Cuba e Venezuela: a golpe continuo, resistenza continua

Le guarimbas (tumulti di strada ndt) di Caracas e i disordini a Cuba sono scaturiti dal Manuale di Guerra Non Convenzionale dell’esercito USA, sono armi di un maggiordomo che assume il fine come giustificazione dei mezzi

José Llamos Camejo www.granma.cu

Per quanto i suoi autori e la banda di scagnozzi e servitori lo neghino, i fatti hanno dimostrato che i disordini dell’11 luglio scorso a Cuba sono stati generati a distanza. È stato forgiato con assedio e carenze provocate, insieme a un’operazione mediatica -tuttora attiva- che all’aggredito cerca di farlo passare da Satana e dipingere anima da redentore a chi aggredisce.

L’angoscia si è fermentata così, da lontano, per farsi scudo di essa senza rivelare i reali interessi né le oscure connessioni che ci sono dietro e indurre il caos. L’opportunista Golia, sempre in agguato, quando i venti della pandemia hanno flagellato, con più forza, l’arcipelago, ha ordinato issare e scuotere le vele della violenza.

Per quanto pallidi siano paragonati a quelli di altre latitudini – l’assalto al campidoglio di Washington, gli scioperi e la repressione contro di essi scatenati in Colombia, Cile e in contesti europei, per esempio – quando fatti come quelli dell’11 luglio si verificano in Venezuela o Cuba, la “grande, libera e democratica stampa” neoliberale li presenta sempre in modo diverso.

L’inganno come risorsa, l’uso malintenzionato e ben calcolato degli spazi virtuali, sempre per mentire, omettere e manipolare i fatti, è il ruolo, l’invariabile compito dei consorzi mediatici nell’infausto compromesso. Questa volta non ha fatto eccezione.

Le “bombe virtuali” distruggono verità, lacerano contesti e fabbricano pretesti affinché i loro omonimi facciano lo stesso con gli esseri umani e il patrimonio culturale, materiale e spirituale dei popoli.

Questo è ciò che intendono fare oggi con questo paese, bersaglio di un diluvio di falsità, una sorta di Fallujah mediatica nei Caraibi. Non sono casuali SOSCuba, né l’interventismo “umanitario” che, strenuamente, hanno chiesto da Miami.

Per nulla credibile è la storia della casualità nei suddetti disordini “spontanei”, quasi tutti registrati contemporaneamente e con lo stesso schema, come se qualcuno avesse dato il segnale di partenza. Questi disturbi li ha organizzati un demone in agguato, non dal dio della coincidenza.

Dopo le prime urla incitatrici, di gente pagata -che sa benissimo da cosa e per cosa si è chiamato all’anarchia e guidato gli atti vandalici- altri si sono uniti, apparentemente confusi. L’emotivo, in non pochi, ha potuto più del ragionamento.

 UN GOLPE “MORBIDO”

 

“Questo tipo di momenti (di difficoltà e crisi) sono di solito essere l’opportunità attesa (dal nemico) per passare a un’operazione di golpe morbido”, hanno avvertito i ricercatori dell’Istituto Venezuelano di Analisi, Samuel Robinson (IVA), in un articolo che fruga nei reticoli della farsa di San Isidro.

“Ognuno dei segnali che si sono visti da allora, così come l’arco temporale, la creazione di condizioni e l’ ammorbidimento progressivo e ascendente del terreno psicologico ed informativo -avverte l’IVA- sembrano puntare in quella direzione”.

Dopo i disordini in alcuni quartieri di Cuba, preceduti e accompagnati da un brutale dispiego di fake news e appelli alla violenza e all’intervento umanitario nell’arcipelago, ci sono state immediate reazioni dei rappresentanti dell’amministrazione Biden. Come c’era da aspettarsi, hanno cercato di giustificare i fatti, e ancora negano le vere cause.

Queste dichiarazioni combaciano molto bene con il recente tentativo di destabilizzazione contro Cuba; sono uscite con tale prontezza che la imparentano con anteriori montature, anche se ora la proporzione è stata maggiore.

Per i ricercatori dell’IVA, all’interno del repertorio dei golpe morbidi, in termini di gestione comunicativa questi messaggi sono tipici e “una confessione della necessità di ampliare la potata (virtuale) mediante la simulazione e l’esagerazione dei fatti”.

Le omissioni di obiettività e i termini ascoltati nella bocca di Joe Biden, Antony Blinken e altri funzionari della Casa Bianca, sulla scia dei disordini a Cuba, si incastrano come pezzi di una  stessa scacchiera.

Riferendosi al popolo cubano, i suddetti hanno parlato di un “clamore per la libertà”, un “tragico controllo della pandemia”, e di decenni di repressione e sofferenza economica a cui è stato sottoposto dal “regime autoritario di Cuba”.

Hanno omesso che il popolo, in maggioranza, è sceso nelle strade proprio per impedire che servili annessionisti aprissero le porte a coloro che sognano di strapparci la libertà conquistata, a prezzo di vite e sacrifici, e costituzionalmente avallata come opzione popolare, da oltre l’86% dei cubani.

Del suo criminale procedere contro Cuba, intenzionalmente esasperato nel bel mezzo della pandemia; dei vaccini e ventilatori artificiali creati da uomini e donne di questo paese; la vigilanza delle sue autorità, medici e scienziati, di fronte a una inedita sfida epidemiologica, nulla. Ciò non si adatta alla storia della “cattiva gestione governativa”, concepita per screditare le autorità cubane. A tal fine, le reti sociali ed i grandi media (dis)informativi hanno persino modificato il bellissimo paesaggio dell’Avana: è scomparso il lungomare della capitale, soppiantato da quello della città egiziana di Alessandria.

STILE GUARIMBAS

 

Gli eventi dell’11 luglio sembravano copie delle guarimbas (rivolte) venezuelane, che registravano attacchi alla polizia, saccheggi, vandalismo, lancio di bottiglie molotov, uso di armi bianche e accuse alle forze governative come presunti repressori dei “pacifici” guarimberos, che hanno bruciato persone in mezzo alla strada.

Il Venezuela già bloccato, soffriva di carenza di carburante, alimenti, medicine e rifornimenti, quando sono apparse le guarimbas, per porre in lutto 43 famiglie, e causare perdite per dieci miliardi di dollari. Per tutto questo, come fanno ora con Cuba, hanno incolpato il Governo e la sua “cattiva gestione”, e persino ci sono state minacce di intervento umanitario, sullo stile di quelle della Jugoslavia e della Libia: un inferno di bombe, missili, morti, distruzioni e calamità.

Le guarimbas di Caracas e i disordini a Cuba sono uscite dal Manuale di Guerra non Convenzionale dell’esercito USA, sono armi di un maggiordomo che assume il fine come giustificazione dei mezzi.

Benché per nulla morbidi -nonostante il nome- questi golpe, come diceva Hugo Chávez, sono continui. Di fronte ad essi anche la resistenza deve essere continua.


Cuba y Venezuela: a golpe continuado, resistencia continua

Las guarimbas de Caracas y las escaramuzas en Cuba salieron del Manual de Guerra no Convencional del ejército estadounidense, son armas de un mayordomo que asume el fin como justificación de los medios

Autor: José Llamos Camejo

Por más que sus autores y el tinglado de secuaces y servidores lo nieguen, los hechos evidenciaron que los disturbios del 11 de julio pasado en Cuba fueron engendrados a distancia. Se fraguó con asedio y provocadas carencias, a la par de una operación mediática –aún activa– que al agredido intenta endosarle manos de Satanás, y pintarle alma de redentor al que agrede.

La angustia se fermentó así, desde lejos, para escudarse en ella sin revelar los intereses reales ni las conexiones oscuras que hay detrás, e inducir el caos. Oportunista Goliat, siempre al acecho, cuando los vientos pandémicos azotan al archipiélago con más fuerza, ordenó izar y agitar las velas de la violencia.

Por más pálidos que resulten comparados con los de otras latitudes –el asalto al capitolio de Washington, las huelgas y la represión contra ellas desatadas en Colombia, Chile, y en escenarios europeos, por ejemplo–, cuando sucesos como los del 11 de julio ocurren en Venezuela o Cuba, la «gran, libre y democrática prensa» neoliberal los presenta siempre de otra manera.

El engaño como recurso, el uso mal intencionado y bien calculado de espacios virtuales, siempre para mentir, omitir y manipular los hechos, es el rol, la invariable tarea de los consorcios mediáticos en la componenda ominosa. Esta vez no fue la excepción.

Las «bombas virtuales» destruyen verdades, despedazan contextos, y fabrican pretextos para que sus tocayas hagan igual con los seres humanos y el patrimonio cultural, material y espiritual de los pueblos.

Es lo que pretenden hacer hoy con este país, blanco de un diluvio de falsedades, una suerte de Faluya mediática en el Caribe. No son casuales el sos Cuba, ni la intervención «humanitaria» que con estridencia solicitaron desde Miami.

Nada creíble es el cuento de la casualidad en los referidos desórdenes «espontáneos», registrados casi todos en idéntico horario y con un mismo patrón, como si alguien hubiera dado la señal de arrancada. Esos disturbios los organizó un demonio en acecho, no el dios de la coincidencia.

Tras los primeros gritos incitadores, de gente pagada –que sabe muy bien por qué y para qué llamó a la anarquía y lideró los actos vandálicos–, se sumaron otros, al parecer confundidos. Lo emocional, en no pocos, pudo más que el razonamiento.

UN GOLPE «BLANDO»

«Esta clase de momentos (de dificultades y crisis) suelen ser la oportunidad esperada (por el enemigo) para pasar a una operación de golpe blando», advirtieron investigadores del Instituto Venezolano de Análisis, Samuel Robinson (iva), en un artículo que hurga en los entramados de la farsa de San Isidro.

«Cada una de las señales que desde entonces se han visto, así como el arco temporal, la creación de condiciones y el ablandamiento progresivo y en ascenso del terreno sicológico e informativo –advierte el iva–, parecieran apuntar en esa dirección».

Tras los disturbios en algunos barrios de Cuba, antecedidos y acompañados por un despliegue brutal de fake news y llamados a la violencia y a la intervención humanitaria en el archipiélago, hubo inmediatas reacciones de representantes de la administración Biden. Como era de esperar intentaron justificar los hechos, y aún niegan las verdaderas causas.

Esas declaraciones acoplan muy bien con el reciente intento de desestabilización contra Cuba; salieron con tal prontitud, que la emparentan con anteriores montajes aunque ahora la proporción fue mayor.

En opinión de los investigadores del iva, dentro del repertorio de los golpes blandos, en términos de gestión comunicacional esos mensajes son típicos y «una confesión de la necesidad de expandir el alcance (virtual) mediante la simulación y la exageración de los hechos».

Las omisiones de objetividad, y los términos escuchados en bocas de Joe Biden, Antony Blinken y otros funcionarios de la Casa Blanca, a raíz de los disturbios en Cuba, encajan como piezas de un mismo tablero.

Refiriéndose al pueblo cubano, los susodichos hablaron de un «clamor por la libertad», de un «trágico control de la pandemia», y de décadas de represión y sufrimiento económico a las que ha sido sometido por el «régimen autoritario de Cuba».

Omitieron que el pueblo, en cifra mayoritaria, salió a las calles precisamente para impedir que serviles anexionista les abrieran las puertas a quienes sueñan con arrebatarnos la libertad conquistada, al precio de vidas y sacrificios, y constitucionalmente refrendada como opción popular, por más del 86 % de los cubanos.

De su criminal proceder contra Cuba, intencionalmente arreciado en medio de la pandemia; de las vacunas y ventiladores artificiales creados por hombres y mujeres de este país; del desvelo de sus autoridades, médicos y científicos, frente a un desafío epidemiológico inédito, nada. Eso no encaja en el relato de «mala gestión gubernamental», concebido para desacreditar a las autoridades cubanas. Para ese propósito, las redes sociales y los grandes medios (des)informativos modificaron hasta el hermoso paisaje habanero: desapareció el malecón de la capital, suplantado por el de la ciudad egipcia de Alejandría.

ESTILO GUARIMBAS

Los sucesos del 11 de julio parecieron copias de las guarimbas venezolanas, que registraron ataques a policías, saqueos, vandalismo, lanzamiento de cocteles molotov, uso de armas blancas, e imputaciones a las fuerzas gubernamentales como presuntas represoras de los «pacíficos» guarimberos, que quemaron a personas en plena calle.

Ya Venezuela, bloqueada, sufría escasez de combustible, alimentos, medicamentos e insumos, cuando las guarimbas aparecieron, para enlutar a 43 familias, y ocasionar pérdidas de diez mil millones de dólares. De todo eso, tal como hacen ahora con Cuba, le echaron la culpa al Gobierno y a su «mala gestión», y hasta hubo amagos de intervención humanitaria, al estilo de las de Yugoslavia y de Libia: un infierno de bombas, misiles, muertes, destrucción y calamidades.

Las guarimbas de Caracas y las escaramuzas en Cuba salieron del Manual de Guerra no Convencional del ejército estadounidense, son armas de un mayordomo que asume el fin como justificación de los medios.

Aunque nada blandos –a pesar del nombre–, esos golpes, como dijo Hugo Chávez, son continuados. Frente a ellos la resistencia ha de ser también, continua.

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