Influencer o agente politico degli USA?

L’inserimento di Yotuel nella lista degli ospiti della Casa Bianca risponde alla strategia di comunicazione concepita per avvicinare il discorso di Washington al popolo cubano, in particolare alle generazioni più giovani

Daily Pérez Guillén  www.granma.cu

Venerdì scorso, 30 luglio, il presidente Joseph Biden ha tenuto una riunione per discutere su come il suo governo continuerà a “sostenere il popolo cubano”. Il sito della Casa Bianca ha riportato l’incontro. Una sola domanda rivolta al presidente da uno dei presenti conta nel sommario: “Ci saranno più sanzioni contro Cuba o si fermerà con quello che ha fatto oggi?” Secondo la stampa, nella sala erano presenti cubano-americani con profili politici e d’affari e un rapper.

Biden, che ha chiamato i convocati “esperti in materia”, ha scelto molto bene gli ospiti per poter raggiungere i suoi scopi. Giorni fa, il presidente Miguel Díaz-Canel Bermúdez denunciava dal suo account Twitter che “per compiacere una minoranza reazionaria e ricattatrice”, Washington è capace di “moltiplicare il danno a 11 milioni di esseri umani, ignorando la volontà della maggioranza dei cubani, statunitensi e della comunità internazionale.

In tono con l’evento, i grandi media corporativi hanno richiamato l’attenzione sulla partecipazione all’incontro di uno degli autori della canzone a cui sono direttamente attribuite le proteste dell’11 luglio a Cuba. In precedenza, Yotuel aveva condiviso una diretta nelle reti sociali con il direttore della Sicurezza Nazionale per l’Emisfero Occidentale e consigliere di Biden sulle questioni latinoamericane, Juan González. Per il suo fisico e la sua proiezione, il rapper incarna, in modo sicuro, il “seguito” nelle comunità di giovani cubani neri, vulnerabili a causa della loro condizione sociale sfavorevole e che il governo USA ha identificato come bersagli per il cambio di regime sull’isola.

Poco dopo l’appuntamento, attraverso un programma audiovisivo per le piattaforme digitali, il rapper si è fatto “portavoce” e ha risposto alle domande del più noto influencer del trumpismo controrivoluzionario cubano in Florida. Otaola, che ha diffuso l’idea di uno sciopero sull’isola, e incoraggia, pubblicamente, il governo USA a condizionare il visto degli artisti alla loro posizione politica, si è mostrato molto interessato alle sanzioni che Biden potrebbe aumentare in futuro.

L’inserimento di Yotuel nella lista degli ospiti della Casa Bianca risponde alla strategia di comunicazione concepita per avvicinare il discorso di Washington al popolo cubano, in particolare alle generazioni più giovani. Questo disegno non è nuovo a Cuba, è stato provato con successo in altri contesti, inclusa la stessa campagna di Biden per raggiungere la presidenza nel 2020, e continua attivo durante il semestre trascorso nel suo mandato presidenziale.

Un articolo originariamente pubblicato sul New York Times riporta di come la squadra di comunicazione della campagna democratica abbia fatto una svolta per espandere la portata nelle reti sociali quando Trump sembrava aver preso il controllo della maggior parte degli spazi. A tal fine, Biden ha contattato persone influenti nelle reti sociali che hanno convalidato la sua strategia su quelle piattaforme. Accademici, capi di minoranze, attivisti di cause sociali, artisti, influencer, youtuber hanno condiviso contenuti pro-Biden. “Il nostro obiettivo era, in realtà, quello di andare dove sta la gente”, ha documentato Christian Tom, capo della squadra di associazioni digitali dell’allora candidato democratico. Seguendo quell’orizzonte, hanno definito, con precisione, il loro pubblico ed i contenuti che avrebbero potuto interessarli.

Rapporti giornalistici degli ultimi mesi informano dell’associazione della Casa Bianca con persone influenti nelle reti sociali per presentare le politiche e le proposte del presidente Biden. Dall’American Rescue Plan sino alle campagne per motivare la vaccinazione tra i giovani, contano su influencer come tasselli della nuova strategia di comunicazione digitale per raggiungere il pubblico, anche al di là di coloro che seguono i siti ufficiali del governo nell’ambiente online.

In relazione a queste esperienze, un sito in lingua spagnola del Massachusetts Institute of Technology pubblica lo studio di una assistente ricercatrice presso lo Stanford Internet Observatory, che mostra maggiori probabilità che i giovani creino e diffondano un contenuto identificato come disinformazione se condividono un senso di identità con la persona che l’ha originariamente pubblicato. “Le reti sociali promuovono la credibilità basata sull’identità piuttosto che sulla comunità. E quando la fiducia si basa sull’identità, l’autorità si sposta sugli influencer. Poiché assomigliano ai loro follower e agiscono come loro, gli influencer si convertono nei messaggeri fidati su alcuni temi di cui non hanno molta conoscenza. A misura che i giovani partecipano a più dibattiti politici online, possiamo aspettarci che coloro che hanno coltivato con successo questa credibilità basata sull’identità si convertano in capi comunitari de facto, attirando persone con idee affini e guidando la conversazione. (…) Le persone unite dall’identità saranno vulnerabili alle narrazioni ingannevoli mirate proprio a ciò che le unisce.

Dopo aver meditato su queste informazioni, sarebbe molto illusorio pensare che sia l’inclusione di un rapper nell’incontro del presidente Biden, sia il resoconto di quanto accaduto in una diretta online, siano dovuti a un cordiale invito o a una semplice intervista in un programma audiovisivo.

Negli ultimi due decenni, i veri esperti della Casa Bianca hanno seguito da vicino il progresso dell’informatizzazione nella società cubana. Dall’amministrazione del repubblicano George W. Bush, i fondi destinati alla sovversione a Cuba per “programmi di cambio di regime” hanno beneficiato progetti la cui piattaforma d’azione è costruita sul palcoscenico digitale. Barack Obama ha continuato a destinare somme milionarie a tale strategia, e con Donald Trump nell’ufficio ovale, nel gennaio 2018 il Dipartimento di Stato ha annunciato la convocazione per creare una Task Force Internet per Cuba, con l’obiettivo di promuovere il libero flusso di informazioni nel paese; frasi molto simili a quelle che, dopo l’11 luglio, sono state udite nella voce dell’attuale presidente.

In questo contesto, il governo cubano ha accelerato l’informatizzazione della società nel tentativo di ampliare le vie di accesso alla conoscenza e alle fonti di ingresso. L’attivazione, a inizio dicembre 2018, del servizio internet mobile tramite connessione dati è forse la prova più convincente.

Statistiche sistematizzate da siti di analisi digitale come We Are Social e Hootsuite evidenziano perché il governo USA ha derivato la controversia sulla scena digitale. L’ultimo rapporto di queste agenzie, pubblicato nel febbraio 2021, specifica che sette milioni di cubani usano Internet e 6,60 milioni di utenti hanno profili nelle reti sociali. Altre registrazioni rivelano i termini più ricercati dall’isola, in cui spiccano i nomi di musicisti che coltivano i cosiddetti generi urbani. Non sarebbe necessario condurre un’indagine molto rigorosa per scoprire i giovani come i principali generatori di questi dati.

Pertanto, quando sentiamo il rapper riecheggiare le matrici di contenuti generate da Washington, e che risuonano incessantemente nella mal chiamata stampa indipendente e nei grandi media aziendali, nessuno può dubitare che sia stato inserito nell’esercito degli influencer al servizio del Presidente USA. Yotuel conferma, nel suo scambio, la tesi secondo cui per cercare di adempiere allo scopo rimandato da 62 anni, “bisogna prendere scorciatoie differenti”. Proprio come Trump ha scelto le sue pedine, Biden ora muove i suoi pezzi su tutta la scacchiera, alcune posizionate dal suo predecessore.


¿Influencer o agente político de EE. UU.?

La inclusión de Yotuel en la lista de convidados a la Casa Blanca responde a la estrategia de comunicación concebida para acercar el discurso de Washington al pueblo cubano, en especial a las más jóvenes generaciones

Autor: Daily Pérez Guillén

El pasado viernes 30 de julio el presidente Joseph Biden sostuvo una reunión para discutir cómo su gobierno continuará «apoyando al pueblo cubano». El sitio web de la Casa Blanca reportó el encuentro. Una sola pregunta dirigida al mandatario por uno de los asistentes cuenta en el resumen: «¿Habrá más sanciones contra Cuba o se detendrá con lo que hizo hoy?». Según publicaron medios de prensa, en la sala concurrieron cubanoamericanos con perfiles políticos, empresariales y un rapero.

Biden, que llamó a los convocados «expertos en el tema», escogió muy bien a los invitados en aras de lograr sus propósitos. Días atrás, el presidente Miguel Díaz-Canel Bermúdez denunciaba en su cuenta en Twitter que «para complacer a una minoría reaccionaria y chantajista», Washington es capaz «de multiplicar el daño a 11 millones de seres humanos, ignorando la voluntad de la mayoría de los cubanos, estadounidenses y la comunidad internacional».

A tono con el acontecimiento, los grandes medios corporativos llamaron la atención sobre la participación en el encuentro de uno de los autores de la canción a la que se atribuye directamente las protestas del 11 de julio en Cuba. Con anterioridad, Yotuel había compartido una directa en redes sociales con el director de Seguridad Nacional para el Hemisferio Occidental y asesor de Biden en temas latinoamericanos, Juan González. Por su físico y proyección, el rapero encarna con seguridad el «seguido» en comunidades de jóvenes negros cubanos, vulnerables por su condición social desfavorable y a quienes el gobierno de Estados Unidos ha identificado como objetivos para el cambio de régimen en la Isla.

Poco después de la cita, a través de un programa audiovisual para las plataformas digitales, el rapero devino «vocero» y respondió a las interrogantes del más connotado influencer del trumpismo y la contrarrevolución cubana en la Florida.  Otaola, quien ha difundido la idea de un parón en la Isla, y públicamente incita al gobierno de Estados Unidos para que condicione la visa de los artistas a su posición política, se mostró muy interesado en las sanciones que Biden pueda incrementar en el futuro.

La inclusión de Yotuel en la lista de convidados a la Casa Blanca responde a la estrategia de comunicación concebida para acercar el discurso de Washington al pueblo cubano, en especial a las más jóvenes generaciones. Este diseño no se estrena en Cuba, fue ensayado con éxito en otros escenarios, incluida la propia campaña de Biden para alcanzar la presidencia en 2020, y continúa activo durante el medio año transcurrido en su gestión presidencial.

Un artículo publicado originalmente en The New York Times da cuenta de cómo el equipo de comunicación de la campaña demócrata dio un giro para ampliar el alcance en redes sociales cuando Trump parecía tener copados la mayoría de los espacios. Con ese propósito, Biden le dio la mano a personalidades influyentes en redes sociales que validaron su estrategia en esas plataformas. Académicos, líderes de minorías, activistas de causas sociales, artistas, influencers, youtuberos compartieron contenido pro-Biden. «Nuestro objetivo era, en realidad, ir hacia donde está la gente», documentó Christian Tom, jefe del equipo de asociaciones digitales del entonces candidato demócrata. Siguiendo ese horizonte, definieron a sus públicos con precisión, y los contenidos que podrían interesarles.

Reportes periodísticos de los últimos meses dan cuenta de la asociación de la Casa Blanca con personas influyentes en las redes sociales para presentar las políticas y propuestas del presidente Biden. Desde el Plan de Rescate Estadounidense hasta las campañas para motivar la vacunación entre los jóvenes, cuentan con influencers como piezas de la nueva estrategia de comunicación digital para llegar a las audiencias, incluso más allá de quienes siguen los sitios oficiales del gobierno en el entorno online.

Relacionado con estas experiencias, un sitio en español del Instituto Tecnológico de Massachusetts publica el estudio de una investigadora asistente del Observatorio de Internet de Stanford, que muestra mayor probabilidad de que los jóvenes crean y difundan un contenido identificado como desinformación si comparten una sensación de identidad con la persona que lo publicó inicialmente. «Las redes sociales promueven una credibilidad basada en la identidad más que en la comunidad. Y cuando la confianza se basa en la identidad, la autoridad se traslada a los influencers. Debido a que se parecen a sus seguidores y suenan como ellos, los influencers se convierten en los mensajeros de confianza sobre algunos temas de los que no tienen mucho conocimiento. A medida que los jóvenes participan en m ás debates políticos online, podemos esperar que aquellos que han cultivado con éxito esta credibilidad basada en la identidad, se conviertan en líderes comunitarios de facto, atrayendo a personas con ideas afines y dirigiendo la conversación. (…) Las personas unidas por la identidad serán vulnerables a las narrativas engañosas dirigidas precisamente a lo que las une».

Luego de meditar sobre esta información, sería muy iluso pensar que tanto la inclusión de un rapero en la reunión del presidente Biden, como el relato de lo sucedido en una directa por internet, obedecen a una cordial invitación o a una simple entrevista en un programa audiovisual.

En las últimas dos décadas, los verdaderos expertos de la Casa Blanca han seguido de cerca el avance de la informatización en la sociedad cubana. Desde la administración del republicano George W. Bush, los fondos destinados a la subversión en Cuba para «programas de cambio de régimen» beneficiaron a proyectos cuya plataforma de acción se construye sobre el escenario digital. Barack Obama continuó dirigiendo millonarias sumas a esa estrategia, y con Donald Trump en la oficina oval, en enero de 2018 el Departamento de Estado anunció la convocatoria para crear una Fuerza de Tarea en Internet para Cuba, con el objetivo de promover el libre flujo de información en el país; frases muy similares a las que, luego del 11 de julio, se han escuchado en la voz del actual presidente.

En medio de ese contexto, el gobierno cubano aceleró la informatización de la sociedad en una apuesta por ampliar las vías de acceso al conocimiento y a fuentes de ingreso. La activación, a inicios de diciembre de 2018, del servicio de internet en los móviles mediante conexión por datos resulta, tal vez, la prueba más convincente.

Estadísticas sistematizadas por sitios de análisis digital como We Are Social y Hootsuite evidencian por qué el gobierno de Estados Unidos ha derivado el diferendo al escenario digital. El más reciente reporte de estas agencias, publicado en febrero de 2021, precisa que siete millones de cubanos hacen uso de internet, y 6,60 millones de usuarios cuentan con perfiles en redes sociales. Otros registros revelan los términos más buscados desde la isla, en los que sobresalen nombres de músicos que cultivan los llamados géneros urbanos. No habría que realizar una pesquisa muy rigurosa para descubrir a los jóvenes como los principales generadores de estos datos.

Por eso, cuando escuchamos al rapero hacerse eco de las matrices de contenido generadas desde Washington, y que resuenan sin cesar en la mal llamada prensa independiente y en los grandes medios corporativos, nadie podría dudar de que ha sido incluido en el ejército de los influencers al servicio del presidente de Estados Unidos. Yotuel confirma, en su intercambio, la tesis de que para intentar cumplir el propósito postergado durante 62 años, «hay que tomar atajos diferentes». Tal como Trump escogió sus peones, Biden mueve ahora sus piezas sobre el tablero, algunas posicionadas por su antecesor.

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