Un punto di inflessione nella storia

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Miguel Barnet*

Io penso che noi cubani siamo un popolo che ha attraversato molte esperienze dolorose, la schiavitù, le guerre di indipendenza, una Repubblica corrotta di annessionisti e genuflessi; e poi … la Rivoluzione rivendicatrice dei valori essenziali del cubano ma anche di quelli universali, che ci ha fatto attraversare momenti difficili e gloriosi come l’alfabetizzazione, la Riforma Agraria; momenti duri, duri, duri come la Sierra Maestra, la Baia dei Porci, la Crisi di Ottobre, il Quinquennio grigio, il Periodo speciale ma grazie a tutto ciò ci siamo temprati, grazie a queste cose fortunate ma anche a queste occasioni negative, oscure, terribili, abbiamo sviluppato un pensiero stoico, profondo.

Siamo un popolo che ride e che sa essere drammatico al momento opportuno, che sa fare un passo avanti per risalire le vette più alte della dignità e della generosità verso gli altri, con il nostro internazionalismo, quello che ci ha insegnato Fidel e con questa pandemia che ha dimostrato che il popolo cubano è coerente, educato e che, se si verificano degli atti di indisciplina, il popolo stesso le condanna.

Io sono davvero orgoglioso di essere cubano per tutto questo che ho detto perché in questo momento Cuba, il governo e la medicina cubana stanno dimostrando che siamo all’avanguardia dell’umanesimo, con una dedizione e una solidarietà incredibili che si rendono evidenti in tutto il mondo con la medicina, con i medici e gli infermieri fuori di Cuba, ma anche con tutto quello che si sta facendo qui: tutti i giorni vengono a casa mia a farmi una visita e quando apro la porta, se l’apro senza questo aggeggio così scomodo (la mascherina), mi dicono: se la metta. E io, disciplinatamente me la metto; ma è scomodissima, mi fa caldo, io non sono abituato a muovermi così, mascherato. Io sono sempre stato un libro aperto, quando me l’ hanno chiesto, ho detto come la penso e come sono, perciò quest’affare qui è una cosa che mi fa sentire in prigione; comunque, devo essere disciplinato come lo è tutto il popolo.

Ammiro molto i nostri dirigenti, sono stati chiari nelle partecipazioni alle Tavole rotonde, nella gestione quotidiana per contenere l’epidemia che ormai è una pandemia, e credo che stiamo dando un esempio molto positivo al mondo.

Non sono sciovinista, ma sono cubano fino alla morte e sento l’orgoglio di avere una patria diretta da uomini e donne coscienti, professionisti, specialisti con una preparazione ammirevole, medici, ricercatori, matematici, statistici… Io mi sorprendo ogni giorno perché grazie alla pandemia abbiamo potuto essere testimoni del gruppo di lavoro così diverso e integrale che ha costruito Cuba per la salute e l’istruzione; ma soprattutto per la salute. A chi lo dobbiamo? Chi ha immaginato tutto questo fin dall’inizio? Chi ha creato i centri di biotecnologia, di medicina, di farmacia? Chi ha creato tutti i laboratori per i vaccini? L’idea è stata di Fidel e gliene dobbiamo essere grati, indiscutibilmente.

Ammiro molta questa generazione che ci sta dirigendo perché sono stati coerenti con quel pensiero. Cuba è cresciuta e ha dimostrato al mondo che può vincere questa pandemia con la minor quantità di perdite possibile. Quando guardo la televisione e ascolto il dottor Durán con grande ammirazione, prego Dio (se avessi idee religiose) che annunci sempre: non ci sono morti, perché è questa la gioia più grande che possiamo provare, che non ci siano morti.

Tutto questo lo aveva detto Fidel in Brasile: “Una specie è in pericolo” e questa specie era l’uomo e con questa coscienza, lui ha contribuito a costruire questo edificio e a qualificarlo di socialista perché il socialismo è tutto il contrario del neoliberismo che ha dimostrato di non avere l’infrastruttura necessaria per risolvere, o per lo meno mitigare, questa terribile pandemia.

Questo è un punto di inflessione nella storia: il mondo non sarà più uguale, non sarà uguale anche se ci saranno crisi e se verranno crisi economiche e se cadrà la Borsa di Wall Street e scompariranno alcune monete. Ma ora l’essere umano è cosciente del fatto che questo capitalismo selvaggio è negativo, non aiuta, non ci porterà da nessuna parte. Perciò dobbiamo essere coscienti delle ricchezze che abbiamo noi a Cuba con un socialismo che ha le sue precarietà, ha le sue difficoltà, ma che difende al di sopra di tutto la cosa più importante, la vita umana.

Giorni fa mi hanno chiesto: “Sta scrivendo le sue memorie?”. Effettivamente sto scrivendo le mie memorie, ho scritto già 400 pagine ma ho risposto: “Scrivere le mie memorie? Quando si hanno ottant’anni non si scrivono le memorie, si è ancora molto giovani. Scriverò le mie memorie quando ne compirò centodieci”.

Fosse il cielo che da qui a trent’anni io stessi ancora qui seduto! Ma non ci starò e quello che auguro a questo popolo è di non rinunciare mai alle idee di José Martí e di Fidel. E’ l’unica cosa che posso dire con tutto il cuore.

(Cubadebate, 29 maggio 2020)

*Poeta, scrittore, etnologo, Presidente della Fondazione Fernando Ortiz e Presidente Onorario dell’Unione degli Scrittori e Artisti di Cuba. L’Università La Sapienza di Roma gli ha dato una laurea Honoris Causa nel 2016.

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