Colombia: Chiquita Brands dietro ai paramilitari

PATRIA GRANDE di David Lifodi

Lo sostiene l’avvocata di Earthrights International Kelsey Jost-Creegan, che ripercorre la legalizzazione dei paramilitari, tramite la copertura giuridica di cooperative di vigilanza e sicurezza da parte dello Stato con il beneplacito dell’impresa bananera.

“Chiquita Brands ha responsabilità precise nella crescita dei gruppi paramilitari in Colombia”. A sostenerlo Kelsey Jost-Creegan, avvocata di Earthrights International che, in un’intervista pubblicata su http://www.ipc.org.co/agenciadeprensa/index.php/2021/01/25/chiquita-brands-ayudo-a-los-paramilitares-a-crecer-kelsey-jost-creegan/, sottolinea il ruolo dell’impresa bananera nella crescita e nella propagazione del conflitto armato in tutto il paese.

Lo stesso concetto è espresso dal rapporto La sombra oscura del banano. Urabá: conflicto armado y el rol del empresariado, a cui hanno lavorato la Fundación Cultura Democrática (Fucude) e la Corporación Opción Legal.

Nell’acquisto delle fincas, soprattutto nell’Urabá antioqueño, Chiquita Brands avrebbe proceduto parallelamente al finanziamento, ammesso dalla stessa impresa, di quasi due milioni di dollari ai gruppi di paras colombiani tra il 1997 e il 2004 approfittando sempre del clima di violenza per comprare la terra a costi assai minori di quelli previsti.

Chiquita, che arrivò nell’Urabá nel 1959 tramite la Frutera Sevilla, di proprietà di United Fruit Company, nel 1988 acquistò la finca La Negra subito dopo che i paramilitari avevano ucciso i lavoratori bananeros simpatizzanti dei partiti di sinistra. In pratica, i paras svolgevano il lavoro sporco per conto di Chiquita, che acquistava le fincas dopo che erano state ripulite dalla presenza di lavoratori legati ai sindacati o dai militanti di sinistra.

Nel 2007, negli USA, l’avvocata Kelsey Jost-Creegan fece causa contro Chiquita Brands tramite Earthrights International. Oggi sono più di 5000 le vittime di Chiquita nell’ Urabá ad essere difese legalmente da avvocati.

Sono stati anche alcuni ex paras, appartenenti al gruppo armato Convivir, ad ammettere che gran parte dei loro finanziamenti proveniva dagli introiti di Chiquita, la quale aveva tutto l’interesse affinché i paramilitari controllassero alcune zone del paese per stroncare sul nascere qualsiasi tentativo di rivolta contro l’impresa bananera promuovendo “la purga de los sindicatos, la eliminación de cualquier persona considerada de izquierda o simpatizante de la guerrilla”.

Chiquita giocò un ruolo di primo piano anche nel finanziamento dei paramilitari delle Autodefensas Campesinas de Córdoba y Urabá, interessate a gestire il commercio della droga nella regione

La maggioranza delle vittime di Chiquita sono stati sindacalisti, contadini, piccoli produttori locali e le loro famiglie costrette a fuggire dall’Urabá a seguito delle continue minacce e aggressioni. Per loro, il colmo è stato vedere i paramilitari riconosciuti e legittimati dallo Stato colombiano in qualità di cooperative di sicurezza, soprattutto all’epoca in cui Álvaro Uribe Vélez, uno dei presidenti colombiani più vicini ai paras, era governatore di Antioquía

Fu proprio sotto la rassicurante facciata di cooperative di vigilanza e sicurezza che i paramilitari riuscirono ad espandere le loro reti criminali e a consolidare i rapporti con i vertici dello stato colombiano, come dimostrato dal crescente potere del bloque Bananero delle spietate Autodefensas Unidas de Colombia (Auc) e, sempre grazie ai finanziamenti di Chiquita, il gruppo Convivir contribuì allo sterminio dei militanti di Unión Patriótica e dei sindacalisti nell’Urabá antioqueño.

Tuttavia, la legalizzazione dei paramilitari mascherati da cooperative di sicurezza avvenne ben prima dell’arrivo di Álvaro Uribe Vélez alla presidenza del paese, precisamente con il decreto 356 dell’11 febbraio 1994 all’epoca del mandato di Cesar Gaviria, per poi espandersi definitivamente sotto il governo di Ernesto Samper.

Quanto ad Álvaro Uribe Vélez, fu lui, in qualità di governatore di Antioquia, a concedere addirittura la personalità giuridica ai paras di Convivir.

La forza e la rete dei paras era così capillare che l’Urabá antioqueño fu flagellato dalla presenza di ben due gruppi: il “Grupo de los 20 hombres” agiva nelle campagne, mentre “Los Escorpiones” si erano radicati nelle città.

Se un tempo la Colombia era praticamente governata da Chiquita Brands, oggi sono le banche a farla da padrona, come dimostra l’onnipresenza dell’Organización Luis Carlos Sarmiento Angulo (Olcsa), proprietaria di gran parte dei mezzi di comunicazione, imprese, industrie, ma soprattutto, ancora una volta, al pari della bananera Chiquita, un mezzo per muovere clientelismo, corruzione e narcotraffico. A farne parte, tra gli altri, lo stesso Álvaro Uribe Vélez.

A distanza di anni in Colombia non è cambiato niente e i governi che si susseguono alla guida del paese si occupano di tutto meno che di equità, sostenibilità e giustizia sociale.


La Colombia che uccide le figlie di Madre Terra

 

Spero che possano riposare in pace, tra le braccia di Madre Terra, la sindaca del Resguardo, Maria Bernarda Juajibioy, assassinata con la nipotina, Jazzlín Camila Luna Figueroa, di un anno e mezzo, non dal Covid-19, che pure c’è in Colombia:  la figlia, Paola Patricia Pujimuy, 22 anni, con Sofía Solarte, sono rimaste ferite e si trovano all’ospedale di Puerto Asís. El canto de la Tierra delle donne le accompagni

E’ su Twitter con la foto: «Organizzazione nazionale indigena della Colombia – ONIC  #ATENCIÓN  RIFIUTIAMO l’assassinio della leader indigena del popolo Kamentsá, María Bernarda Juajibioy e della sua nipotina, Jazzlín Camila Luna Figueroa, a Putumayo. Le donne indigene sono le guardiane della sopravvivenza dei popoli. La violenza aumenta#SOSPueblosIndígenas CHIEDIAMO indagini e azioni penali nei confronti dei responsabili, nei territori indigeni sono presenti gruppi armati che mettono a RISCHIO la sopravvivenza delle comunità. Ci stanno sterminando davanti al silenzio complice del governo di @IvanDuque . La violenza aumenta».

Secondo i registri di Indepaz, con María Bernarda Juajibioy, sono 34 i leader e i difensori dei diritti umani assassinati nel 2021 e 1.148 dalla firma dell’accordo di pace tra le Farc e il governo di Bogotà nel 2016.

Viaggiava su una moto in compagnia di altre donne: la moto è stata bloccata da uomini armati che hanno aperto il fuoco sulla donna e la nipotina di un anno e mezzo, uccidendole.

E’ accaduto mercoledì 17 marzo, alle 6:45 del pomeriggio. Secondo le prime informazioni, la leader si stava mobilitando con altre donne in motocicletta, tra la strada del Cabildo, nel villaggio di La Esmeralda, a Orito (Putumayo), per l’ispezione di El Placer; lì furono intercettate da uomini armati che le hanno uccise. 

Il comunicato continua così: «L’organizzazione zonale indigena Putumayo (Ozip) ha espresso solidarietà ai parenti del leader e al popolo Kamentsá».

«Dichiariamo dinanzi alla comunità nazionale e internazionale un richiamo all’allerta per l’integrità e la protezione di donne, bambini e ragazze appartenenti alle popolazioni indigene del dipartimento di Putumayo. Ribadiamo la nostra preoccupazione e indignazione per questi atti di sterminio fisico e culturale che aumentano ogni giorno» hanno detto in una nota. Allo stesso modo, l’organizzazione ha affermato che questi atti «sono il prodotto della mancanza di garanzie da parte del governo» e che il caso rappresenta una maggiore gravità, tenendo conto che l’11 marzo 2021 il ministro dell’Interno, Daniel Palacios Martínez, e il Governatorato di Putumayo hanno partecipato al tavolo territoriale delle garanzie per il lavoro dei leader sociali e dei processi comunitari. Per l’organizzazione, l’omicidio mostra che non ci sono stati risultati. «Riteniamo lo Stato colombiano responsabile della continuità della violenza nei territori, a causa della sua omissione nel dovere legale di garante dei diritti umani e della sua riluttanza a rispettare ordini, sentenze e altre disposizioni legali per la protezione delle popolazioni indigene». Nell’ambito dei requisiti di Ozip, si rileva che il ministero dell’Interno, l’Ufficio del Difensore civico, l’Unità di protezione nazionale «adottano misure nel caso e garantiscono la protezione».

Riporto quanto scrisse Matilda Temperley, accompagnando con magnifiche foto, un articolo per Survival , intitolato “Eroine indigene“: ” Per decenni, le donne indigene hanno dovuto sopportare sfratti brutali, intimidazioni, uccisioni e stupri da parte degli invasori. Hanno sofferto umiliazioni perpetrate da governi che promuovono l’idea che i loro popoli siano in qualche modo “arretrati” o “fermi all’età della pietra”. Hanno assistito al furto della loro terra e all’annientamento della loro autostima mentre il loro futuro diventava sempre più incerto. Tuttavia, nonostante le sofferenze, la resistenza di molte di loro continua a crescere, in ogni continente. Le foto non parlano solo delle grandi tragedie che le donne indigene hanno dovuto sopportare, ma anche di donne che stanno lottando con coraggio per riavere le loro terre e per i loro fondamentali diritti umani.”

Si leva sempre più alta una canzone senza paura, per le donne dalle donne.

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