Cuartel Moncada

Il popolo in piedi contro tutti i muri

La storia è piena di ostacoli ma nessuno ha potuto fermarci. Che lo raccontino i muri della Moncada che s’inorgoglirono, d’aver resistito, a coloro che credendosi vittoriosi cullarono nelle loro viscere la barbarie della tortura, furono testimoni della sete di sangue giovane che soffrivano i sicari, e, senza dubbio, la ruota della Rivoluzione passò trionfante su quella putrefazione e la seppellì per sempre

Leidys Labrador Herrera

Qui c’è il popolo delle mille battaglie, della storia ardente, instancabile difensore della giusta verità.

È qui e non è malconcio, nè arreso o stanco. Cicatrici sì, le avrà sempre, perchè per conquistare i diritti si deve mettere il petto di fronte alle pallottole e la pelle ne risente e anche l’anima, ma se si sopravvive come abbiamo fatto noi, non c’è potere sula terra che spenga questo fulgore infinito dell’andare degno per la vita quando uno sa d’essere libero.

Con quale diritto può qualcuno, con la frusta nella mano, ordinare che il nostro ginocchio caschi sul terreno, indebolito dalla paura, dall’inerzia dai tuoni che sputa di continuo nel vano orgoglio di chi si auto nomina padrone dell’aria che respiriamo, del cielo, persino del sole, del suolo concimato dal sudore di chi non si arrende mai, dei perseveranti.

Forse perchè hanno costruito un muro putrefatto dalle fondamenta immaginano, i signori della prepotenza, che smetteremo di guardare in alto, che per un istante non lotteremo per i nostri sogni?

La storia è piena di ostacoli ma nessuno ha potuto fermarci.

Che lo raccontino i muri della Moncada che s’inorgoglirono, d’aver resistito, a coloro che credendosi vittoriosi cullarono nelle loro viscere la barbarie della tortura, furono testimoni della sete di sangue giovane che soffrivano i sicari, e, senza dubbio, la ruota della Rivoluzione passò trionfante su quella putrefazione e la seppellì per sempre.

Un essere con l’anima malata di potere è capace di molte cose, noi lo sappiamo bene. Quando la prepotenza mette radici, cresce in maniera illimitata, deforme.

Gli imperi li costruisce la prepotenza di molti uomini e la macchina che mettono in moto vive poi per se stessa e gli esseri umani divengono solo dei mezzi per un fine.

Il potere rende ingenui i suoi padroni, abbastanza per credere che tutto, presto o tardi, cederà alle loro pressioni.

Ma se in tutto questo tempo non hanno capito che l’Isola che ha partorito i mambì, che ha partorito la Generazione del Centenario, che ha preso questi figli per mano e li ha vestiti di verde olivo, nessuno la potrà far arrendere, è perché il cancro del dominio si è esteso tanto che sono incapaci di pensare.

Eccoci qui. Lo dissero quegli assaltanti e lo diciamo noi e lo diranno i nostri figli e tutte le generazioni che verranno.

Eccoci qui eterni ribelli impedendo che l’odio dei nostri nemici ci possa diminuire. E perché questo lo esige l’andare dei rivoluzionari in un mondo diviso e marcato dall’iniquità, ogni giorno per noi è quello della Santa Ana.

Con i nostri morti – vivi- alla sinistra dei nostri petti, con la volontà tatuata nella pelle, con l’impulso che corre come sangue per le vene, con infiniti impegni e la chiarezza della giustezza dell’opera che difendiamo, e la piena convinzione che la vittoria corrisponde solo a quelli che non smettono mai di sacrificarsi per lei.

 

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.