I fattori politici che hanno portato allo smantellamento di Azione Democratica

https://medium.com/@misionverdad2012

Dopo la nomina dei nuovi rettori del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) da parte del Tribunale Suprema di Giustizia (TSJ), a seguito dell’omissione legislativa dell’Assemblea Nazionale, il partito anti-chavista Acción Democrática (AD) è stato coinvolto in una forte crisi interna e di leadership.

Come già affrontato in una nota pubblicata in questo sito, il conflitto è iniziato con una richiesta di referendum interno da parte del dirigente del partito politico bianco, Bernabé Gutiérrez, con l’obiettivo di decidere se il partito debba o meno partecipare alle prossime elezioni parlamentari.

Henry Ramos Allup, un boss da 20 anni a capo dell’organizzazione, ha preso la decisione di non partecipare alle elezioni, essendo supportato da deputati e quadri dirigenti del partito.

Davanti a ciò, due militanti di AD, Otto Marlon Medina Duarte e Jesús María Mora Muñoz, hanno presentato un’azione protezione costituzionale al TSJ.

L’azione ha ricevuto risposta dalla Sala Costituzionale del massimo tribunale, che ha stabilito la sospensione dell’attuale consiglio direttivo di Ramos Allup e l’installazione di una tavola direttiva ad hoc, guidata da Bernabé Gutiérrez, per riorganizzare la struttura del partito ed, a sua volta, ha autorizzato l’uso del simbolo elettorale di AD nelle elezioni parlamentari.

Ma il percorso che ha portato al culmine del conflitto interno ad AD è pieno di contraddizioni, circostanze politiche ed altri fattori esterni che sono intervenuti nella realtà attuale dell’organizzazione.

Ed è che durante la sua storia come formazione politica, AD ha avuto molti volti.

Fu protagonista di un colpo di stato, nel 1945, contro il governo democratico del generale Isaías Medina Angarita, atto che vendette come “rivoluzione di ottobre”.

Da qui l’idea che il partito politico bianco sia il primo partito di massa nel paese.

Il cosiddetto “triennio adeco” assunse il governo fino al 1948, quando il presidente e gloria delle lettere venezuelane, Rómulo Gallegos, fu rovesciato da un’insurrezione militare al comando di Carlos Delgado Chalbaud.

Secondo AD, il triennio rappresentò l’inizio della democrazia venezuelana, tuttavia, tale narrativa suole nascondere il processo di democratizzazione che stava portando avanti il ​​governo di Angarita, che legalizzò i partiti politici e aprì la strada ad una serie di libertà pubbliche soffocate dalla dittatura di Juan Vicente Gómez.

Dopo la caduta della dittatura di Marco Pérez Jiménez, nel 1958, dopo la rivolta popolare del 23 febbraio, AD divenne il partito chiave del Patto de Punto Fijo che instaurò il nuovo sistema democratico-rappresentativo nel paese.

Le dinamiche della Guerra Fredda e la sua affiliazione agli interessi USA determinò la politica di AD, sia internamente che esternamente.

Escluse il Partito Comunista dall’equazione di potere del nuovo sistema politico ed anni dopo promosse le sanzioni contro Cuba dall’OSA dopo la caduta del dittatore Fulgencio Batista per mano del Movimento 26 Luglio, ciò che gli valse la rottura con il partito URD, anch’esso firmatario del Patto de Punto Fijo.

In questo modo, AD eresse un sistema bipartitista (insieme al partito cristiano COPEI) che ebbe come patto fondamentale, nei suoi primi anni, la sconfitta politica-militare della lotta guerrigliera promossa dai comunisti, l’acquisto della pace sociale con il denaro del petrolio e la creazione di uno stato “benefattore” che desse stabilità ad un nuovo regime di potere in sintonia con gli interessi dell’oligarchia industriale e finanziaria.

Il sistema bipartitista era stabile grazie alla pioggia di petrodollari degli anni 70. Ed iniziò a finire dopo la crisi finanziaria del 1983, che aprì il passo alle politiche di austericidio con il FMI, nel 1989, alla ribellione militare del tenente colonnello Hugo Chávez ed alla successiva crisi bancaria del 1994.

La vittoria presidenziale di Chavez, nel 1998, fu la sepoltura del sistema bipartitista e dell’egemonia di AD.

Con l’obiettivo di organizzare una violenta opposizione al governo di Hugo Chávez, gli USA optarono per formare una nuova generazione di dirigenti che sarebbero stati estratti dalle università d’élite e dal semenzaio giovanile delle classi ricche.

AD cominciava a rimaner spiazzato: un partito socialdemocratico, elettorale, con una retorica artificiale d’antimperialismo e con alcune radici popolari, semplicemente non si adattava nel nuovo progetto.

Avevano bisogno di nuovi quadri dirigenti pro-mercato, neoliberali in senso economico e fascisti in senso politico. Avevano bisogno di un’élite anazionale, profondamente ignorante e flessibile agli interessi USA.

Bisognava un’intera riprogettazione politica. Gli USA attivarono i suoi bracci di potere morbido come l’USAID e la NED, usarono i servizi di addestramento in rivoluzioni colorate dell’organizzazione serba OTPOR, e nel giro di pochi anni la generazione di politici di una volta si vide rimpiazzata da una pleiade di giovani snob incolleriti con il progetto chavista, tutti militanti delle nuove confraternite appena create, Voluntad Popular e Primero Justicia.

E da quei fanghi, queste melme. Da quell’ingegneria politica e finanziaria emerse Leopoldo López, Freddy Guevara, Juan Guaidó, tra altre figure che hanno posto il paese sull’orlo dell’intervento USA e di una guerra civile.

Che cosa ha fatto AD? Facile. Adattarsi. Il partito che istituzionalizzò come cultura politica il clientelismo, l’ “affare sporco” e la “macoya” (una parola creola per descrivere l’arte del transare in politica) non aveva alcun problema nello stringere la mano della generazione di staffetta, alla ricerca di toccare nuovamente posizioni di potere dopo il golpe. Non hanno mai avuto problemi nel partecipare ad agende oscure se questo li beneficia.

Per questo motivo, Henry Ramos Allup concordò con Voluntad Popular la sua presidenza nell’Assemblea Nazionale n,el 2016, e promose l’agenda del colpo di stato rivestita da falso referendum revocatorio.

Da lì in avanti, AD ha esitato tra il sostenere il cambio di regime, spalleggiare agende di dialogo e partecipare ad eventi elettorali, come nelle elezioni governatoriali del 2017, quando ha vinto in 4 dei 24 stati del paese.

Ma Washington ha stretto i dadi e questo spazio per l’esitazione si è totalmente ridotto, spingendo il partito politico bianco a lato dei golpisti, molto probabilmente tra minacce di coercizione e ricatto, una situazione che parla piuttosto male di un partito che dice essere baluardo della democrazia nel paese.

La crisi in AD, al di là della sua disputa interna tra i boss dell’organizzazione, è una metafora di come Washington abbia distrutto i tradizionali partiti del paese nella sua giocata per il settore di estrema destra creola come suoi intermediari politici.

Limitando la sua partecipazione alle elezioni, AD si è sradicata dai pochi principi che le rimanevano e sta andando scomparendo dalla reale mappa politica del paese. Bernabé Gutiérrez lo sa.

E questo è sommamente simbolico: gli USA hanno smantellato un’organizzazione che, nonostante le giuste critiche al suo comportamento nel corso del nostro XX secolo, conservava minimamente lo spirito di negoziazione della nostra instabile storia democratica. Spazzandoli dallo scacchiere, rimangono solo “politici” fabbricati in una provetta al Pentagono.

Washington ha annientato un partito di stato, benché lo sia solo nell’immaginario nazionale. Ma ciò che accade in AD è solo la punta dell’iceberg. Il ripiegamento forzato dagli USA ha completamente atrofizzato il nostro sistema politico, generando le condizioni di logoramento ed incertezza che precedono i colpi di stato.

Molti dirigenti storici di AD come Luis Beltrán Prieto Figueroa o Leonardo Ruiz Pineda devono star vedendo la situazione attuale con coraggio ed indignazione dall’aldilà.


Los factores políticos que condujeron al desmantelamiento de Acción Democrática

Luego de la designación de los nuevos rectores del Consejo Nacional Electoral (CNE) por parte del Tribunal Supremo de Justicia, a raíz de la omisión legislativa de la Asamblea Nacional, el partido antichavista Acción Democrática (AD) se ha visto envuelto en una poderosa crisis interna y de liderazgo.

Como ya se abordó en una nota publicada en esta tribuna, el conflicto inició con una exigencia de referéndum interno del dirigente de la tolda blanca, Bernabé Gutiérrez, con el objetivo de dirimir si el partido debe asistir o no a las venideras elecciones parlamentarias.

Henry Ramos Allup, un cacique con 20 años al frente de la organización, tomó la decisión de no asistir a los comicios, siendo respaldado por diputados y cuadros dirigentes del partido.

Ante esto, dos militantes de AD, Otto Marlon Medina Duarte y Jesús María Mora Muñoz, introdujeron una acción de amparo constitucional en el TSJ.

La acción fue respondida por la Sala Constitucional del máximo tribunal, que dictaminó la suspensión de la directiva actual de Ramos Allup y la instalación de una mesa directiva ad hoc, encabezada por Bernabé Gutiérrez, para reorganizar la estructura del partido y a su vez autorizó el uso de la tarjeta electoral de AD en las elecciones parlamentarias.

Pero el camino que llevó al punto clímax el conflicto interno de AD viene repleto de contradicciones, circunstancias políticas y otros factores externos que han intervenido en la realidad actual de la organización.

Y es que a lo largo de su historia como formación política, AD ha tenido muchas caras.

Protagonizó un golpe de estado en 1945 contra el gobierno democrático del general Isaías Medina Angarita, acto que vendió como la “revolución de octubre”.

De ahí viene la idea de que la tolda blanca es el primer partido de masas en el país.

El denominado “trienio adeco” asumió el gobierno hasta 1948, cuando fue derrocado el presidente y gloria de las letras venezolanas, Rómulo Gallegos, por una insurrección de militares al mando de Carlos Delgado Chalbaud.

Según AD, el trienio representó el principio de la democracia venezolana, sin embargo, esa narrativa suele ocultar el proceso de democratización que adelantaba el gobierno de Angarita, quien legalizó los partidos políticos y abrió paso a un conjunto de libertades públicas constreñidas desde la dictadura de Juan Vicente Gómez.

Luego de la caída de la dictadura de Marco Pérez Jiménez en 1958 tras la revuelta popular del 23 de febrero, AD se convirtió en el partido clave del Pacto de Punto Fijo que instauró el nuevo sistema democrático-representativo en el país.

La dinámica de la Guerra Fría y su afiliación a los intereses estadounidenses determinó la política de AD, tanto a nivel interno como externo.

Excluyó al Partido Comunista de la ecuación de poder del nuevo sistema político y años después propaló las sanciones contra Cuba desde la OEA luego de la caída del dictador Fulgencio Batista a manos del Movimiento 26 de julio, lo que le valió la ruptura con el partido URD, también firmante del Pacto de Punto Fijo.

De esta forma, AD erigió un sistema bipartidista (junto al partido cristiano COPEI) que tenía como pacto fundamental, en sus primeros años, la derrota política-militar de la lucha guerrillera impulsada por los comunistas, la compra de la paz social con el dinero del petróleo y la creación de un estado “benefactor” que diera estabilidad a un nuevo régimen de poder en sintonía con los intereses de la oligarquía industrial y financiera.

El sistema bipartidista fue estable gracias a la lluvia de petrodólares de los años 70. Y comenzó a fenecer luego de la crisis financiera del año 1983, que abrió paso a las políticas de austericidio con el FMI en 1989, a la rebelión militar del teniente coronel Hugo Chávez y a la posterior crisis bancaria del año 1994.

La victoria presidencial de Chávez en 1998 fue la sepultura del sistema bipartidista y a la hegemonía de AD.

Con el objetivo de organizar una oposición violenta al gobierno de Hugo Chávez, EEUU optó por formar una nueva generación de dirigentes que serían extraídos de las universidades de la élite y del semillero juvenil de las clases adineradas.

AD comenzaba a quedar desplazado: un partido socialdemócrata, electoralista, con una retórica artificial de antiimperialismo y con cierto arraigo popular, sencillamente no encajaba en el nuevo proyecto.

Necesitaban nuevos cuadros dirigentes pro-mercado, neoliberales en sentido económico y fascistas en el sentido político. Necesitaban una élite anacional, profundamente ignorante y flexible a los intereses estadounidenses.

Hizo falta toda una reingeniería política. EEUU activó sus brazos de poder blando como la USAID y la NED, empleó los servicios de entrenamiento en revoluciones de color a la organización serbia OTPOR, y en cuestión de pocos años la generación de políticos de antaño se vio desplazada por una pléyade de jóvenes sifrinos encolerizados con el proyecto chavista, todos militantes de las fraternidades recién creadas, Voluntad Popular y Primero Justicia.

Y de aquellos barros, estos lodos. De esa ingeniería política y financiera emergió Leopoldo López, Freddy Guevara, Juan Guaidó, entre otras figuras que han colocado al país al borde de una intervención estadounidense y de una guerra civil.

¿Qué hizo AD? Fácil. Adaptarse. El partido que institucionalizó como una cultura política el clientelismo, el “guiso” y la “macoya” (palabra criolla para describir el arte de transar en política), no tenía ningún problema en tomar la mano de la generación de relevo, en la búsqueda de tocar nuevamente posiciones de poder después del golpe. Nunca han tenido problemas con participar en agendas oscuras si ello los beneficia.

Por esa razón, Henry Ramos Allup pactó con Voluntad Popular su presidencia en la Asamblea Nacional en 2016, y empujó la agenda de golpe revestida de falso referendo revocatorio.

De ahí en adelante, AD ha titubeado entre apoyar el cambio de régimen, respaldar agendas de diálogo y participar en eventos electorales, como en las gobernaciones de 2017 cuando venció en cuatro de los 24 estados del país.

Pero Washington ha apretado las tuercas y este espacio para el titubeo se ha reducido totalmente, empujando a la tolda blanca al bando de los golpistas, muy posiblemente en medio de amenazas de coerción y chantaje, una situación que habla bastante mal de un partido que dice ser baluarte de la democracia en el país.

La crisis en AD, más allá de su propia disputa interna entre caciques de la organización, es una metáfora de cómo Washington ha destruido a los partidos tradicionales del país en su apuesta por el sector de extrema derecha criolla como sus intermediarios políticos.

Al restringir su participación en las elecciones, AD se ha desarraigado de los pocos principios que le quedaban y ha venido despareciendo del mapa político real del país. Bernabé Gutiérrez lo sabe.

Y esto es sumamente simbólico: EEUU ha desmantelado a una organización que, pese a las críticas justas frente a su comportamiento a lo largo de nuestro siglo XX, conservaba mínimamente el espíritu de negociación de nuestra inestable historia democrática. Al barrerlos del tablero, sólo quedan “políticos” fabricados en una probeta en el Pentágono.

Washington ha aniquilado a un partido de estado, aunque solo lo sea en el imaginario nacional.

Pero lo que ocurre en AD es solo la punta del iceberg. El repliegue forzado por Estados Unidos ha atrofiado nuestro sistema político a totalidad, generando las condiciones de desgaste e incertidumbre que anteceden a los golpes de estado.

Muchos dirigentes históricos adecos como Luis Beltrán Prieto Figueroa o Leonardo Ruiz Pineda deben estar viendo la situación actual con desparpajo e indignación desde el más allá.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.