La pace in Colombia e il genocidio sistematico dei leader sociali

Telesur ha informato che sono 24 gli ex membri delle  FARC-EP, che hanno fatto parte del processo di pace, oltre a sette familiari degli attivisti sociali e una loro scorta, che sono stati uccisi quest’anno in Colombia, ed hanno portato a 197 il numero degli ex guerriglieri assassinati dalla firma dell’accordo.

Raúl Antonio Capote  http://it.granma.cu

Una notizia avrebbe dovuto toccare la coscienza di ogni essere umano del mondo, soprattutto in questo continente. Senza dubbio è passata praticamente inavvertita nel mezzo della situazione creata nel pianeta dalla pandemia della COVID-19.

Il sociologo Jorge Enrique Oramas, famoso per la sua lotta contro  lo sfruttamento illegale delle miniere è stato assassinato in un fattoria di Cali, la principale città del sudovest della Colombia, portando la cifra dei crimini contro i leader sociali a cento, riferisce il conteggio dell’Istituto degli Studi per lo Sviluppo e la Pace (Indepaz).

La violenza contro queste persone ha lasciato un saldo di 250 morti nel 2019 e i dipartimenti di Cauca, Antioquia e Nariño sono quelli che hanno sofferto più attentati, riferisce Indepaz.

Telesur ha informato che sono 24 gli ex membri delle  FARC-EP, che hanno fatto parte del processo di pace, oltre a sette familiari degli attivisti sociali e una loro scorta, che sono stati uccisi quest’anno in Colombia, ed hanno portato a 197 il numero degli ex guerriglieri assassinati dalla firma dell’accordo.

Nel  Cauca hanno ucciso circa 3200 persone negli ultimi quattro anni, in accordo con i dati della  Polizia Nazionale. Le vittime sono politici, guardie indigene, dirigenti socieli, ambientalisti, contadini, ex combattenti delle FARC, presidenti delle giunte d’azione comunale, afrodiscendenti e bambini.

I leader sociali sono i più numerosi della lista, Recentemente uno di loro è stato massacrato con tre familiari, mentre cenavano nella loro casa a Mercaderes. Si tratta di un genocidio silenzioso e sistematico.

Uno stimolo per  criminali

È impossibile non considerare che Cuba ha offerto la sua decisa collaborazione ed è stata sede delle conversazioni di pace tra il governo di Juan Manuel Santos e le guerriglie delle FARC-EP, terminate con lo storico accordo firmato il 24  novembre del 2016,  poi disprezzato dall’attuale presidente colombiano, Iván Duque.

L’isola ha offerto i suoi buoni uffici anche per far sì che il governo della Colombia e la guerriglia del ELN continuassero su cammino della pace, ma l’attuale amministrazione ha scelto di porre fine al dialogo.

L’atteggiamento del  Governo sudamericano di non riconoscere il Protocollo di Rottura del processo di pace, e di esigere da Cuba la cattura e l’estradizione dei membri della delegazione del ELN è una violazione dell’accordo firmato; un precedente molto grave che pone in pericolo la ricerca di soluzioni negoziate nel mondo e chiude le porte alla pace in  Colombia.

I paesi mediatori hanno incitato varie volte le istituzioni della Colombia a «garantire la protezione dell’Accordo Finale e assicurare lo stretto  compimento di quanto accordato», includendo «le disposizioni relative alla Giurisdizione Speciale per la Pace (JEP)».

«Se questo cammino riceverà obiezioni, si danneggerà la colonna vertebrale sulla quale è stato costruito l’Accordo Finale di Pace e resterà in bilico l’implementazione nei suoi aspetti più fondamentali, hanno allarmato Cuba e la Norvegia.

È chiaro chi sono i responsabili del sangue innocente versato in Colombia: gli stessi che negano le opportunità alla loro gente.

Accusare Cuba di mancanza di collaborazione con gli sforzi degli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo e non appoggiare gli sforzi della Colombia per assicurare la pace, la sicurezza e l’opportunità giusta e vera per la sua gente, è una falsità che stimola solamente i criminali

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