Il PCC e la Cuba di oggi

Il principale impegno del Partito Comunista di Cuba (PCC) è essere avanguardia: avere la capacità di unire i migliori tra i buoni, come diceva il Che.

E anche ovviamente, poter assimilare questi nuclei di intellettuali organici al sistema, che possono avere un vincolo formale con il Partito o no, e che dato che sono nicchie di resistenza contro l’egemonia, deve assimilare, avvicinare, e in qualche modo strumentare il loro pensiero.

Il Partito non è un ente per la preservazione di uno status quo. È la forza che organizza le masse popolari per guidare la trasformazione rivoluzionaria della realtà sociale.

Come organizzazione politica rettrice della società cubana, deve canalizzare questo entusiasmo che si genera attorno al progetto sociopolitico che è la Rivoluzione, questo stimolo a favore del sistema alternativo che il Partito difende e che, dentro o assieme a lui, noi difendiamo.

Inoltre deve lavorare all’interazione con gli spazi ideologici che operano nella società cubana: la scuola, i mezzi di comunicazione, etc.

Partendo dall’autorità che gli assegna la Costituzione e all’ autorità che guadagna attraverso l’azione dei suoi militanti, il Partito deve influire in questi scenari per far sì che non siano meri riproduttori del comune senso liberale, ma che accrescano l’emancipazione dell’essere umano.

Nella sua relazione con la stampa e con i media di massa, il Partito deve modernizzare i suoi metodi di comunicazione, evitando il pericolo della frivolità.

L’animo di giungere ai pubblici «più ampli» o l’affanno d’essere «moderni» può distorcere il rombo dell’organizzazione e trasformarla in un simbolo di tutto quello che dev’essere oggetto di lotta della Rivoluzione, di tutto quello che la Rivoluzione deve negare.

Il socialismo non è un modello nel senso strettamente economico, ma è anche un continuo processo di lotta per un sistema di ideali più avanzati e per una nuova profondità della dimensione umana. Nessun rivoluzionario, sia militante o meno, può perderlo di vista e non può smettere d’allertare su questo.

Dopo il trionfo rivoluzionario c’era uno slogan, o parola d’ordine che diceva: «La Rivoluzione non ti dice credi, la Rivoluzione ti dice leggi».

Era la preoccupazione costante d’alfabetizzare il popolo. Oggi tutti sappiamo leggere e scrivere ma si deve approfondire questa alfabetizzazione, scoprire nuove sensibilità, nuove prospettive nell’intellettuale. Non possiamo mai accontentarci con quello che abbiamo oggi: una realtà con grandi conquiste, ma anche con carenze che dobbiamo supplire e non solo nell’ordine materiale.

Il Partito, quindi dev’essere capo di questa società dei soggetti più rivoluzionar e sempre più preparati.

La condizione di comunista dev’essere separata dalla mediocrità e dall’ignoranza.

Una delle sue funzioni fondamentali è quella di determinare i fini della società socialista, di disegnare questa strategia per raggiungere le mete tracciate a medio e lungo tempo.

L’apparato del Partito e tutta la sua militanza operano come meccanismi di controllo politico di questa gestione statale, che deve puntare sempre ai fini del socialismo.

Il Partito deve stare lì dove il popolo si vede danneggiato da alcuna decisione di un governo locale, dell’amministrazione a qualsiasi livello o del governo centrale.

Inoltre deve mantenere questo stretto vincolo popolare che parte dalla sua stessa militanza, e deve vincere quello che si conosce come la “legge di ferro” di Robert Michels, che sosteneva che qualsiasi tipo d’organizzazione politica tendeva all’oligarchia, ossia, che c’era un’elite che si separava dalla volontà della sua massa militante.

Il PCC deve negare questa oligarchia nelle sue strutture, questa burocratizzazione dei suoi funzionari (nel senso leninista del termine).

Ma non è il sofisma dell’equi-distanza o l’idea di separare radicalmente la soluzione dal Partito e dallo Stato: parliamo di un sistema nel quale non ha funzioni elettorali, nè esercita autorità (nel piano formale) sugli organi statali, ma deve sì avere come ruolo costituzionale quello di guidare gli sforzi della società cubana nella costruzione del socialismo.

La chiave è nella differenziazione delle funzioni e nel suo carattere democratico.

Il pensiero liberale sostiene che c’è una dicotomia, un antagonismo irreconciliabile tra il valore della democrazia e il modello del partito unico.

Senza dubbio, il pluripartitismo a Cuba è esistito e s’implementarono tutti i tipi di democrazia liberale e i sistemi tradizionali dei partiti che esistevano durante il XX secolo. Nessuno di loro è stato capace di dare una soluzione alle crisi sistemiche che si diedero a livelli politici e, ovviamente, economico.

È stata la Rivoluzione quella che ha liberato il paese da questo destino oscuro e apparentemente inesorabile.

Anche se la logica d’avanguardia forma parte dei valori politici della Cuba socialista, va sempre bene precisare che non è stato un Partito che ha fatto la Rivoluzione, ma che fu il fragore di questo processo ad articolare un Partito unico, un’organizzazione che concentrò tutte le forze politiche rivoluzionarie.

Il Partito Comunista di Cuba non è un partito politico nel senso liberale che è stato assegnato ai partiti: un mito ideologico, una falsità nella quale i partiti sono meri strumenti elettorali. I partiti sono organizzazioni di taglio classico che rappresentano interessi di classe.

Il nostro rappresenta un progetto di nazione specifico associato alla giustizia sociale, alla sovranità, all’antimperialismo; un progetto di nazione innalza gli interessi della classe operaia, del popolo, e questa è la garanzia migliore per l’esercizio della democrazia reale (che non si può limitare unicamente a formalismi e rituali).

Non è un’organizzazione al di sopra della nazione, dello Stato e della società, non è un contropotere: es un canale in più per l’esercizio della sovranità popolare, senza equidistanze o contrapposizioni con lo Stato.

Tutto il sistema politico socialista, in definitiva, risponde al principio dell’unità del potere dell’indivisibilità della sovranità, che risiede unicamente ed esclusivamente nel popolo.

Non c’è separazione o ripartizione dei poteri, ma differenziazione delle funzioni per tutte le componenti del sistema politico.

Il successo del sistema del partito unico radica nella capacità di convincerci, noi che abitiamo Cuba, a fare nostro il progetto di vita attorno a questo progetto comune che è il socialismo e che il modo di vedere la realtà che necessita questo modello sia il nostro modo di vedere, il nostro modo di assumere la realtà e, ovviamente, cercare di trasformarla.

È la funzione egemonica del Partito, quella che esercita nell’ambito ideologico, il suo principale e più importante impegno.

Nè il PCC, nè alcun rivoluzionario deve lavorare da o per l’unanimità, ma con l’interesse dell’unità. Non un’unità in astratto, ma precisamente l’unità delle persone che difendono un progetto di nazione specifico, in opposizione ad altri progetti di nazione che sono stati provati a Cuba e non hanno funzionato.

Da questo dipende il futuro del nostro paese e del sogno socialista che ci è stato consegnato in garanzia.

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