Dalla Colombia ad Haiti scorre il sangue

ma per il mondo il problema è Cuba

Dalla Colombia ad Haiti scorre il sangue ma per il mondo il problema è Cuba

Non una voce si è alzata contro la repressione violenta del popolo in Colombia, nessun dubbio sull’assassinio del presidente Moise ad Haiti: per il mondo il problema è Cuba con il suo governo non allineato.

Il problema è Cuba?

 

Ogni volta che si muove qualcosa a Cuba, si accendono i riflettori del mondo atlantico con la sua narrazione tossica.

In varie città dell’isola, tra le quali San Antonio del los Banos, nella provincia di Artemiza, a Trinidad, nella provincia di Sancti Spiritus, a Palma Soriano, nella provincia orientale di Santiago de Cuba, si sono svolte  manifestazioni di protesta contro il governo convocate dai movimenti che il governo ha classificato come “controrivoluzionari”, finanziate da organizzazione estere, ma in ogni caso non particolarmente partecipate, e infatti non c’è stato alcun intervento massiccio o cruento delle forze dell’ordine, come riportato da diversi media. Eppure nei titoli sono diventate “Le più grandi manifestazioni di protesta contro il regime degli ultimi vent’anni”.

Fino ad eventuale smentita, non appare così dalle poche informazioni indipendenti che circolano. Ma non pare interessare alla grancassa mediatica che è già partita col tam tam.

Basti pensare che sono due mesi che in Colombia scorre il sangue, quello vero, documentato, con il governo centrale del presidente Duque che ha represso con violenza le manifestazioni di protesta in tutto il paese e non si è sentita una sola voce di protesta.

Oppure all’intrigo haitiano, dove Jovenel Moise, presidente di una nazione indipendente, è stato assassinato da un commando composto da colombiani (tutti ex militari) e da due cittadini statunitensi, ma anche li va tutto bene. Il grande satana resta l’isola di Cuba.

I manifestanti protestano soprattutto per i le recenti interruzioni di energia elettrica che colpiscono a macchia di leopardo tutto il paese provocando indubbi disagi. Inoltre si protesta per la diffusione del virus che nelle ultime settimane ha raggiunto livelli molto alti, mai visti sull’isola.

Negli ultimi mesi la situazione economica dell’isola caraibica si è aggravata complice la pandemia, il crollo del turismo e le numerose misure sanzionatorie emesse dal governo di Donald Trump (243!) e non revocate dall’attuale amministrazione di Joe Biden, compresa  la ridicola inclusione di Cuba  nella lista dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo.

Un blocco il cui principale obiettivo è quello di soffocare l’economia dell’isola per destabilizzare il governo cubano.

Tutto questo, nonostante la solidarietà delle brigate mediche cubane, la ricerca scientifica per sviluppare diversi vaccini contro il Covid-19 o la donazione gratuita dei suoi vaccini a Paesi terzi, con grandi sforzi nel mezzo di una pandemia.

Eppure appena pochi giorni fa, l’ONU aveva votato, per la 29° volta consecutiva, quasi all’unanimità contro il blocco (solo due voti contrari, gli Stati Uniti e Israele).

Ovviamente sarà una casualità, una coincidenza, che pochi giorni dopo la missione in Colombia e Brasile del capo del Comando Sur degli Stati Uniti, Craig Faller e del direttore CIA, William J. Burns, tutto il sudamerica sia in fibrillazione?

Se davvero i paesi atlantici hanno a cuore le sorti di Cuba, come dicono, comincino con il porre fine al bloqueo che viola i diritti umani.

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