Una medaglia ed un KO

Carola Chavez  https://misionverdad.com

Propaganda di guerra contro il Venezuela? L’ho per te! Tutta. Non c’è sporcizia che non ci abbiano gettato addosso, non c’è spazio che non abbiano usato per attaccare il nostro paese, non il nostro governo, il paese, perché la guerra che vogliono ha come obiettivo il paese intero… è già un cliché dire che le bombe non uccidono solo i chavisti, ma da cliché non smette di essere una solida verità.

Dall’arrivo di Chávez abbiamo visto di tutto, ma con la presidenza di Maduro ci è toccato vedere e vivere la follia, l’impudenza, il cinismo e la sfacciataggine che produce la disperazione; tirare tutti i fili della manipolazione e della menzogna, sino ai più inverosimili, i più elaborati, perché i fili precedenti non hanno funzionato. E niente gli funziona.

Tra i momenti di punta della propaganda fallita, quel languido e disorientato Jarred Letto con un foglietto di #SOSVenezuela alla consegna degli Oscar, unendoci con la sua preoccupazione per l’Ucraina e la sua rivoluzione colorata che ha portato al potere i nazisti… SOS Venezuela, come se dicesse SOS qualsiasi cosa, perché fino a quel giorno non sapeva della nostra esistenza e poi l’ha saputa brevemente, distrattamente e, terminata la cerimonia, plin! l’ha dimenticata.

SOS Venezuela mentre il Venezuela, invece di soffrire come insinuava il foglietto di Jarred, ha visto, quella domenica, la consegna degli Oscar dove Jarred ha fatto il suo spettacolo senza sapere cosa stesse facendo… o senza curarsene.

Come, tempo dopo, neppure importava alla scheletrica Angelina Jolie, che si è recata in Colombia per scattare alcune foto addolorate con i “rifugiati” venezuelani fuggiti dal loro paese, un paese in pace, verso la Colombia, un paese in guerra infinita che, per inciso, è il paese con il maggior numero di sfollati al mondo. Tutto molto coerente, you know.

E’ che la propaganda di guerra stava già andando perché il Venezuela doveva essere il paese più sfortunato del mondo, persino più di quei paesi che i gringos e la NATO hanno distrutto bagnandoli di bombe e sangue. Il Venezuela, hanno detto ad Angelina, mentre sbadigliava, è un paese malvagio da cui la sua gente fugge, convertendolo nel paese con il maggior numero di rifugiati al mondo, Angie.

Affinché il film sia completo, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati, UNHCR, si unisce alla super produzione propagandistica e, fregandosene dei suoi obiettivi, allestisce, alle frontiere colombiana e brasiliana, campi esclusivi per “rifugiati” venezuelani che, secondo lo stesso statuto dell’UNHCR, non lo sono.

Burlandosi dei milioni di rifugiati del mondo, la maggior parte di essi vittime delle stesse guerre e del saccheggio che i gringos vogliono montarci addosso; burlandosi dei milioni di sfollati colombiani che non hanno nessuno che dia loro riparo, l’UNHCR allestisce alcune tende di sostegno dove accoglie migranti venezuelani che sono costretti a dichiararsi rifugiati in cambio del  lasciapassare. Foto, foto e grande titolo.

La campagnetta sale e scende secondo le speranze di rimuovere Maduro. Quando pensano che sono sul punto di farcela, quando hanno un drone esplosivo, qualche mercenario o qualche paracos (paramilitari ndt) nazionali puntando al palco presidenziale, nessuno parla di rifugiati, ma quando le cose non funzionano appare il fake della pietà con la falsa bandiera dell’UNHCR.

L’ultimo pietoso episodio è stato messo KO ieri a Tokyo: un venezuelano che ha partecipato insieme ad atleti provenienti da Libia, Siria, Iraq… nella squadra olimpica dei rifugiati. Un anticipo di quello che saremmo stati se i gringos avessero raggiunto i loro obiettivi, ma no. Un pugile dalle dubbie capacità che arriva a Tokyo, non come atleta, ma come oggetto di propaganda contro il proprio paese. Un atleta molto mediocre che ha ottenuto effimeri titoli e la promessa – vedremo se la mantengono – di fargli ottenere il visto che per il suo status di immigrato clandestino non ha ottenuto.

Ieri tutti i media propagandistici parlavano di lui, come un paio di mesi fa hanno parlato di un gruppo di venezuelani che si sono prestati ad uno spettacolo migratorio sofferente, attraversando, bagnati di lacrime, la parte piatta e tranquilla del Rio Grande portando le loro valigie appena comprate a Miami ed una nonna come se fosse un sacco. Oggi nessuno parla di loro ed a nessuno importa che giorni dopo, la stessa Migra (polizia migratoria ndt) che li ha abbracciati per le foto, ha tolto loro i passaporti e con un calcio in culo li ha rimandati a sud.

Tornando al ring olimpico, messo al tappeto il dubbioso atleta, sparse lacrime di coccodrillo, albeggia un nuovo e luminoso giorno con Julio Mayora, un ragazzo di La Guaira vestito con il nostro tricolore, che solleva i pesi – pesantissimi! – con tutta la forza e la gioia di questo popolo quale, orgogliosamente, siamo, quel popolo che lui orgogliosamente è.

Ci siamo svegliati trattenendo il respiro ad ogni turno di Mayora nei pesi ed il grido di gioia ogni volta che li sollevava e rilasciava il suo sorriso. Ci siamo svegliati intatti, dopo un altro pomeriggio di lamentele e menzogne. Ci siamo svegliati vittoriosi, come ogni volta che ci attaccano.

Continuerà la propaganda di guerra e sicuramente aumenterà. Ci siamo già abituati, come siamo abituati anche a sconfiggerla, come l’abbiamo sconfitta oggi, come la sconfiggeremo sempre.

Vinceremo!


UNA MEDALLA Y UN NOCAUT

Carola Chávez

¿Propaganda de guerra contra Venezuela? ¡Te la tengo! Toda. No hay mugre que no nos hayan lanzado, no hay espacio que no hayan usado para atacar a nuestro país, no a nuestro gobierno, al país, porque la guerra que quieren tiene como objetivo el país entero… ya es un cliché decir que las bombas no matan solo chavistas, pero por cliché no deja de ser una sólida verdad.

Desde la llegada de Chávez hemos visto de todo, pero con la presidencia de Maduro no ha tocado ver y vivir la locura, la impudicia, el cinismo y el descaro que produce el desespero; halar todos los hilos de la manipulación y la mentira, hasta los más inverosímiles, los más rebuscados, porque los hilos anteriores no funcionaron. Y nada les funciona.

Entre los momentos cumbres de la propaganda fallida, aquel lánguido y desubicado Jarred Letto con un cartelito de #SOSVenezuela en la entrega de los Oscars, juntándonos con su preocupación por Ucrania y su colorida revolución que llevó a los nazis al poder… SOS Venezuela, como si dijera SOS cualquier vaina, porque hasta ese día no sabía de nuestra existencia y luego supo brevemente, distraídamente, y terminada la ceremonia, ¡plin! se le olvidó.

SOS Venezuela mientras Venezuela, en lugar de estar sufriendo como insinuaba el cartelito de Jarred, veía ese domingo la entrega de los Oscars donde Jarred hacía su show sin saber qué hacía… o sin importarle.

Como, tiempo después, tampoco le importaba a la esquelética Angelina Jolie, que viajó a Colombia para sacarse unas fotos dolientes con los “refugiados” venezolanos que huyeron de su país, un país en paz hacia, Colombia, un país en guerra infinita que, de paso, es el país que tiene el mayor números de desplazados del mundo. Todo muy coherente, you know.

Y es que ya la propaganda de guerra iba porque Venezuela tenía que ser el país más desgraciado del mundo, incluso más que esos países que los gringos y la OTAN han desgraciado bañándolos en bombas y sangre. Venezuela, le dijeron a Angelina mientras ella bostezaba, es un país malvado de donde su gente huye convirtiéndolo en el país con más refugiados del mundo mundial, Angie.

Para que la película quede redondita, la agencia de la ONU para los refugiados, ACNUR, se une a la súper producción propagandística y, cagándose en sus objetivos, monta en la fronteras Colombiana y Brasileña unos campamentos exclusivos para “refugiados” venezolanos que, según los estatutos de la propia ACNUR, no lo son.

Burlándose de los millones de refugiados del mundo, la mayoría de ellos víctimas de las mismísima guerras y el saqueo que los gringos nos quieren montar a nosotros; burlándose de los millones de desplazados colombianos que no tienen quién les dé refugio, la ACNUR monta unas carpas de utilería donde recibe a los migrates venezolanos que son presionados a declararse refugiados a cambio de dejarlos pasar. Foto, foto y gran titular.

La campañita sube y baja según las esperanzas de sacar a Maduro. Cuando creen que están a punto de lograrlo, cuando cuentan con un dron explosivo, unos mercenario o unos malandros paracos nacionales apuntando al palco presidencial, nadie habla de refugiados, pero cuando la cosa no cuaja, aparece el fake de la lástima con la bandera falsa de la ACNUR.

El último episodio lastimero cayó noqueado ayer en Tokio: un venezolano que participó junto con atletas de Libia, Siria, Iraq… en el equipo olímpico de refugiados. Un avance de los que seríamos si los gringos hubieran logrado sus objetivos, pero no. Un boxeador de dudosas habilidades que logra llegar a Tokio, no como atleta, sino como objeto de la propaganda contra su propio país. Un deportista muy mediocre que logró efímeros titulares y la promesa -ya veremos si la cumplen- de conseguirle la visa que por su condición de inmigrante ilegal no logró.

Ayer todos los medios propagandistas hablaban de él, como hace un par de meses hablaban de un grupo de venezolanos que se prestaron para un show migratorio sufriente, cruzando bañados en llanto por la parte llanitoay quieta del Río Grande cargando sus maletas recién compradas en Miami y a una abuela como si fuera un costal. Hoy nadie habla de ellos y a nadie le importa que días después, la misma Migra que los abrazó para las fotos, les quitó los pasaportes y de una patada en el culo los mandó de regreso al sur.

Volviendo al ring olímpico, noqueado el dudoso atleta, derramadas las lágrimas de cocodrilo, amanece un nuevo y brillante día con Julio Mayora, un muchacho de La Guaira vestido con nuestro tricolor, que levanta las pesas -¡pesadísimas!- con toda la fuerza y la alegría de este pueblo que orgullosamente somos, ese pueblo que él orgullosamente es.

Amanecimos aguantando la respiración con cada turno de Mayora en las pesas y el grito de alegría cada vez que las levantaba y soltaba su sonrisa. Amanecimos intactos, después de otra tarde de agravios y mentiras. Amanecimos vencedores, como cada vez que nos atacan.

Seguirá la propaganda de guerra y seguramente arreciará. Ya estamos acostumbrados, como también estamos acostumbrados a derrotarla, como la derrotamos hoy, como la derrotaremos siempre.

¡Nosotros venceremos!

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