LE RAGIONI PER CUI L’IMPERIALISMO USA DISTRUSSE IL GOVERNO ALLENDE
“Non vedo alcuna ragione per cui ad un paese dovrebbe essere permesso di diventare marxista soltanto perché il suo popolo è irresponsabile. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli.”
“Di tutti i capi di governo dell’America Latina, noi ritenemmo Allende il più pernicioso per gli interessi del nostro paese. Egli era palesemente pro-Castro e si opponeva agli Stati Uniti. Le sue politiche interne erano una minaccia per la democrazia cilena e per i diritti umani.”
(Henry Kissinger)
Anche prima della sua vittoria elettorale (avvenuta nel 1970), Allende attirò rapidamente su di sé il veto dell’establishment politico statunitense. A causa delle sue idee socialiste, si cominciò a temere che ben presto il Cile sarebbe diventato una nazione comunista e sarebbe entrato nella sfera d’influenza dell’Unione Sovietica. Per di più gli USA avevano cospicui interessi economici in Cile, con società come ITT, Anaconda, Kennecott ed altre. L’amministrazione Nixon, in particolare, fu la più strenua oppositrice di Allende, per il quale nutriva un’ostilità che il Presidente ammetteva apertamente.
Durante la presidenza Nixon, i cosiddetti “consiglieri” statunitensi (che avrebbero imperversato in buona parte dell’America Latina per tutti gli anni settanta e ottanta) tentarono di impedire l’elezione di Allende tramite il finanziamento dei partiti politici avversari.
Una volta al potere il governo di Allende avviò un programma di nazionalizzazione delle principali industrie private, fra cui le miniere di rame fino ad allora sotto il controllo della Kennecott e della Anaconda (aziende americane), si diede mano alla riforma agraria, fu creata una sorta di tassa sulle plusvalenze. Il governo annunciò una sospensione del pagamento del debito estero e al tempo stesso non onorò i crediti dei potentati economici e dei governi esteri. Tutto ciò irritò fortemente la media e alta borghesia e da qui la tensione politica nel paese, oltre ovviamente a creare un discreto dissenso internazionale. Vi fu la nazionalizzazione delle banche, delle compagnie di assicurazione e, in generale, di tutte quelle attività che condizionavano lo sviluppo economico e sociale del paese. Tra queste la produzione e la distribuzione di energia elettrica, i trasporti ferroviari, aerei e marittimi, le comunicazioni, la siderurgia, l’industria del cemento, della cellulosa e della carta. Nel 1973 lo Stato controllava il 90% delle miniere, l’85% delle banche, l’84% delle imprese edili, l’80% delle grandi industrie, il 75% delle aziende agricole ed il 52% delle imprese medio-piccole.
Oltre ad altri importanti provvedimenti riguardanti la laicità, l’alfabetizzazione, lo stato sociale e la protezione dell’infanzia il governo Allende propose una politica culturale radicale: si cercò di diffondere l’arte tra la popolazione cilena, attraverso il finanziamento di una serie di attività culturali. Con la concessione del voto ai giovani di 18 anni e agli analfabeti, la partecipazione di massa al processo decisionale fu incoraggiato, e le tradizionali strutture gerarchiche contestate dall’egualitarismo socialista.
Il governo Allende virò il sistema educativo verso i cileni più poveri, ampliando le iscrizioni attraverso sussidi governativi. La “democratizzazione” della formazione universitaria venne così ottenuta, rendendo il sistema quasi gratuito. Ciò ha portato ad un aumento dell’89% nelle iscrizioni universitarie tra il 1970 e il 1973. Il governo Allende ha aumentato anche l’iscrizione nelle scuole secondarie dal 38% del 1970 al 51% nel 1974. L’iscrizione nella formazione ha raggiunto livelli record, tra cui 3,6 milioni i giovani, e otto milioni di libri scolastici sono stati distribuiti tra 2.600.000 alunni nella scuola primaria. 130.000 studenti sono stati immatricolati dalle università, che divenne accessibile a contadini e operai. Il tasso di analfabetismo venne ridotto dal 12% del 1970 al 10,8% nel 1972, mentre l’iscrizione alla scuola primaria è aumentato da una media annua del 3,4% nel periodo 1966-1970 al 6,5% nel 1971/72. L’istruzione secondaria è cresciuta ad un tasso del 18,2% nel 1971/72 e l’iscrizione alla scuola media di bambini tra i 6 ei 14 anni è passata dal 91% (1966-1970) a 99%.
Altro fronte era quello della politica estera: nel 1971, a seguito di una singolare visita ufficiale, durata addirittura un mese, del presidente cubano Fidel Castro (con il quale aveva stretto una profonda amicizia personale), Allende annunciò il ripristino delle relazioni diplomatiche con Cuba, nonostante in una dichiarazione dell’Organizzazione degli Stati Americani, cui il Cile aderiva, si fosse stabilito che nessuna nazione occidentale avrebbe concesso aperture verso quello Stato. Allende strinse un rapporto anche col presidente argentino Héctor José Cámpora, peronista di sinistra, e incontrò nel 1973 anche Juan Domingo Perón, leader da sempre malvisto dagli Stati Uniti.
La politica di Allende, sempre più sbilanciata a sinistra verso il socialismo (nel 1972 Allende ricevette il premio Lenin per la pace da parte dell’Unione Sovietica), e gli stretti rapporti con Cuba, allarmarono Washington. L’amministrazione Nixon cominciò ad esercitare una pressione economica sempre più crescente attraverso molti canali, alcuni dei quali erano legali (come l’embargo), ma molti di più illegali, attraverso il finanziamento degli oppositori politici nel Congresso Cileno e nel 1972 attraverso l’inconsueto appoggio economico erogato al sindacato dei camionisti, che paralizzò il paese. Infine con il piano “Track II” della CIA (autorizzato dal presidente Nixon) si cercò di convincere gli ufficiali chiave delle Forze Armate cilene ad effettuare il colpo di stato. Cosa che infine riuscì l’11 settembre 1973, mostrando la vera natura violenta e imperialista del “liberalismo” americano.
Cile 1973. Non dimentichiamoci di questo 11 settembre
Roberto Cursi www.lantidiplomatico.it
Era l’11 settembre, ma del 1973. In questo giorno in cui tutti i media parleranno del ventesimo anniversario dell’attacco alle ‘Torri Gemelle’ (come è giusto che sia), ricordo il colpo di Stato che ci fu in Cile contro il socialista Salvador Allende e il suo governo di ‘Unidad Popular’. Sono passati 48 anni da quel giorno ed è importante non dimenticarlo.
Quella data non solo ha segnato la fine violenta del tentativo di “transizione al socialismo” per via democratica intrapreso da Salvador Allende, ma è stata anche l’inizio del primo esperimento economico-sociale di quella politica neoliberista che negli anni a seguire è stata imposta a tutti i Paesi dell’emisfero occidentale come dogma a cui doversi ‘inchinare’.
Non mi metterò a scrivere del ruolo che hanno avuto i “Chicago boys” nel Cile di Pinochet iniziando a sperimentare le teorie neoliberiste di Milton Friedman, e di come poi, nel decennio successivo, le politiche aggressive di Ronald Reagan e Margaret Thatcher hanno diffuso il ‘verbo’ neoliberista in tutto il mondo smantellando lo Stato sociale che, dal dopoguerra in poi – soprattutto nel ‘Vecchio continente’ – si era riusciti a realizzare grazie ai grandi partiti di massa della sinistra europea.
Così come non parlerò del determinante ruolo degli Stati Uniti che, come dichiarato dallo stesso Henry Kissinger “non potevano permettersi di perdere il Cile”. Tutto confermato da migliaia di documenti desecretati dall’Amministrazione Clinton, consultabili sul ‘National Security Archive'[1], che certificano quello di cui già tutti ne avevano piena certezza: il totale coinvolgimento del Dipartimento di Stato, del Pentagono e della Cia; ome i documenti
Non mi metto a parlare di questi specifici argomenti perché su di loro si è ormai già detto tutto, e nel web si trova con molta facilità chi ne sa molto più di me, soprattutto nell’approfondire la storia dei “Chicago boys” e del primo esperimento neoliberista di cui il Cile ne è stato la ‘cavia’. Come per esempio il giornale online «Contropiano» che pubblica un estratto dal libro di David Harvey “Breve storia del neoliberismo” pubblicato da ‘il Saggiatore'[2].
Quello che oggi, 11 settembre, voglio ricordare, sono invece le ultime tre ore del Presidente Salvador Allende che, rifiutando il salvacondotto proposto dal Generale traditore Augusto Pinochet, rimane dentro il palazzo presidenziale de ‘La Moneda’, assediato dai militari golpisti e dai bombardamenti dell’aviazione cilena.
Ci rimarrà dentro ‘La Moneda’, essendo cosciente che non ne uscirà vivo.
Martedì 11 settembre 1973
6:00 a.m. – Salvador Allende viene informato che la Marina si è impadronita della città di Valparaíso.
7:30 a.m. – Allende giunge a ‘La Moneda’. Cerca inutilmente di mettersi in contatto con i comandanti in capo delle Forze Armate.
7:55 a.m. – Attraverso “Radio Corporación”, il presidente comunica alla nazione che è in atto una sollevazione contro l’esecutivo:
«In queste circostanze, mi rivolgo a tutti i lavoratori. Occupate i vostri posti di lavoro, recatevi nelle vostre fabbriche, mantenete la calma e la serenità. Fino ad ora a Santiago non ha avuto luogo nessun movimento straordinario di truppe.»
8:15 a.m. – Allende si rivolge nuovamente alla nazione, invitando i lavoratori a restare in allerta ai rispettivi posti di lavoro in attesa di ulteriori informazioni.
8:30 a.m. – I militari golpisti dichiarano deposto il governo “illegittimo” di Allende, il quale, sempre via radio, afferma la sua irrevocabile decisione di resistere a costo della vita pur di difendere il Paese, la sua tradizione e la Costituzione.
8:45 a.m. – Allende informa il popolo che è in corso un colpo di Stato al quale sta partecipando la maggioranza delle Forze Armate.
«Compagni in ascolto:
La situazione è critica, siamo in presenza di un colpo di Stato che vede coinvolta la maggioranza delle Forze Armate. In questo momento infausto voglio ricordarvi alcune delle mie parole pronunciate nell’anno 1971, ve lo dico con calma, con assoluta tranquillità, io non ho la stoffa dell’apostolo né del messia. Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato. Ma stiano sicuri coloro che vogliono far regredire la storia e disconoscere la volontà maggioritaria del Cile; pur non essendo un martire, non retrocederò di un passo. Che lo sappiano, che lo sentano, che se lo mettano in testa: lascerò La Moneda nel momento in cui porterò a termine il mandato che il popolo mi ha dato, difenderò questa rivoluzione cilena e difenderò il Governo, perché è il mandato che il popolo mi ha affidato. Non ho alternative. Solo crivellandomi di colpi potranno fermare la volontà volta a portare a termine il programma del popolo. Se mi assassinano, il popolo seguirà la sua strada, seguirà il suo cammino, con la differenza forse che le cose saranno molto più dure, molto più violente, perché il fatto che questa gente non si fermi davanti a nulla sarà una lezione oggettiva molto chiara per le masse.»
9:03 a.m. – Attraverso “Radio Magallanes” Salvadore Allende si rivolge per la penultima volta al suo popolo:
«In questi momenti passano gli aerei. Potrebbero mitragliarci. Ma sappiate che noi siamo qui, almeno con il nostro esempio, che in questo Paese ci sono uomini che sanno tener fede ai loro obblighi. Io lo farò su mandato del popolo e su mandato cosciente di un Presidente che ha dignità dell’incarico assegnatogli dal popolo in elezioni libere e democratiche. […] Questo è un momento duro e difficile: è possibile che ci schiaccino. Ma il domani sarà del popolo, sarà dei lavoratori. L’umanità avanza verso la conquista di una vita migliore.
Pagherò con la vita la difesa dei principi cari a questa Patria. Coloro i quali non hanno rispettato i loro impegni saranno coperti di vergogna per essere venuti meno alla parola data…»
9:10 a.m. – Ultimo discorso di Salvador Allende:
«Sicuramente questa sarà l’ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi.
La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, i designati Comandanti in Capo, l’Ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell’Armata, oltre al signor Mendoza, vile Generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri.
Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò!
Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.
Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece.
In questo momento conclusivo, gli ultimi a cui io posso rivolgermi siete voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, uniti alla ‘reazione’, hanno creato il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Araya, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con l’aiuto straniero, di riconquistare il Potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi.
Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che hanno continuato a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che hanno difeso anche i vantaggi di una società capitalista.
Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che hanno cantato e si sono abbandonati all’allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all’uomo del Cile, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l’obbligo di procedere.
Erano d’accordo. La storia li giudicherà.
Sicuramente ‘Radio Magallanes’ sarà zittita e il suono metallico della mia tranquilla voce non vi giungerà più.
Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria.
Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi.
Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!
Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la slealtà, la codardia e il tradimento.»
Audio dell’ultimo comunicato di Salvador Allende delle ore 9:10 a.m., seguito dal video dell’attaccco aereo al Palazzo Presidenziale de “La Moneda”, con immagini finali che potrebbero urtare la sensibilità di alcuni.
VIDEO
https://www.youtube.com/watch?v=OlL8cxzQHGo
[1] Documenti declassificati sul coinvolgimento degli Stati Uniti
https://nsarchive.gwu.edu/project/chile-documentation-project
[2] ‘Chicago boys’, «Contropiano» estratto da “Breve storia del neoliberismo”
https://contropiano.org/documenti/2016/09/14/cile-pinochet-neoliberista-083437
L’altro 11 settembre: Salvador Allende e il Cile
Bharat Dogra, Internationalist 360°, 11 settembre 2021
L’11 settembre il mondo giustamente rende omaggio alle 3000 vittime dell’orribile attentato dell’11 settembre negli USA. Tuttavia in questo giorno va anche ricordato il numero ancora più alto di vittime del colpo di Stato militare assistito dagli Stati Uniti in Cile l’11 settembre 1973, che provocò la morte tragica ed ampiamente compianta di uno dei leader più sinceri e democratici dell’America Latina: il Presidente Salvador Allende. Prima di tale golpe, il Cile aveva la meritata reputazione di Paese di forti tradizioni democratiche con elezioni regolari e stabilità per decenni. La democrazia era sopravvissuta tra diversi colpi di Stato in America Latina. Ciò fu rafforzato coll’elezione di Allende a presidente nel 1970 con un programma socialista a favore del popolo. Allende era un medico della sanità pubblica emerso a leader del Partito Socialista. Si unì ad altri gruppi di sinistra per formare il governo di unità popolare. Deciso ad utilizzare le risorse naturali del Paese per aiutare i più povere, questo governo nazionalizzò le miniere di rame e attuò le riforme agrarie.
Questa agenda era sgradita al regime di Nixon-Kissinger negli Stati Uniti, noto per la politica estera aggressiva. In precedenza, Stati Uniti ed alleati locali fecero grandi sforzi per impedire l’opzione di Allende, utilizzando metodi legali e illegali. Purtroppo tali forze si rifiutarono persino di accettare il verdetto democratico e scatenarono una serie di volte per sovvertire il governo Allende. Una sorta di blocco economico non dichiarato fu posto nei confronti del Cile guidato da Allende. Un telegramma della CIA alla stazione locale, scoperto in seguito, dichiarava: è una politica “ferma e continua” che Allende deve essere rovesciato assicurandosi che la mano nordamericana sia nascosta”.
Ufficiali cileni che visitavano regolarmente gli Stati Uniti per l’addestramento si rivelarono importanti punti di contatto. Armi pesanti, missili, furono resi disponibili alle unità militari che si potevano unire al colpo di Stato. Furono fatti diversi sforzi per distruggere l’economia e poi incanalare il malcontento risultante nell’opposizione al governo Allende. Diversi scioperi furono avviati aumentando il caos. Nel 1971 Fidel Castro fece una visita in Cile nel corso della quale si crede suggerisse prudenza. L’anno successivo Allende restituì la visita trascorrendo del tempo con Castro a Cuba. Questo e il rifiuto di Allende di piegarsi ai potenziali interessi corporativi nordamericani portarono a una maggiore ostilità contro di lui e il suo governo.
Nel giugno 1973 diversi carri armati dei ribelli avanzarono verso il palazzo presidenziale, ma tale tentativo di golpe fu sventato. Il secondo tentativo del’11 settembre fu pianificato meglio ed Allende fu bloccato nel palazzo presidenziale. Tuttavia rifiutò di accettare l’esilio e decise di combattere fino alla fine. Coll’aiuto degli Stati Uniti i ribelli raccolsero molti militari. Questo fu uno dei colpi di Stato in cui l’Aeronautica bombardò la residenza del presidente. Col bombardamento del palazzo presidenziale e della stazione radio, il Presidente Allende pronunciò il suo famoso discorso di addio. Esordì dicendo che sarebbe stato il suo ultimo discorso al popolo, comunicando subito la gravità della situazione. Poi annunciò: non ho diritto di dimettermi! Posto in un passaggio storico, pagherò con la vita la fedeltà al popolo. E dico che sono certo che i semi che abbiamo piantato nella buona coscienza di migliaia e migliaia non avvizziranno”. Continuò: “Hanno la forza e potranno piegarci, ma tali processi non possono essere soppressi né dal crimine né dalla forza. La storia è nostra e i popoli fanno la storia”. Il Presidente Allende desiderò in quel momento di crisi mettere in guardia il popolo: “il capitale straniero, l’imperialismo, insieme alla reazione, hanno creato le condizioni in cui le forze armate hanno violato la tradizione”. Con bombe e proiettili che rombavano intorno a lui, Allende dichiarò: “Lunga vita al Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole, e sono certo che il mio sacrificio non sarà vano”.
Allende morì poco dopo. Alcuni resoconti dicono che morì combattendo, mentre altri dicono che per evitare la cattura si tolse la vita alla fine della battaglia. Data l’enormità dell’attacco, incluso il bombardamento aereo, la forza relativamente più piccola a guardia del presidente combatté con estrema coraggio, ma la battaglia impari finì verso sera. Questo fu seguito dal governo militare.
Diverse migliaia furono uccise, “scomparvero” e ancora di più furono torturate nel modo più crudele. Nelle torture da nazisti, i medici erano impiegati per salvare la vita le vittime fin quando la tortura non poteva ricominciare. Il numero di detenuti superò i centomila nel giro di 2 o 3 anni. Quelli noti per avere inclinazioni di sinistra erano destinati a imprigionamento, tortura o morte. Speciali carovane della morte giravano per il Paese a caccia dei bersagli. Augusto Pinochet che prese il controllo del Cile dopo qualche tempo (fu uno dei principali attori del golpe) divenne uno dei dittatori più crudeli di sempre aprendo le porte al capitale straniero e al saccheggio. Lo storico Peter Winn definì questo uno degli episodi più violenti nella storia del Cile e notò le numerose prove della complicità degli Stati Uniti.
Un rapporto dell’intelligence statunitense nel 2000 preparato dal National Intelligence Council, indicò che la CIA era a conoscenza di golpe e complotti, aveva rapporti con essi ed era coinvolta in un precedente tentativo golpista, nel 1970, e aiutò la giunta militare che subentrò alla morte di Allende. Fu così che l’amena e pacifica terra del Cile si trasformò in una terra da cui le segnalazioni più frequenti erano nell’ambito di sparizioni, torture e squadroni della morte.
Bharat Dogra è Onorario Convener, Campagna per la Protezione della Terra. I suoi libri recenti includono Planet in Peril e Protecting Earth For Children.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
Rete Solidarietà Rivoluzione Bolivariana
Nel giorno dall’anniversario del colpo di Stato in Cile (11 settembre 1973) è interessante mostrare attraverso documenti ufficiali di quali appoggi godesse il criminale fascista Augusto Pinochet oltre a quello degli Stati Uniti e della CIA.
WikiLeaks pochi anni fa infatti ha rivelato i legami tra il Vaticano e la dittatura che rovesciò il presidente socialista Salvador Allende ed il suo governo popolare eletto democraticamente.
Secondo il quotidiano spagnolo Publico.es, si tratta di un documento segreto datato 18 ottobre 1973, in cui il sostituto del segretario di Stato vaticano, Giovanni Benelli, manifestava ai diplomatici statunitensi “la sua grave preoccupazione e quella di Papa Paolo VI, riguardo la vincente campagna internazionale della sinistra per distorcere la realtà della situazione cilena”.
In quella data, il giornale spagnolo scriveva: “Benelli era di fatto il numero due del Papa, poiché il Segretario di Stato, il Cardinale Amleto Giovanni Cicognani, era troppo vecchio per adempiere alla maggior parte delle sue funzioni e quindi aveva consegnato l’incarico al suo sostituto. In tal modo questo fiorentino lavorò a stretto contatto per un decennio con papa Paolo VI fino a guadagnarsi il soprannome del “Kissinger del Vaticano” per la sua gestione aggressiva, quasi autoritaria, a capo della diplomazia della Santa Sede”.
“Benelli era così importante in Vaticano, che fu lui in persona a ricevere Richard Nixon ai piedi dell’elicottero con cui il presidente degli Stati Uniti atterrò in Piazza San Pietro nel 1969 per sigillare l’alleanza anticomunista tra la Casa Bianca e la Santa Sede la quale diede origine ai più crudeli colpi di stato militari in America Latina. Dopo il colpo di stato di Pinochet, Benelli considerava esagerata la copertura degli eventi in Cile definendola forse il più grande successo della propaganda comunista ed era preoccupato del fatto che anche i circoli moderati e conservatori sembravano disposti a credere alle bugie più gravi sui crimini del governo cileno di Pinochet”, scrisse l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma nel suo rapporto classificato come SEGRETO e con il codice EXDIS “di massima riservatezza”.
Benelli aggiungeva che “Le forze di sinistra, resesi conto che la caduta di Allende era stata una delle più grandi battute d’arresto per la causa comunista, hanno cercato di convincere il mondo che la caduta di Allende era dovuta esclusivamente alle forze fasciste ed esterne, piuttosto che ai fallimenti della sua stessa gestione politica” Benelli esprimeva anche il timore che il successo di questa campagna di propaganda comunista avrebbe potuto influenzare i media del mondo libero in futuro” continua il documento statunitense.
“I racconti dei media internazionali che parlano di una brutale repressione in Cile non hanno fondamento”, affermava il numero due del papa.
Per quanto riguarda la repressione del regime militare di Pinochet, dichiarava: “Naturalmente, purtroppo, dopo un colpo di Stato, dobbiamo ammettere che c’è stato qualche spargimento di sangue nelle operazioni di pulizia in Cile, ma la Nunziatura a Santiago, il cardinale Silva e l’episcopato cileno in generale hanno assicurato a papa Paolo VI che la Giunta militare sta facendo tutto il possibile per riportare la situazione alla normalità e che le storie dei media internazionali che parlano di brutale repressione sono infondate”.
Secondo la pubblicazione, Benelli (che era candidato ad essere papa dopo la morte di Paolo VI e Giovanni Paolo I) sosteneva che “non si poteva mettere in dubbio la validità o la sincerità del Cardinale Silva”. Sempre secondo Benelli il papa fu sottoposto a forti pressioni interne nella Chiesa, specialmente dalla Francia, per esprimersi contro gli eccessi della Giunta militare di Pinochet e nonostante gli sforzi del Vaticano, la propaganda di sinistra aveva avuto un notevole successo anche con alcuni dei cardinali più conservatori e con molti prelati che sembrano incapaci di considerare la situazione in modo obiettivo. Il risultato era che la sinistra (sempre secondo Benelli) era riuscita a creare una situazione in cui il Papa sarebbe stato attaccato dai moderati se avesse difeso la verità in Cile.
“Il Vaticano è convinto, e la Nunziatura ha confermato, che durante gli ultimi mesi del governo di Allende, l’Ambasciata cubana stava fungendo da arsenale per distribuire armi fabbricate in Europa orientale ai lavoratori cileni”, afferma Benelli.
Il rapporto segreto dell’ambasciata USA in Vaticano si conclude con una breve frase: “La scorsa settimana il Vaticano ha informato un intermediario di sinistra che il Papa non poteva ricevere Isabel Allende, e Benelli ha paura che questo possa provocare ulteriori critiche contro il Vaticano”.
Nostra traduzione