Durante la prima partecipazione del diplomatico dell’amministrazione Biden alle Nazioni Unite, il nuovo segretario di Stato nordamericano Anthony Blinken minacciava il popolo venezuelano, ironicamente al Consiglio per i diritti umani. Blinken era incaricato di richiedere il ritorno degli Stati Uniti al Consiglio nel 2022-26.
Il diplomatico approfittava scioccamente della piattaforma dei diritti umani per scagliarsi contro Stati liberi e sovrani: “Continueremo a denunciare gli abusi in Venezuela, Nicaragua, Cuba e Iran”, affermava Blinken. Allo stesso modo, durante la videoconferenza parlò con tono ostile di Cina e Russia.
“Quelli coi peggiori precedenti sui diritti umani non dovrebbero essere membri di questo Consiglio”, continuava gelido il funzionario, forse dimenticando che gli Stati Uniti sono riconosciuti come i peggiori criminali sui diritti umani nel mondo, insieme a molti loro alleati, come Regno Unito, Francia, Colombia, Australia, Arabia Saudita e Israele, tra gli altri.
Il lancio delle ostilità nell’era Biden?
Tali dichiarazioni chiaramente rivelavano che il governo Biden continuerà l’attacco degli Stati Uniti a Venezuela ed altre nazioni sovrane. Blinken confermava che la posizione interventista e suprematista degli Stati Uniti nei confronti dei Paesi progressisti continuerà.
Secondo il massimo diplomatico statunitense Venezuela, Cuba, Nicaragua, Iran, Cina e Russia sono noti per le violazioni dei diritti umani. “Non vediamo l’ora di lavorare coi nostri partner in questo organismo e con le ONG di tutto il mondo per garantire che il Consiglio svolga il suo ruolo e contribuisca efficacemente al miglioramento dei diritti umani nel mondo”, affermava Blinken. Blinken affermò che gli Stati Uniti non revocheranno il blocco all’amministrazione del Presidente Nicolás Maduro fin quando non inizierà un dialogo. “A chi spera che revocheremo unilateralmente le sanzioni, questo non è una priorità perché quello che vogliamo è promuovere un dialogo tra le due parti, che porti a un risultato democratico”.
Come i precedenti rappresentanti della Casa Bianca, il diplomatico si riferiva in modo sprezzante al governo bolivariano come “regime”. “Dobbiamo spingere il regime a sedersi coll’opposizione per negoziare una via d’uscita”, aveva abbaiato Blinken. Fiele imperiale nello spettacolo di cinismo e arroganza, Blinken chiese alle Nazioni Unite l’opportunità di tornare al Consiglio dei diritti umani, pur rappresentando i peggiori violatori dei diritti fondamentali nel mondo. “Sono lieto di annunciare che gli Stati Uniti cercheranno l’elezione al Consiglio dei diritti umani per il 2022-24.
Chiediamo umilmente il sostegno di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite nel nostro tentativo di riguadagnare una posizione in tale organismo”, concluse Blinken. Pertanto, la nazione causa della maggior parte delle invasioni militari, violazioni dei diritti umani e colpi di Stato, con la più alta spesa militare, si presenta come sostenitore dei diritti umani. I 193 membri dell’ONU voteranno i 47 membri del Consiglio nell’Assemblea generale ad ottobre. Per il momento gli Stati Uniti partecipano a questo organismo internazionale delle Nazioni Unite come osservatori.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
Diversi capi dell’opposizione radicale venezuelana si incontravano a Bogotá con l’ambasciatore statunitense James Story. Il diplomatico sarà l’amministratore degli interessi di Washington a Caracas, ma lavora dalla Colombia. Questi incontri confermati si svolgevano con tutte le formalità, compreso di protocollo che proscrive un rigoroso programma di attività.
Jorge Rodríguez, presidente dell’Assemblea nazionale, avvertì su tali manovre. Questo fu confermato con le immagini ufficialo degli incontri. A tali incontri furono invitati Leopoldo López, Julio Borges, Manuel Rosales e Carlos Vecchio. Come accennato da Rodríguez, i cacicchi dell’estremismo venezuelano verrebbero a “prendere la linea”.
“Pianificheranno nuove sanzioni contro il popolo del Venezuela, azioni cospirative e violenze”, disse Rodríguez.
“Loro [i gringos] diranno se gli danno il permesso (o meno) di partecipare alle elezioni dei governatori”, avvertiva il capo del parlamento.
L’incontro si ebbe all’Hotel Marriott di Bogotá, con un ordine del giorno, come si evince dai tweet del deputato chavista. I punti del 22 febbraio erano:
• L’opposizione può unirsi nella lotta per le condizioni elettorali?
• Come costruire un movimento di pressione civico-politica per poter negoziare una transizione da posizione di forza?
• Come espandere la coalizione democratica?
• Chi ci manca e come possiamo raggiungerli? Qual è il ruolo di ogni settore?
• Quali (sic) sono gli incentivi per un negoziato completo e di successo (carota e bastone)?
• Qual è il ruolo della Norvegia?
• Chi dovrebbero essere i garanti o mediatori internazionali?
• Chi sono gli interlocutori di entrambe le parti?
• eccetera.
Secondo i documenti pubblicati, i capi anti-chavisti incontravano vari funzionari di Washington, in particolare di Consiglio di sicurezza della Casa Bianca, Ufficio per gli affari dell’emisfero occidentale del dipartimento di Stato, dipartimento del Tesoro e dipartimento degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID), per discutere, tra l’altro, la strategia per costruire un movimento politico-civico, le condizioni in Venezuela e il ruolo della comunità internazionale.
L’opposizione tutorata
Rodríguez mise in dubbio l’atteggiamento “nazionale” di tale opposizione venezuelana, che va diligentemente da James Story “scodinzolando”.
“Mai prima nella storia del Venezuela si ebbe il caso di una classe politica così… inginocchiata ai disegni di un rappresentante straniero, che persiste nei tentativi criminali dal periodo trumpista”, scriveva Jorge Rodríguez.
Il documento coll’ordine del giorno delle riunioni fu ottenuto dal capo della legislatura da un funzionario di Duque “indignato dal fatto che questo accada nella sua patria”. Il sospetto che i piani contro il Venezuela siano concordati in tali incontri non è una speculazione audace.
A seguito degli incontri di Leopoldo López di dicembre a Bogotá, fu elaborato un piano per piazzare esplosivi nell’Assemblea nazionale venezuelana. Quest’ultimo complotto fu sventato e il responsabile rivelò i dettagli del piano che cercava d’impedire l’insediamento del parlamento e assassinare i deputati eletti il 6 dicembre, giorno dell’inaugurazione.
Traduzione di Alessandro Lattanzio