Colombia: l’arresto di Uribe

può rimuovere 4 decenni di narco-paramilitarismo

Roberto Montoya www.cubadebate.cu

La giustizia colombiana ha aperto circa 60 indagini contro Álvaro Uribe, più di una dozzina di esse presso la Corte Suprema e 46 presso la Commissione Investigativa e d’Accusa della Camera dei Rappresentanti.

Le indagini riguardano un’ampia gamma di crimini, stretti legami con il paramilitarismo di estrema destra ed il narcotraffico, oltre 2000 esecuzioni extragiudiziali durante il suo mandato presidenziale (2002-2010), spionaggio e molto altro.

Tuttavia, come accaduto al gangster USA, Al Capone, negli anni ’30 -è stato arrestato non per i suoi numerosi crimini ma per evasione fiscale- Álvaro Uribe è, in realtà, in detenzione domiciliare preventiva per cause penali relativamente di minor livello.

Come spiegava Pablo Elorduy, in queste stesse pagine giorni fa, la Corte Suprema lo indaga per corruzione e frode processuale, ma, come nel caso di Al Capone, sono fili che portano direttamente alla grande matassa e che se si srotolasse provocheranno un vero e proprio terremoto politico che può trascinare l’attuale governo di Iván Duque ─delfino di Uribe─ ed alterare l’intero scenario politico in Colombia e persino nella regione.

L’onnipotenza dell’uomo, forse più potente della Colombia, gli ha fatto incorrere in errori di cui si pentirà. Álvaro Hernán Prada, deputato del partito di Uribe, il Centro Democratico, ed uno dei suoi avvocati personali, Diego Javier Cadena Ramírez -avvocato di narcotrafficanti in Colombia e negli USA- hanno cercato di subornare, nella stessa prigione, alcuni dei testimoni sui quali contava l’accusa per incriminare Uribe, affinché cambiassero la loro testimonianza e lo scagionassero.

L’ex presidente e suo fratello sono accusati di aver creato, nel 1996, il gruppo paramilitare Bloque Metro che si sarebbe integrato nelle organizzazione di destra Unità di Autodifesa della Colombia (AUC).

Sotto la promessa di cambiamenti nella sua situazione giudiziaria, in un caso, ed, in un altro, con la consegna di una grossa somma di denaro alla sua famiglia, si è cercato di far cambiare la loro testimonianza in cui incolpavano Uribe.

Uno di quei testimoni chiave, l’ex paramilitare Juan Guillermo Monsalve, è nato e cresciuto nell’azienda d’allevamento, di 2000 ettari, “Guacharacas”, della famiglia Uribe Vélez, ad Antioquia, dove suo padre era l’incaricato.

E’ stato lui a confermare che era lì che, dopo aver subito, nel gennaio ’95, un attacco dei guerriglieri dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) ed il furto di 600 bovini e cavalli, Álvaro Uribe e suo fratello Santiago hanno deciso di creare un gruppo armato.

Álvaro Uribe era, allora, governatore di Antioquia ed ha usato il suo potere per istituire, inizialmente, l’Associazione di Sicurezza Privata El Cóndor, che ha operato in diversi comuni di quel dipartimento.

Il rappresentante legale della stessa era un notissimo allevatore e narcotrafficante amico di Álvaro Uribe, Luis Alberto Villegas Uribe, e tra i suoi membri c’erano altri allevatori legati al narcotraffico, come Santiago Gallón Henao, che ha riconosciuto questa relazione, nel 2010, davanti al Primo Tribunale Penale di Antioquia.

Secondo la Procura, i fratelli Uribe, insieme ai fratelli Gallón Henao e Villegas Uribe, si sono accordati di costituire il Bloque Metro, un gruppo paramilitare che ha iniziato l’addestramento nella stessa fattoria “Guacharacas”.

Poco dopo, questa organizzazione si è formalmente integrata alle organizzazioni di destra AUC (Unità di Autodifesa della Colombia) comandati da Carlos Castaño.

Le AUC sono giunte ad avere migliaia di uomini e si sono rese protagoniste di numerosi massacri nelle zone rurali che consideravano che potessero fornire supporto logistico, nella regione, ai guerriglieri delle FARC o dell’ELN. Il controllo del territorio e la complicità delle autorità hanno permesso loro di finanziarsi impunemente con il narcotraffico.

Le migliaia di ore di conversazioni telefoniche intercettate, per anni, dal CTI (Corpo Tecnico Giudiziario) della Procura hanno permesso alla Giustizia di confermare la versione di oltre 40 testimoni e raccogliere uno schiacciante cumolo di prove contro Álvaro Uribe, suo fratello Santiago ─in carcere per i suoi legami con il gruppo narco Doce Apóstoles, che anche si riuniva nella fattoria di famiglia- il deputato Prada, l’avvocato Cadena ed una serie di altri politici ed imprenditori.

Ecco perché la Corte Suprema ha deciso di compiere questo passo storico: detenere, per la prima volta nella storia della Colombia, un ex presidente.

Tra le conclusioni del documento, di 1554 pagine, della Corte, si può leggere: “Si può ragionevolmente dedurre che per interposta persona ed in diversi eventi che si sono offerti in modo ricorrente il senatore Uribe Vélez ha fatto offerte o promesse di vantaggi economici e/o legali a diversi testimoni affinché dichiarassero falsamente a suo favore”.

La causa avviata da Uribe contro il senatore Iván Cepeda, frusta della sinistra contro i paramilitari ed il narcotraffico, si è convertita in un boomerang che lo ha portato al suo attuale arresto.

Álvaro Uribe ha ricevuto sulla sua stessa faccia, come un boomerang, la causa per “infamia” che lui stesso ha avviato, nel 2014, contro il senatore di sinistra Iván Cepeda, del Polo Democratico Alternativo. Cepeda aveva accusato, nel 2012, Álvaro Uribe e suo fratello Santiago di aver creato il Blocco e quando è stato eletto senatore per il Polo, nel 2014, ha presentato quell’accusa nell’emiciclo fornendo la testimonianza di diversi ex paramilitari che, all’epoca, aveva già provocato un dibattito nazionale.

La Corte Suprema ha finito per scagionare Cepeda, nel 2018, che Uribe accusava di manipolare testimoni, ed ha iniziato ad indagarlo, riuscendo a provare che era stato l’ex presidente a tentare, realmente, di corrompere i testimoni di Cepeda affinché cambiassero la loro testimonianza.

Gli arresti domiciliari di Uribe sono, già di per sé, un trionfo per la sinistra e per i difensori dei diritti umani in Colombia.

Iván Cepeda è un filosofo di professione, portavoce del Movimento delle Vittime di Crimini di Stato (MOVICE), figlio dell’attivista Yira Castro e del congressista Manuel Cepeda Vargas, dell’Unione Patriottica, assassinato nel 1994 da paramilitari in collusione con l’esercito.

Migliaia di guerriglieri smobilitati sono stati assassinati dopo gli ultimi due accordi di pace tra le FARC-EP ed il governo

La UP aveva riunito, dal 1985, i guerriglieri delle FARC-EP smobilitati dopo un precedente accordo di pace, quello firmato durante il governo di Belisario Betancur. Durante gli anni ’80 e ’90, sono stati assassinati otto dei suoi congressisti, 13 deputati, 109 consiglieri, 11 sindaci, 2 candidati alla presidenza e più di 4000 militanti dell’UP.

La difesa dei diritti umani da parte di Iván Cepeda gli ha fatto meritare numerosi riconoscimenti in Colombia e all’estero. La Corte Interamericana dei Diritti Umani, nel 2010, ha condannato lo Stato colombiano per la sua complicità con i gruppi paramilitari nell’assassinio del padre di Iván Cepeda e di molti altri militanti, parlamentari, giornalisti ed attivisti di sinistra negli anni ’80 e ’90.

La Procura della Nazione ha dichiarato, nel 2014, questi omicidi politici come crimini contro l’umanità.

Tuttavia, poco dopo quella dichiarazione l’esperienza si ripeteva. Dopo l’ultimo accordo di pace firmato tra le FARC-EP ed il governo di Juan Manuel Santos, nel novembre 2016, le FARC si sono convertite in partito politico. Da allora, più di 220 dei suoi ex guerriglieri sono stati assassinati.

Le ramificazioni che può avere la causa per la quale la Corte Suprema colombiana ha ordinato gli arresti domiciliari di Álvaro Uribe potranno dar luogo alla rimozione delle pagine più sinistre della storia colombiana degli ultimi quattro decenni.

Alcune delle altre indagini giudiziarie che l’ex presidente ha aperte si concentrano sui suoi rapporti con famosi narcotrafficanti, come con il Cartello di Medellín e con lo stesso Pablo Escobar e diversi suoi luogotenenti; con il finanziamento delle loro campagne elettorali, del 2002 e del 2006, da parte del narcotraffico, o la brutale guerra sporca condotta contro la guerriglia che ha provocato più di 10000 vittime.

Almeno 2000 di loro erano “falsi positivi”, contadini ed emarginati sequestrati ed assassinati dall’esercito, poi presentati alla stampa con uniformi ed armi come guerriglieri per rivendicare i “successi” del governo contro la guerriglia.

Cablogrammi dell’intelligence USA, del 1991, declassificati nel 2004, già vincolavano Uribe con Pablo Escobar ed altri narcotrafficanti.

La famiglia Uribe ha origini umili ma dagli anni ’80 tutto ha cominciato a cambiare. La buona relazione di Alberto Uribe Sierra -padre di Álvaro Uribe- con narcotrafficanti allevatori di bestiame ed allevatori di cavalli purosangue dello stato di Antioquia, ed il suo ruolo come loro prestanome hanno fatto sì, che in pochi anni, si convertisse in un potente possidente.

Una ad una ha acquistato fattorie dedite anche a quelle attività che consentivano il riciclaggio del denaro della droga. Secondo le indagini giornalistiche, l’omicidio del padre dell’ex presidente, nel 1983, nella sua stessa fattoria “Guacharacas” è stata dovuta ad un regolamento di conti e non durante un tentativo di rapimento da parte delle FARC come ha cercato di presentarlo la famiglia.

Molte delle fattorie di famiglia, non solo le ‘Guaracharacas’ ma anche ‘San Cipriano’, ‘La Mundial’ ed altre sarebbero state utilizzate non solo dai narcoparamilitari ma anche dalla XIV Brigata dell’esercito colombiano per torturare ed assassinare contadini e lavoratori rurali accusati di aiutare la guerriglia.

Nel 1981 l’ex presidente, ora arrestato, era direttore dell’Aeronautica Civile, ciò che lo agevolva nella concessione di licenze ad aeroporti privati ​​ed elicotteri ed aerei privati utilizzati dai narcos. Altri precedenti direttori erano stati assassinati da narcos per aver negato le licenze ad allevatori tanto “rispettabili” come Pablo Escobar, Gonzalo Rodríguez Gacha, Jorge Ochoa Vázquez ed altri.

Nel 2004 Newsweek, The New York Times ed altri media USA hanno rivelato un rapporto, del 1991, della Defense Intelligence Agency, del 23 settembre 1991, che era stato appena declassificato, in cui si qualificava Álvaro Uribe un “intimo amico personale di Pablo Escobar” che stava cercando di aiutare a far sì che il narcotrafficante potesse ottenere uno scranno come congressista.

“I cablogrammi diplomatici USA suggeriscono nessi tra Álvaro Uribe con i narcotrafficanti”. Così anche titolava, anni dopo, il 25 maggio 2018, un articolo del New York Times in cui si metteva a conoscenza di documenti del Dipartimento di Stato declassificati in quei giorni, datati 1992 e 1993.

Quei cablogrammi informavano riunioni di diplomatici USA con diversi politici colombiani in cui questi riconoscevano, apertamente, il rapporto di Uribe con il narcoraffico. In uno di essi sono raccolte le dichiarazioni di Alejandro González, senatore del Partito Liberale di cui, allora, Uribe era un militante, in cui diceva che questo “temeva per la sua vita perché non poteva adempiere nei confronti dei suoi contatti del Cartello di Medellin” la promessa di negoziare un accordo con il governo per ottenere la resa di Escobar.

In un altro cablogramma, si informava che in una riunione presso l’ambasciata USA a Bogotá Luis Guillermo Véz Trujillo, anch’egli senatore del Partito Liberale, si lamentava del fatto che il clan famigliare narco degli Ochoa Vásquez aveva finanziato le campagne elettorali di Uribe. L’ex presidente è un cugino degli Ochoas.

Un prestanome dei narcos ha rivendicato, lo scorso marzo, di aver comprato voti alle presidenziali del 2018 in cui Iván Duque è stato eletto presidente; a giugno è stato assassinato

Nonostante tutto questo accumulo di prove che pesano su Uribe e vari membri della sua famiglia, l’ex presidente ha compiuto i suoi 68 anni senza mai essere arrestato. Fino ad ora.

Il suo arresto e la forza delle accuse su cui la Corte Suprema basa la sua sentenza sembrano far presagire un processo di importanza storica in Colombia.

L’attuale presidente, Iván Duque, delfino di Álvaro Uribe e dirigente del Centro Democratico, è proprio ora, a due anni dalle elezioni presidenziali, nella sua fase più bassa, con solo il 30% di popolarità.

Violando la tradizionale norma dei presidenti di rispettare le sentenze della Giustizia in merito alla divisione dei poteri, Duque si è pubblicamente mostrato irritato per l’arresto del suo mentore, ha difeso la sua innocenza ed ha promesso fare l’impossibile per ottenere di ribaltare la sua situazione.

Ma il presidente non ha tutti con sé. Lo scorso marzo, lo stesso Duque si è visto trascinato insieme ad Uribe dalle dichiarazioni dell’allevatore José Guillermo Hernández, Ñeñe, accusato di essere un prestanome dei cartelli della droga, in cui questo rivendicava, con orgoglio, in alcune registrazioni, di aver contribuito a comprare voti nel secondo turno delle elezioni presidenziali del 2018 in cui è stato eletto Iván Duque.

Hernández è stato assassinato in Brasile tre mesi dopo, nel giugno scorso.


El arresto de Uribe puede remover cuatro décadas de narcoparamilitarismo en Colombia

Por: Roberto Montoya

La Justicia colombiana tiene abiertas cerca de 60 investigaciones contra Álvaro Uribe, más de una docena de ellas en la Corte Suprema y 46 en la Comisión de Investigación y Acusación de la Cámara de Representantes.

Las investigaciones abarcan una amplia gama de delitos, nexos estrechos con el paramilitarismo ultraderechista y el narcotráfico, más de 2.000 ejecuciones extrajudiciales durante sus mandatos presidenciales (2002-2010), espionaje y un largo etcétera.

Sin embargo, al igual que le pasó al gángster estadounidense Al Capone en los años 30 ─fue detenido no por sus numerosos crímenes sino por evasión fiscal─ Álvaro Uribe se encuentra en realidad en detención domiciliaria preventiva por causas comparativamente de nivel menor a nivel penal.

Como explicaba Pablo Elorduy en estas mismas páginas días atrás, la Corte Suprema lo investiga por soborno y fraude procesal, pero, al igual que en el caso de Al Capone son hilos que conducen directamente al gran ovillo y que de desenrollarse provocarán un verdadero terremoto político que puede arrastrar al actual Gobierno de Iván Duque ─delfín de Uribe─ y alterar todo el escenario político en Colombia e incluso en la región.

La omnipotencia del hombre tal vez más poderoso de Colombia le hizo incurrir en errores que lamentará. Álvaro Hernán Prada, diputado del partido de Uribe, el Centro Democrático, y uno de sus abogados personales, Diego Javier Cadena Ramírez ─letrado de narcotraficantes en Colombia y en EE UU─ intentaron sobornar en la propia cárcel a varios de los testigos con los que contaba la acusación para incriminar a Uribe, para que cambiaran su testimonio y lo exculparan.

El ex presidente y su hermano están acusados de crear en 1996 el grupo paramilitar Bloque Metro que se integraría en las derechistas Autodefensas Unidas de Colombia (AUC)

Bajo la promesa de cambios en su situación judicial en un caso y en otro con entrega de una fuerte suma de dinero a su familia, se intentó que cambiaran su testimonio en el que inculpaban a Uribe.

Uno de esos testigos clave, el ex paramilitar Juan Guillermo Monsalve, nació y se crió en la hacienda ganadera de dos mil hectáreas ‘Guacharacas’ de la familia Uribe Vélez, en Antioquia, donde su padre era el encargado.

Él fue quien confirmó que fue allí donde tras sufrir en enero de 1995 un ataque de guerrilleros del Ejército de Liberación Nacional (ELN) y el robo de 600 reses y caballos, Álvaro Uribe y su hermano Santiago decidieron crear un grupo armado.

Álvaro Uribe era entonces gobernador de Antioquia, y usó su poder para poner en marcha inicialmente la Asociación de Seguridad Privada El Cóndor, que operó en varios municipios de ese departamento.

El representante legal de la misma era un conocidísimo ganadero y narcotraficante amigo de Álvaro Uribe, Luis Alberto Villegas Uribe y entre sus miembros había otros ganaderos relacionados con el narcotráfico, como Santiago Gallón Henao, quien reconoció esa relación en 2010 ante el Juzgado Primero Penal de Antioquia.

Según la Fiscalía, los hermanos Uribe, junto con los hermanos Gallón Henao y los hermanos Villegas Uribe acordaron constituir el Bloque Metro, un grupo paramilitar que se empezó a entrenar en la propia hacienda ‘Guacharacas’.

Poco después esta organización se integró formalmente en las derechistas AUC (Autodefensas Unidas de Colombia) comandadas por Carlos Castaño.

Las AUC llegaron a tener miles de hombres y protagonizaron numerosas masacres en zonas rurales que consideraban que podían prestar apoyo logístico en la región a las guerrillas de las FARC o del ELN. El control del territorio y la complicidad de las autoridades les permitió financiarse impunemente con el narcotráfico.

Las miles de horas de conversaciones telefónicas interceptadas por el CTI (Cuerpo Técnico Judicial) de la Fiscalía durante años permitieron a la Justicia confirmar la versión de más de 40 testigos y reunir un abrumador cúmulo de pruebas contra Álvaro Uribe, su hermano Santiago ─en la cárcel por su vinculación con el grupo narco Doce Apóstoles que también se reunía en la hacienda familiar─, el diputado Prada, el abogado Cadena y una serie de otros políticos y empresarios.

Por ello la Corte Suprema decidió dar este paso histórico: detener por primera vez en la historia de Colombia a un ex presidente.

Entre las conclusiones del documento de 1.554 páginas de la Corte se puede leer: “Puede hacerse la inferencia razonable de que por interpuesta persona y en distintos eventos que se ofrecer recurrentes el senador Uribe Vélez efectuó ofrecimientos o promesas de beneficios económicos y/o jurídicos a varios testigos para que declararan falsamente a su favor”.

La causa que inició Uribe contra el senador Iván Cepeda, látigo de la izquierda contra los paramilitares y el narcotráfico se convirtió en un bumerán que lo llevó a su arresto actual.

Álvaro Uribe recibió en su propia cara, como un bumerán, la causa por ‘infamia’ que él mismo inició en 2014 contra el senador de izquierda Iván Cepeda, del Polo Democrático Alternativo. Cepeda había acusado en 2012 a Álvaro Uribe y a su hermano Santiago de haber creado el Bloque Metro, y al ser elegido senador por el Polo en 2014 presentó esa acusación en el hemiciclo aportando el testimonio de varios ex paramilitares, lo que en su momento provocó ya un debate nacional.

La Corte Suprema terminó exculpando a Cepeda en 2018 a quien Uribe acusaba de manipular testigos, y comenzó a investigarlo a él mismo, logrando probar que fue el ex presidente quien intentó en realidad sobornar a los testigos de Cepeda para que cambiaran su testimonio.

El arresto domiciliario de Uribe es ya de por sí un triunfo para la izquierda y para los defensores de derechos humanos en Colombia.

Iván Cepeda es filósofo de profesión, portavoz del Movimiento de Víctimas de Crímenes de Estado (MOVICE), hijo de la activista Yira Castro y del congresista Manuel Cepeda Vargas, de la Unión Patriótica, asesinado en 1994 por paramilitares en connivencia con el Ejército.

Miles de guerrilleros desmovilizados han sido asesinados tras los últimos dos acuerdos de paz entre las FARC-EP y el Gobierno

La UP había reunido a partir de 1985 a guerrilleros de las FARC-EP desmovilizados tras un anterior acuerdo de paz, el celebrado durante el Gobierno de Belisario Betancur. Durante los ’80 y ’90 fueron asesinados ocho de sus congresistas, 13 diputados, 109 concejales, 11 alcaldes, dos candidatos presidenciales y más de 4.000 militantes de la UP.

La defensa de los derechos humanos por parte de Iván Cepeda lo ha hecho merecedor de numerosos reconocimientos en Colombia y en el extranjero. La Corte Interamericana de Derechos Humanos condenó en 2010 al Estado colombiano por su complicidad con los grupos paramilitares en el asesinato del padre de Iván Cepeda y de muchos otros militantes, parlamentarios, periodistas y activistas de izquierda durante las décadas de 1980 y 1990.

La Fiscalía de la Nación declaró en 2014 esos asesinatos políticos como crímenes de lesa humanidad.

Sin embargo, poco después de esa declaración la experiencia se repetía. Tras el último acuerdo de paz firmado entre las FARC-EP y el Gobierno de Juan Manuel Santos en noviembre de 2016 las FARC se convirtieron en partido político. Más de 220 de sus exguerrilleros han sido asesinados ya en el tiempo transcurrido desde entonces.

Las ramificaciones que pueda tener la causa por la que la Corte Suprema colombiana ordenó el arresto domiciliario de Álvaro Uribe podrían dar lugar a remover las páginas más siniestras de la historia colombiana de las últimas cuatro décadas.

Algunas de las otras investigaciones judiciales que tiene abiertas el ex presidente se centran en sus relaciones con famosos narcotraficantes, como con el Cartel de Medellín y con el propio Pablo Escobar y varios de sus lugartenientes; con la financiación de sus campañas electorales de 2002 y 2006 por parte del narcotráfico, o la brutal guerra sucia librada contra la guerrilla que se cobró más de 10.000 víctimas.

Al menos 2.000 de ellas fueron ‘falsos positivos’, campesinos y personas marginales secuestradas y asesinadas por el Ejército, presentadas luego a la prensa con uniformes y armas como guerrilleros para reivindicar los ‘éxitos’ del Gobierno contra la guerrilla.

Cables de Inteligencia de EEUU de 1991 desclasificados en 2004 ya vinculaban a Uribe con Pablo Escobar y otros narcotraficantes

La familia Uribe tiene un origen humilde pero a partir de los años ’80 todo empezó a cambiar. La buena relación de Alberto Uribe Sierra ─padre de Álvaro Uribe─ con narcotraficantes ganaderos y criadores de caballos de pura sangre del estado de Antioquia y su papel como testaferro de ellos hizo que en pocos años se convirtiera en un potente hacendado.

Una a una fue comprando fincas dedicadas también a esas actividades que permitían blanquear el dinero de las drogas. Según investigaciones periodísticas el asesinato del padre del ex presidente en 1983 en su propia finca ‘Guacharacas’ fue debido a un ajuste de cuentas y no durante un intento de secuestro por parte de las FARC como intentó presentarlo la familia.

Varias de las haciendas familiares, no solo las ‘Guaracharacas’ sino también ‘San Cipriano’, ‘La Mundial’ y otras habrían sido utilizadas no solo por los narcoparamilitares sino también por la Brigada XIV del Ejército colombiano para torturar y asesinar a campesinos y peones rurales acusados de ayudar a la guerrilla.

En 1981 el ex presidente ahora arrestado era director de la Aeronáutica Civil, lo que facilitaba el otorgamiento de licencias a aeropuertos privados y a helicópteros y avionetas utilizados por los narcos. Otros directores anteriores habían sido asesinados por los narcos por negarles licencias a ganaderos tan ‘respetables’ como Pablo Escobar, Gonzalo Rodríguez Gacha, Jorge Ochoa Vázquez y otros.

En 2004 Newsweek, The New York Times y otros medios estadounidenses revelaron un informe de 1991 de la Agencia de Inteligencia de Defensa del 23 de septiembre de 1991 que se acababa de desclasificar en el que se calificaba a Álvaro Uribe de “amigo personal cercano de Pablo Escobar” al que intentaba ayudar consiguiendo que el narcotraficante pudiera conseguir un escaño como congresista.

“Cables diplomáticos de Estados Unidos sugieren nexos de Álvaro Uribe con narcotraficantes”. Así titulaba también años más tarde, el 25 de mayo de 2018 un artículo en The New York Times en el que se daba cuenta de documentos del Departamento de Estado desclasificados esos días, datados en 1992 y 1993.

Esos cables informaban de reuniones de diplomáticos estadounidenses con distintos políticos colombianos en los que estos reconocían abiertamente las relaciones de Uribe con el narcotráfico. En uno de ellos recogían declaraciones de Alejandro González, senador del Partido Liberal, en el que militaba entonces Uribe en las que decía que este “temía por su vida porque no pudo cumplirle a sus contactos del Cartel de Medellín” la promesa de negociar un acuerdo con el gobierno para lograr la rendición de Escobar.

En otro cable se informaba que en una reunión en la embajada estadounidense en Bogotá Luis Guillermo Véz Trujillo, senador también del Partido Liberal, se quejaba que el clan familiar narco de los Ochoa Vásquez había financiado las campañas electorales de Uribe. El ex presidente es primo de los Ochoa.

Un testaferro de narcos reivindicó en marzo pasado haber comprado votos en las presidenciales de 2018 en las que Iván Duque fue elegido presidente; en junio fue asesinado

A pesar de todo este cúmulo de pruebas que pesan sobre Uribe y varios miembros de su familia, el expresidente ha llegado a sus 68 años sin ser nunca detenido. Hasta ahora.

Su arresto y la contundencia de las acusaciones en las que basa su fallo la Corte Suprema parecieran augurar un juicio de importancia histórica en Colombia.

El actual presidente, Iván Duque, delfín de Álvaro Uribe y líder de Centro Democrático está precisamente ahora, a dos años de las elecciones presidenciales, en su etapa más baja, con solo un 30% de popularidad.

Violando la tradicional norma de los presidentes de respetar los fallos de la Justicia en respeto a la división de poderes, Duque se ha mostrado públicamente airado con la detención de su mentor, ha defendido su inocencia y ha prometido hacer lo imposible para conseguir revertir su situación.

Pero el presidente no las tiene todas consigo. En marzo pasado el propio Duque se veía arrastrado junto con Uribe por declaraciones del ganadero José Guillermo Hernández, Ñeñe, acusado de ser testaferro de cárteles de la droga, en las que este reivindicaba con orgullo en unas grabaciones haber ayudado a comprar votos en la segunda vuelta de las presidenciales de 2018 en las que salió electo Iván Duque.

Hernández fue asesinado en Brasil tres meses después, en junio pasado.

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