López Obrador ha toccato il cuore di Cuba

Dal 16 al 18 settembre il Presidente Miguel Díaz-Canel Bermúdez è stato in Messico. Da qui gli abbiamo seguito i passi. Ha fatto piacere saperlo in una terra fraterna, dove gli affetti per Cuba sono leggendari, e basterebbe sommarci alle pagine della storia per far sì che di questa consonanza parlino i fatti stessi.

Certamente dai fratelli ci si aspetta il buon gesto, una calda accoglienza, parole di conforto … soprattutto se uno dei due sferra forti battaglie; e Cuba non può fare a meno di ringraziare per la cordialità e la deferenza con cui è stato ricevuto il suo Presidente, quello che vediamo ogni giorno ai piedi di un’opera in costruzione, scientifica o culturale, impegnato –quando i tempi sono molto duri –  a portare avanti un popolo che lo rispetta e lo ascolta.

Non ci soprende l’appoggio del Messico e del suo degno mandatario Andrés Manuel López Obrador, Cuba non si sorprende, ma senza dubbio le verità del suo verbo, più che che conosciute, nuovamente si accendono e si accendono sia per ravvivare le cause nobili che per denunciare le pratiche fratricide che avvengono nel mondo del XXI secolo, quelle che «detto con tutta la franchezza» sono mal viste, come che «il Governo degli Stati Uniti utilizzi il blocco per impedire il benessere del popolo di Cuba con il proposito che questo, obbligato dalla necessità, debba affrontare il suo proprio Governo ».

Cuba, aggredita da voci indegne che si alleano al suono del servilismo alle politiche di destra – anche se intoccabile per la sua ben provata dignità- riceve il beneplacito di chi la considera.

Parlando prima di tutto al mandatario cubano, López Obrador ha fatto un discorso colmo di esempi eroici e barbari, che lasciano ben chiaro che non si otterrà mai un’umanità se i poderosi sottomettono i popoli.

Nelle sue parole ha segnalato l’orgoglio messicano per eroi come Hidalgo, iniziatore delle gesta indipendentiste note come il Grido di Dolores, nel 1810, ed ha accennato in questa celebrazione al Presidente Díaz-Canel, invitato d’onore che «rappresenta un popolo che ha saputo, come pochi nel mondo, difendere con dignità il loro diritto a vivere liberi e indipendenti, senza permettere ingerenza nei suoi temi interni di nessuna potenza straniera».

Oltre a sostenere che la resistenza per 62 anni del popolo cubano di fronte all’imperialismo «è una indiscutibile prodezza storica», e che «in conseguenza il popolo di Cuba merita il premio della dignità» e «d’essere dichiarata patrimonio dell’ umanità», López Obrador ha assicurato che «se questa perversa strategia riuscisse ad avere successo, cosa che non appare probabile per la dignità a cui ci siamo riferiti (…)  si trasformerebbe in una vittoria pírrica, vile e canagliesca, una macchia di quelle che non si cancellano neanche con le acque di tutti gli oceani»

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