Nuovi elementi del caso Satrich e loro implicazioni per il Venezuela

Maria Fernanda Barreto  https://misionverdad.com

Nell’aprile 2018, abbiamo pubblicato un’analisi sulla debole causa della Procura colombiana contro Jesús Santrich e le sue pretese di vincolare il Venezuela a quello stesso caso.

A quel tempo, Santrich era un ex Comandante delle FARC-EP e stava sul punto di assumere uno scranno alla Camera dei Rappresentanti. Dopo poco più di un anno, la Giurisdizione Speciale per la Pace (PEC) ha deciso che le prove presentate dalla Procura non erano sufficienti, così è stato rilasciato ed in conformità degli accordi firmati all’Avana gli è stata data garanzia di non estradizione.

Questo è servito come argomento per le dimissioni dell’allora procuratore Néstor Humberto Martínez dal suo incarico, in un presunto sfogo di dignità, brandendo quella che ha definito la sua “devozione allo stato di diritto”.

Ma quella presunta passione era già stata messa in dubbio dal caso Odebretch in cui Juan Manuel Santos e Álvaro Uribe risultavano compromessi, così come lo stesso procuratore. Come spesso accade in Colombia, il testimone principale in quel caso – che inoltre ha menzionato direttamente Martínez come coinvolto – e il figlio di questo testimone, così come un secondo testimone, sono morti consecutivamente.

In almeno due di quei casi si è parlato di avvelenamento da cianuro. Anche queste “brutte coincidenze” sono state legate al nome di Martinez. E secondo alcune analisi giornalistiche, è proprio in questo caso di corruzione ed alle sue conseguenze che risiede il vero motivo delle dimissioni dell’ex procuratore.

Tuttavia, da quanto si è saputo in questi giorni, grazie alla pubblicazione di alcuni dei rimanenti audio e documenti ufficiali del caso che sono stati pubblicati, si può anche pensare che le sue dimissioni siano state motivate dalla fine e relativo fallimento di quella che sarebbe la più importante operazione della sua gestione nell’ufficio della Procura colombiana, coordinata dalla DEA e dai tribunali USA, ciò che in un paese sovrano avrebbe costituito la radice dello scandalo, ma non è il caso della Colombia.

NUOVE INFORMAZIONI SULLA SULL’ “INTRAPPOLAMENTO” A SANTRICH

 

Quel caso, che si è concluso facendo crollare parzialmente l’accordo firmato tra lo Stato colombiano e le FARC-EP, non ha, tuttavia, ottenuto l’estradizione di Santrich, né alcuno dei suoi altri obiettivi politici di cui poco o nulla si parla.

Poco più di una settimana fa, un giornalista colombiano ha avuto accesso ai quasi 24mila audio delle intercettazioni telefoniche di Marlo Marín – nipote di Iván Márquez-, documenti allegati, ed ha anche potuto vedere il fascicolo delle intercettazioni di quest’ultimo nelle cui conclusioni la Procura ha chiarito di non aver trovato nessuna conversazione che lo indicasse.

Lo scandalo scatenato è diminuito sorprendentemente di volume, sarà presto coperto da un altro scandalo e sicuramente dimenticato dall’opinione pubblica o semplicemente assimilato come un altro caso di falsi positivi, montaggi, corruzione e abituali menzogne della classe politica colombiana.

DI COSA TRATTA IL RIVELATO E PERCHÉ RIGUARDA IL VENEZUELA

 

In primo luogo, il caso riguarda la pace della Colombia, per essere anche vittima dell’avanzata extraterritoriale del conflitto interno colombiano e delle sue conseguenze umane, politiche ed economiche. Non ci sarà pace in Venezuela né nella regione finché non ci sarà pace in Colombia.

Ma, in secondo luogo, fin dall’inizio questa operazione ha cercato di coinvolgere il Governo bolivariano e giustificare, dinanzi all’opinione pubblica internazionale, l’aggressione militare degli USA con la partecipazione subordinata delle forze militari e paramilitari colombiane.

Gli audio pubblicati dal giornalista colombiano appartengono ad un totale di 24mila, di cui solo 12 conosciuti, che la Procura ha consegnato alla PEC come presunti elementi provatori che sia Santrich che Márquez erano in trattative con narcotrafficanti messicani ed in cui, a volte, viene menzionato il Venezuela.

Gli estratti e le sintesi di questi audio e documenti che sono stati pubblicati sono ancora confusi, ma il poco che si comprende già dimostra gli alti livelli delle cospirazioni interne dentro allo Stato colombiano contro la pace nazionale ed internazionale.

QUELLO CHE APPARENTEMENTE È CHIARO

 

Una prima cosa che sembra essere chiara apprendendo questi nuovi elementi è che si è trattata di un’operazione coordinata dalla DEA, in cui la droga apparteneva alla Procura colombiana, che ne ha autorizzato la consegna controllata ad un agente infiltrato.

Marlon Marín, nipote di Iván Márquez, che per quanto si sa non è mai stato membro dell’organizzazione guerrigliera, è già un testimone protetto e prigioniero negli USA, dove è stato trasferito nel 2018 ed è da lì che ha reso le sue dichiarazioni per il caso.

Ne consegue anche che gli interlocutori di Marín erano agenti della DEA che si spacciavano per narcotrafficanti messicani, sebbene in realtà potrebbe trattarsi di narcotrafficanti messicani che lavoravano per la DEA; anche se suona terribile, non c’è contraddizione.

È ormai noto che il denaro consegnato era falso ed apparteneva alla DEA e che Marín ha finito per collaborare con la DEA sebbene non sia specificato da quando.

Inoltre, gli audio mostrano che l’intera operazione di montatura è iniziata nel 2017, un anno dopo che Martínez iniziasse il suo mandato quadriennale come Procuratore colombiano e quando Juan Manuel Santos era ancora presidente della Colombia.

L’obiettivo dei narcoagenti della DEA era ottenere che Marín ponesse Santrich o Márquez a capo dei negoziati in modo da poterlo coinvolgerlo, ma non è mai successo. Nonostante le pressioni che si ascoltano negli audio, non hanno nemmeno ottenuto che alcuno dei due si mettesse al telefono per salutarli ed approvare le operazioni di Marín.

Inoltre, negli audio i presunti agenti della DEA menzionano anche qualcuno che sembra essere il generale Óscar Naranjo (ex vicepresidente della Colombia quando gli accordi vengono firmati a L’Avana e quell’operazione inizia) come se facesse parte dell’affare, menzionano anche qualcuno come “M” o “El Plátano”, che la stampa identifica come il presidente Nicolás Maduro, per il suo nome Tareck El Aissami e persino si pone al telefono una donna che dice di chiamarsi Piedad e si occupa di diritti umani ma che in realtà non ha nemmeno l’accento o la voce di Piedad Córdoba.

Da queste prime evidenze gettate dall’inchiesta del giornalista Edinson Arley Bolaños, si deduce che questa operazione non aveva lo scopo di cercare la verità ma di premere per la verifica di un’ipotesi, quelli che per la scienza sono processi diversi, ed è da supporre che anche in materia scientifica poliziale lo siano.

Questo è il motivo per cui questa operazione è stata descritta dalla stampa colombiana come “d’intrappolamento”, poiché mostra che tra la DEA e la Procura stavano cercando di porre fine agli accordi dell’Avana, incriminando gli ex comandanti delle FARC-EP e le persone che sostenevano la firma degli accordi di pace e, naturalmente, forgiare prove per indiziare il governo venezuelano nell’abbondante traffico di droga che, attualmente, esiste tra Messico e Colombia.

In altre parole, che tutto ciò si è fatto non per ottenere il chiarificamento di un crimine ma per raggiungere gli obiettivi politici degli USA nella nostra regione.

Di grande interesse per la Procura venezuelana è il chiarimento fatto dal giornalista Bolaños nella sua inchiesta: “Un’altra chiamata sostenuta da Marlon Marín, all’inizio del 2017, ha avuto come interlocutore il cittadino newyorkese Vincent Schifano, e di nuovo il tema è stato la possibilità di sviluppare un’operazione di riciclaggio di denaro. Nello specifico, il 27 febbraio, Schifano ha letteralmente detto a Marín che questa manovra doveva essere fatta attraverso le banche venezuelana e panamense. Il 1 marzo 2017, Schifano gli ha chiesto se aveva notizie dell’operazione in Venezuela, a cui Marlon Marín ha risposto che gli dava il messaggio tra breve perché ero in riunione. Quello che sembra derivarsi da questo episodio è che il piano doveva eseguirsi tramite la banca venezuelana Banesco, la cui dirigenza è caduta, mesi dopo, nell’Operazione Mani di Carta, realizzata dal governo di Nicolás Maduro contro ” le mafie che hanno rubato e svalutato la moneta venezuelana”.

Ma mentre questa indagine veniva resa pubblica, media di altre società mediatiche intitolavano “Nicolás Maduro è stato menzionato nelle registrazioni del caso Jesús Santrich”, ignorando tutto ciò che è stato detto qui e riproducendo le conversazioni, che tutto sembra indicare non sono altro che un copione scritto dalla stessa DEA ed ha agito in complicità con la Procura colombiana.

Le conversazioni tra un delinquente di nome Marlon Marín ed il cartello di Sinaloa presumibilmente rappresentato da due agenti della DEA, più la testimonianza del primo ora che è protetto dalla giustizia usa, sono bastati per fabbricare un caso contro il Governo bolivariano su cui noi approfondiremo.

Per ora, alcuni senatori dell’opposizione al governo Duque hanno chiamato l’Alto Commissario per la Pace, Miguel Ceballos, e il ministro della Giustizia colombiano, Wilson Ruiz, ad un dibattito sul controllo politico per continuare a conoscere su questo caso.


NUEVOS ELEMENTOS DEL CASO SANTRICH Y SUS IMPLICACIONES PARA VENEZUELA

María Fernanda Barreto

En abril de 2018 publicamos un análisis sobre la débil causa de la Fiscalía colombiana contra Jesús Santrich y sus pretensiones de vincular a Venezuela a ese mismo caso.

Para ese momento Santrich era ex Comandante de las FARC-EP y estaba a punto de asumir un escaño en la Cámara de Representantes. Después de poco más de un año, la Jurisdicción Especial para la Paz (JEP) decidió que las pruebas presentadas por Fiscalía no eran suficientes, por lo que quedó en libertad y en conformidad con los acuerdos firmados en La Habana. Se le dio garantía de no extradición.

Esto sirvió de argumento a la renuncia del entonces fiscal Néstor Humberto Martínez a su cargo, en un pretendido arranque de dignidad, esgrimiendo lo que definió como su “devoción por el Estado de derecho”.

Pero esa supuesta pasión ya había sido cuestionada por el caso Odebretch donde Juan Manuel Santos y Álvaro Uribe resultaban comprometidos, al igual que el propio fiscal. Como suele suceder en Colombia, el testigo principal de ese caso -quien además mencionó directamente a Martínez como involucrado- y el hijo de este testigo, así como un segundo testigo, murieron consecutivamente.

En al menos dos de esos casos se habló de envenenamiento por cianuro. También a esas “malas casualidades” se vincularon al nombre de Martínez. Y según algunos análisis periodísticos, es en este caso de corrupción y sus consecuencias donde se encuentra la verdadera razón de la renuncia del ex fiscal.

Sin embargo, por lo que se ha sabido durante estos días, gracias a la publicación de algunos de los audios restantes y documentos oficiales del caso que han sido publicados, también puede pensarse que su renuncia haya sido motivada por el final y relativo fracaso de la que sería la más importante operación de su gestión en la Fiscalía colombiana, coordinada por la DEA y los tribunales estadounidenses, lo que en un país soberano habría constituido la raíz del escándalo, pero no es el caso de Colombia.

NUEVAS INFORMACIONES SOBRE EL “ENTRAMPAMIENTO” A SANTRICH

Ese caso que acabó de derrumbar parcialmente el acuerdo firmado entre el Estado colombiano y las FARC-EP no logró, sin embargo, ni la extradición de Santrich, ni ninguno de sus otros objetivos políticos sobre los que poco o nada se habla.

Hace poco más de una semana un periodista colombiano tuvo acceso a los casi 24 mil audios de intercepciones telefónicas a Marlo Marín -sobrino de Iván Márquez-, documentos adjuntos, y además pudo ver el expediente de intercepciones a este último en cuyas conclusiones la Fiscalía dejó claro que no encontró ninguna conversación que lo indiciara.

El escándalo desatado ha bajado sorpresivamente de volumen, pronto será tapado por otro escándalo y seguramente olvidado por la opinión pública o simplemente asimilado como un caso más de falsos positivos, montajes, corrupción y mentiras habituales de la clase política colombiana.

DE QUÉ SE TRATA LO DEVELADO Y POR QUÉ LE ATAÑE A VENEZUELA

En primera instancia, el caso le atañe a la paz de Colombia, por ser también víctima del avance extraterritorial del conflicto interno colombiano y sus consecuencias humanas, políticas y económicas. No habrá paz ni en Venezuela ni en la región mientras no haya paz en Colombia.

Pero en segundo lugar, desde el principio esta operación ha buscado involucrar al Gobierno Bolivariano y justificar ante la opinión pública internacional la agresión militar de los Estados Unidos con la participación subordinada de las fuerzas militares y paramilitares colombianas.

Los audios que publica el periodista colombiano pertenecen a un total de 24 mil, de los cuales se habían conocido solamente 12, que la Fiscalía entregó a la JEP como supuestos elementos probatorios de que tanto Santrich como Márquez estaban en negociaciones con narcotraficantes mexicanos y en los que en ocasiones se menciona a Venezuela.

Los extractos y síntesis de esos audios y documentos que han sido publicados resultan aún confusos, pero ya lo poco que se comprende demuestra los altos niveles de las conspiraciones internas dentro del Estado colombiano contra la paz nacional e internacional.

LO QUE APARENTEMENTE QUEDA CLARO

Una primera cosa que parece quedar clara al conocer estos nuevos elementos es que se trató de una operación coordinada por la DEA, en la que la droga pertenecía a la Fiscalía de Colombia, quien autorizó su entrega controlada a un agente infiltrado.

Marlon Marín, sobrino de Iván Márquez, de quien hasta donde se sabe nunca fue militante de la organización guerrillera, se encuentra ya como testigo protegido y recluso en territorio estadounidense, al que fue trasladado en 2018 y es desde ahí que ha dado sus declaraciones para el caso.

También se deduce que los interlocutores de Marín eran agentes de la DEA que se hacían pasar por narcos mexicanos, aunque en realidad podría tratarse de narcos mexicanos que trabajan para la DEA; aunque suene terrible, no hay contradicción.

Se sabe ahora que el dinero entregado era falso y pertenecía a la DEA y que Marín termina colaborando con la DEA aunque no se precisa desde cuándo.

También, los audios demuestran que toda esta operación de montaje comenzó en 2017, un año después de que Martínez iniciara su periodo de cuatro años como Fiscal de Colombia y cuando aún ocupaba la presidencia de Colombia Juan Manuel Santos.

El objetivo de los narcoagentes de la DEA era lograr que Marín pusiera a Santrich o a Márquez al frente de las negociaciones para poder implicarlos, pero eso nunca sucedió. A pesar de las presiones que se escuchan en los audios, ni siquiera consiguieron que alguno de los dos se pusiera al teléfono para siquiera saludarles y refrendar las operaciones de Marín.

Además, en los audios los presuntos agentes de la DEA mencionan además a alguien que pareciera ser el general Óscar Naranjo (ex vicepresidente de Colombia para cuando se firman los acuerdos en La Habana y comienza esa operación) como si fuera parte del negocio, también mencionan a alguien como la “M” o “El Plátano”, a quien la prensa identifica como el presidente Nicolás Maduro, por su nombre a Tareck El Aissami y hasta se pone al teléfono una mujer que dice llamarse Piedad y trabajar en derechos humanos, pero que en realidad ni siquiera posee el acento o la voz de Piedad Córdoba.

De estas primeras evidencias arrojadas por la investigación del periodista Edinson Arley Bolaños, se deduce que dicha operación no tenía por objetivo buscar la verdad sino presionar para la comprobación de una hipótesis, lo que para la ciencia son procesos diferentes, y es de suponer que en materia científica policial también lo sean.

Por eso esta operación ha sido adjetivada por la prensa colombiana como “de entrampamiento”, ya que demuestra que entre la DEA y la Fiscalía buscaban acabar con los acuerdos de La Habana, incriminando a ex comandantes de las FARC-EP y personas que apoyaron la firma de los acuerdos de paz y, por supuesto, forjar pruebas para indiciar al gobierno venezolano en el abundante tráfico de drogas que existe actualmente entre México y Colombia.

Es decir, que todo esto se hizo no para lograr el esclarecimiento de un delito sino para alcanzar objetivos políticos de los Estados Unidos en nuestra región.

De mucho interés para la Fiscalía venezolana resulta la aclaración que hace el periodista Bolaños en su investigación: “Otra llamada sostenida por Marlon Marín, a principios de 2017, tuvo como interlocutor al ciudadano neoyorquino Vincent Schifano, y de nuevo el tema fue la posibilidad de desarrollar una operación de lavado de activos. En concreto, el día 27 de febrero, Schifano le dijo textualmente a Marín que esa maniobra debía hacerse a través de las bancas venezolana y panameña. El 1º de marzo de 2017, Schifano le preguntó si había noticias de la operación de Venezuela, a lo que Marlon Marín respondió que le daba la razón en un rato porque estaba en una reunión. Lo que parece derivarse de este episodio es que el plan pensaba ejecutarse a través del banco venezolano Banesco, cuya directiva cayó meses después en la ‘Operación Manos de Papel’, ejecutada por el gobierno de Nicolás Maduro contra ‘las mafias que robaron y devaluaron la moneda venezolana'”.

Pero mientras esta investigación se hacía pública, medios de otras corporaciones mediáticas titulaban “Nicolás Maduro fue mencionado en las grabaciones del caso Jesús Santrich”, obviando todo lo aquí dicho y reproduciendo las conversaciones, que todo parece indicar no son más que un libreto escrito por la propia DEA y actuado en complicidad con la Fiscalía colombiana.

Las conversaciones entre un delincuente llamado Marlon Marín y el Cartel de Sinaloa supuestamente representado por dos agentes de la DEA, más el testimonio del primero ahora que se encuentra protegido por la justicia estadounidense, han bastado para fabricar un caso contra el Gobierno Bolivariano sobre el que estaremos profundizando.

Por lo pronto, algunos senadores de oposición al gobierno de Duque han llamado a debate de control político al alto comisionado para la Paz, Miguel Ceballos, y el ministro de Justicia colombiano, Wilson Ruiz, para continuar conociendo sobre este caso.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.