esas fuerzas extremistas están siendo alentadas por el propio Presidente de Estados Unidos y sectores de ultraderecha que financiaron y orquestaron su llegada al poder.

El Gobierno de Estados Unidos no puede desentenderse de su responsabilidad con la seguridad de las misiones diplomáticas de cualquier parte del mundo que estén radicadas en su territorio. No puede creer que una tímida declaración de su embajada en La Habana, mostrando “alivio porque nadie haya sido herido”, es suficiente. No debe soslayar que su agresiva retórica y su política de acoso permanente contra Cuba son un incentivo para ataques como el que acaba de sufrir la embajada de nuestro país en Washington.

El Embajador y miembros del personal diplomático cubano han recibido múltiples mensajes de solidaridad de diferentes sectores de la sociedad estadounidense así como figuras políticas y representantes del cuerpo diplomático, acompañados de indignación y repudio a tal acto violento.

En muchos casos, estos mensajes han reconocido que esta agresión fue alentada por la política de hostil de la Casa Blanca.

Asimismo se han recibido muchísimos mensajes de cubanos residentes en EE.UU, que condenan el hecho y lo califican como un ataque terrorista.

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